Scott Snyder (American Vampire, Batman, Swamp Thing) e Sean Murphy (Punk Rock Jesus, Joe the Barbarian) sono ormai due autori simbolo della nuova ondata creativa americana, che inizia a essere notevolmente apprezzata anche in Francia. In occasione del Festival di Angouleme, i due hanno incontrato il pubblico durante un incontro gestito dallo staff della manifestazione, tenutosi al Vaisseau Moebius.
Benvenuti Sean e Scott! Vi ringraziamo per essere qui con noi. Qual è stato il vostro primo approccio al fumetto?
Sean: È stato alle superiori, con Spiderman. Sono cresciuto in New England, e spesso era difficile procurarsi i fumetti.
Scott: Mio padre è sempre stato un lettore appassionato, mi leggeva molti fumetti e mi portava sempre al Forbidden Planet, una fumetteria vicino casa nostra a New York.
Come e quando hai deciso di intraprendere questa carriera?
Sean: Ho iniziato a disegnare fumetti negli negli anni novanta, spronato dai miei genitori, assieme a Phil Lester. Ho pensato: “Ehi, Jim Lee dovrà morire un giorno, qualcuno dovrà pur prendere il suo posto!”
Scott: Da piccolo non capisci che tipo di ostacoli possa comportare la professione fumettistica ma, dopo il ninja, è stata la mia prima aspirazione concretizzabile. È stato Batman Returns a convincermi definitivamente a scrivere. Vivevo a New York e sentivo le sue tematiche molto vicine. Sono stato influenzato anche da artisti come Mike Mignola e Alan Moore: Watchmen è stata una delle opere che ha cambiato la mia percezione del fumetto.
-La situazione fumettistica è precaria anche in America?
Sean: Escludendo Marvel e DC, le case editrici non sono di facile accesso, e la scelta migliore è quella di lavorare come freelancer. È difficile, anche se sei bravo potresti non riuscire a vivere di soli fumetti se non riesci a gestirti bene tempi e incarichi.
Scott: È un lavoro difficile, non hai mai certezze. Adesso però, a parere mio, è il momento migliore per entrare in questa industria, si possono fare cose che prima erano impossibili: ci sono i social media e i fumetti digitali che aprono uno spettro amplissimo di possibilità. Con i mezzi odierni, diventa anche più semplice far notare il proprio lavoro alle case editrici, anche perché non basta l’idea: oltre al rischio che venga rubata, è necessario presentare qualcosa che dia un’idea complessiva di cosa si sta facendo.
Sean: Sono d’accordo, inoltre il crowdfunding, su piattaforme come Kickstarter, è un ottimo mezzo di finanziamento che da molte più opportunità. Alle case editrici non bastano le bozze o gli storyboard, vogliono vedere progetti, disegni e illustrazioni che gli facciamo capire con chi hanno a che fare.
Come avete iniziato a collaborare?
Sean: Ai tempi stavo lavorando su Joe The Barbarian, ma apprezzavo molto il lavoro di Scott e gli dissi che mi sarebbe piaciuto fare qualcosa dell’arco di American Vampire. Lui invece mi ha proposto The Wake, e oltre a una solida collaborazione è nata una bella amicizia.
Scott: Sì, andiamo molto d’accordo, viviamo anche nella stessa città!
Come è nata l’idea di The Wake e come si è sviluppata?
Scott: Stavo lavorando alla mini-serie spinoff di American Vampire, Survival of The Fittest, e vidi un documentario su squalo gigante preistorico. Da lì nacque lo spunto; inoltre potevo sfruttare ampiamente le abilità artistiche di Sean. Il messaggio di fondo dell’opera è: non abbiate paura di esplorare, anche se il mondo che vi circonda sembra infinito è spaventoso. C’e sempre qualcosa che valga la pena essere scoperto.
Sean: Lo sviluppo ha impiegato parecchio tempo per studiare l’aspetto della creatura, che abbiamo cercato di rendere nel modo più realistico e coerente possibile, studiando numerose creature marine.
Perché avete scelto la Vertigo per pubblicare, anziché la Image Comics?
Scott: Punk Rock Jesus e American Vampire avevano avuto molto successo, è vero. Un libro simile però rappresentava una sfida, e necessitavo di un supporto editoriale molto forte. È molto importante avere un margine di libertà, che la Image lascia molto, ma questa volta avevo bisogno di più supporto.
Perché avete sviluppato The Wake in due ambienti, uno più claustrofobico e l’altro più luminoso?
Sean: È stata un’idea di Scott. La sensazione di claustrofobia doveva comunicare tensione e paura, mentre nella seconda parte, più fantasy, ho potuto sperimentare di più con vari elementi.
Scott: In questo fumetto ho infranto molte regole di scrittura: per esempio, la storia inizia nel futuro e di colpo torna indietro, inserisco molti personaggi, cambio spesso ambientazione. Mi ero imposto di sorprendere il lettore, e mi sono divertito molto.
Quale è stata per voi la sfida maggiore durante la stesura di questo fumetto?
Sean: Per me ogni opera su cui lavoro rappresenta una sfida. In The Wake la sfida è stata disegnare l’acqua in varie forme e i veicoli, soprattutto le proporzioni.
Scott: Cerco sempre di dare al lettore una scienza plausibile con elementi fantasy, senza far percepire al lettore lo stacco. Mi piace che le cose siano credibili, e lo stile di Sean mi aiuta molto, dato che discutiamo e approfondiamo molto.
Avete intenzione di lavorare di nuovo insieme dopo The Wake?
Scott: Abbiamo un altro progetto in corso di cui forse riparleremo più avanti.
Come influisce il vostro lavoro di insegnanti sulla carriera fumettistica?
Scott: Ho ripreso dopo dieci anni di pausa, attualmente sono un mentore per nuovi scrittori. È divertente, ma rende poco rispetto al fumetto stesso e bisogna essere molto appassionati. Ciò che dico sempre ai miei allievi, è che devi scrivere le storie che ti piacciono, devono essere quelle che ti emozionano: devi scrivere il fumetto che vorresti leggere tu. La domanda si rinnova e bisogna offrire nuovi stili e nuovi spunti. Loro mi ricompensano con molto entusiasmo ed è una cosa stimolante.
Sean: Posso aiutare i miei studenti con dei piccoli trucchi che rendano più semplice il loro percorso professionale, anche per proporsi al meglio, facendo inoltre laboratori e stage.
Fumetto digitale: cosa ne pensate di questa rivoluzione?
Scott: Non credo rappresenti un pericolo, anzi: la digitalizzazione ha ampliato moltissimo il pubblico. Adesso si vedono persone di tutti i tipi leggere fumetti e andare alle convention. Migliora molto anche la visibilità. Le fiere come Angouleme e Lucca sono sempre più importanti, e anche quelle più piccole crescono a una velocità esponenziale. Le fumetterie e le fiere devono diventare centri di aggregazione: è molto stimolante per l’intero mercato.
Sean: I fumetti sono più adatti e più rapidi per esprimere un’idea rispetto a un film o un videogioco. Adesso puoi davvero scegliere cosa comprare senza sottostare alla distribuzione, in particolare nelle piccola Città.
Fai molte ricerche a livello storico?
Scott: Sì, ma non troppe per non farmi trascinare troppo e rischiare di perdere spontaneità e passione. Deve essere un altro mezzo per raccontare cosa si vuole dire. Non mi spaventa troppo l’accuratezza storica, al massimo può capitarti è qualcuno che te lo fa notare su Twitter!
Cosa fate quando avete il blocco creativo?
Sean: Impari a gestirlo lentamente, è una cosa che sviluppi con il tempo. Devi capire i tuoi ritmi senza stressarti.
Scott: Cerco di distrarmi, chiamando qualcuno con cui parlare. La determinazione a proseguire nel lavoro è importantissima, mi ha aiutato ad affinare le mie competenze.
Secondo voi, il digitale può aiutare la diffusione del fumetto anche in nuove aree culturali?
Scott: Il digitale aiuta a creare nuove culture fumettistiche dove prima erano impensabili (Russia) La comunità del fumetto adesso è più aperta che mai, grazie ai social media, ed è sempre più facile procurarsi il materiale, sia in modo legale che illegale.