Lo spunto da cui prende le mosse Fire Power, nuova serie della collana Skybound, è piuttosto scolastico: Owen Johnson, un giovane praticante di arti marziali, passa di maestro in maestro fino a giungere alla corte di Wei Lun, supremo conoscitore delle arti del combattimento, nel Tempio del pugno di fuoco, riservato a pochissimi eletti.
Non si tratta dell’unico elemento che rimandi a qualcosa di già visto. Il soggetto scritto a quattro mani da Robert Kirkman e Chris Samnee, infatti, prevede il ricorso a diversi altri topoi delle storie d’avventura e di arti marziali: evidenti, per esempio, i richiami a capisaldi del genere come Iron Fist o Dragon Ball. Tali riferimenti, sia per ciò che concerne la costruzione delle motivazioni del protagonista, che per il suo sviluppo nel corso del racconto, sono collocati lungo l’intreccio in maniera naturale, permettendo di aumentare il ritmo gradualmente, giungendo al finale di azione pura, sempre nel solco delle opere di genere.
L’epilogo risulta invece d’effetto e porta l’intera opera su un piano narrativo molto più promettente: una chiusura degna per una storia che, pur non entusiasmando, è molto ben raccontata.
Kirkman si destreggia con mestiere grazie a una sceneggiatura comunque solida, forte di buoni dialoghi e che può puntare sulla caratterizzazione di Wei Lun, maestro sui generis cui è affidata gran parte della conduzione della trama e che spicca su tutti gli altri personaggi, abbastanza stereotipati tanto nei ruoli comprimari (il discepolo geloso e la discepola amichevole) tanto nelle motivazioni che spingono il protagonista Owen Johnson. L’opera ruota dunque attorno alla figura del vecchio maestro, così come Karate kid, film citato nello stesso fumetto, è stato capace di divenire un cult soprattutto per la figura di Miyagi e per il suo originalissimo modo di addestrare Daniel LaRusso.
Per il momento, dunque, Fire power si fa apprezzare più per quello che promette che per quello che è stato capace di mostrare in questo preludio. A smentire in parte questa affermazione ci pensano però i disegni di Chris Samnee, vero valore aggiunto del volume.
Accompagnate dai colori del fido Matt Wilson, le tavole di Samnee riescono a tenere viva l’attenzione quando la trama fatica a decollare ed esaltano le sequenze più movimentate.
L’artista americano si presenta con la sequenza iniziale di 15 pagine, muta, durante la quale Owen raggiunge il tempio nascosto fra altissime vette innevate. Evidente in questo frangente il tormento fisico e psicologico del protagonista, restituito attraverso la gestualità e le espressioni, ora sofferente per lo sforzo della scalata, ora perso nei propri pensieri osservando il crepitare del fuoco, poi quasi vinto dalla natura e infine col volto illuminato dalla ritrovata speranza al termine della sequenza, giunto in prossimità dell’agognato tempio. Qui la scansione delle tavole prevede per lo più vignette a sviluppo orizzontale, variando la composizione quando c’è bisogno di focalizzare l’attenzione su ciò che non è neve e montagne. Una struttura ordinata e simmetrica cui fa da contraltare la sequenza finale, dominata da un layout fatto di vignette tagliate in obliquo che quasi seguono le linee cinetiche degli oggetti e delle movenze dei personaggi impegnati a combattere.
Lungo tutto il volume, Samnee dà sfoggio delle sue qualità compositive anche nella scelta delle inquadrature, grazie alla ricchezza di quinte da prospettive insolite che valorizzano gli scambi di battute nei dialoghi, come detto ben strutturati. Il tipico tratto corposo che delinea le figure con pochi segni riesce anche nel differenziare le fisionomie degli allievi, tutti calvi e con le loro keikogi molto simili, grazie a una grande capacità nel restituirne la recitazione e alla caratterizzazione grafica molto ispirata, che si serve di piccoli particolari per identificare immediatamente i personaggi.
Tutto questo denota la versatilità di Samnee che, smessi i panni del disegnatore di supereroi, si trova a suo agio anche in questo genere di ambientazioni mutuando fra l’altro anche alcuni stilemi tipici dei fumetti di genere, come l’utilizzo marcato delle linee cinetiche tipiche dei manga, laddove in Daredevil o Capitan America la fisicità degli eroi veniva restituita puntando più sull’ampiezza coreografica dei gesti che sulla loro velocità, come avviene invece in questa fattispecie.
Le tinte scelte da Wilson sono varie e azzeccate, rinnovando ancora una volta il sodalizio con il tratto del disegnatore, già apprezzato in numerose occasioni. Quando lo sfondo delle pagine diventa nero, le tonalità degli incarnati, dei notturni e soprattutto quelle virate sul rosso dei combattimenti risaltano maggiormente. Particolarmente suggestive poi la colorazione della prima spread (pp.6-7) con una eccellente gestione della profondità di campo, e tutta la sequenza delle pagine 66-73, quando Wilson può utilizzare una palette molto calda e poetica a sottolineare il tema della scena.
Abbiamo parlato di:
Fire power vol #1 – Preludio
Robert Kirkman, Chris Samnee, Matthew Wilson
Traduzione di Andrea Toscani
saldaPress, 2020
168 pagine, cartonato, colori – 19,90 €
ISBN: 9788869197642