Graphic novel. Storia e teoria del romanzo a fumetti e del rapporto fra parola e immagine è l’ambizioso titolo di questo imponente saggio – oltre mille pagine – di Andrea Tosti, in cui il critico realizza la sua monumentale ricognizione sul romanzo a fumetti. Un saggio, uscito nel 2016, che si è da subito contraddistinto per il suo indubbio peso nell’ambito della critica fumettistica: a partire, come detto, dalla mole poderosa, sorretta da un notevole lavoro di ricerca e da un accurato scrupolo filologico.
Il nucleo dell’indagine è il grande convitato di pietra della ricezione del medium in questo nuovo millennio: il graphic novel, etichetta multiforme come il fumetto, di cui fa parte ma da cui, nella percezione collettiva, pare a volte distaccarsi quasi a divenire un genere della letteratura, per l’irritazione dei cultori storici del mezzo e la gioia di chi editorialmente ambisce a sfondare sempre più nello spazio del mercato librario.
Il lavoro di Tosti affronta dunque la grande questione del fumetto oggi, e ha l’indubbio merito di farlo con una ricognizione a tutto campo, che va a indagare tutte le possibili diramazioni aperte dalla questione culturale del romanzo a fumetti, ampliato ulteriormente – come chiarisce il sottotitolo – alla questione complessa del rapporto tra parola e immagine nella cultura occidentale, cui è dedicato un primo, ampio capitolo con contributi di Vitangelo Troiani.
Un tema che è lo sfondo in cui si muove il problema del romanzo a fumetti, ma che qui viene declinato ben oltre l’inquadramento essenziale, assumendo la dimensione di una riflessione autonoma che si interseca alla precedente (vedi qui una interessante ripresa di alcuni temi). Il contraltare di questa meritoria e ammirevole intenzione di completezza è appunto una vastità non solo materiale, ma anche tematica, in grado di far smarrire il lettore non specializzato in questi immensi boschi narrativi dai sentieri che si biforcano e riassemblano. Ciò rende anche difficile fornire una sintesi ragionata perfino dei principali snodi affrontati dal testo, se non per sommi capi.
Dopo l’introduzione sul rapporto testo e immagine, due capitoli sono incentrati al momento seminale del medium, con l’analisi minuziosa della transizione dalla caricatura a William Hogarth, con quindi un’ampia disamina sul lavoro di quest’ultimo. Appaiono particolarmente interessanti le connessioni che vengono stabilite con Topffer ma anche con Lawrence Sterne, che indubbiamente hanno inserimenti di elementi grafici nel suo romanzo precocemente sperimentale, il Tristram Shandy, che anticipano – questo sì, indubbiamente, per certi versi – il tema del “romanzo grafico” in senso estremamente lato.
Non mancano molteplici divagazioni – torna qui anche un contributo di Troiani – che coinvolgono in particolare autori sperimentali del fumetto “diagrammatico”, quale ad esempio Chris Ware. Ma il ragionamento si salda appunto su Sterne, su cui sembra chiudersi questa vastissima parte proemiale. Si passa quindi a una dissezione parimenti ampia della parte relativa al fumetto, partendo anche qui dalla definizione del medium con una ricognizione delle molteplici definizioni considerate dalla critica. Si parte quindi da Topffer e i suoi prolifici epigoni, con il supporto di Federica Lippi e un’indagine che nuovamente allarga il campo, includendo Gustave Doré e la sua Storia della Santa Madre Russia, opera seminale recentemente riscoperta anche sotto il profilo editoriale.
La seconda parte, introdotte le componenti in gioco – la letteratura, l’immagine, il fumetto – procede cautamente verso una possibile sintesi. Naturalmente, considerazioni sulle interrelazioni si sono già avute in questa vastissima parte introduttiva: qui si affrontano ancora alcune questioni preliminari o meglio laterali, come se il fumetto si guardi o si legga, e il rapporto tra fumetto e arte, di nuovo di Traiani. Si entra poi finalmente nel vivo della questione con un primo capitolo che riporta nel titolo il graphic novel che dà il nome al saggio, in cui si affronta questa percezione del graphic novel come “fumetto serio”. Giungono qui molte considerazioni interessanti sul passaggio che consolida l’uso del termine, introdotto in varie forme fin perlomeno dagli anni ’30, codificato nel 1964 da Richard Kyle, associato poi a Will Eisner e al suo Contratto con Dio (di cui Tosti, in modo convincente, rimette in discussione la presunta seminalità inserendolo in questo percorso più ampio), e poi i grandi attori del settore del 1986, Maus, il Dark Knight di Miller e Watchmen di Alan Moore, che si associano a questo sviluppo del termine.
Un ampio capitolo affronta poi di nuovo una questione “a latere” del graphic novel, ovvero il suo rapporto con la didattica e l’ingresso del fumetto nella scuola italiana, mentre quello successivo analizza la dimensione commerciale del fenomeno, legata alla sempre maggiore penetrazione del graphic novel nel mercato librario; in parallelo si presenta il manifesto del graphic novel di Eddie Campbell (il coautore di From Hell), che collega la tendenza editoriale a una stilistica del graphic novel come “movimento” di maturazione del fumetto. Segue quindi un capitolo piuttosto netto, (Contro) il fumetto letterario, dove si sembra prendere cautamente le distanze da tale concezione eccessivamente intellettualistica ed elitaria del graphic novel, spendendo anche alcune parole in difesa del fumetto popolare. Segue di nuovo un capitolo che allarga ulteriormente il campo, con parallelismi con il Kamishibai (il “teatro di carta” nipponico dell’epoca Meji) e l’architettura, ad opera della Lippi e di Giulia Menzietti.
Una terza parte affronta nuove questioni interenti al graphic novel: due capitoli si occupano della questione del graphic novel come “formato librario” in opposizione al fumetto come comic book, prodotto effimero, da edicola. Si parte quindi in una ricerca del primo graphic novel, in cui si dà ampio spazio al fumetto Bonelli, ovviamente soprattutto nelle sue concezioni più ricercate, in particolare Ken Parker. Del resto, Gianluigi Bonelli veniva dal romanzo popolare d’avventura, e ha sicuramente avuto un ruolo nel favorire una concezione del fumetto come “romanzo a fumetti” ben prima della codificazione elevata del termine.
Il capitolo successivo quindi si dedica dichiaratamente al graphic novel in Italia, in cui sono molto interessanti alcune trouvaille che meriterebbero più ampia disamina, da Palomares di Faeti e di Brek di Novelli, entrambi usciti in ambito librario in un 1967 che vede la Ballata del mare salato di Pratt e La rivolta dei racchi di Buzzelli. Questa parte storica del medium, anche ma non solo in relazione all’ampiezza estesissima delle parti precedenti, pare decisamente più compattata e per accenni, nonostante appaia indiscutibilmente un passaggio importante circa i temi preliminarmente introdotti con dovizia di analisi. Chiude quindi la trattazione un contributo di Igort, ovviamente interessante ma non specificamente legato al discorso invece stringente condotto fino qui da Tosti, sia pure in una certa rapidità della chiusa finale.
Nel complesso, dunque, un’opera mastodontica, ricchissima di spunti sulla parte teorica, meno forse su una parte storica di cui si tratta indubbiamente per incisi nell’affrontare le questioni di definizione del problema, indubbiamente con encomiabile dettaglio ma anche con un certo andamento digressivo. Un lavoro che in ogni caso è da considerarsi un riferimento imprescindibile per chi intenda occuparsi dell’analisi del fumetto italiano contemporaneo, sia come lettura unitaria, sia soprattutto come strumento di consultazione sulle singole tematiche specifiche che di volta in volta possano presentarsi.
Abbiamo parlato di:
Graphic novel. Storia e teoria del romanzo a fumetti e del rapporto fra parola e immagine
Andrea Tosti
Tunué, 2016
1008 pagine, cartonato, bianco e nero con inserto a colori – 35,00 €
ISBN: 8867901397