Il vincitore della categoria animazione dei Japan Academy Awards 2016 è The Boy and the Beast, prodotto del recente studio di produzione Chizu (Wolf’s Children) e scritto e diretto da Mamoru Hosoda (La ragazza che saltava nel tempo, Summer Wars).
La sequenza di apertura di The Boy and the Beast ha il compito di incantare immediatamente lo spettatore tramite un breve racconto dai contorni escatologici che spiega cosa stia avvenendo nel mondo delle Bestie: il re ha deciso che è giunto il momento di eleggere il suo successore ma non ha ancora scelto chi possa essere tra il virtuoso Iôzen, saggio e paziente, e Kumatestu, fortissimo e burbero. Tutti danno per favorito il primo poiché il secondo, per via del suo pessimo carattere, non ha nessun allievo che voglia seguirne gli insegnamenti. Sarà l’incontro con l’umano Ren, un orfano colmo di rancore, a segnare una svolta nella vita dell’uomo-orso quando il bambino, ammagliato dall’imponenza della creatura, decide di seguirla attraverso lo stretto, oscuro cunicolo che separa i loro Mondi.
Nella scena del passaggio dal mondo degli Uomini a quello delle Bestie la regia, tramite due scene corali di una affollatissima e sfolgorante Shibuya prima e di un colorito mercato rurale dopo, dà il massimo di sé portando agli occhi dello spettatore un immediato confronto delle due realtà.
Gli uomini non hanno volto, sono delle sagome parlanti che si trascinano per la metropoli di Tokyo, mentre le Bestie, con i loro musi e le loro corna, risultano essere straordinariamente vive. Se allo spettatore è concesso di mettere a fuoco qualche viso umano che non sia quello del protagonista soltanto dalla seconda metà della vicenda, per tutta la durata della pellicola è impossibile non soffermarsi sui curiosi volti delle creature antropomorfe che, consapevoli dell’altro mondo, ne mantengono ragguardevoli distanze, terrorizzati dall’Oscurità che si cela nell’animo umano.
La sceneggiatura ha accompagnato silenziosamente questa linea di demarcazione di specie decidendo di non dare spiegazioni troppo didattiche e preferendo piuttosto che siano i disegni a narrare per lei, con portamenti e sguardi. A reggere il gioco della trama è inoltre il rapporto che si viene a creare tra i due protagonisti rappresentanti dei due Mondi, l’allievo Ren e il maestro Kumatestu, i cui ruoli si capovolgono più e più volte nel corso della narrazione ogni volta che i due personaggi tentano di mettersi l’uno nei panni dell’altro per potersi migliorare a vicenda.
Questo confronto porta ad una crescita di entrambi ed è affascinante soprattutto il processo che conduce alla “disumanizzazione” di Ren che, ormai giovane uomo, realizza di conservare radi ricordi della sua cultura originaria, scoperta che è in grado di negargli la possibilità anche solo di immaginare la sua vita, di nuovo, completamente umana semmai dovesse tornare tra i suoi simili.
I disegni sono semplici ma ricchi di espressività. La tecnica tradizionale, utilizzata per quasi la totalità del lungometraggio, collabora con quella digitale soltanto nelle sequenze dai contorni più fantastici e onirici. I colori scelti sono vivaci e le luci calde quando ci si trova nel mondo delle Bestie, ma se riproposte tra gli uomini, queste stesse tonalità, diventano accecanti tra i palazzi di vetro, quasi opprimenti.
Di particolare pregio sono le scene in cui vengono raffigurate le folle che, oltre all’incredibile capacità narrativa sopracitata, sono caratterizzate da figure approssimatamene delineate ma in continuo movimento, scelta che porta alla creazione di sfondi animati nel vero senso del termine.
Abbiamo parlato di:
The Boy and the Beast
Regia di Mamoru Hosoda
Distribuito in Italia da Lucky Red
Giappone, 2015