I costumi di Agent Carter – Intervista a Giovanna Ottobre-Melton (Costume Designer)

I costumi di Agent Carter – Intervista a Giovanna Ottobre-Melton (Costume Designer)

Vi portiamo negli anni '40 e nel mondo dell'agente Peggy Carter con una esclusiva intervista alla costume designer di "Agent Carter" Giovanna Ottobre-Melton.

Vi presentiamo in esclusiva una intervista alla costume designer Giovanna Ottobre-Melton, che si è occupata di realizzare i bellissimi costumi della serie Marvel con protagonista Hayley Atwell, e che nella sua lunga carriera ha lavorato a numerosi serial tra i quali sono da ricordare Numbers, My Name is Earl e Mob City. 

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Come sei stata coinvolta nel progetto?
Quando ho sentito parlare del progetto di produrre una serie riguardo l’agente Carter, ero emozionata all’idea di disegnare vestiti per un’agente donna sotto copertura, in una New York post-bellica. Quello fu un periodo arduo per le donne che cercavano di lavorare in un mondo esclusivamente maschile. Ho adorato Peggy Carter in Captain America: Il Primo Vendicatore, e sapevo che questa sarebbe stata senz’altro un’ottima serie. Dopo aver fatto chiamare il mio agente per giorni, alla fine ho ottenuto un colloquio. Dopo aver ricevuto il primo, fantastico copione, la mia mente era già piena di idee, e ho subito iniziato a fare delle bozze da presentare all’incontro. Grazie alla mia profonda passione per la storia, alla fortuna, e all’aver tenuto le dita incrociate, ho ottenuto il lavoro.

Puoi raccontarci il processo creativo che sta dietro alla realizzazione dei costumi di Agent Carter?
All’inizio ho creato una gamma di colori a cui fare riferimento, basandomi sulle foto d’epoca della New York degli anni ’40, per avere intanto una tonalità complessiva per i costumi. Ho passato ovviamente molto tempo a condurre diverse ricerche a livello storico; il mio computer e i file che ho raccolto sono fonti costanti di ispirazione. Questo periodo è uno dei miei preferiti: apprezzo molto la forma dei vestiti e come il loro stile sia capace di esaltare il corpo. Per ogni episodio, prima leggo il copione, poi per ispirarmi cerco foto storiche che si relazionino a quello che succede; infine compro le stoffe e preparo i bozzetti.

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Hai lavorato a un’altra serie tv, “Mob City”, ambientata negli anni ’40. Qual è la differenza principale rispetto ad “Agent Carter”?
Fortunatamente, New York (dov’è è ambientato Agent Carter) e Los Angeles (dov’è ambientato Mob City) hanno aspetti e stili completamente diversi, ed è una cosa tutt’oggi vera. Ai tempi, New York aveva una solida industria della moda improntata su un bellissimo stile classico, mentre Los Angeles si andava affermando come capitale mondiale dell’abbigliamento sportivo. Mob City è basato sul libro LA Noir, e Frank Darabont voleva che la serie riflettesse gli stilemi classici del genere noir. La gamma di colori che ho usato per questa serie è stata ispirata alle bellissime piastrelle di Malibu, prodotto localmente tra gli anni ’20 e ’30. Queste piastrelle emblematiche furono usate in molte case di Los Angeles, e per la stazione ferroviaria che vedete nella serie. Per Joe Teague, il nostro capo detective, ho disegnato delle giacche sportive in tweed, con pantaloni a contrasto, e ho completato il look con delle cravatte in stile anni ’30. Nel complesso, volevamo dare ai vestiti dei detective di Los Angeles un aspetto vagamente trasandato. Per lo stile dei gangster mi sono invece ispirata maggiormente al glamour hollywoodiano. Bugsy Segal avrebbe voluto diventare un attore, e aveva addirittura una sua cinepresa, mentre Mickey Cohen possedeva un negozio di vestiti da uomo sulla Sunset Strip. Essendo molto ricchi, i loro completi sgargianti e le cravatte dalle stampe molto pesanti riflettevano un interesse per uno stile molto popolare in California. Per Agent Carter, ho disegnato abiti che riflettessero un senso stilistico più tipico della costa est, assieme ad alcune suggestioni dal fumetto noir. Per esempio, l’emblematico completo blu e il cappello rosso, che spiccano tra i completi grigi e neri tipici di New York. L’agente Carter è sempre ben vestita, mai trasandata. Anche gli uomini della SSR sono vestiti con un grande senso delle stile, e tutti mantengono un look coerentemente professionale. Per quanto riguarda Jarvis, il maggiordomo di Howard Stark, ho disegnato numerosi completi in 3 pezzi in tweed, uniti a cravatte originali ma sempre molto classiche. Lo stile del suo personaggio è l’esatto opposto del suo principale, il playboy Howard Stark, che indossa sempre giacche casual senza una linea precisa, camicie con il colletto aperto, rifinite con dettagli a mano.

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In “Agent Carter”, la prima cosa che si nota è l’ambientazione, ma anche la fotografia molto luminosa. Come avete lavorato tu e il direttore della fotografia, Gabriel Beristain, per scegliere la gamma di colori adatta ai costumi e ai fini narrativi?
Prima che iniziassero le prove dei costumi, ho mostrato al nostro incredibile direttore della fotografia Gabriel la palette che avevo creato, per farla approvare da lui. Quella gamma di colori saturati si adattava bene al periodo e alla telecamera digitale. Una volta completate le prove e gli aggiustamenti principali, abbiamo fatto un camera test così che il nostro regista/produttore Louis D’Esposito, e i nostri produttori Christopher Markus, Stephen McFeely, Michele Fazekas, e Tara Butters potessero vedere i costumi, i capelli, il trucco, e i diversi filtri, per capire quale potesse funzionare meglio per la serie.

Riguardo al personaggio principale, Peggy Carter, hai realizzato i suoi costumi per sottolineare le sue caratteristiche? Se sì, come funziona questo aspetto del tuo lavoro?
Sì, è andata proprio così: il personaggio di Peggy ha un senso dello stile ben rodato. Non ha molti soldi, o un immenso armadio stipato di vestiti. In generale, in quel periodo le persone non possedevano molti abiti. Per quanto riguarda Peggy, molti capi che indossa si ripetono nel corso della serie. Per dare loro un tocco di freschezza, magari aggiungo una nuova cintura, una blusa e/o una giacca.

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Peggy era già apparsa in Capitan America: Il Primo Vendicatore, e in un cortometraggio Marvel. Questo ti ha aiutata nel realizzare i costumi per lei?
Era importante per il pubblico mantenere la continuità del personaggio. Il cortometraggio Marvel, un “teaser”, è in realtà ambientato in un futuro dove Peggy lascia la SSR, e poco dopo fonda lo Shield. Per la serie, ho usato proprio il completo di quel cortometraggio come ispirazione. Non è più nelle forze militari, e il suo stile da civile è diverso.

E invece per gli altri personaggi come Thompson, Sousa, Dooley e la graziosa Angie Martinelli?
Per i nostri ragazzi della SSR (Strategic Scientific Reserve) Dooley, Thompson e Sousa, ho pensato a stili differenti, capaci di caratterizzare al meglio ogni personaggio. Il capo Roger Dooley (Shea Whigham) indossa completi con il doppiopetto; Jack Thompson (Chad Michael Murray) completi normali con le bretelle; Daniel Sousa (Enver Gjokaj) indossa maglioni fatti a mano sotto giacche sportive, con pantaloni a coste coordinati. Angie è una cameriera e sogna di fare l’attrice. Non ha molti soldi da spendere in vestiti, e il suo stile lo riflette, quindi le ho dato pochi indumenti ben studiati.

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Qual è stata per te la sfida più difficile in questa serie tv?
Di sicuro, i tempi ristretti: ogni otto giorni viene ripreso un nuovo episodio. Ci sono tantissimi stuntman nel copione, e quasi tutti i completi di Peggy vengono fatti in tre copie. Inoltre, molti abiti dei personaggi devono essere adattati per le azioni degli stuntman.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Ovviamente speriamo in una seconda stagione.
Ho appena iniziato a fare degli schizzi per un film TV sugli assassini della Sunset Strip, ambientato nel 1980; questo mi terrà impegnata fino ad Aprile. Non sapremo niente della seconda stagione di Agent Carter almeno fino a Maggio. Fino ad allora, mi mantengo positiva e speranzosa.

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Traduzione intervista a cura di Giulia Prodiguerra
Traduzione domande a cura di Riccardo Melito

 

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