Vi presentiamo una intervista esclusiva a Sergio Manfio, regista e sceneggiatore del film di animazione Leo Da Vinci – Missione Monna Lisa, da pochi giorni nelle sale cinematografiche italiane.
Per iniziare, ti puoi presentare ai lettori de Lo Spazio Bianco e parlarci di te?
Sono il Direttore Artistico di Gruppo Alcuni. Il Gruppo elabora e realizza progetti multimediali e intermediali dedicati alle giovani generazioni. Abbiamo uno studio di produzione di cartoni animati per il cinema e per la televisione, quattro Compagnie Teatrali rappresentano in Italia i nostri allestimenti che spesso si rifanno alle nostre produzioni in animazione, ci occupiamo di editoria a supporto dei nostri progetti. La scelta di essere presenti in vari settori risponde alla precisa convinzione che chi lavora con i ragazzi ha una precisa e irrinunciabile responsabilità formativa a cui non si può rispondere in modo approssimativo.
Come è nata l’idea di Leo Da Vinci: Missione Monna Lisa? Quanto tempo ci è voluto per realizzare la pellicola?
L’idea di Leo da Vinci nasce dalla precisa volontà di proporre, non solo in Italia, personaggi, situazioni, ambienti che pur appartenendo indiscutibilmente alla nostra cultura, siano riconoscibili e apprezzabili nel mondo intero. Il lavoro di produzione del film è durato 3 anni.
Quante persone stanno dietro alla nascita del film?
Hanno lavorato al film circa 300 persone; di queste, più di un centinaio per tutta la durata della produzione.
Puoi spiegarci meglio il ruolo del regista in un film d’animazione, come si differenzia da un film dal vivo?
C’è una differenza abissale tra la produzione di un film in live action e un film in animazione. Noi non abbiamo attori, e quando vengono disegnati i nostri personaggi non sanno recitare, quindi dobbiamo insegnarglielo. Non abbiamo location predefinite, ogni situazione va pensata, disegnata, colorata e poi realizzata in tre dimensioni. Vanno inventati tutti gli oggetti che interagiscono con gli attori. Si tratta di un lavoro di gruppo, al regista rimane il ruolo creativo e di coordinamento del lavoro, che però viene svolto da artisti che si occupano dei differenti ruoli. L’unico vantaggio rispetto al cinema tradizionale è che gli attori non si lamentano e non fanno i capricci!
Quanto pesa e quanto ha pesato l’aspetto tecnologico sulle tue intenzioni e sul risultato finale?
L’aspetto tecnologico nel film di animazione è determinante. Per quanto tutto possa essere pensato e soppesato con attenzione, il prodotto finale dipende dall’investimento economico che si è in grado di fare. Alcuni risultati dipendono dalla possibilità economica di utilizzare dei programmi e i relativi render. Questa è una cosa che andrebbe spiegata a chi si ostina a fare paragoni con produzioni che hanno mezzi venti volte maggiori alle nostre.
Quale è stata la sfida principale nel realizzare un film di animazione che presenta una versione alquanto inedita del famoso pittore e scienziato italiano?
Altra cosa che mi pare corretto spiegare è che un film non è un documentario sulla vita di Leonardo da Vinci. Non avrei mai fatto un cartone animato per spiegare questo. I cartoni animati devono essere utilizzati nella loro specificità che, a mio avviso, è quella di cavalcare la fantasia, l’immaginazione. Non avevo nessun interesse a ricostruire storicamente l’infanzia del “genio”. Volevo porre l’accento sul valore del sogno nella vita di un ragazzino: il sogno di Leo era quello di volare e alla fine, usando la sua creatività e la sua capacità di osservazione, c’è riuscito. Mi interessava poi inserire il personaggio nel rapporto normale, quotidiano, con i suoi amici, far capire che la genialità non può essere scevra dal contatto con gli altri e che spesso un colpo di genio può anche essere un sorriso!
Quali problemi tecnici si affrontano nell’ideare un film d’animazione in Italia?
In Italia l’animazione sta crescendo, più lentamente che in altri paesi, ma ci sono segni di risveglio. Il fatto è che non si è ancora capita l’importanza, anche economica, del settore dell’intrattenimento. Non si riesce, nella maggior parte dei casi, a favorire la nascita di imprese vere e proprie che garantiscano una continuità di lavoro. Queste imprese potrebbero dar lavoro a migliaia di persone che invece sono costrette a recarsi altrove. Non possiamo continuare a parlare di creatività italiana e poi farla scappare all’estero. Non possiamo dimenticare che anche Leonardo fu un cervello in fuga…
L’obiettivo di questo film è quello di divertire e intrattenere. Credi però che possa anche stimolare il pubblico giovanile ad appassionarsi alla figura di Leonardo?
L’obiettivo del film è raccontare una storia che emozioni. Ho già parlato del valore del sogno e del rapporto tra coetanei. A me interessa che la passione per Leo diventi per le giovani generazioni elemento di stimolo per essere creativi, osservatori e critici.
Avevate un modello in mente durante la realizzazione del film?
No! L’unico modello che ci ha ispirato era quello di fare un bel film d’animazione targato Italia. Ma questo non è mai facile da spiegare.
Se rispetto agli USA e al Giappone siamo ovviamente molto distanti, come è la situazione rispetto all’Europa? La nostra animazione può dire la sua?
Certo, può dire la sua nei termini che ho già esposto precedentemente. Magari dovremmo imparare, tutti quanti, a coltivare meno quel pericoloso batterio che si chiama esterofilia.
Leo Da Vinci si pone l’obiettivo di uscire dai confini italiani e proporsi all’estero? Come si fa a competere con le grandi produzioni internazionali?
Il film è stato già venduto in 52 paesi. Uscirà in Cina in 5.000 sale. Questo è per noi un risultato eccezionale. Non ho nessun interesse a competere con le grandi produzioni internazionali perché nel terreno della tecnologia applicata sono imbattibili (sarebbe come voler affrontare una squadra nel NBA con un gruppo dell’oratorio), ma ci sono altri spazi nei quali si può competere con successo: uno è per esempio quello collegato al valore delle storie che si possono raccontare.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Ho un’idea ma ve la racconto la prossima volta!
Intervista rilasciata via mail a gennaio 2018