Nicola Pesce fonda la sua casa editrice nel 2002 e due anni dopo esordisce con il primo numero della rivista Underground Press, stampato in centoventi copie.
Da quel 19 aprile 2004 la NPE ha affrontato tante trasformazioni, dando alle stampe pregevoli volumi a fumetti e di critica fumettistica. Dopo un’assenza durata dal 2005 al 2010, per gravi motivi personali, recentemente Nicola Pesce è tornato a sedersi sulla sua sedia di editore.
Dunque proprio a lui abbiamo rivolto qualche domanda sul suo ruolo di editore e cosa significhi oggi pubblicare fumetti, saggistica e narrativa in Italia.
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Ciao Nicola e benvenuto su Lo Spazio Bianco.
Chi è Nicola Pesce e quando, come e soprattutto perché ha fondato la NPE?
Nicola Pesce è un bambino. Quando era più bambino ancora – ove ciò sia possibile – leggeva un libro al giorno steso in un prato e scriveva romanzi e poesie. Ricordo che quando avevo diciotto anni avevo già scritto i miei primi dieci romanzi!
Poi mi scontrai con il mondo dell’editoria. A quei tempi il digitale non esisteva, come non esisteva internet, o non era comunque accessibile dalle mie periferie. I piccoli editori semplicemente sembravano non esserci e non avevo la più pallida idea di come si facesse ad avere un libro mio sugli scaffali delle librerie.
Provai. Mi trattarono male. Provai ancora. Dopo avermi illuso che ci fosse un grande interesse, mi chiesero soldi. Decisi che siccome c’era una enorme discrepanza tra la “purezza” dello scrivere e l’impurità del mondo editoriale, dovevo essere io a fondare una casa editrice che fosse pura e rendesse possibile agli scrittori esordienti di vivere il proprio sogno senza macchiarglielo.
Cercate di capirmi, avevo sedici anni quando decisi di fare l’editore. Avevo ancora aspirazioni di ferro e voglia di inseguire chimere. Appena maggiorenne possedevo la mia casa editrice, una ditta personale che portava il mio nome.
Poi iniziarono infinite notti insonni, quando scrivevo, disegnavo, impaginavo e stampavo tutto da me con una stampantina, erano i tempi di Underground Press. Che traversata del deserto è stata potermi permettere di stampare un libro in tipografia!
In un certo senso hai imparato a fare l’editore strada facendo, sicuramente apprendendo dalle scelte meno azzeccate, ma allo stesso tempo dimostrando una forte capacità di adattamento al mercato. Che cosa ha comportato per te e la casa editrice questo percorso?
Ahimè, non avrei potuto che imparare strada facendo!
In casa mia, sebbene mio padre sapesse sempre tutto e citasse Dante a memoria, nessuno ha mai letto un libro quindi io sono stato un totale novizio non solo dell’editoria, ma anche del concetto stesso di libro. La prima volta che entrai in una libreria mi sentivo Indiana Jones.
Invidio tantissimo quando sento che una casa editrice ha raggiunto determinati risultati, per esempio, in cinque anni… poi vado a leggere i curricula dei proprietari e scopro che lavoravano già da vent’anni nel settore. Io vent’anni prima di fondare la NPE non ero nemmeno stato concepito.
La cosa che più ho sbagliato strada facendo è stata fidarmi sempre ciecamente di tutti. Io sono sempre stato profondamente insicuro e profondamente voglioso di affidarmi agli altri. Questa cosa mi ha portato un gran numero di bastonate. Appena mettevo da parte mille euro grazie agli sforzi di fare il factotum della casa editrice, ecco che veniva un Pinco Pallino qualsiasi e mi diceva: io so esattamente quello che dobbiamo fare per produrre bei libri e vendere molte copie. Ed io mi sentivo tutto emozionato di avere incontrato Dio in persona che mi svelava i suoi segreti. C’è solo un tipo di persona più degna della pietà di una persona insicura: la persona sicura. Questi deus ex machina dell’editoria non erano cattivi: non sapevano loro stessi come stessero le cose. Ho incontrato chi non sapeva distinguere un buon disegno da uno cattivo (ma era convinto di riuscirci), chi non sapeva distinguere un buon investimento da uno cattivo (ma si comportava da esperto)… il mio viaggio è stato simile a quello del Piccolo Principe che ha incontrato un gran numero di matti lungo il suo cammino di pianeta in pianeta e, confrontandosi con ognuno, ha imparato qualcosa.
Questo percorso mi ha portato a soffrire. Ho sofferto l’onta di pagare in ritardo qualcuno, anche molto in ritardo, di dover chiamare una tipografia e supplicarla di non incassare un titolo. Ho capito che mai più nella vita io voglio ritrovarmi in una situazione del genere.
Ora centellino persino i singoli fogli di carta e se sono stampati da un lato, in casa editrice li conserviamo per stampare sull’altro lato delle bozze da correggere.
Ho imparato a non fidarmi di chi dice “io so”, a non fidarmi di chi si prende troppo sul serio. A volte mi viene da pensare che tutto quello che ho fatto sinora, con la NPE, sia appena l’1% di quello che devo fare. Mi sento come un ragazzo appena uscito dall’università, ansioso di mettere in pratica con cautela quello che ha imparato. A volte vorrei inveire contro chi in passato mi ha creato tanto dolore con la sua presunzione, oppure con un moto d’orgoglio dire “non avete visto ancora niente di quello che sarà la NPE”, poi faccio due passi in giardino, osservo un gatto che insegue una lucertola e non ci penso più.
Una curiosità: il logo della casa editrice rappresenta un pesce, ma a uno sguardo attento potrebbe sembrare anche un occhio: da chi è stato pensato e disegnato?
Il logo in passato era un po’ più grassottello di quello che vedete oggi e lo fece mio fratello Amedeo. È sempre stato lui a spronarmi a creare una società e darmi da fare, così come fu lui la prima volta a chiamare la Panini per chiedergli “ma come si fa a essere distribuiti da voi?”
Quando la redazione era in quel di Treviso – riallacciandomi al discorso di poco fa – io non riuscivo nemmeno a vedere i libri prima che andassero in stampa. Era un po’ come se io non contassi niente e non avessi il diritto di vedere che diavolo avrei stampato. Un giorno arrivò il camion, all’ultimo minuto come sempre, in piazza Napoleone a Lucca e aprendo gli scatoloni trovai che il mio marchio era stato schiacciato e stilizzato, insomma, qualcuno lo aveva cambiato senza dirmi nulla. Cose da matti! Decisi di non cambiarlo e col tempo mi ci sono abituato.
Sin dagli inizi, la NPE ha puntato molto sulla saggistica a fumetti diventando, di fatto, un esempio da seguire nel genere. Da dove e da chi ha avuto origine quella scelta?
La domanda chiama “inizio” il nuovo, grande inizio che l’entrata in scuderia di Andrea Mazzotta diede alla casa editrice intorno al 2011. Io sono sempre stato un avido lettore di saggi, di tutti i generi. Quando Andrea propose di pubblicarne qualcuno io ne fui entusiasta. Quindi se dovessi dire come mai la NPE iniziò a pubblicarne, la ragione è da ricercarsi in una certa affinità di gusti che io e Andrea abbiamo condiviso (e a quanto vedo condividiamo tuttora, sebbene sotto etichette differenti).
Che ruolo ritieni abbia oggi nel panorama editoriale italiano la saggistica sui fumetti?
In passato c’erano più editori che si occupavano di saggistica sui fumetti. Ora a volte mi pare di essere rimasto l’unico, se si esclude l’ottimo lavoro che fa Emanuele Di Giorgi. I saggi hanno un ruolo davvero marginale, per ora, e capisco perché in pochi se ne occupino.
La faticaccia di fare un fumetto è spesso all’80% nelle mani del disegnatore, poi la casa editrice fa un gran lavoro intorno e lo pubblica. Invece un saggio è una faticaccia improba anche in redazione! Immaginate impaginare le mille pagine dei Disney Italiani conservando sempre lucidità e gusto grafico! Immaginate correggere le bozze! È un lavoro che porta via qualcosa come 500 ore, come minimo. Volendo essere venali, a dieci euro lordi l’ora, sono cinquemila euro di redazione, tanto per cominciare.
A volte certi saggi vendono solo due o tremila copie, ma ciò non toglie che per noi quelle copie sono importanti, diventano materiale di tesi universitarie, ci danno un po’ di visibilità sulla stampa nazionale. In ogni caso io non abbandonerei la saggistica per nulla al mondo.
Vari saggi pubblicati da NPE approfondiscono il modo in cui il fumetto affronta tematiche attinenti al mondo reale: dal razzismo all’undici settembre, passando per lo scontro culturale tra il fascismo e l’editoria a fumetti. C’è un altro tema in particolare che vorreste affrontare in una futura pubblicazione?
Molti libri della NPE, siano essi fumetti o saggi, cercano di legare il fumetto ad altri aspetti della realtà. Ad esempio La Storia del Rock a Fumetti, o quella del Metal, hanno fatto leggere un fumetto a decine di migliaia di persone che non lo avevano mai fatto. Così come Il razzismo a fumetti verrà letto anche da chi i fumetti non li mastica. Non parliamo poi di Eccetto Topolino, che praticamente ha avuto pagine intere su tutti i quotidiani nazionali e ha avvicinato al nostro mezzo tante persone in più.
Un tema che mi piacerebbe affrontare? Ve ne dico due!
Mi piacerebbe un saggio su come i fumetti abbiano sinora trattato la tematica dell’omosessualità. Ma dovrà essere un saggio approfondito e preciso, con riferimenti puntuali. Se qualcuno che legge lo ha scritto o vuole scriverlo, ci contatti!
Poi, per dire una cosa extra-fumetto, ma che immagino illustrata, vorrei fare un saggio sui baffi. Proprio sui baffi. Tipo I baffi nel corso dei secoli. Ci andrei matto!
Per un’opera come Tex – Fiumi di china italiana in deserti americani avete pensato a un’edizione davvero lussuosa, inusuale sinora. Quali motivi vi hanno spinto a realizzarla?
Io adoro i libri. Ne adoro il contenuto e ne adoro la carta, il suo odore, il peso del libro, la ruvidezza tra le mani. Un ramo della NPE andrà sempre di più verso libri grandi e belli, che hanno un senso come cultura e come oggetto. Ho scoperto che a meno di un anno dalla sua uscita vendevano già l’edizione limitata di Tex – Fiumi di china italiana in deserti americani a 300,00 euro su Ebay. Mi piace l’idea di creare oggetti di lusso, che alcune persone considerano importanti da possedere e da leggere per il loro status symbol. Adoro, quelle rare volte che oso permettermelo, comprare un bel libro cartonato. Lo poggio al centro della casa e ci giro intorno con deferenza per settimane intere.
Spesso in NPE ammetto che non è tanto il “cosa vende” a spingerci, ma il “cosa mi piace”.
Con opere come Kamasultra e Artigli d’angelo avete provato a fornire un punto di vista differente su grandi maestri del fumetto. Che cosa ritieni che aggiungano queste opere a quanto era già noto riguardo, rispettivamente, Jacovitti e Moebius?
Non ho la presunzione di pensare che io possa pubblicare un’opera che aggiunga qualcosa a un Moebius o a uno Jacovitti. Con Silvia Jacovitti, la figlia del maestro, ho un ottimo rapporto e lei è una persona lungimirante che mi sta lasciando carta bianca nel gestire la pubblicazione dell’opera del padre, e inoltre ha una quantità impressionante di originali. Lì è facile trovare inediti. Il suo editore precedente ha badato più alla quantità che alla qualità. Forse era una strategia che pagava vent’anni fa.
Noi stiamo facendo il contrario. Spero di stare aggiungendo a Jacovitti il fatto che cinque anni fa la gente ne parlava di meno. Da quando è uscito il nostro enorme saggio e i nostri cartonati se ne parla di più.
Jacovitti Proibito – Kamasultra è esaurito nel nostro magazzino. Ha venduto 1500 copie in un mese. Ora abbiamo già dato alle stampe una versione brossurata a colori a 11,90 euro.
Avete spesso dato spazio ad autori esordienti: quanto è importante per una casa editrice come NPE avere questo genere di sguardo attento verso le opere prime?
Come ho detto in precedenza, la NPE nasce per gli esordienti. Gran parte del nostro lavoro è valutare quotidianamente le opere che ci arrivano. La cosa più buffa è che gli esordienti sono spesso meno umili dei grandi maestri. E’ più facile chiedere una modifica a un Bruno Brindisi, a un David Lloyd o a un Giuseppe Palumbo che a un disegnatore appena uscito da una scuola.
Altra cosa che mi dispiace è che spesso gli esordienti mandano le loro opere così, senza studiarsi un minimo il piano editoriale dell’editore che riceve le loro mail. È così facile pubblicare con noi! Guardate il nostro catalogo prima di proporre!
Restando nell’ambito dei giovani autori, perché la collana Giovani Nuvole non ha avuto un seguito dopo la pubblicazione de Il nuovo romanzo di Dan Braun di Davide La Rosa, della saga di Ravioli Uèstern di Pierz e de La Bibbia 2 che li vede co-autori. Non avete ricevuto proposte da voi giudicate valide per la pubblicazione?
In realtà io odio il concetto di collana. Io lo cancellerei dagli annali con una damnatio memoriae. Una collana parte in un modo, per esempio pubblicando giovani autori come Pierz. Poi Pierz diventa sempre più conosciuto, pubblica La Bibbia 2. Questo libro vende qualcosa come diecimila copie. Ora, è un libro della collana Giovani Nuvole? Se domani un Pierz venderà cinquantamila copie, nel formato di questa collana, sarà un giovane esordiente?
Io metterei ai libri i tag piuttosto che le collane.
A volte, poi, tornando alla domanda, i libri che gli esordienti ci propongono sono così belli e man mano che li curiamo, ci appassioniamo così tanto che li trasportiamo nella collana Nuvole in Tempesta, più grandi, con la copertina in carta butterata Tintoretto. Pochi giorni fa ho chiamato un esordiente e gli ho detto “Senti, non ce la faccio più, ho deciso. Esordirai con un volume cartonato perché i tuoi disegni sono troppo belli”.
Da casa editrice di fumetti e di saggistica sul fumetto, da circa un anno vi siete aperti anche alle opere di narrativa. È stata una scelta dettata da necessità di diversificazione commerciale dei prodotti o fa parte di una linea editoriale ben precisa che avevi in mente di sviluppare fin dall’inizio?
Noi all’inizio partimmo con la narrativa e al fumetto siamo arrivati per semplice passione. Ma la narrativa è nel nostro DNA. Il 90% delle volte io leggo un Dostoevskij, un London o un Gozzano (non dimentichiamo la poesia!). Mi sembra piuttosto naturale fare anche la narrativa. Ma ci andremo cautissimi. E’ un mondo che non conosciamo ancora.
Rimanendo nell’ambito della narrativa, il libro di Bud Spencer così come quello su Rambo restano comunque opere peculiari, al pari di alcune pubblicazioni a fumetti che nel tempo avete dato alle stampe. Insomma, in un campo e nell’altro la NPE non ambisce certo al solo e semplice successo commerciale ma pare punti a qualcosa di più alto, sbaglio?
A dire il vero, il successo commerciale per noi non è un obiettivo. Se volevo far soldi, avrei fatto altro nella vita che non l’editore. La linea editoriale della NPE è “quello che mi piace”, senza prendermi troppo sul serio e senza mai mettere paletti da nessuna parte. Credo che guadagnare sia una conseguenza della nostra costanza.
Sto cercando la mia strada nella narrativa, e forse sto iniziando a intravedere qualcosa. Mi piacerebbe recuperare opere poco note, o poco diffuse, o mai tradotte in Italia, e portarle in libreria. Prendiamo appunto Rambo. L’edizione precedente uscì prima che facessero i film! Perché nessuno aveva mai pensato di ripubblicarlo?
Con Bud poi è stato amore a prima vista.
Andando in controtendenza rispetto all’abitudine tutta italiana di non affrontare pubblicamente certe questioni, a dicembre 2014 la NPE ha postato sulla propria pagina Fb un resoconto del percorso della casa editrice che ha portato alla riduzione del numero di dipendenti fino lasciare l’intera conduzione dell’azienda nelle mani di due sole persone. Si può leggere il tutto come un percorso involutivo, che va a detrimento della qualità delle pubblicazioni, ma allo stesso tempo questa può apparire una decisione di downgrade mirata alla scelta virtuosa di restare sul mercato in misura più piccola, ma economicamente stabile. La verità qual è?
La verità è che in una piccola casa editrice dieci persone non servono. So di case editrici con questo numero di dipendenti che perdono centinaia di migliaia di euro l’anno. Io non so come facciano. Noi, ogni anno, vendiamo il 20% in più di libri dell’anno precedente, e abbiamo un utile che a sua volta sale del 20% all’anno.
Anche la qualità dei nostri libri si sta alzando. Prima ero solo un editore presuntuoso e insicuro. Prima non ero io a valutare se una persona andasse assunta o no, ma seguivo dei consigli che mi erano dati da più persone molto sicure di sé. Beate loro! Le invidio, ma non mi ci scambierei per nulla al mondo!
Non servono tre redattori e due uffici stampa e un grafico interno se invece di preparare tutti i libri per la fiera di Lucca nell’unico mese di settembre li spalmi durante l’anno e ne fai uscire due o tre al mese. Che poi far uscire tutti i libri in occasione delle fiere lo trovo profondamente offensivo nei confronti delle librerie e delle fumetterie, che magari li hanno pure ordinati e poi se li trovano sul groppone non sapendo come venderli a dei clienti che li hanno già acquistati superscontati in fiera con lo sketch dell’autore disegnato sopra.
Abbiamo ridotto i dipendenti perché andando in quinta, stavamo consumando tutto il carburante e non saremmo arrivati a destinazione.
Adesso siamo ripartiti dalla base, dalle cose vere. Non c’è nessuno che sta con le mani in mano. Ognuno ha un compito ma non si vergogna di fare tutto, di portare un pacco, di spazzare via delle foglie intrufolatesi dalla finestra, di andare a fare un caffè, di incollare diecimila adesivi sul retro di un libro, di fare la nottata se serve e dormire in ufficio. Abbiamo allontanato tutti quelli che io chiamo i “mamma-santissima”, ossia quelli che non si sporcano le mani, che hanno la puzza sotto il naso. Ora in casa editrice siamo tre amici, di cui uno ancora part-time. Ci vogliamo bene, prendiamo sempre il caffè insieme, usciamo qualche sera a far tremare le fondamenta dei ristoranti All-you-can-eat.
Adesso stiamo spostando l’ufficio in un garage, sempre qui nella villa, e ci stiamo facendo da noi i lavori. Lavoriamo in redazione il pomeriggio sporchi di trucioli e di calce.
Sento che da questa umiltà può nascere qualcosa. Da questo seme può uscir fuori una pianta. Dalla presunzione e dallo sperpero nascono solo ansia e tristezza, e case editrici che non durano un lustro.
Un’altra cosa importante è che nessuno di noi è del settore. Vediamo tutto dall’esterno. Stefano Romanini è un avvocato, Francesco Tinelli (il mio assistente ufficio stampa) è un giovane bullo ed io sono un bambino.
Da un po’ di tempo a questa parte è anche diminuito il numero di fiere a cui NPE partecipa, così come si è ridotto lo spazio fisico del vostro stand. Fa tutto parte di una politica di austerity portata avanti dalla casa editrice, oppure avete deciso di scegliere con maggiore oculatezza gli eventi a cui prendere parte? E secondo quali criteri di scelta?
Tutto è partito da due cose: l’austerity e il tipo di casa editrice che ho in mente.
Anni di sconsideratezza hanno portato la NPE a indebitarsi profondamente. Un paio di anni fa dovevamo soldi alle tipografie (ma soldi veri!, cifre enormi), a dipendenti ed ex dipendenti, agli autori. Poi abbiamo iniziato a tirare la cinghia e adesso i nostri debiti sono diminuiti drasticamente. Nel 2016 non avremo un singolo euro fuori e pagheremo le tipografie cash. Un sogno!
Poi è successo che ci siamo resi conto che la vita da fiera non fa per noi. Può divertirci una volta, ma non ci piace. Tutta quella falsità. Editori che si guardano le mani perché nessuno compra nulla e poi su Facebook stanno a decantare il solito tutto esaurito. Noi abbiamo scelto una politica di sincerità, di dire sempre come stanno le cose. Le cose stanno che in fiera o si perde o si va pari. Salvo il fenomeno del momento, quell’autore che ti vende cinquecento copie in tre giorni, in fiera si perde tempo e denaro. E a noi questo gioco non interessa più.
Cominciammo ad andare a tutte le fiere perché non avevamo una distribuzione libraria. Fu un investimento. Ora siamo ovunque e difficilmente trovo una libreria che abbia meno di dieci miei volumi. Ora sono interessato a far vedere a chi mi distribuisce, ai librai e i proprietari di fumetterie che i libri NPE vendono. Se glieli svendo in fiera e gli rubo i clienti sotto il naso, mi odieranno.
Fa eccezione Lucca, che è una città che adoro e quella settimana – proprio poiché è una tantum – è divina.
Ti faccio una domanda “cattiva”: le vostre ultime promozioni, come la recente “paghi uno e prendi tre”, possono essere viste come una sorta di ‘svendità per liberarsi di volumi rimasti in giacenza? Come ti difenderesti da un’affermazione del genere?
Credo che non mi difenderei affatto perché non vedo dove sia l’attacco! Noi abbiamo in giacenza quasi diecimila volumi della fase 1.0 della casa editrice. E la promozione era quasi un paghi uno prendi quattro! (Solo che gli altri tre li sceglievamo noi).
Innanzitutto c’è da sottolineare che noi non svendiamo mai niente. Un Disney Italiani costa 79,00 euro e sempre così è costato. Poi i nostri volumi di lusso quando finiscono, finiscono per sempre, poi magari esce un brossurato in bianco e nero. Questo per dire che non è il caso di aspettare quando esce un nostro cartonatone sperando che poi lo sconteremo. Questo non accade mai.
Eccezione alla regola è Jacovitti – Beppe & Co.. Ne stampammo tantissime copie per un evento che non c’è più stato (una mostra molto grande) e ora lo abbiamo riprezzato a 9,90 euro, sebbene sia un bel cartonato.
Che male c’è a dire a un cliente che se fa un acquisto poi gli regaliamo tre fumetti? Questa meraviglia è anche dovuta al fatto che ormai vendiamo abbastanza online da poter spedire chili di fumetti con corriere espresso a meno di quattro euro. Pensate che sul sito edizioninpe.it regaliamo il corriere espresso persino per ordini di appena 11,90 euro.
Poi adoriamo fare promozioni particolari, perché questo ci lega ai clienti e lega loro a noi, ci seguono, seguono i nostri consigli e la nostra pagina Facebook, Twitter o la newsletter. Per dire, un tizio ha comprato dieci fumetti durante la promozione che avete citato: gli abbiamo mandato quaranta fumetti, non sapevamo più che titoli scegliere! Gli abbiamo dovuto mandare quasi tutto il catalogo. Soltanto lui ha avuto gratis i nostri cartonati!
Ci racconti qualcosa sulla leggenda bucolica della sede della NPE, una costruzione vicina a un lago immersa tra gli alberi?
Eh, eh, quelle rare volte che un autore si spinge fino a Salerno per venirci a trovare poi non se ne vuole andare più! Dopo aver vissuto anni nel caos di Roma, ci siamo piazzati qui, in una villa di tre ettari in periferia, che ha un lago pieno di carpe, delle papere, una infinità di gatti, due cani e uccelli di tutti i tipi, compresi albatros e cormorani che fanno sosta al laghetto prima di ripartire per chissà dove.
La sera qui è pieno di profumi diversi, dal glicine all’erba tagliata, e in estate abbiamo una piscina, che a dire il vero non usiamo mai perché sono più un tipo da lettura col sigaro che un tipo da costume da bagno.
Quando dobbiamo discutere il piano editoriale, diciamo “dos passos”, che sta per “due passi” in una lingua inventata da noi e, sigaro alla mano, passeggiamo in una lunga stradina piena di foglie di eucalipto, lucertoline selvagge e gatti che le inseguono. Ogni tanto esce un fiorellino inedito, o si spezza un grosso ramo nel silenzio, ed io mi sento per la prima volta calmo e fortunato, dopo le tante burrasche della mia vita.
Abbiamo parlato di passato, di presente e adesso gettiamo uno sguardo sul futuro: puoi darci qualche anticipazione sulle novità che la NPE porterà questo autunno a Lucca Comics?
Il futuro lontano riserverà sempre più sorprese. Adesso stiamo ancora recuperando molti debiti con gli autori, e la cosa non ci consente di investire troppo su grandi titoli. Però qualcuno lo abbiamo “osato”.
Porteremo in Italia un fumetto inedito di Neil Gaiman, The Graveyard Book, pubblicandolo in un unico volume (anziché in due, come nelle altre nazioni, perché la cosa non mi convince). A Lucca sarà nostro ospite P. Craig Russell, che lo ha disegnato, e abbiamo già una lunga lista di fan che non ho capito come abbiano fatto a sapere della cosa prima di ora.
Porteremo, per la prima volta cartonato, un volume gigantesco ribattezzato Heavy Bone – La Grande Storia del Rock, e non ho paura di citarlo accanto a Gaiman perché non saprei scommettere fin da ora su quale volume venderà di più dopo quello che ho potuto vedere a Lucca 2014, dove persino le rockstar citate nel volume venivano a trovarci allo stand e sono andate via tipo mille copie in tre giorni. Poi avere Enzo Rizzi con noi è un piacere grandissimo perché è una splendida persona, calma, con cui si può parlare di musica anziché passare sette giorni su sette a parlare solo di fumetti!
Per restare in tema di musica, porteremo il fumetto di uno dei pochissimi comici che nella mia vita mi sono risultati davvero simpatici: Carmine Faraco, con il suo libro dei “pecché”, intitolato La Fabbrica dell’Incubo – (L’Incubatrice). I preordini di questo libro sono già stratosferici (mi riferisco alle librerie di varia, dove va annunciato sei mesi prima, non alle fumetterie, dove lo annuncerò con due mesi di anticipo). Una sorta di parodia di Dylan Dog numero uno dove il protagonista è Carmine che snocciola tutto il meglio del suo repertorio anti-cantanti e gli zombies sono i cantanti italiani e le loro canzoni scritte male!
Saremo pieni di esordienti come Agata Matteucci (Le terribili leggende metropolitane che si tramandano i bambini) e Jacopo Spampanato, detto Spampino (Questa è una storia di fantasmi), che vi piaceranno da morire.
Inoltre abbiamo lanciato un’altra collana: Social. Praticamente ci sono dei gruppi Facebook che mi divertono troppo. Li ho conosciuti quando avevano meno di dieci fan e ora hanno superato i 500.000. Faremo degli agili volumetti con il meglio dei loro post. Considerando quanto sono accaniti i loro fan, temo per la nostra incolumità allo stand!
Qualche nostro saggio ormai introvabile uscirà in versione economica, e porteremo l’edizione integrale dei Ravioli Uèstern, con oltre cinquecento pagine a solo 11,90 euro. Pierz tutta la vita. Quest’anno sta sbancando in libreria di varia.
Puoi darci anche qualche anticipazione sulle tempistiche di pubblicazione di Out of my Brain. Viaje sin retorno, l’ultimo capitolo della trilogia di Brian the Brain di Miguel Ángel Martín?
Il volume di Miguel uscirà a settembre. Per la fine di quel mese sarà in tutte le librerie. Ora lo sto traducendo. La sorpresa è che non pubblicheremo il terzo volume da solo. Ho sempre odiato che il primo volume fosse in un formato e per un’altra casa editrice. Allora il secondo lo abbiamo fatto agevole, economicissimo. Adesso faremo un integrale cartonato enorme, con un prequel e una conclusione. La prefazione la firmerà Jeorge Vacca. In redazione stiamo meditando un’offerta, tipo che chi dimostra di avere il numero due di Brian, avrà uno sconto di dieci euro sul libro, così da non tradire la fiducia nella NPE da parte di chi ha acquistato in precedenza.
Ci sarà anche una versione limitata, con la copertina creata completamente da Sebastiano Barcaroli.
Hai un desiderio nel cassetto, o meglio un’opera a fumetti che ti piacerebbe pubblicare con la NPE oppure che avresti voluto pubblicare in questi anni di attività?
Fare il piccolo editore significa praticare molto lo zen. Quante opere mi sono sfuggite sotto il naso! Imprecherei per settimane intere. Potrei usare questa domanda per lanciare un messaggio a qualcuno, sarebbe furbo, ma non sarebbe da me. Perciò dirò una cosa impossibile.
Che cosa vorrei pubblicare nel futuro o aver pubblicato nel passato? Sandman.
Grazie per questa bella intervista, Nicola!
Intervista realizzata via mail il 10/07/2015
Samuel
28 Luglio 2015 a 23:16
Io ricordo il concorso “Ducas” organizzato nel 2006 della Nicola Pesce Editore, a cui partecipai come molte decine di scrittori. Sul forum di Writers Magazine e in giro su internet ci sono ancora diversi post sulla materia. Sono passati nove anni ma ho ancora dei ricordi “bucolici” di quell’esperienza.