“Sulle cause e i motivi che portarono alla fine, si sarebbero potuti scrivere interi capitoli nei libri di storia. Ma dopo la fine nessun libro venne scritto più.”
(Introduzione alla storia)
Quando iniziai, nel 2012, a realizzare la rubrica “300” sul mio blog, (prima ancora di essere accolto nel sito de Lo Spazio Bianco) mi imposi alcune regole utili al criterio di scelta delle opere che, secondo il mio parere, possono comporre una biblioteca essenziale sul fumetto. Una delle regole era quella temporale; dapprima decisi di arrivare fino all’inizio del 2000 ma successivamente decisi che in fondo il nuovo millennio aveva dato alla luce opere davvero notevoli. Certo, il miglior critico di un’opera, sia essa un fumetto, un film o un album musicale, è senza dubbio il tempo, ma un azzardo ai fumetti che resteranno nella memoria collettiva, insieme ai già consolidati capolavori, si può fare. Per questo motivo delimitai le scelte delle opere uscite nel nuovo millennio fino al 2010; oltre, credo sia francamente troppo presto per scommettere su un fumetto piuttosto che un altro. Eppure, vi è sempre un’eccezione. E che questa sia capitata a Gipi è solo il segno dell’importanza e della bravura di questo autore che tutto il mondo ci invidia.
Dopo il folgorante esordio con Esterno Notte, Gipi, al secolo Gian Alfonso Pacinotti, arriva alla consacrazione artistica con lo splendido Appunti per una storia di guerra, opera premiata al festival internazionale di Angoulemme e secondo molti il suo lavoro miglore. Seguono Questa è la stanza e S. fino al fumetto LMVDS (LA Mia Vita Disegnata Male) che lo fa rende noto in tutta Italia ma che di sicuro non è all’altezza dei lavori precedenti. Con il successivo Una storia l’autore toscano realizza uno dei suoi lavori più belli e intensi che gli fa guadagnare una meritata candidatura al premio Strega anche se manca quel tocco che aveva caratterizzato le fulminanti opere iniziali. Ma Gipi è Gipi, e a distanza di tre anni, nel 2016, cambia totalmente registro, abbandona il colore, sceglie un mondo post catastrofe come sfondo e centra in pieno il capolavoro.
La terra dei figli è l’opera più bella e matura dell’artista sia a livello narrativo che a livello visivo. Se il colore era sempre stato un fedele protagonista dei suoi disegni, con questo fumetto post catastrofe Gipi si avvale di un segno grafico che alterna ricercatezza e sintesi e che stupisce per capacità espressiva.
Gipi racconta di un mondo ridotto quasi alla primitività, soffermandosi su una famiglia composta dal padre e i suoi due figli, due ingenui ragazzi che passano le loro giornate cercando di sopravvivere, perché non sanno fare altro. In un mondo catastrofico, non c’è posto per la cultura, per i sentimenti, per l’amicizia, non ci si può permettere di pensare ma solo di sopravvivere: “I figli hanno ammazzato un cane. È normale, per noi ora. I cani, i gatti, li ammazziamo. Li mangiamo. È giusto. Ma io, ora, con loro cosa dovrei fare? Dirgli che un tempo i cani stavano sui tappeti accanto ai divani, in case calde asciutte e invece di mangiarli gli facevamo le carezze? Se lo facessi, poi dovrei dirgli cos’era un tappeto, una casa asciutta…” Si confida il padre, che non potendo esternare l’amore per i suoi figli, scrive tutto su un diario, rassicurato dal fatto che i ragazzi sono completamente analfabeti e quindi impossibilitati ad apprendere l’affetto che in realtà lui prova. Un affetto celato dietro la violenza da lui usata per renderli forti, in grado di sopravvivere in sua assenza: quando muore colto da un infarto, i due figli verranno abbandonati a se stessi ma in grado di sopravvivere senza di lui. Inizia quindi una sorta di viaggio on the road che porta i due fratelli alla conoscenza delle creature piu strane, quasi un vero e proprio bestiario con cui confrontarsi; ma ai loro occhi appaiono normali perchè ignari di quello che c’era prima, ignari della bellezza, dell’amore, della gioia presenti nel mondo di una volta. Un mondo che lo stesso padre non rimpiange perchè non può permettersi di farlo.
Il segno di Gipi ci immerge in un’atmosfera che non ha niente a che vedere con i vari filoni del mondo post apocalittico; lui vuole concentrarsi sui suoi due giovani protagonisti e grazie ad una sapiente caratterizzazione dei personaggi, riesce a infondere nel lettore un senso di grande tenerezza per loro: l’ingenuità di un fratello si contrappone alla disillusione dell’altro, incapace di leggere il misterioso diario di suo padre. E per sapere, è disposto a viaggiare in una terra allo stato brado incontrando una serie di personaggi che rimangono impressi e che non frenano la sua voglia di sapere cosa dice il diario del padre.
Gipi in fondo, si serve dei due protagonisti per raccontare il bisogno d’amore di cui tutti abbiamo bisogno. “Stai bene?” Chiede una donna (un tempo amica e amante del padre) a uno dei due fratelli. “Che domanda è?” Chiede lui perplesso. E la carezza finale sul suo volto è il degno finale di un’opera dal grande impatto emotivo, raccontata con un talento artistico che fa di Gipi il vero erede di veri maestri del calibro di Hugo Pratt, Dino Battaglia e Sergio Toppi.
Un capolavoro da avere; l’eccezione alla regola in questa biblioteca essenziale.
Curiosità
I diritti del fumetto siano stati acquistati dalla Indigo Film per un lungo metraggio diretto da Claudio Cupellini e intrpretato da Valerio Mastrandrea e Valeria Golino; purtroppo la pandemia del Covid-19 ha bloccato la distribuzione del film nelle sale.
Premiato con vari premi internazionali tra cui il Gran Prix de là critique ad Angoulemme nel 2018 e incredibilmente ignorato da noi sia al Premio Micheluzzi (nomination solo come miglior disegnatore dove gli fu preferito Gigi Cavenago) che al Gran Guinigi a Lucca Comics & Games.
Edizione consigliata
Sempre di qualità e grande cura editoriale le edizioni di Coconino Press – Fandango: cover cartonata, ottima qualità di stampa che valorizza il segno di Gipi.
Altre edizioni
Nel 2018 Repubblica pubblicò l’opera omnia di Gipi in 15 volumi di cui la Terra dei figli rappresentò la prima uscita.
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