Impariamo a contare
Ogni volta in cui parlo di disuguaglianza di genere nel mondo del fumetto, o della narrativa, o dell’arte in generale so di poter contare su un ristretto range di reazioni.
Ci sono le reazioni “sì, ma”.
Le reazioni “sì, ma” di solito vengono da chi proprio non può credere che nelle professioni artistiche – così belle, così libere – esista la discriminazione di genere, quindi cerca un altro motivo. Spesso un altro motivo c’è, ma di solito si tratta di un ulteriore altro motivo dalle origini sessiste.
Per esempio, poche donne scrivono fumetti, quindi che poche donne vincano premi è statisticamente normale. Ma poche donne scrivono fumetti… perché?
(Qua analizzo il problema della disuguaglianza di genere nel fumetto.)
Le reazioni “sì, ma” sono spesso anche reazioni un po’ speciose. Infatti molte donne scrivono narrativa, eppure poche donne vincono premi (qua una riflessione di Luigi Spagnol in merito), molte donne dipingono, ma poche vengono esposte nei musei e così via…
Quindi sì, ci sono delle altre motivazioni, a parte la discriminazione di genere, ma queste spiegazioni tendono a derivare da altre discriminazioni di genere.
Ottengo poi le reazioni asinine che potete immaginare: le donne sanno scrivere solo romanzi d’amore, sanno dipingere solo quadretti inconsistenti e i veri chef sono tutti maschi.
Queste reazioni asinine sono appunto asinine, quindi non meritano ulteriore discussione. La vita è troppo breve per perdere tempo con simili assurdità. Inoltre si spera che sarà la vita stessa a far cambiare opinione a questi signori e a queste signore.
Un’altra reazione che vedo abbastanza spesso è: “ma queste continue lagnanze ottengono l’effetto opposto”. Oppure: “volete forse finire in un ghetto in quanto raccomandate?”
Cioè in pratica gli uomini si scocciano se le donne si lamentano. E si scocciano se le donne fanno notare che il meccanismo del merito è truccato in favore degli uomini.
Uhm… solo a me sembra sessimo vecchio stampo anche questo?
Perché in un contesto civile se uno fa notare un trattamento iniquo non si sta “lamentando”, sta segnalando un problema, così come segnalo all’amministratore che l’ascensore si è rotto quando si rompe… perché se l’ascensore è rotto andiamo tutti a piedi, no? E quelli che stanno al primo piano possono fregarsene, ma quelli che stanno al decimo non sono dei lagnosi fissati, giusto?
Ecco, se la meritocrazia in un settore è “rotta” chi ne subisce le conseguenze è sempre il fruitore finale: il lettore, lo spettatore, il collezionista.
Ma forse il fruitore finale non ne è consapevole. Infatti la reazione che ottengo con più frequenza in assoluto quando parlo di disuguaglianza di genere nel mondo del fumetto, o della narrativa, o dell’arte in generale è il silenzio. E l’inazione.
Cioè la maggior parte dei fruitori finali o anche degli addetti ai lavori in fondo non ha molta voglia di parlare della cosa o di fare qualcosa al riguardo.
È possibile che anche voi che state leggendo questo pezzo siate tra questi. Non avere per nulla il vostro feedback è un po’ frustrante, ma vi assicuro che posso conviverci. In fondo danneggia me quanto voi, anzi, è possibile che in fondo danneggi più voi che me.
Però, scusate, io non credo che tutti coloro che rispondono con il silenzio siano semplicemente disinteressati. Questo perché quando parlo di disuguaglianza di genere nel mondo del fumetto, o della narrativa, o dell’arte in generale sempre più spesso ottengo anche un’altra reazione: interesse, partecipazione e indignazione costruttiva.
Da parte di uomini e donne (dato che le discriminazioni di genere offendono entrambi) che vorrebbero cambiare questo stato delle cose.
Per questo sono arrivata a credere che molte delle persone che rispondono con il silenzio siano solo persone più “tranquille”, che non amano esporsi, ma che non sono per niente disinteressate. Solo che, magari, non sanno che cosa farci.
Be’, questo è un po’ il problema, no?
Prendo spunto dalla campagna contro il sessismo nel mondo dell’arte e vi suggerisco una prima contromisura: contare.
Impariamo a contare. Se visitiamo una mostra di fotografia, contiamo il numero dei fotografi e delle fotografe. Se vediamo dieci film contiamo il numero delle registe e dei registi. Se compriamo dieci libri contiamo il numero degli autori e delle autrici. Se leggiamo l’elenco dei finalisti a un concorso letterario, o fumettistico, o artistico, contiamo il numero dei finalisti uomini e donne. Se collezioniamo fumetti contiamo le disegnatrici, le sceneggiatrici e le direttrici di testata… e confrontiamolo con il numero dei disegnatori, degli sceneggiatori e dei direttori di testata.
Le donne rappresentano più o meno il 50% della popolazione mondiale. Quali dovrebbero essere le percentuali “eque” è facile da capire. Potete tener conto di ogni altra possibile ragione per un numero di donne troppo basso o troppo alto, anzi, vi invito a farlo, ma registrate anche semplicemente le proporzioni in un angolino del vostro cervello.
Direte: non serve a niente.
Vi rispondo: serve a non perdere la consapevolezza.
E quando hai un problema – e questo lo è – averlo presente è il primo passo per risolverlo.
Impariamo a contare. È facile e sappiamo farlo tutti.
Ciao Susanna,
bello questo pezzo. Davvero interessante.
io sono un semplice lettore e collezionista e devo dire che spesso mi sono ritrovato a fare “la conta”nella mia libreria di autori e autrici. Forse non ti sorprenderà sapere che il risultato finale è nettamente squilibrato a favore dei primi.
Una risposta che mi sono dato è: “sono io che non conosco abbastanza scrittrici e disegnatrici. Dovrei informarmi di più”.
Da quello che scrivi, però, mi pare di capire che, anche a voler cercare, si trova poco per via di una discriminazione che purtroppo colpisce anche l’arte.
La domanda è: ora che si fa?
Come acquirenti non c’è moltissimo da fare a parte quello che già sai. Perché non è che uno può comprare cose che non gli piacciono solo perché le disegna o le scrive una donna. Al massimo può cercare di comprare quanto più possibile ciò che gli piace E è stato scritto/disegnato da una donna 🙂