Come definiresti il concetto di graphic novel? Perché hai scelto tale formato per questa opera?
Il concetto di graphic novel, per me, si riferisce solo a un’intenzione commerciale, a un’idea del marketing per vendere volumi che contengano più pagine del solito, storie più lunghe. La opportunità che mi da è quella di poter raccontare qualcosa senza tenere in considerazione il limite della quantita di pagine previste, questa mi sembra la cosa migliore. Mi posso prendere il tempo che voglio per sviluppare o restare fermo in qualsiasi situazione. Posso muovermi più tranquillamente nel mio ritmo narrativo e perdermi un poco.
Fueye è una rivendicazione della memoria e della tua identità di argentino?
Mi è più facile parlare del mio paese o dei miei sentimenti di emigrante, però in fondo credo che in Fueye gioco a domandarmi il movimento e il cambiamento. Il trasferirsi di per se stesso. Stiamo tutti in un non-luogo e inoltre sei in un vestito che non è il tuo, e più è comodo, più grande sarà la sensazione di stranezza. Da qui viene la mia sensazione di disagio. Accettata ma sempre di disagio e messa continuamente in discussione. Alcuni anni fa ho visto un documentario su TVE (NB la televisione nazionale spagnola) nel quale un africano tornava al suo paese di origine e conversava con un altro africano che non se ne era mai andato. Dopo essere stato alcuni anni in Spagna e parlando di immigrazione, diceva cose molto simili, per non dire uguali a quella che io penso. Credo che sono esperienze di vita che rimuovono tutto alla stessa maniera senza curarsi del luogo di origine; rimuovono la tua casa per sempre e ti portano naturalmente a immergerti nel tuo passato e nelle tue radici.
La seconda parte è una giustificazione emozionale della prima? Non pensi che quest’ultima si sosterrebbe anche da sola?
Tutti siamo pieni di parti e passano gli anni e ce ne appaiono sempre di più. Hanno bisogno l’una dell’altra e si completano, più di quanto non siano voci distinte e vengano da differenti posti interiori. Per questo ogni personaggio, ogni storia, ogni forma di raccontare risponde a una mia necessità di raccontarmi in una certa maniera. Per questo si, credo che anche sola potrebbe andare bene, ma avrebbe meno forza e ci guadagna nello stare con l’altra.
Sembra che nei disegni e nella storia ti sei espresso con più libertà rispetto a tutte le altre opere, è vero?
Avevo bisogno di lasciarmi andare come non mai e approfittare con maggiore egoismo di quello che avevo fatto nei lavori precedenti.
A mio giudizio, il colore e la illuminazione sono elementi narrativi essenziali in questa opera, è così?
Tutto si intromette nella narrazione. Non ci si può disfare di nulla. Ci sono moltissimi elementi che sono in gioco nella storia (la luce, il colore, i dialoghi, i silenzi, le vignette, etc.) e bisogna sfruttarli tutti secondo le necessità del momento.
La colonna sonora che si include nel libro, è stata composta in funzione dell’opera disegnata? Qual è il suo contributo al risultato finale?
Marcelo Mercadante ha cominciato a comporla alcuni mesi prima di pubblicare il libro. Ho proceduto di volta in volta mandandogli i PDF, poi i dialoghi e poco a poco è andato facendosi un’idea. Parlando al telefono ho sentito che aveva tutto molto chiaro, e inoltre sapendo che era uno dei migliori con il bandeòn, mi sembrava che fosse meglio lasciarli fare la sua musica. E, come ti ho detto prima, siamo pieni di parti: e questa è una in più che aggiunge forza a una lavoro già pieno di parti, anche da sola può funzionare perfettamente e può affascinare.
Riferimenti:
Il blog dell’autore: jfgv.blogspot.com
Colonna sonora di Fueye: www.archive.org/details/MarceloMercadante-fueye