Max Ernst – Una settimana di bontà

Max Ernst – Una settimana di bontà

Assemblato con immagini d’epoca vittoriane, il capolavoro del surrealista Max Ernst rappresenta, forse, il primo esempio di graphic novel del XX secolo.
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Adelphi, 2007 (Germania, Una semaine de bonté, 1934)

Le immagini possono davvero raccontare i romanzi? Non potrebbero ma in Max Ernst lo fanno: e Una settimana di bontà racconta disperatamente felice nella sua mutezza, racconta in una lingua nuova e arcaica, racconta dal luogo dove la poesia può dire con Tristan Corbiére: «Io parlo sotto di me». Quel sotto non può essere detto se non con le intraducibili apparizioni di Una settimana di bontà…
(Giuseppe Montesano)

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Un giovane Max Ernst

Cos’è una Graphic Novel? L’espressione, letteralmente tradotta, indica un romanzo grafico, e cioè un romanzo che per raccontare una storia non usa solo frasi e periodi, ma anche e soprattutto immagini che diventano quindi una componente essenziale. Da un po’ di anni a questa parte il termine graphic novel sembra aver sostituito la parola fumetto. La cosa ovviamente non ha senso soprattutto se pensiamo che un romanzo a fumetti nasce proprio perché pensato con la struttura di un romanzo e non di un fumetto.
Quindi, per fare un esempio, Contratto con Dio, Blankets e Cinquemila chilometri al secondo sono delle graphic novel perché strutturalmente pensate dai rispettivi autori con la struttura narrativa tipica del romanzo, mentre Una ballata del mare salato, V per Vendetta o L’Eternauta, sono dei fumetti pensati come pubblicazioni a puntate su riviste, poi successivamente raccolti in volume (con un’infinità di edizioni anche prestigiose) e definite graphic novel, pur non essendole.

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Una delle 180 immagini tratte da Una settimana di bontà

Insomma ammettiamolo: oggi c’è chi ha le idee un po’ confuse. Ma c’era un uomo che invece le idee le aveva ben chiare e questo quasi novant’anni fa. Quest’uomo era il pittore Max Ernst, oggi considerato uno dei più grandi surrealisti di sempre e fonte d’ispirazione per alcuni grandi artisti anche del fumetto come Moebius e se vogliamo anche Jacovitti, vero esponente del surrealismo a fumetti italiano.

Nel 1934, durante un viaggio in Italia, Ernst realizza una delle sue opere più famose, Una settimana di bontà, un romanzo in tutto e per tutto per immagini; insomma quello che oggi verrebbe definito graphic novel. Infatti l’intento dell’artista era quello di sconvolgere il mondo dei letterati con un’opera talmente particolare da risultare unica.

Una settimana di bontà, sottotitolata I sette elementi capitali, non è certo un’opera semplice e questo perché la sua lettura si apre a molteplici interpretazioni. E’ un libro fortemente provocatorio in ogni sua immagine; se nel titolo si parla di bontà, di certo nelle immagini troviamo un concentrato di violenza e brutalità che non possono non relazionarsi alla situazione politica del periodo. E’ evidente la presa di posizione di Ernst contro i regimi dittatoriali proprio nel momento dell’ascesa del nazional socialismo di Hitler. Ma Una settimana di bontà non è solo questo: l’artista vi inserisce varie tematiche a lui care come la sessualità e il rifiuto del patriottismo, oltre a una denuncia contro alcune forme di società dell’epoca; la prima guerra mondiale era finita (e lo stesso artista era stato al fronte) e la maggior parte di persone era rientrata da essa scossa e turbata. Questi stati d’animo sono tutti racchiusi nelle immagini nude e crude di Ernst, realizzate con una tecnica del collage che unisce un formidabile mix di immagini prese da riviste di età vittoriana, enciclopedie mediche, incisioni di Gustave Dorè e quant’altro serviva all’artista per raggiungere il suo scopo.

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Una settimana di bontà: surrealismo realizzato con la tecnica del collage.

Ecco quindi perché questo romanzo ha molteplici interpretazioni, una diversa dall’altra, a seconda di chi lo legge. Tocca proprio al lettore cercare la storia in questa incredibile sequenza di immagini e, ve lo anticipo subito e con franchezza, non è semplice.

Ma del resto quale grande opera lo è? Sfogliando oggi Un settimana di bontà sinceramente è impossibile non accorgersi della genialità di Ernst: il suo lavoro minuzioso di ritaglio dei vari disegni e il loro successivo montaggio con la tecnica del collage sono davvero stupefacenti sia per la perfezione con cui tutto viene eseguito, ma soprattutto per la creatività dell’autore.

Ben 184 collage che si susseguono senza l’uso delle parole. In pratica Max Ernst realizzava, forse il primo graphic novel del XX secolo.

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Una delle tante immagini provocatorie di Max Ernst

Curiosità

Una settimana di bontà è suddiviso in cinque capitoli denominati quaderni; ad essi viene accostato un giorno della settimana e a tale giorno Ernst associa il titolo di un paragrafo che l’autore chiama elemento. Primo quaderno domenica, elemento: il fango; secondo quaderno lunedì, elemento: l’acqua; terzo quaderno martedì, elemento: il fuoco; quarto quaderno mercoledì, elemento: il sangue; ultimo quaderno giovedì, elemento: il nero, venerdì elemento: la vista, sabato elemento: l’ignoto.

Ogni elemento si lega alle immagini che seguono, e ci sarebbe da dire parecchio su tutto il romanzo e sinceramente mi fermo qui. Per capire meglio l’opera di Ernst vi consiglio di leggere la postfazione al volume consigliato dello scrittore e critico letterario Giuseppe Montesano.

Max Ernst ha collaborato con altri importanti esponenti del surrealismo come André Breton e Paul Éluard. Inoltre l’artista viene considerato il pioniere di alcune tecniche pittoriche come il grattage.

Edizione Consigliata

Un bellissimo volumone in puro stile Adelphi Edizioni: ottima cura editoriale (di Giuseppe Montesano che, come detto, cura la splendida es esaustiva postfazione) e qualità di stampa. Oltre a Una settimana di bontà, il volume raccoglie altri due romanzi per immagini di Ernst: La donna 100 teste e Sogno di una ragazzina che volle entrare al Carmelo. Il prezzo del volume non è economico, 38 euro, ma è un’opera che non può mancare in una biblioteca che oltre ad essenziale cerca di essere completa da un punto di vista storico.

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