La musa dimenticata: vita, arte e creature incredibili

La musa dimenticata: vita, arte e creature incredibili

Hazard Edizioni pubblica un volume, scritto da Emilia Cinzia Perri e disegnato da Deda Daniels, che omaggia Tezuka ma che al contempo è il racconto di un’epoca, di una passione e delle storie intrecciate di numerose vite.

Come forse sa chi conosce il maestro Osamu Tezuka, il padre fondatore del manga, una delle sue caratteristiche più interessanti era quella di utilizzare un “cast fisso” di personaggi, che ritornavano identici o con pochi ritocchi in molte sue opere.
Ovviamente non si trattava degli stessi protagonisti che vivevano ulteriori avventure, bensì di “tipi” dalle precise caratteristiche che Tezuka utilizzava quando aveva bisogno di un eroe, di un “anziano sapiente”, di un’amica fedele, di un cattivo crudele e via dicendo, così come si usano gli stessi burattini per raccontare  storie diverse.

Proprio partendo da questi presupposti è nato La musa dimenticata, fumetto che vuol proprio a Tezuka vuole rendere un palese omaggio, scritto da Emilia Cinzia Perri (premio Boscarato per Korea 2145, sceneggiatrice di Salomè per Kleiner Flug e scrittrice) e disegnato da Deda Daniels (story artist, storyboard artist e product designer per Disney, Mattel, Hasbro, Pixar, Nickelodeon, insegnante nel campo dei Digital Media a Singapore e autrice di webcomics come Il Pirata Baldassarre, Il Fiore e il Naso e Il marchio di Caino), primo volume di due recentemente pubblicato da Hazard Edizioni.

Ambientato nella seconda metà dell’800 nel nord della Germania, il fumetto racconta la storia di Markus, giovane orfano con la passione del disegno che dopo essere fuggito dall’orfanotrofio che lo ospitava trova fortunosamente rifugio presso un vecchio pescatore dall’anima di pittore. L’uomo, dopo aver notato le doti artistiche del bambino, decide di adottarlo e di insegnargli da una parte a vivere, e dall’altra a seguire la sua passione diventando un vero artista.
Seguendo il proprio talento Markus si ritrova a frequentare con alterni successi una prestigiosa scuola d’arte, scommettendo ogni cosa su una sua futura realizzazione come pittore mentre intorno a lui si svolgono le vite delle poche persone che ha accanto. C’è ad esempio Klara, la sua fidanzata spesso messa da parte dalla passione del ragazzo; e c’è Aron, l’amico polacco animato da un profondo senso di giustizia che lo porterà a compiere decisioni avventate. E molti altri ancora, di volta in volta amici e nemici.

È anche in questo, nel cast di eroi e nelle loro passioni, che sembra più vivo l’omaggio al “Dio dei manga”, del quale sembra sempre di riconoscere questa o quella traccia (Tezuka stesso fa un paio di comparsate all’interno del fumetto con addosso il suo inconfondibile cappello), questo o quel tema.

Le autrici però hanno consciamente cercato di non limitarsi a trasformare l’omaggio in copia – cosa che può accadere facilmente in storie come queste – ma hanno cercato di sfruttare il cast per una storia che fosse personale, e dalle origini non nipponiche. L’ambientazione si sposta dunque da un prevedibile Giappone a un’ Europa quanto mai realistica e ben raccontata, mentre è chiaro il tentativo della sceneggiatrice di mescolare e confondere le carte a sua disposizione, e di disporle a formare intrecci quanto più possibile inediti.

Il risultato è qualcosa che “somiglia” a Tezuka e nello stesso tempo non lo è, nel bene e nel male, evitando il rischio di diventare un pallido riflesso. Il tutto in un racconto che stenta un poco a partire, con un inizio che sembra soffrire di una certa “ingessatura” sia nelle scene che nello stile, ma che poi ingrana migliorando in scorrevolezza e in livello di interesse del lettore.

Se è dunque vero che c’è poco di interessante nel primo capitolo fatto di orfanelli scorbutici, vecchi saggi e ragazzine infatuate, col susseguirsi delle pagine la maggiore autonomia e la varietà di temi e di intenti iniziano a prevalere. Il tutto in un crescendo narrativo che prosegue senza intoppi, ma che ha forse il difetto di introdurre troppo tardi, e troppo poveramente, quello che dovrebbe essere uno dei punti forti dell’opera, quella musa dimenticata che nonostante compaia nel titolo si fa viva giusto in tempo per chiudere la prima puntata, correndo il rischio di essere un richiamo troppo debole per spingere il lettore a continuare la lettura con il volume successivo.

Riguardo il disegno, si possono elencare gli stessi pregi e gli stessi difetti evidenziati nella sceneggiatura. Deda Daniels è sicuramente un’autrice interessante, dalle chiare origini di animatrice, tanto semplice quanto efficace nel tratteggiare con poche linee ogni tipo di personaggio, e che in questa occasione ha compiuto uno sforzo davvero ammirevole a livello di documentazione e ricerca di realismo, molto più curato rispetto al suo solito.

Le sue tavole sono ricche, piene, efficaci, e sempre chiare e comprensibili, trattenute anche quando si tratta di mettere in atto scene comiche. Il tentativo di “imitare” Tezuka (o meglio citarlo tenendosene contemporaneamente alla larga) è lodevole, e inframezzato da un approccio molto più europeo anche nella composizione della tavola e della gabbia, non completamente nipponica ma piuttosto italiana, o francese.

A dire il vero, ci sembra di aver visto la Daniels più a suo agio nei webcomics di sua invenzione (come Il Pirata Baldassarre)  nei quali ha sempre sfoggiato il segno snello e molto “cartoonesco” che è sua prerogativa. In questo caso, per quanto il tentativo sia piacevole, si intravede un certo sforzo interpretativo che cresce e cala, via via distaccandosi dalla primaria fonte di ispirazione per cercare una propria ragione d’essere, che tuttavia trova solo a tratti.
Abbiamo così un primo capitolo più complesso, più realistico nelle ombreggiature e negli sfondi, ma “ingessato” al pari dei testi, seguito da capitoli nei quali la disegnatrice sembra cercare una propria dimensione, riuscendo solo in parte ad armonizzare omaggio e io autoriale. Le sue tavole comunque hanno il pregio di rimanere sempre piacevoli, e adatte al tipo di racconto.

In definitiva, La musa dimenticata è un fumetto piacevole nella realizzazione e nell’approccio artistico, citazionista negli intenti ma assolutamente indipendente negli sviluppi e che non strizza mai l’occhio al lettore. Un’opera ricca di eventi e di personaggi, che soffre per qualche schematismo e per un intrecciarsi di trame che non paiono mai – a parte quella dedicata all’eroe di turno – preponderanti.

Tra personaggi che scompaiono, comparse che esauriscono il proprio ruolo nel giro di un capitolo (si spera che tornino), e una Musa potenzialmente interessante ma che arriva troppo tardi per affascinare il lettore, quella che si snoda è comunque una storia piacevole e di ampio respiro, che potrà forse trovare la sua giusta dimensione nel secondo e conclusivo volume. Avrebbe forse giovato un’edizione che non interrompesse a metà un racconto che pare nato per non esserlo, ma La musa dimenticata è comunque una buona prova, frutto del lavoro di due autrici di talento.

Abbiamo parlato di:
La musa dimenticata
Emilia Cinzia Perri, Deda Daniels
Hazard Edizioni, 2017
Brossurato, 120 pagine, colore – € 12,00
ISBN: 9788875021535

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