Una vita d’inchiostro: la Rivoluzione Culturale a fumetti

Una vita d’inchiostro: la Rivoluzione Culturale a fumetti

La Rivoluzione Culturale cinese vista attraverso gli occhi del piccolo Li Kunwu, figlio del segretario di Partito in un villaggio dello Yunnan.

Durante il corso del 2016 molti studiosi hanno colto l’occasione del cinquantennale dell’inizio della Rivoluzione Culturale per proporre nuove e diverse (ri)letture di quello che rimane uno dei periodi più controversi della storia contemporanea cinese e non solo visti gli impatti – culturali e politici – sul resto del mondo. Anche per chi l’ha vissuta indirettamente infatti, la Rivoluzione Culturale ha rappresentato una grande ispirazione, un affascinante mistero o una terribile minaccia.

Nonostante le indagini storiche riescano a penetrare con sempre maggiore dettaglio negli eventi, ad oggi, ciò che sembra illuminare maggiormente le ombre e le profonde contraddizioni della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (Wuchan jieji wenhua dageming无产阶级文化大革命) è la sua storia culturale e la produzione artistico-letteraria ad essa legata.
Fin dall’indomani della caduta della Banda dei Quattro, conseguente alla morte di Mao, e dell’ascesa del leader “riformista” Deng Xiaoping, ciò che emerse con più forza fu una letteratura di scavo interiore, che rappresentava e invogliava a rappresentare un percorso di conoscenza attraverso il dolore e di recupero della memoria di una tragedia ancora fresca. Dalla cosiddetta “letteratura delle cicatrici” (shanghen wenxue 伤痕文学) sono passati quattro decenni e la Rivoluzione Culturale ancora getta la sua pesante ombra su coloro che, all’epoca, erano poco più che bambini e che oggi presentano a lettori e spettatori una rielaborazione più attenta e raffinata dell’esperienza vissuta.

È il caso del graphic novel del vignettista e fumettista Li Kunwu e dello sceneggiatore P. Ôtié, che si pone accanto ai romanzi, racconti, dipinti e pièce teatrali che trattano il tema della memoria di questo preciso periodo storico. Una vita cinese – Il tempo del padre, dà infatti vita alla vicenda intima e personale di un bambino, sullo sfondo di uno scenario ancorato a un’accurata fedeltà storica.
Il lettore con una minima conoscenza degli eventi storici narrati apprezzerà maggiormente il racconto e potrà soffermarsi con più naturalezza sulla componente estetica dell’opera, ma un curioso che abbia poca dimestichezza con l’argomento non deve spaventarsi: i riferimenti culturali e gli slogan citati sono accuratamente spiegati e tradotti in didascalia. L’attenzione filologica non va sottovalutata, tenendo in considerazione il forte potere iconico della scrittura cinese e la coerenza del tutto all’interno della tavola.

Il fumetto pubblicato nel 2009 in Francia, in Italia va alle stampe solo nel novembre 2016, grazie a ADD Editore. E non possiamo che essere loro grati per questo.

La storia nella Storia: i fantasmi del passato

Acclamata dalla critica e stranamente ignorata dalle grandi case editrici italiane, che forse hanno temuto il difficile impatto del tema sul grande pubblico, la trilogia autobiografica di Li Kunwu si apre con questo “Il tempo del padre”. Questo tomo d’apertura vede il piccolo Li (Xiao Li) venire al mondo negli anni dell’esaltazione e della fiducia di un ritorno a una grandezza che sembrava ormai tangibile, e formarsi in quelli della più grande disperazione, frutto di decisioni politiche che gettarono il paese nel caos.

Il lavoro dell’artista cinese, originario della bellissima regione dello Yunnan (Cina meridionale) che fa anche da scenario alla narrazione, è uno scavo poderoso nella propria memoria personale. La veridicità del racconto è rafforzata dagli inserti fotografici che aprono ogni capitolo, mentre l’attenzione storica è testimoniata dalla cura certosina con la quale gli autori inseriscono slogan, canzoni e inni d’epoca.

Appassionati, seguiamo la storia del Piccolo Li fin da prima del suo concepimento, dall’incontro dei genitori. Già dalle prime tavole, abbiamo chiaro che il racconto ci porterà a confondere programmaticamente i sentimenti e le passioni con l’ideologia e il rigore dogmatico: il padre di Xiao Li, il “grande” Li, segretario di partito, si invaghisce di una giovane di paese e si accorda con i genitori per sposarla. A lei, egli chiede soltanto se le va di “prendere la strada della rivoluzione” insieme.  In poche emblematiche scene veniamo dunque condotti nel mondo che Mao offrì al suo popolo: una generazione – quella dei genitori di Li – che aveva combattuto al suo fianco, fisicamente o ideologicamente, ma che doveva ancora liberarsi del retaggio di un Impero millenario e per farlo avrebbe dovuto operare attivamente per modificare tutti gli aspetti del vivere.  Primi fra tutti, proprio la famiglia e il linguaggio degli affetti.

Nella descrizione dei suoi primi anni di vita – dal 1955 al 1966 – Li Kunwu ci presenta figure rette e rigorose, come il padre di Xiao Li, e umane e gentili, come le piccole compagne di scuola con cui Li instaura rapporti teneri e profondi, anche grazie al suo talento nel disegno. Queste sono affiancate – o meglio circondate- da una moltitudine di personaggi entusiasti ma ciechi, ignoranti, desiderosi di credere, dopo tanti anni di guerra e sacrifici, nel più roseo futuro, ma anche inclini a farsi trascinare dalle passioni e dalla paura.

Il retaggio “feudale e reazionario” emerge chiaramente dalle storie dei personaggi principali e secondari, i quali, pur immersi nel linguaggio e nella prassi dettata dal presidente Mao, non possono far a meno di utilizzare quanto ereditato dagli avi per adattarsi a un mondo irrimediabilmente rivoluzionato e cercare di comprendere ciò che è al di là delle proprie possibilità.  È il caso, per esempio, delle celebrazioni per il lancio dello Sputnik, un evento per nulla compreso dalle masse ma accolto con esaltazione ed entusiasmo, che Li Kunwu rappresenta con estrema eleganza, attingendo direttamente all’iconografia popolare tradizionale.

Ma nonostante episodi del genere venissero – almeno inizialmente- tollerati, Li e Ôtié ci chiariscono quanto il passato in tutte le sue forme (folklore in primis) sia considerato un nemico concreto della propaganda maoista. Le storie della vecchia tata e i suoi piedi fasciati e puzzolenti sono tanto pericolosi per dogmatico segretario Li quanto misteriosi invece per Xiao Li, il quale non capirà mai perché il padre abbia impedito alla vecchia signora di raccontare quelle che, per lui, bambino nuovo in una Cina nuova, erano solo favole divertenti.

Gli anni del caos: la Rivoluzione Culturale con gli occhi di un bambino

Mentre il lettore si sofferma su ogni dettaglio grafico delle scene più affollate, cogliendo i frammenti di un mondo lontano storicamente e geograficamente, avverte gradualmente il precipitare degli eventi, fino a ritrovarsi negli anni del caos, delle denunce e del terrore. I dubbi crescono nel piccolo Li e il caos prende possesso delle pagine di questo fumetto, sempre più dense di corpi, straziate dalle espressioni di dolore e saturate di Dazibao (i grandi poster con i quali città e villaggi venivano letteralmente “tappezzati” di parole).

La formazione della piccola anima di Xiao Li rimane dall’inizio alla fine indissolubilmente legata al destino della sua famiglia di ferventi comunisti e del suo villaggio, popoloso specchio della Cina stessa.

Il libro si apre nel 1955, con il grande Li – il padre naturale – e si chiude alla morte di Mao – il padre ideale. Mao Zedong è infatti il padre del popolo cinese, il perno sul quale gira la narrazione di questo primo volume: una figura distante e senza corpo, ma per Li e per la sua generazione più viva e vicina dei propri padri.

Il disegno: l’immagine di Mao e lo stile inconfondibile di Li Kunwu

L’amore per Mao dà al piccolo Li la possibilità non solo di sentirsi parte di un tutto, ma anche di diventare un vero e proprio carnefice, e l’immagine di Mao è l’unica a non essere manipolata ma riproposta con una fedeltà didascalica, dal Li “fumettista”. Questa scelta legata è la biografia stessa di Li che, durante il suo percorso di indottrinamento, utilizza il disegno per trasformarsi da spettatore a attore: della rivoluzione prima, della propria vita emotiva, poi.

E sono proprio il disegno e l’aspetto “visivo” in generale, più che il tema o la narrazione, che conferiscono al graphic novel un’estrema originalità. Tra i fumetti negli scaffali delle librerie, lo stile di Li Kunwu si fa notare e non può lasciare indifferenti: vignettista e disegnatore di poster di propaganda, egli attinge alla più genuina tradizione cinese e all’iconografia moderna, giocando sapientemente con l’inchiostro.
Così, mentre la rappresentazione degli spazi aperti e dei luoghi dell’intimità è fedele e meticolosa, Li ricorre senza parsimonia alla caricatura quando le passioni più intense salgono in scena.
Volti e mani giganti si protendono verso il lettore, espressioni animalesche gli fanno storcere il naso coinvolgendolo fisicamente, costringendolo quasi a girare pagina per capire dove tutto questo riuscirà a portarlo.
Giorno dopo giorno, anno dopo anno, fino ad un epilogo che lascia, se non proprio commossi, almeno curiosi.

Abbiamo parlato di:
Una vita cinese vol.1 – Il tempo del padre
Li Kunwu, P. Ôtié
Add Editore, novembre 2016
256 pagine, brossurato, bianco e nero – 19,50€
ISBN: 9788867831357

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