“Una volta gli chiesi se gli mancava la sua vita d’artista…”
“Che cos’ha risposto?”
“Un po’ di sofferenza fa bene all’anima.”.
(Dialogo tra la madre di Kalo e Seth.)
Ho sempre sostenuto che in ogni storia a fumetti c’è sempre un po’ della vita del suo autore; può trattarsi anche della storia più fantastica o più umoristica, ma qualcosa c’è. Nei Peanuts riconosciamo Schulz in Charlie Browne in Tex Willer c’è tanto della personalità di Gianluigi Bonelli riversata nel noto ranger; possiamo affermare che spesso gli autori rielaborano la propria vita adattandola al mondo fantastico dei comics. Praticamente un’autobiografia irreale, ciò che, diciamocelo chiaramente, è una delle cose più belle per un fumettaro.
Negli ultimi vent’anni c’è un eccesso di autobiografismo nel mondo dei comics. Molti autori fremono davanti all’occasione di potersi raccontare, è quasi diventata la moda del momento. C’è chi è contento di questa nuova tendenza, c’è chi lo è un po’ meno, essendo forse più legato a un tipo di fumetto più avventuroso e fantastico. Personalmente apprezzo il fumetto che ha un punto di partenza autobiografico e che poi, in un secondo momento, riesce a svincolarsi da questo inizio per svilupparsi in qualcosa di più fantasioso.
La storia scritta e disegnata dal canadese Seth è sì autobiografica ma allo stesso tempo biografica; perché racconta la ricerca, da parte dello stesso autore di fumetti, di uno sconosciuto collega che negli anni ’50 ebbe un lampo di notorietà grazie a una manciata di vignette pubblicate sul magazine The New Yorker. E questa ricerca si trasforma in un emozionante viaggio interiore che Seth intraprende per rintracciare Kalo, (quest’illustratore che tanto l’ha colpito per un’evidente somiglianza di stile) e al tempo stesso per riflettere sulla sua vita, fatta di amori non riusciti, collezioni di vecchie riviste e chiacchierate con il suo amico collega Chet.
È bello leggere questo fumetto in cui Seth ci accompagna nella provincia canadese, sommersa dalla neve e carica di suggestione. Qui lo vediamo, da una parte, ripercorrere i suoi luoghi d’infanzia e dall’altra ricercare caparbiamente qualche traccia della vita e della carriera di Kalo. Scoprirà quindi che lo sconosciuto artista tanto amato abbandonò l’arte per dedicarsi a un’attività imprenditoriale in grado di garantirgli una vita più tranquilla insieme alla sua famiglia.
Una carriera artistica rinchiusa in poche vignette che Seth è riuscito a raccogliere e custodire gelosamente e che testimoniano una carriera quasi anonima per un artista che di talento invece sembrava proprio averne parecchio. Impossibile quindi non pensare ai fallimenti personali, a tutti quei sogni infranti (chi non ne ha almeno uno?), a “quella sofferenza che fa bene all’anima” (come Kalo confida all’anziana madre) ma che alla fine sembra necessaria per poter vivere una vita completamente diversa, forse non desiderata dal profondo di se stessi, ma più agiata grazie alla tranquillità economica.
Il tratto di Seth è all’apparenza semplice e sintetico eppure riesce a raccontare questa storia con grande dovizia di particolari che possiamo scorgere in gran parte delle tavole; le stilizzazioni dei paesaggi sono visivamente bellissime; i tronchi neri degli alberi spogli che s’impongono sul paesaggio nevoso hanno una grazia grafica davvero notevole, influenzata da quell’illustrazione umoristica tipica degli anni ’50 tanto amata e sbandierata dall’autore.
E oltre alla ricchezza visiva, sono numerosi gli omaggi con cui l’artista canadese dichiara il suo amore per i fumetti: dall’amato Schulz al Tin Tin di Hergé, dalla Zoe di Bushmiller alla Little Orphan Annie di Harold Gray fino alle meno conosciute strip canadesi come Little Nipper di Doug Wright. Quasi una riconoscenza a questi autori cui Seth si è dichiaratamente ispirato per affinare il suo stile e conferirgli la giusta delicatezza espressiva per raccontare questa storia di passioni perdute e ritrovate: quelle che l’autore, per una buona parte dell’opera, cerca di far riaffiorare nella sua memoria e quelle che vuole conoscere cercando un artista che sembra svanito nel nulla.
Dubbioso, insicuro e pieno d’incertezze proprio come Charlie Brown, alla fine di quest’appassionante ricerca Seth capisce che in fondo La vita non è male, malgrado tutto.
Curiosità
Il nome di Kalo sarebbe uno pseudonimo di Jack Kalloway. Nel volume consigliato, alla fine della storia, Seth ci mostra le uniche vignette dell’artista che è riuscito a raccogliere oltre a una sua vecchia foto. Inoltre sempre in coda al volume un glossario con tutti gli artisti citati e omaggiati dall’autore.
L’amico Chet è in realtà il collega Chester Brown, uno degli autori di fumetti indipendenti più apprezzati e autore delle splendido Non mi sei mai piaciuto.
Il vero nome di Seth è Gregory Gallant.
Edizione consigliata
Questa è al momento l’unica edizione, molto curata come tutte quelle della Coconino Press. Non credo che al momento siano previste ristampe.