Parlavamo, tempo addietro, di videogiochi e di filosofia e ci si domandava se i videogame possano essere definiti arte. Se ci fossero ancora dei dubbi a riguardo questo pregiato volume, L’arte e il making di Hogwarts Legacy, scritto da Jodz Revernson e Michael Owen e pubblicato in Italia da Panini Comics, potrebbe servire a risolvere una volta per tutte la questione.
Il titolo non può essere più didascalico: il volume – un grosso cartonato di oltre 250 pagine – racconta come è stato creato il videogioco della Portkey Games Hogwarts Legacy e mostra il magico (qui la scelta dell’aggettivo è obbligata) concept artistico dal quale scaturiscono personaggi e ambienti.
“Fedele” è la prima parola chiave che descrive il videogioco in questione. È la fedeltà al materiale originario che ha guidato la mano di artisti e autori, che riescono a trasmettere la loro passione e conoscenza del mondo magico come solo un fan fedele sa fare. Inevitabilmente, però, si è stati costretti a operare delle scelte, cercando di fare in modo che non tradissero il mondo di Harry Potter.
Tra le scelte di maggior impatto vi è quella di ambientare il gioco circa un secolo prima della saga originaria, verso la fine del 1800. Questo ha permesso agli sviluppatori una maggiore libertà creativa, prevenendo il rischio di andare a scontrarsi con ciò che accade in libri e film. Ciononostante, citazioni, riferimenti e strizzate d’occhio sono talmente tante che diventa quasi impossibile scoprirle tutte. Numerosissimi gli elementi che gli appassionati possono riconoscere, ritrovandosi in un mondo familiare, sebbene ambientato in un tempo passato. A partire chiaramente dalla scuola di Hogwarts, fino al negozio di bacchette di Olivander, gestito da un avo di Garrick.
Aspetto accattivante del volume è quello di permettere al lettore (e verosimilmente al videogiocatore) di dare uno sguardo a ciò che si nasconde dietro al prodotto finale. La fedeltà, come si è detto, è ciò che maggiormente ha guidato la mano di progettisti e artisti: uno dei punti più affascinanti dell’opera è leggere di come questa fedeltà sia stata perseguita e messa in atto, adattando il videogioco non solo ai libri ma anche a quanto si è visto al cinema.
Affascinante è inoltre scoprire le numerose forme artistiche che precedono e rendono possibile la creazione di un gioco di questo tipo. Queste vanno dalla scrittura alla pittura, passando chiaramente anche al disegno “fumettistico”, considerando anche architettura, scultura e design. Tutto ciò è visibile nelle grandi immagini, protagoniste indiscusse del volume, sbilanciato in questo senso verso “l’arte” piuttosto che il “making”.
Visivamente l’opera è maestosa. Decine di artisti hanno dato il loro contributo creando dei veri e propri quadri, pregni di dettagli da scoprire. I cosiddetti Potterhead possono apprezzare ampie vedute della famosa scuola di magia e stregoneria, ma anche immergervisi, andando a esplorare i dettagli delle aule, fino alle stanze segrete e nascoste. Non manca la Camera delle Necessità, il passaggio segreto dietro la Strega Orba che conduce a Mielandia o un misterioso serpente scolpito su un rubinetto del bagno delle ragazze al secondo piano. Non mancano neanche i concept dei personaggi, dagli studenti agli insegnanti, senza dimenticare fantasmi, dipinti e animali fantastici. Forse, però, persino il fan più accanito potrebbe, sfogliando l’opera, distrarsi dal mondo magico per ammirare gli imponenti disegni che mostrano le Highlands scozzesi, esplorabili nel gioco a cavallo di una scopa o di un ippogrifo.
Le belle immagini, sia che si tratti di concept art, di paesaggi, dei dettagli delle stanze del castello o di rendering 3D dei personaggi, sono le protagoniste indiscusse del volume, che si lascia sfogliare e ammirare senza doversi necessariamente soffermare a leggerlo. Ma è comunque interessante soffermarsi sulle parti testuali e approfondire le scelte e le difficoltà dietro al processo creativo. Ci si trova così a meravigliarsi non solo della splendida arte, ma anche dei ragionamenti e delle decisioni quantomai concrete che hanno condotto a modellare le case di Hogsmeade – tutte incredibilmente storte, in quanto i maghi non si curano “dei parametri di costruzione del mondo Babbano” – o le aree comuni della scuola – costruite su basi architettonicamente verosimili e motivate. Così la sala comune di Corvonero sulla torre più alta si sviluppa in verticale, mentre quella di Serpeverde, situata sotto al lago, si contraddistingue per una luce soffusa e il tema dell’acqua. Persino la posizione dell’infermeria è stata studiata e ragionata: non troppo lontano dal campo di Quidditch per evitare che gli studenti infortunati durante il gioco impiegassero troppo tempo a essere trasportati nell’ala dell’ospedale.
Come ci si aspetterebbe da un’opera di questo tipo, creata da e per gli appassionati di Harry Potter, libri e film hanno giocato un ruolo fondamentale nella creazione di personaggi, ambienti e magie. Come già accennato, la sfida e il divertimento degli autori è stato quello di ricreare il più fedelmente possibile ciò che viene descritto dettagliatamente nei romanzi o mostrato nei film, integrandolo con quegli elementi che invece si prestano a un’interpretazione più flessibile. Questo da inoltre la possibilità al giocatore di esplorare e approfondire aspetti meno noti dell’universo Potteriano, pur non tradendo la sua atmosfera.
“Atmosfera” è forse la seconda parola chiave per meglio comprendere e descrivere il gioco, nel bene e nel male. La volontà degli autori è stata quella di far immergere i giocatori in un mondo pregno di magia, dove questa diventa quasi triviale. Essa deve essere ovunque, dagli incantesimi, ai negozi, fino al mondo naturale. Ci si è concentrati nell´atmosfera che deve trasmettere la scuola e il mondo magico, lasciando forse indietro l’aspetto relativo alle attività che il giocatore può svolgere. Si mirava a far sentire il giocatore parte del mondo di Harry Potter – una scommessa senza dubbio vinta dagli autori, che però hanno in parte sacrificato l’azione e l’esperienza videoludica in sé – che risulta a tratti molto ripetitiva – per perseguire quella che potremmo definire, essendo eccessivamente cattivi, come una visita guidata del mondo magico. Il volume Arte e making è una dimostrazione di questo. I paesaggi, le camere, i negozi di Hogsmeade, le creature e le piante incantate, la volontà di creare un ambiente magico credibile e visivamente impressionante è chiara e raggiunge gli obiettivi che si era prefigurata. Molto poco spazio viene però dedicato all’azione e alle scelte che hanno motivato missioni e attività all’interno del gioco. È brevemente menzionato, ad esempio, il perché sono state trasposte nel gioco alcune magie e non altre, ma sono esigue spiegazioni che si perdono all’interno dell’opera.
Hogwarts Legacy resta senza dubbio un gioco valido e per molti aspetti spettacolare. È stata privilegiata peró senza dubbio l’estetica sulla trama e le attività legate alle meccaniche di open world, aspetto riscontrabile anche nel volume. Nel complesso Arte e making entra nello specifico, mostrando nel dettaglio ogni piega del mondo del gioco, pur riuscendo a non fare spoiler della trama. È un’opera che arricchisce l’esperienza del gioco, dando la possibilità non solo di ammirarne l’arte alla base, ma anche di scoprire cosa significa e cosa comporta la creazione di un mondo virtuale e quali sfide ha comportato il mondo magico nello specifico. Lettura consigliata anche ai Potterheads che non hanno ancora avuto la possibilità di giocare a Hogwarts Legacy in prima persona.
Abbiamo parlato di:
L´Arte e il Making di Hogwarts Legacy
Jodz Revernson e Michael Owen
Traduzione di Fiorenzo Delle Rupi
Panini Comics, 2023
252 pagine, cartonato, colori – 59,00 €
ISBN: 9788828716976