Love, Death & Robots: una rivoluzione rimandata

Love, Death & Robots: una rivoluzione rimandata

L'animazione (in ogni sua forma) torna protagonista nell'opera antologica Love, Death & Robots ideata da Tim Miller e prodotta da David Fincher, graficamente accattivante ma priva di spunti originali.

Love, Death & Robots è una serie animata antologica ideata dal regista e direttore creativo Tim Miller.
L’opera, composta da diciotto episodi autoconclusivi di genere horror e sci-fi, ha coinvolto un grande numero di autori provenienti dai background artistici più disparati, dando vita a una serie di corti animati sicuramente accattivanti dal punto di vista visivo.
La serie, prodotta da Joshua Donen, David Fincher, Jennifer Miller (e dallo stesso Tim Miller) è stata rilasciata su Netflix a partire dal 15 marzo 2019, riuscendo in breve tempo a catalizzare su di sé l’attenzione del pubblico.

A livello generale, l’opera non risulta particolarmente innovativa per via di una riproposizione di concetti già visti molte altre volte in numerose opere d’intrattenimento. La struttura a episodi brevi autoconclusivi, purtroppo, non fa altro che mettere in mostra tutti i limiti (specialmente narrativi) dei corti dell’antologia, spesso incapaci di imbastire una storia profonda.

Episodi come Il vantaggio di Sonnie, Oltre Aquila, Dare una mano e Dolci tredici anni, pur riuscendo a coinvolgere in un certo qual modo lo spettatore, risultano eccessivamente derivativi rispetto all’enorme numero di film, fumetti, serie tv e videogiochi usciti nel corso degli ultimi vent’anni.

Anche gli utenti che non fruiscono abitualmente di prodotti d’intrattenimento potranno comunque vivere un forte senso di déjà vù: da film come Matrix e Pacific Rim a videogiochi come Dishonored, Halo e Dead Space, i racconti dell’antologia puntano spesso a riproporre situazioni scontate e già viste incapaci di suscitare il giusto grado di interesse.

In più di un’occasione si ha infatti l’impressione di trovarsi davanti a delle vere e proprie Tech Demo (progetti creati dalle case di produzione videoludiche per mostrare la potenza di una determinata console agli investitori o al pubblico) in cui la forma supera di gran lunga il contenuto.
Altri corti sono invece afflitti da un uso a tratti invasivo della retorica; episodi come Tre Robot e Il dominio dello yogurt, trincerandosi dietro il registro ironico, puntano a fare una critica sociale nel modo più semplice possibile, senza però approfondire nessun aspetto sociologico puntando sul concetto ormai abusato dell’umanità che ha distrutto da sola il pianeta: una scelta davvero troppo banale se consideriamo la natura d’avanguardia con cui l’intero progetto è stato presentato.

Il paragone più immediato che si può fare è infatti quello con Animatrix, la raccolta di cortometraggi animati ambientati all’interno dell’universo cyberpunk creato dalle sorelle Wachowski: Matrix. Prodotto nel 2003 da Warner Bros., Madhouse e Studio 4°C, Animatrix risulta superiore a Love Death & Robots (arrivato sugli schermi ben sedici anni dopo) sotto praticamente ogni punto di vista, proprio per la sua voglia di proporre agli spettatori storie realmente fuori dagli schemi e dal tocco molto innovativo.

Da un punto di vista narrativo, i corti forse meno riusciti dell’antologia creata da Tim Miller sono Mutaforma, Punto Cieco e Tute Meccanizzate.
Il primo dei tre, che vede protagonisti alcuni lupi mannari immersi in uno scenario di guerriglia urbana, non riesce ad amalgamare in maniera efficace il genere horror con quello action, risultando in linea generale assolutamente anonimo.
Punto Cieco e Tute Meccanizzate soffrono dello stesso problema; pur concentrandosi nel rimanere ancorati al genere sci-fi, non riescono in nessun modo a risultare coinvolgenti per via di uno sviluppo narrativo estremamente basilare.

Discorso diverso invece per Zima Blue e Buona Caccia, probabilmente i corti migliori dell’intera antologia.
Nel primo lo spettatore fa la conoscenza di un eccentrico pittore che ha deciso di migliorare il suo corpo fino a trascendere per esplorare l’intero universo senza limitazioni così da far evolvere la sua arte a livelli mai visti prima.
Nel secondo ci troviamo davanti a un riuscito mix di influenze fantastiche/favolistiche e sci-fi, con una storia che vede protagonista una kitsune (celebre creatura appartenente al folklore giapponese) alle prese con due guerrieri che le danno la caccia.

Da segnalare poi che molti dei cortometraggi presenti nell’antologia sono adattamenti visivi – oppure si ispirano – a racconti già editi (particolare atto a rimarcare ancora una volta la poca originalità dell’intero progetto). Il vantaggio di Sonnie, per esempio, è un adattamento della storia scritta da Peter F. Hamilton apparsa per la prima volta nel magazine New Moon (1991), all’interno di un ciclo di racconti più vasto. Anche Zima Blue e Oltre Aquila sono adattamenti di racconti, in questo caso dell’autore Alastair Reynolds. In generale, quasi tutti i cortometraggi presenti nascono prima su carta che su video: questo è indicativo del fermento che c’è intorno alla narrativa fantascientifica e di come i diversi media possano interagire in maniera fruttuosa per interessare un pubblico più vasto dei soli appassionati del genere.

A livello tecnico, l’antologia riesce a mostrare maggiormente i muscoli, grazie anche a una CGI ben realizzata e priva (salvo rare eccezioni) di sbavature.

Oltre alla tecnica di animazione tradizionale (che può quasi considerarsi come una ventata d’aria fresca a fronte di molti corti in computer grafica), risulta di grande impatto scenico lo stile grafico utilizzato nel corto La Testimone, un misto tra animazione classica, digitale e stop motion, che rimanda all’ottimo Spider-Man – Un Nuovo Universo diretto da Bob Persichetti, Peter Ramsey e Rodney Rothman.

In conclusione Love Death & Robots risulta un progetto accattivante dal punto di vista visivo ma troppo ancorato a tematiche già viste in innumerevoli altre opere. Un’operazione quindi non pienamente riuscita, incapace di puntare sull’innovazione per paura di uscire dalla propria comfort zone autocelebrativa.

Abbiamo parlato di:
Love, Death & Robots
Tim Miller, Joshua Donen, David Fincher, Jennifer Miller
Netflix, 2019
Serie composta da 18 episodi, durata tra i 6 e i 17 minuti

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