Pere Perez, disegnatore spagnolo classe 1982, è uno dei nomi più quotati nel mercato statunitense degli ultimi anni. Inizia la sua carriera in DC Comics, dove disegna alcuni numeri di Batgirl, Smallville e inchiostra alcuni albi di Action Comics. Nel 2012 entra nella rosa artistica della rinata Valiant Entertainment e dà il suo contributo ai più importanti eroi della casa editrice. I suoi lavori su Archer and Armstrong e Faith lo fanno notare da pubblico e critica: arrivano le nomination a Eisner e Harvey Awards. Nel 2017 approda in Marvel, dove inizia a disegnare storie degli X-Men, tra cui il rilancio di Uncanny X-Men, Rogue e Gambit, Punisher vs Deadpool e War of the Realms: X-Men.
Ragazzo sorridente, pieno di energia e entusiasmo, lo incontro durante la Fiera del Libro di Lipsia. Insieme abbiamo parlato dei suoi inizi, della sua carriera, dei suoi personaggi preferiti e della sua passione… per il kung fu.
Ciao Pere e grazie per la tua disponibilità. Per presentarti al nostro pubblico, partiamo dall’inizio: quando hai deciso di dedicarti al disegno e al fumetto e quali sono stati i tuoi primi passi?
Da ragazzo, stavo valutando cosa volessi fare della mia vita e cosa studiare, scegliendo di diventare un insegnante di arti marziali. All’epoca ero un judoka e volevo davvero insegnare quella disciplina, ma mi sono infortunato e quello è stato come un punto di svolta della mia vita: ero in vacanza e mi sono slogato la caviglia, non ero in grado di fare nulla se non da sdraiato su un letto. Ho deciso di andare in un negozio di fumetti vicino all’hotel dove alloggiavo e comprarne alcuni. Dopo che l’infortunio è peggiorato e ne ho subito anche un altro, ho accantonato la mia ambizione di diventare un insegnante di arti marziali e ho iniziato a dedicarmi di più al disegno. Quindi un evento sfortunato si è rivelato la cosa migliore della mia vita!
Questo è interessante, perché molti artisti sanno già che vogliono fare i fumettisti fin da quando sono bambini.
Beh, ho sempre disegnato in un modo o nell’altro e fin da bambino compravo dei fumetti. L’infortunio mi ha fatto riscoprire questa grande passione dopo alcuni anni che me ne ero allontanato. Avevo quattordici anni e ho iniziato a leggere un sacco di fumetti della Marvel, come X-Force, X-Men, Spider-Man e sono tornato di nuovo in quel mondo.
E, cosa buffa, molti anni dopo sono persino diventato un insegnante di arti marziali, nel kung fu! (Sorride)
Sei un artista spagnolo che è attivo soprattutto nel mercato statunitense. Quale scuola e quali artisti hanno influenzato di più il tuo stile?
Da adolescente, l’artista che mi ha più ispirato è stato Carlos Pacheco, fumettista spagnolo che lavorava con Marvel e DC. Sapere che qualcuno potesse vivere in Spagna e nello stesso tempo pubblicare negli Stati Uniti è stato un fattore chiave per farmi capire che si trattava di una carriera realistica che potevo intraprendere anche io.
Quali sono le tecniche che utilizzi nel tuo lavoro? Usi molto il digitale o preferisci il lavoro su carta?
Attualmente sto usando entrambi. Faccio le matite in digitale, usando Clip Studio Paint perché mi aiuta molto con pannelli e figure piccoli, che di solito non mi riescono molto bene a mano. Anche lo strumento per la prospettiva mi sta aiutando molto. Fatto ciò, stampo il disegno e lo inchiostro manualmente.
Nella tua carriera hai ricoperto molti ruoli diversi: colorista, inchiostratore, disegnatore e anche autore completo.
Sì, la storia da autore completo è solo in spagnolo per ora, trovo difficile farla in inglese. Tuttavia mi piace sceneggiare e in effetti la mia prima storia disegnata da un altro artista uscirà presto e mi piacerebbe scriverne altre in futuro.
Queste esperienze ti hanno dato quindi una prospettiva globale sui vari processi che portano alla produzione di un fumetto. Che influenza ha questa poliedricità nel tuo lavoro e soprattutto nel rapporto con gli altri colleghi che lavorano sul tuo stesso progetto?
Rende più consapevoli della difficoltà di ogni passaggio, dunque mi aiuta a non mettere troppa pressione sui miei collaboratori. Ad esempio, ho provato a colorarmi da solo ma non sono mai veramente soddisfatto, quindi ho molto rispetto per i coloristi. A volte dico loro quale effetto mi piacerebbe avere, ma allo stesso tempo lascio loro molta libertà perché ne sanno molto più di me. Mi sorprendono con cose meravigliose. Per quanto riguarda gli inchiostratori, non ho lavorato con molti di loro nella mia carriera, di solito inchiostro io stesso. Comunque, quando capita, cerco di non stressarli troppo, anche se a volte il risultato non mi soddisfa completamente.
E quando fai le chine per gli altri, quali sono le tue maggiori influenze?
Direi che ho imparato molto da autodidatta. Ho studiato molti inchiostratori ma soprattutto da appassionato, senza cercare di prendere troppo da loro. All’inizio l’inchiostrazione è davvero difficile, provi a controllare lo strumento più che concentrarti sullo stile. Dopo questo primo passo, quando ho iniziato a inchiostrare le mie stesse matite, disegno e rifinitura si sono evoluti assieme contemporaneamente, quindi la mia inchiostrazione è una risposta diretta al mio stile. Non cerco davvero di imitare gli altri, a volte vedo un effetto interessante che mi piacerebbe includere nel mio lavoro e lo studio, ci gioco per divertirmi un po’. Ma la maggior parte delle volte è un processo naturale, non sto a pensarci molto.
Sei stato uno degli autori coinvolti nel rilancio della Valiant nel 2012, disegnando alcuni numeri di Archer and Armstrong. Come ti sei trovato a lavorare per un editore durante un periodo di rilancio e di grande creatività?
È stato fantastico. Quando ho iniziato a lavorare per loro, lo vedevo come un passo indietro, arrivavo dalla DC Comics e andare in una casa editrice più piccola, senza conoscerla, era un grande salto nel buio. Ma fin dall’inizio ho amato le storie e i personaggi, tutto si è rivelato migliore che alla DC ed ero più felice. Allo stesso tempo credevo che, essendo la Valiant un piccolo editore, meno lettori avrebbero visto i miei lavori e invece ho iniziato a ricevere nomination per molti premi. Più ero felice, meglio disegnavo, più la gente cominciava a notarmi: stavo ottenendo più attenzione lì che quando ero alla DC! Questo mi ha aiutato a crescere come artista e a costruirmi un pubblico di appassionati.
Hai lavorato per Marvel e DC con moltissimi scrittori: con quale di questi hai trovato maggior sintonia e quale di questi ti ha permesso di esprimere al massimo le tue potenzialità?
Fred Van Lente e Kelly Thompson sono in cima alla lista. Anche Joshua Dysart, ma i primi due sono i miei preferiti: scrivono cose che mi piace leggere e siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Il più delle volte non scrivono tutto nei dettagli, chiedo loro di lasciarmi un po’ di spazio in modo da poter affiancare il mio storytelling al loro e sono sempre felici di farlo. Sanno che ci piacciono le stesse cose, quindi mi lasciano una certa libertà. Mi sento davvero a mio agio con loro e penso che insieme rendiamo al meglio. Lavorerei con loro in qualsiasi momento, ogni volta che può esserci una possibilità!
Negli ultimi anni hai lavorato molto sugli X-Men. Cosa ti piace di questi personaggi? E come ti senti a lavorare su dei personaggi con una così grande tradizione alle spalle?
Beh, da adolescente erano i miei personaggi preferiti. C’è stato un periodo in cui acquistavo tutti gli X-titoli, come X-Factor, X-Force, Wolverine, Generation X. Erano la mia passione! Quando poi inizi a lavorare, tendi ad accettare qualsiasi nuovo concetto più come professionista che come lettore, diventi più obiettivo anche verso i personaggi che ti piacciono. Ma quando mi hanno proposto di lavorare sugli X-Men sono impazzito! Ero davvero eccitato, molto più di ogni altro fumetto su cui abbia mai lavorato.
Hai lavorato su ben due rilanci, X-Men Gold e la nuova Uncanny X-Men. Come vedi il presente e il futuro del mondo mutante? Sei coinvolto in progetti legati a questo supergruppo?
Penso che il presente sia piuttosto interessante. Non so se hai letto Uncanny X-Men, e come è finita la storia. Non voglio rovinare la sorpresa al pubblico italiano, ma lascia i mutanti in una situazione molto brutta. La squadra si riforma completamente, con i Nuovi Mutanti, oltre a Wolverine e Ciclope, ed è davvero bello ritrovare di nuovo quei personaggi. Attualmente sto lavorando a un tie-in degli X-Men legato a War of the Realms con Matthew Rosenberg: avere gli X-Men che interagiscono con Thor, la mitologia norrena, i Giganti di ghiaccio e gli Elfi Oscuri è strano ma anche fantastico! Ricordo grandi storie con X-Men e Asgardiani insieme, con Tempesta che impugnava Mjolnir in Uncanny X-Men (Annual # 9, 1985, NdR). È una storia che suona come qualcosa che hai già letto, ma è anche completamente nuova: per me questa è la miscela perfetta.
Se avessi la possibilità di scegliere, quale personaggio vorresti disegnare?
Recentemente ho disegnato una storia breve di Spider-Man e questo mi ha davvero emozionato, è uno dei miei personaggi preferiti. Mi piacerebbe disegnare più storie con lui, su una base più regolare. Ma la cosa più frustrante è che sto lavorando sui titoli mutanti da due anni e non ho mai avuto modo di disegnare Wolverine, neanche una volta.
Perché era morto!
Esattamente! (ride) Ma ora è tornato, e non lo sto disegnando comunque! Lui è il mio X-Men preferito e mi piacerebbe rimanere su qualche X-titolo finché non avrò l’opportunità di disegnarlo. Spero che ci sarà un’occasione! Per quanto riguarda la DC, direi Green Lantern e Flash, sono i miei personaggi preferiti. Green Lantern deve essere molto divertente da disegnare, mi è capitato di farlo in alcune vignette ma niente di più. Con quell’anello puoi disegnare ogni cazzata che ti viene in mente! E anche Flash, il senso di velocità ed energia che devi trasmettere quando lo disegni, sembra una sfida eccitante.
Grazie mille per il tuo tempo Pere e alla prossima!
Intervista realizzata il 22 marzo 2019 durante la Fiera del Libro di Lipsia
Traduzione di David Padovani