La serie televisiva Firefly è stata una delle vittime delle logiche di programmazione televisiva pre-streaming. Nei primi anni Duemila infatti gli slot di programmazione oraria dei serial TV o persino l’ordine di trasmissione dei suoi episodi incidevano sul suo successo o meno, a prescindere dalla qualità stessa del serial.
Firefly, creata nel 2002 da Joss Whedon, fu particolarmente penalizzata dalle scelte di messa in onda da parte del suo network, e impiegò così diverso tempo per accumulare spettatori affezionati. Un lasso di tempo che per l’epoca venne considerato eccessivo, causandone la chiusura anticipata prima del termine della prima stagione e in un punto di svolta cruciale per la trama.
I fan delle avventure dell’equipaggio della nave Serenity si erano però così legati alla serie al punto da promuovere, nel corso degli anni, numerose petizioni perché fossero realizzate nuove puntate. Una passione e un desiderio per trama e personaggi che non coinvolse soltanto gli spettatori, ma anche buona parte del suo stesso cast. Nathan Fillion, la cui carriera televisiva è poi esplosa con il successivo Castle, ha dimostrato più e più volte il desiderio di tornare ad indossare i panni di Malcom Reynolds, non solo dichiarandolo in numerose interviste, ma anche seminando di citazioni e strizzate d’occhio ai fan le 8 stagioni in cui interpretata lo scrittore detective.
Mentre rimaneva nel limbo, il pubblico di Firefly ha ottenuto soltanto Serenity, un film cinematografico diretto dallo stesso Whedon che cercava di offrire una sorta di conclusione alla trama degli episodi televisivi, e alcuni fumetti realizzati da Dark Horse (abbiamo visto qualcosa tradotto in italiano da Edizioni BD). Quest’anno il franchise è finito in mano a BOOM! Studios, che ha varato una nuova collana con l’intenzione di realizzare un vero e proprio sequel della serie, il cui primo arco narrativo approda in Italia grazie a un volume Saldapress.
L’albo ci mostra come l’equipaggio della Serenity sia costretto a un atterraggio non pianificato a causa di un’avaria, che li rende inoltre bersaglio facile per un gruppo di Unificatori sulle loro tracce. Per poter racimolare i crediti necessari alle riparazioni, il capitano e alcuni membri dell’equipaggio accettano di scortare un gruppo di religiosi in un pianeta che pullula di banditi.
L’atmosfera è perfetta: i dialoghi e i personaggi hanno esattamente il sapore che ha appassionato gli spettatori del serial, quel mix perfettamente bilanciato di ironia, empatia e dramma sotteso. Il mondo fanta-western messo in scena da Whedon, dove lo spettro di una terribile guerra continua ad allungare le sue ombre e il concetto di etica viene rimesso in discussione continuamente, trova un ottimo contraltare nella scrittura di Greg Pak, che restituisce vividamente quei characters dall’apparenza naif ma dalla complessa e ricca costruzione psicologia.
I disegni di Dan McDaid appaiono semplici, soprattutto nelle figure umane. Le fisionomie vengono definite in pochi tratti e pochi e spessi tratteggi, aiutate poi dall’intervento dei colori di Marcelo Costa. Questo comporta un risultato molto variabile per quanto riguarda i volti dei protagonisti.
È evidente quanto il disegnatore cerchi di avvicinarsi il più possibile all’aspetto degli interpreti originali della serie, con alterni risultati, persino su uno stesso personaggio. Il capitano Malcolm Reynolds ad esempio, quello interpretato da Fillion, vede la sua fisionomia cambiare leggermente da una vignetta all’altra. A volte il disegno si avvicina a ricordare l’attore, a volte se ne allontana. L’effetto non è destabilizzante dal punto di vista della lettura (il personaggio resta riconoscibile a sé stesso all’interno del fumetto, grazie anche ad acconciatura e abiti) ma forse la scelta di una sintesi meno filologica alla serie tv ma più coerente al tratto, avrebbe sacrificato meno il lavoro del disegnatore.
Magari il tratto di McDaid non è eclatante, ma assolve al suo mestiere in maniera dignitosa, soprattutto aiutato dalle campiture e dai colori di Costa, che offrono aiuto per semplificazioni e riempimenti. Il lavoro di sintesi più efficace tra i due è sicuramente la gestione di paesaggi, veicoli e architetture di questo ibrido fanta-western.
Anche la scansione narrativa e la composizione delle vignette non mette in scena nessun guizzo o scelta particolare, preferendo uno sviluppo “di servizio”, semplice e immediato. In media ci sono 5, 6 vignette per tavola, con una distribuzione e forme che variano più per evitare un effetto di rigidità e monotonia che secondo scelte compositive di qualche significato.
Questo volume di Firefly è un’ottima lettura per chi conosce la serie, che si troverà catapultato in un racconto che non farà altro che vivere davvero come un nuovo episodio, accostabile al prodotto televisivo, ma risulta piuttosto gradevole anche per chi della serie non conosce nulla e finisce per rimanere colpito e incuriosito da un pantheon di personaggi fuori dai normali canoni del genere. E, soprattutto, l’albo è una sequenza di episodi che fa quello che ci si aspetta da un prodotto del genere: mette voglia di leggerne ancora. Un piacere che permette di chiudere un occhio davanti a disegni e colori che, se non brutti né sbagliati, non offrono nulla più se non mero servizio al racconto.
A corredo del volume tutte le cover e le variant, che comprendono autori come Jock, Bill Sienkiewicz e J.G. Jones
Abbiamo parlato di:
Firefly vol. 1: La Guerra dell’Unificazione
Joss Whedon, Greg Pak, Dan McDaid
Traduzione di Stefano Formiconi
Saldapress, 2020
144 pag, cartonato, colori – 19,90 €
ISBN: 9788869197352