Non c’è presentazione migliore che quella fatta da se stessi: Massimo Spiga e Francesco Acquaviva, chi siete e quando è nata la vostra passione per i fumetti?
Massimo Spiga: In realtà, è piuttosto recente. Come molti, ho iniziato a leggere fumetti nell’infanzia, durante il periodo “epico” della Bonelli (’86-’96 circa), ma non mi hanno mai appassionato abbastanza da indurmi a produrne di miei. Dai 14 anni in poi, ho iniziato a scrivere in prosa, sulla scia dei miei eroi dell’epoca (tra i tanti, voglio citare una possibile Santissima Trinità: Lovecraft, Ellroy, Burroughs) ed ho imparato i fondamenti della sceneggiatura cinematografica. Consideravo il fumetto un media minore. Nel 2003, ho letto Transmetropolitan di Warren Ellis ed ho realizzato che avrei passato una parte consistente del mio futuro a scrivere e leggere fumetti. È stata una rivelazione sconvolgente, una grazia inaspettata. Da allora, sono stati tanti i prodotti dell’arte che hanno modificato in maniera sostanziale la mia vita.
Francesco Acquaviva: Per me invece la passione per il fumetto nasce all’incirca quando avevo 6 anni… ho iniziato a rilegare i miei fumetti con le graffette in prima elementare..e non ho più smesso!All’inizio ero appassionato di Topolino e di autori quali Giorgio Cavazzano e Massimo De Vita (La sua saga della Spada di Ghiaccio resta un must!) poi a 13 anni ho scoperto il mondo dei fumetti americani e di autori come Frank Miller, Alan Moore, Grant Morrison, Dave McKean, Bill Sienkiewicz, Arthur Adams, Barry Windsor-Smith, Mike Mignola… e da lì ho deciso che quello sarebbe stato il mio futuro come autore.
Da cosa nasce l’idea per la realizzazione di Backstage?
MS: Backstage non nasce da un’idea vera e propria, ma da un sentimento diffuso nel nostro panorama culturale. Non c’è alcun bisogno di uno spunto narrativo specifico, la televisione è ovunque: chiunque viva in questo secolo non può non farci i conti. È un elefante parcheggiato nel nostro salotto. Come tutti i media, amplia e definisce ciò che siamo. E ciò che siamo non è necessariamente coerente o omogeneo. Per questo motivo, io e Francesco Acquaviva abbiamo deciso di frammentare la storia di Backstage in sei sottotrame che si rincorrono tra loro. Non esiste alcuna “verità” in Backstage. Ci sono solo le immagini, che i sei protagonisti vedono ed interpretano a modo loro. È un modo come un altro per riproporre una delle domande più inquietanti poste da grandi autori come Philip K. Dick: “Come si può vivere in un mondo in cui non esiste alcun punto di riferimento?“. Credo che questa sia una delle tematiche centrali di Backstage.
Il tema trattato è sicuramente attuale e la maggior parte delle persone accetta questo tipo di situazioni oramai quasi con una certa arrendevolezza e tacita accondiscendenza… pensate che dando voce di questo mondo poco pulito anche attraverso il fumetto, si possa smuovere qualcosa di più nei giovani lettori?!
MS: Il mondo dello spettacolo non è “poco pulito”. È una maledetta fogna, esattamente come il resto del pianeta Terra. Ma è la nostra fogna, e contiene tutte le schifezze che ci fanno andare su di giri. In Backstage, ho tentato di mantenere questa fondamentale ambivalenza rispetto ad ogni problema. Ad esempio, ad un certo punto della storia, una velina-prostituta si chiede se lavorare otto ore al giorno in un fast food per tutta la vita sia più o meno onorevole di fare il suo “mestiere”. È una bella domanda, a cui io stesso non so dare una risposta. In ogni caso, è fuor di dubbio che i cosiddetti “giovani” siano meglio attrezzati per affrontare la nostra realtà turbomediata/mediatica rispetto alle generazioni precedenti. Aver visto milioni di ore di pubblicità li ha resi così cinici rispetto ai media che è quasi impossibile fregarli.
Certo, quando si parla delle menzogne basilari che regolano la nostra vita comune, come ad esempio “il denaro compra tutto“, sia i giovani che gli anziani cadono nel tranello con la stessa facilità. Spero che Backstage possa contribuire, seppure in maniera minima, a sfatare queste leggende metropolitane.
Dedicare un capitolo per ogni personaggio e raccontare tante piccole storie che confluiscono in quella principale è stata una ottima idea ed in ogni capitolo sono presenti riferimenti al nudo, al sesso o a corpi perfetti e provocanti… sembra che anche nel panorama fumettistico Italiano ci siano fumetti che evidenziano una tendenza simile, quasi come una sorta di emulazione-venerazione nei confronti di Milo Manara, voi cosa ne pensate?
FA: Davvero interessante come domanda, dal momento che la prima volta che mi è stata proposta la possibilità di realizzare un volume per la Freebooks, l’esempio che mi è stato fatto dal mio editore è stato proprio quello di Milo Manara! Credo che nella società moderna il sesso e il nudo siano parti integrali dell’aspetto comunicativo,permeano ormai ogni ambito della nostra vita sociale e penso che non si possa prescindere da loro se si vuole raccontare uno spaccato del dietro le quinte del mondo televisivo. Sono anni che nella pubblicità appaiono chiappe per reclamizzare yogurt o ragazze bellissime nude per sponsorizzare automobili, e questo credo abbia influenzato e stia caratterizzando il nostro modo di vedere e intendere le cose.
In alcune tavole il tratto ed i colori sembrano dare ancora più peso e forza alle immagini già di per sè ciniche, era questa l’idea?!
FA: Assolutamente. Specialmente credo che la cosa si possa notare con lo scorrere delle pagine, più mi addentravo nell’opera e maggiormente sentivo l’esigenza di rendere anche graficamente la crudezza e la spietatezza condita comunque sempre da un aspetto grottesco dello showbiz. Per ogni opera che realizzo cerco sempre lo stile che meglio possa renderne l’atmosfera e i temi trattati, per questo all’inizio ho avuto un po’ di difficoltà, ma man mano che proseguivo nel lavoro lo stile e i colori si sono trasformati autonomamente per esprimere le emozioni che covavo.
Siete davvero convinti, come fate asserire ad un vostro personaggio, che non esista un business come lo show business?
MS: Beh, il personaggio che lo afferma è una figura di punta dello show business medesimo. Lui stesso deve alimentare il sogno (o lo slogan di marketing) che sorregge il suo mondo, senza il quale tutto cadrebbe in pezzi. Quindi, dal suo punto di vista, quella è una verità fondamentale per la sua stessa sopravvivenza. Dal mio punto di vista, lo show business è un mercato interessante perché unisce le qualità creative più sublimi del genere umano con le sue caratteristiche ventrali più abiette. Ma, specificato questo, non differisce in nessuna maniera sostanziale da un enorme mercato delle vacche. O dal settore dell’editoria a fumetti, tanto per fare un altro esempio. Dovunque si venda e si compri, l’effetto distorcente del mercato deforma sia i prodotti che i consumatori. E là dove il mercato comincia, inizia pure il fracasso di grandi commedianti e mosche velenose. Noi italiani lo constatiamo ogni giorno in parlamento.
Ci sono situazioni, programmi, personaggi della TV che vi hanno ispirato maggiormente rispetto ad altri, e perché?
MS: Il documentario Videocracy mi ha molto colpito perché mostra lo show business italiano per come esso vuole essere percepito. Ed è uno spettacolo assolutamente inenarrabile. Vedere Fabrizio Corona che mercifica il suo corpo nudo, che conta i soldi, che si vanta del suo successo… e guardarlo negli occhi mentre lo fa è un esperienza straordinaria. Gli occhi di Corona sono un pozzo nero di disperazione. Si riesce a cogliere il terrore e la vergogna che animano la sua vita. Anche Corona, come il personaggio citato in precedenza, si sforza con tutte le sue energie per mantenere viva la facciata del sogno. Perché senza quella sottilissima patina sarebbe perduto. O meglio, questo è quel che ho intuito da Videocracy e che ho tentato di infondere in Backstage. Inoltre, il fumetto tratta di accadimenti più o meno frequenti nella televisione, come la censura di un comico (e, considerando la “strage dei satiri” che si è consumata in TV, non mancano figure a cui ispirarsi), l’intervista molto glamour ad uno psicotico criminale (un esempio tra tutti, l’intervista a Donato Bilancia di Bonolis) e varie altre amenità del genere.
Il giudizio sulla televisione è senza appello, o credete che ci siano ancora spazi che si salvano dalla mediocrità?
MS: La mediocrità non esiste. Tutto è interessante, in qualche modo. Tutto contribuisce ad accrescerci come esseri umani, se desideriamo farlo o se sappiamo come farlo. Per questo, io confido ciecamente in tutti i media. I media amplificano i nostri sensi e la nostra mente, ed io voglio sempre di più: più gioia, più dolore, più sogni, più paura, più estasi, più malattia, più storia, più coscienza, più evoluzione, più vita.
I reality hanno creato l’illusione che il “quarto d’ora di celebrità” sia alla portata di tutti ma soprattutto lo sia senza merito, o a volte proprio per demerito. Volevate comunicare qualcosa anche a queste generazioni di “cacciatori di fama televisiva” con la vostra opera?
MS: Non tutti possono o vogliono essere premi nobel per la medicina. Per alcuni, è sufficiente scuotere le chiappe davanti ad una telecamera. Chi pensa che questo sia il suo sacro destino e la strada per la sua felicità, faccia pure. Gli auguro di ottenere esattamente ciò che desidera. Mi pare una punizione sufficiente.
FA: Amen.
Come sono state finora le reazioni al vostro fumetto?
MS: Molto positive. Devo ammettere, con una punta di veleno, che i lettori tendono a elogiare più i disegni che non la storia. Ma è ovvio. Dopotutto, è cosa risaputa: gli scrittori non servono a niente. In alcuni casi, ci è stata fatta un osservazione molto intrigante: secondo un certo numero di lettori, la storia di Backstage si presterebbe più ad un format di tipo televisivo che non a quello fumettistico. È un commento che mi riempie di orgoglio.
FA: Mi è stato fatto notare come dall’opera traspaia l’anima che io e Massimo abbiamo cercato di infonderle… e questo credo sia possibile solo grazie alla sintonia che si è creata tra me e Massimo sin dal primo lavoro che abbiamo firmato insieme. Massimo scrive le storie che io vorrei leggere, e quindi disegnarle diventa sempre un’esperienza straordinaria, mi spinge a dare il meglio di me perché i disegni siano all’altezza della storia.
Abbiamo parlato di:
Backstage
Massimo Spiga, Francesco Acquaviva
Freebooks, 2010
128 pagine, cartonato, colori – 15,00€