“L’ombra che mi cammina accanto”: intervista a Barroux

“L’ombra che mi cammina accanto”: intervista a Barroux

Davide Calì intervista Barroux, autore noto in Italia per i suoi libri illustrati, per scoprire la genesi del suo ultimo fumetto: "L’ombra che mi cammina accanto".

COVERConosco Barroux da parecchio tempo e l’anno scorso ho avuto anche occasione di lavorare insieme a lui a un nostro libro. Sempre l’anno scorso, lo avevo intervistato durante 9mbreinlibro.
All’epoca era appena uscito in Italia Mio nonno sta svanendo (Edizioni Clichy), un albo illustrato molto delicato su tema dell’Alzheimer, scritto da Gilles Baum. Per un pubblico più adulto (ma forse non necessariamente) arriva invece adesso in libreria una sua nuova graphic novel (anche se penso che in Italia sia la prima) che mi ha colpito molto: L’ombra che mi cammina accanto.
È la storia di un viaggio in Brasile, che un ragazzo compie per capire come è morto suo fratello. Dall’ultima cartolina, ricevuta dopo la sua morte, sembrava che tutto andasse per il meglio. Era contento di essere lì e di vivere quell’avventura. Si stava spostando in un’altra città. Poi, il comunicato delle autorità brasiliane.
Ho intervistato Barroux per farmi raccontare la genesi di questo libro.

Leggendo la tua storia ho avuto l’impressione che raccontassi qualcosa che ti è capitato realmente. È così? Hai vissuto davvero una sparizione? Hai davvero viaggiato in America del Sud?
No, si tratta di una storia di invenzione, i due fratelli di cui racconto non esistono. Il viaggio in Brasile invece, l’ho fatto davvero, una decina di anni fa. Nel libro ci sono diverse cose che mi sono capitate realmente durante il viaggio, ma la maggior parte sono inventate. Molti dei personaggi che ho incontrato nel fumetto sono ispirati invece a persone che conosco. Per creare questa avventura ho mescolato un po’ tutto insieme.

20230211_101202In molti dei tuoi libri si respira l’atmosfera del viaggio e in effetti ho l’impressione che tu abbiamo viaggiato molto.
Sì, è vero e per me è una cosa molto importante. Adoro viaggiare, in treno, in nave, in aereo, a piedi con lo zaino in spalla. Quando viaggio ho l’impressione di vivere più intensamente. Ci sono i grandi viaggi, al di sotto dell’equatore, e i piccoli viaggi, dietro l’angolo. In ogni caso, quello che mi interessa è la gente. La gente e le storie che raccolgo, a destra e a sinistra. I viaggi mi stimolano e nutrono il mio lavoro.

Disegni mentre sei in viaggio?
Sì, ho sempre un carnet nello zaino. In tanti anni ne ho riempito a decine. Basta aprine uno per rituffarmi in un viaggio con un disegno o dei fiori secchi, delle note, una parola, un colore. In viaggio, fermarsi a disegnare mi permette di impregnarmi di un luogo, di prendere il tempo di osservare le cose, di rallentare.

Parliamo di tecnica. Negli albi illustrati lavori al tratto e poi colori con gli acquerelli, con grandi pennellate che sembrano improvvisate, non studiate, buona la prima. Nella tua graphic novel invece, sei passato alla colorazione digitale, se non sbaglio?
No, niente digitale. Non lavoro mai a computer. Per la graphic novel ho lavorato con un pennino e inchiostro e in seguito ho trasferito tutti i bianco e nero su fogli colorati che ho poi ritagliato e incollato per comporre le tavole.

20230211_101242E la scelta dei colori, invece? Mi sembra che lavori sempre con una palette molto limitata.
È vero, la mia palette è limitata, mi piace lavorare in economia di mezzi. Quando lavoro su un testo ci sono dei colori che mi vengono in mente e cerco di fare il libro conservando questi colori dall’inizio alla fine.

Qualche anno sono fa sono venuto a trovarti nel tuo studio a Parigi. All’epoca dividevi lo spazio di uno squat (un immobile occupato – ndr), un ambiente molto particolare, con un continuo va e vieni di gente, un sotterraneo popolato da geek tecnologici che lavoravano a strani progetti e fuori, nella corte interna, c’era anche un circo.
Sì, ho lavorato più di dieci anni in questo squat artistico. Era molto stimolante. Pieno di artisti, poeti, musicisti, pittori, scultori, marionettisti, giocolieri. Qualche volta ho disegnato scenografie, costumi, manifesti. Servivano soluzioni veloci, senza soldi. È stata una bella avventura.

E adesso? Dove lavori? E di che ambiente hai bisogno, in generale, per far scattare la tua creatività?
Oggi lavoro in un altro posto un po’ diverso ma nello stesso spirito. Si chiama “le Ventre de la baleine” (il Ventre della balena). Molto stimolante! Condivido lo studio con un pittore e una creatrice di moda. È un posto unico.

Intervista condotta via mail a febbraio 2023.

Barroux

BarrouxBarroux è nato a Parigi nel 1965, ha trascorso l’infanzia in Nord Africa, in seguito ha studiato fotografia arte, scultura e architettura in Francia. Ha vissuto in Canada e Stati Uniti dove ha collaborato, come illustratore, con il New York Times, il Washington Post e Forbes. I suoi libri per bambini sono tradotti e premiati in tutto il mondo. Ha anche fondato una sua casa editrice: Kilowatt.
kilowatteditions.wordpress.com
www.frizzifrizzi.it/2023/02/16/cinque-libri-di-barroux

 

 

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