Gianfranco Goria: la non facile impresa di divulgare Tintin

Gianfranco Goria: la non facile impresa di divulgare Tintin

Gianfranco Goria è uno dei più profondi conoscitori dell’opera di Hergé, che ha studiato nel corso dei decenni e alla quale ha dedicato una montagna di lavori e ampio spazio nella sua libreria. Ultimo frutto della sua passione: "Tintin un giovanotto di 90 anni".

Gianfranco Goria non è solo tintinologo esperto e tintinofilo appassionato: nato nel 1954 a Brunico, è stato sceneggiatore e fumettista, ma soprattutto è divulgatore instancabile della Nona arte. Docente di Scrittura creativa e Sceneggiatura per Sogea, tra i fondatori dell’Anonima Fumetto e della Fondazione Franco Fossati, direttore del Centro Nazionale del Fumetto e animatore di afNews, ruolo per cui nel 2002 ha vinto il Premio ANAFI. Tutto questo e altro ancora, come potete approfondire sulla sua pagina. Noi, ancora una volta, lo abbiamo coinvolto per parlare di Tintin, cogliendo l’occasione della pubblicazione del suo saggio Tintin un giovanotto di 90 anni (Il Pennino, 2019), un agile vademecum per tintiniani e non.

Fig. 1. Gianfranco Goria, Tintin un giovanotto di 90 anni, Il Pennino, 2019.

Oggetto di passione intergenerazionale in Francia, di culto per pochi in Italia: perché Le avventure di Tintin hanno un riscontro così diverso a cavallo delle Alpi? Che cosa ci dice dell’industria fumettistica e dei lettori dei due Paesi?
È la Storia che fa la differenza: percorsi diversi, situazioni editoriali diverse, talora culture diverse, persino episodi storici diversi. Nella francofonia (e poi anche nell’anglofonia, nei paesi ispanici ecc.) Tintin si è diffuso rapidamente all’inizio, quando da noi c’era il fascismo, diventando una lettura da offrire ai propri figli e nipoti e da rileggere da adulti, trovandoci lo stesso piacere, ma nuove cose. L’Italia non ha brillato un granché, per la lettura in generale. Tuttavia, se Tintin fosse arrivato qualche decennio prima, chissà… Va anche detto, però, che, specie all’inizio, Tintin era molto “belga”: nonostante i viaggi affrontati, portava con sé la propria cultura. Poi è cresciuto moltissimo, fino a diventare un vero cosmopolita, aperto alla diversità. Ma nel frattempo l’Italia aveva avuto altre strade da percorrere: il monopolio Disney, per dire, che a suo tempo schiacciò anche il fumetto umoristico per ragazzi autoctono. E se Tintin avesse avuto spazio sul Corriere dei Piccoli? Chi può dire… Il passato è passato. Tuttavia chi si occupa di fumetto non ha potuto evitare di confrontarsi con l’icona del fumetto europeo, al di là dei propri gusti personali. La stessa industria fumettistica dell’Europa francofona e anglofona è cresciuta con un parterre di lettori che noi ci potevamo solo sognare, arrivando a stabilirsi anche nelle librerie molto prima che da noi e ben prima che (in particolare da noi) la deregulation televisiva rendesse ardua la vendita dei fumetti per giovani lettori. Insomma, a mio modesto avviso, una serie di eventi ha condizionato diversamente i mondi della lettura e del fumetto in particolare, lasciandoci diversi passi indietro. Per quanto possa sembrare strano, penso che proprio la Rete potrà darci nuove possibilità. Ma non lo so davvero; diciamo che lo spero.

Fig. 2 L’entrata del Museo Hergé a Louvain-la-Neive.

Moulinsart, detentrice dei diritti dell’opera di Hergé, non consente l’utilizzo di immagini per studi che siano prodotti da altri editori. Dove sta, secondo te, il confine fra legittima protezione e ostacolo all’esercizio della critica? È una politica che danneggia solo gli studiosi o che può danneggiare la diffusione delle Avventure?
La nota rigidità nella “protezione” dell’opera di Hergé da parte della società Moulinsart si è naturalmente attenuata, per forza di cose, con le esigenze del film di Spielberg e Jackson. In ogni caso il limite vero è solo quello legale: la normativa sul diritto di autore in Europa, e nei singoli Paesi membri, non ha abolito il diritto di citazione, per cui, muovendosi con attenzione (e con tanta fantasia), si può lavorare. Il “danno”, se così si può dire, non tocca più di tanto gli studiosi in quanto tali. Tocca, semmai, i lettori, che sono costretti, diciamo così, a tenere sempre accanto gli albi e cercare le vignette citate saltellando dal saggio al fumetto… Ma la diffusione delle Avventure direi che non ne è toccata.

Da studioso: quali sono gli aspetti delle Avventure più fertili per l’investigazione critica? Dopo centinaia di saggi, pensi ci sia ancora qualcosa da scoprire nelle Avventure?
Sembra incredibile, ma, come per ogni vero classico, Tintin continua a offrire spunti di ricerca. E persino nuove occasioni di stampa. Per dire, chi si sarebbe aspettato un inedito in lingua francese? Eppure Philippe Goddin ha pubblicato una versione di Tintin in Congo [Les tribulations de Tintin au Congo, a cura di Philippe Goddin, (Casterman, 2018), N.d.C.] che era uscita solo in olandese ed è una chicca per gli studiosi, perché si tratta di una versione intermedia, fra la prima in bianco e nero e l’ultima a colori. Le carte, la documentazione, i materiali di Hergé sono talmente abbondanti che, per chi abbia accesso al fondo, di cose da tirar fuori ce ne dovrebbero essere ancora per un bel po’. I punti di vista dai quali analizzare l’opera di Hergé (che non è solo Tintin) cambiano a seconda degli studiosi che ci lavorano: da quelli letterari a quelli artistici, da quelli psicologici a quelli storici. In fondo continuiamo a dissertare sulla Divina Commedia e sui Promessi sposi, no? Se l’opera è ricca di contenuti, tanto da poter essere considerata un classico, di materiale di ricerca ce n’è a bizzeffe, sempre che il ricercatore riesca a trovare un proprio percorso originale di analisi. Io stesso, che non sono certo il miglior Tintinologo del mondo, ho in mente alcune visioni che nessuno ha sviluppato fino a oggi, ma che prima o poi vedrò in francese, suppongo. Per quanto riguarda l’Italia, poi, se mai Tintin diventasse una lettura più diffusa, anche solo con le traduzioni dei saggi esistenti in francese ne avremmo per decenni.

Fig. 3, Hergé, Les Tribulations de Tintin au Congo, a cura di Philippe Goddin, Casterman, 2018.

Che cosa si perde dell’arte di Hergé non leggendo le prime Avventure nell’edizione in bianco e nero?
La maggior parte dei lettori attuali non le ha mai lette, pur avendole sostanzialmente a disposizione. Non ne sentono la mancanza, perché se si legge Tintin da piccoli, quello è il “tuo” Tintin, non cerchi altro. Diverso è il caso degli anziani che, a suo tempo (ma è davvero molto tempo fa), avevano letto le prime versioni: per loro, quello è Tintin. È normale, è così per tutto, a livello psicologico, direi. L’imprinting… o, volgarizzando, il piacere della lettura infantile o adolescenziale, il piacere della prima volta. Per il ricercatore, invece, c’è una quantità immane di materiale, grafico e narrativo, su cui lavorare, utile non solo a capire lo sviluppo della serie nel tempo, ma anche l’evoluzione personale dell’autore, per non parlare delle soluzioni grafiche, ovviamente diverse tra il bianco e nero e il colore.

Leggendo Il tuo saggio, mi è parso un ottimo manuale, ad uso di esperti e divulgatori, per raccontare Tintin a chi non lo conosca. Ma quali sono le occasioni dove i non appassionati possono incontrare il fumetto? Quali manifestazioni riescono a porsi a cavallo fra i due mondi (appassionati e lettori potenziali)?
Troppo gentile: è piccola cosa, giusto un tentativo di stimolare la lettura delle Avventure di Tintin in Italia. Gli esperti hanno ben altro a disposizione: come accennavo, la saggista in francese su Tintin è gigantesca). Per i divulgatori, invece, può essere utile. Ma chi vorrei raggiungere sarebbero proprio i lettori, possibilmente i giovani, vista la grande quantità di stimoli intellettuali che la serie propone. Ma dove trovarli, i giovani lettori? Nelle scuole, tanto per cominciare (dove mi capita non di rado di andare a parlare), nella grande rete (cosa più complicata vista la dispersione di contenuti, ma fattibile con le giuste competenze), nelle iniziative trasversali (di cinema, di animazione, di letteratura per giovani, di serie tv ecc.). E, perché no?, nelle fiere in cui il fumetto si mescola con il cosplay, il nerdismo e tutto il resto, in allegria!

Di fronte all’ipotesi della prosecuzione di Tintin dopo il suo ritiro, Hergé dichiarò che Le avventure erano “un’opera personale, proprio come l’opera di un romanziere o di un pittore – non un business. Se altri realizzassero Tintin, potrebbero farlo migliore, o magari no. Ma lo farebbero diverso, e proprio per questo non sarebbe più Tintin”. Molte altre BD, venuti meno i loro creatori, sono state affidate ad altri autori: da Blake e Mortimer a XIII, passando per Asterix. Lasciando da parte considerazioni strettamente commerciali, quali sono, secondo te, le prospettive critiche sotto le quali analizzare queste opere “epigone”? Offrono, allo studioso, spunti specifici e richiedono approcci peculiari?
Come mi capita di dire, ogni autore offre la propria personale visione di un personaggio o di una serie. Il Paperino di Carl Barks non è certo lo stesso di quello di Guido Martina, per dire. Ogni volta che gli autori cambiano, cambiano anche, poco o tanto, lo stile di fondo, la psicologia, l’emozione. Se gli autori sono dotati, il risultato è bello e, pur notando la differenza con il creatore, il piacere della lettura resta altissimo. I confronti possono interessare gli studiosi, altroché: offrono una gran quantità di analisi possibili. Ma ai lettori può bastare ricevere le giuste emozioni e gli stimoli adeguati per la propria crescita personale, o semplicemente un bell’intrattenimento, un momento di gradevole riposo mentale.

Fig. 4, afNews, logo del sito creato da Gianfranco Goria.

Per chiudere, due domande da discussione al pub. La prima: quale è la tua scena preferita di tutte le Avventure e perché?
Sarebbero troppe: di solito, ancora oggi, rido da solo rileggendo le storie e mi ci perdo dentro, come mi capita coi paperi di Barks. Ma una è quella del Volo 714 per Sydney, quando il professor Girasole mostra la sua abilità nell’arte marziale francese detta Savate e… non posso fare spoiler, ma è esilarante! Nella stessa tavola c’è anche una divertente gag di sfondo (letteralmente: succede qualcosa nelle varie vignette, una gag secondaria che si sviluppa, passo dopo passo). Dovrei farla vedere, ma… meglio leggere la storia di fila e godersela. Un’altra è la chiusura di Tintin in Tibet: ammetto che ogni volta mi commuove, l’uomo delle nevi, e resto lì a riflettere su cosa gli stia passando per la testa, dopo aver sperimentato, sia pure per poco tempo, l’amicizia…

La seconda: Tintin o Spirou? Bruxelles o Marcinelle? E che impressione ti ha fatto lo Spirou di Emile Bravo?
Tutt’e due! È come dover scegliere tra pasta e pizza! Due gruppi di enormi autori riuniti in due testate per ragazzi incredibili, in un periodo forse irripetibile. Lo Spirou di Bravo: bravo! Adoro le coraggiose riprese da parte di autori che non seguono normalmente le serie: quando sono di classe, sanno dare, per un momento, una luce nuova che può, a volte, suggerire ulteriori sviluppi positivi alla serie regolare. Come l’esperimento di Glénat col Disney “alla francese”. Sperimentare è fondamentale per crescere. A volte si va per vie che è meglio lasciar perdere, altre si imbocca un sentiero che porta a un bel lago di montagna…

Intervista realizzata via mail il 16 marzo 2019.

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