Un’arte non soltanto sequenziale: proposta per una nuova definizione di “fumetto”

Un’arte non soltanto sequenziale: proposta per una nuova definizione di “fumetto”

Cos'è il "fumetto"? C'è un modo per trovare una definizione che ne racchiuda l'estrema eterogeneità compositiva? Partendo dalle definizioni di Will Eisner e Scott McCloud ed evidenziandone le contraddizioni, Giuseppe Pollicelli propone una nuova definizione per il linguaggio fumettistico.

Lo scorso ottobre ho tenuto delle lezioni dedicate al linguaggio del fumetto nell'ambito di un corso della di Roma. Le lezioni si basavano su una serie di diapositive, riproducenti un testo esplicativo o un'immagine, preparate in precedenza da un mio collega, . Alcune di queste diapositive riportavano definizioni del linguaggio fumettistico formulate da noti studiosi.

Sono definizioni di cui ero già al corrente, ma il rileggerle una di seguito all'altra mi ha spinto a soffermarmi, come prima non mi era mai accaduto, sul fatto che nessuna definizione di fumetto da me conosciuta appaia esaustiva e convincente (opinione condivisa, tra gli altri, da Andrea Tosti: «È necessario annotare», si legge nel suo fondamentale e vastissimo saggio “Graphic Novel. Storia e teoria del romanzo a fumetti e del rapporto fra parola e immagine”, edito nel 2016 da Tunué, «che, a oggi, una definizione univoca di fumetto ancora non esiste e che probabilmente non si arriverà mai ad averne una che non solo possa mettere d'accordo storici e critici attivi in questo campo ma che riesca a coniugare tutte le anime di questo mezzo narrativo»).

Illustrazione di con . In questo caso non si deve parlare di fumetto, anche se il personaggio raffigurato è il protagonista di storie a fumetti. Si potrebbe parlare di fumetto se l'illustrazione fosse affiancata, con una finalità narrativa, da altre illustrazioni.

Prendiamo ad esempio la seguente, celebre definizione di : «forma artistica e letteraria che si basa sul “mettere insieme” disegni (o immagini) e parole per narrare una storia o rendere in forma drammatica un concetto». Non ci vuole molto a rendersi conto che si tratta di una definizione estremamente parziale. Sorvolando sull'uso non del tutto appropriato degli aggettivi “artistico” e “letterario”, è nozione di chiunque abbia una qualche familiarità con i fumetti che la compresenza di testo e immagini non è una condizione necessaria affinché di fumetto si possa parlare. Un fumetto può infatti tranquillamente consistere in una sequenza di immagini non associate a un testo.

parla invece di «immagini e altre figure giustapposte in una deliberata sequenza, con lo scopo di comunicare informazioni e/o produrre una reazione estetica nel lettore». Anche questa definizione è lacunosa, in primis perché esclude delle creazioni di fronte alle quali ci si ritiene tutti, e giustamente, al cospetto di un fumetto. Sto parlando di tavole o vignette autoconclusive, composte da un'unica immagine, che propongano assieme all'immagine un testo che si riferisce a un personaggio – o comunque a un'entità – parlante.

La sequenza di immagini racchiuse in vignette rende questa tavola un fumetto a tutti gli effetti, pur in assenza sia di testi sia di balloon.

C'è poi la definizione “in negativo”, e dichiaratamente fallimentare, data nel 1972 da Pierre Couperie, il quale ha scritto che il fumetto «dovrebbe essere un racconto (ma non è per forza un racconto) costituito da immagini create dalla mano di uno o più artisti (si tratta di eliminare cinema e fotoromanzo), immagini fisse (a differenza dal disegno animato), multiple (contrariamente al disegno animato) e giustapposte (diversamente dall'illustrazione e dal romanzo illustrato). Tuttavia questa definizione vale anche per la colonna Traiana e gli arazzi di Bayeux».
Oltre a disinteressarsi, come quella di McCloud, dell'aspetto testuale, pure la definizione di Couperie trascura che un fumetto può prescindere dalla sequenzialità, in quanto una tavola contenente una sola immagine accompagnata da un balloon (o anche da un testo non racchiuso in un balloon ma che sia riconducibile a un personaggio parlante) è, a tutti gli effetti, un fumetto.

Ricapitolando, esistono fumetti senza testo e fumetti composti da un'unica immagine. Ebbene, ciò che mi sembra si possa affermare con sicurezza è che, assodato e messo da parte il caso canonico di immagini in sequenza (contenute o no all'interno di vignette) accompagnate da testi (contenuti o no all'interno di balloon), si ha fumetto nelle seguenti due circostanze: se, in assenza di testo, vi è sequenzialità delle immagini; e se, in assenza di sequenzialità delle immagini, vi è del testo.
Per dire meglio: laddove manchi il testo, si rende necessaria la sequenzialità delle immagini (le storie cosiddette “mute”); laddove manchi la sequenzialità, ovvero si sia dinnanzi a un'unica immagine, si rende necessaria la presenza di un testo. Altrimenti si è tenuti a parlare di disegno o di illustrazione.

Attenzione, però: come già sottolineato, nell'immagine fissa il testo, che sia o no ospitato all'interno di un balloon o di una gabbia quadrangolare, deve riferirsi a un'entità “parlante” (essere vivente o cosa), altrimenti quel che si ha di fronte è un disegno (o un'illustrazione) accompagnato da una didascalia.
Una vignetta satirica, per essere reputata un fumetto, deve quindi presentare un personaggio parlante, e da ciò discende che una vignetta satirica può essere realizzata sia come fumetto sia no. Si potrebbe inoltre obiettare che pure una sequenza di vignette vuote è reputabile fumetto, e dovrei convenirne. Ma, ragionandoci su, non si può non riconoscere che una sequenza di vignette vuote altro non è se non, a sua volta, una sequenza di immagini.

Ribadisco dunque che una definizione soddisfacente di fumetto deve, a mio avviso, tenere conto del fatto che un fumetto può contemplare sia l'elemento della sequenzialità sia no. Un fumetto, cioè, può essere due cose distinte: una sequenza di immagini, accompagnate o no da un testo, ma anche un'unica immagine accompagnata necessariamente da un testo (però, come già detto, non descrittivo). Mi pare che finora tale decisivo aspetto sia stato trascurato e pertanto, alla luce delle brevi riflessioni fin qui svolte, propongo una nuova definizione del linguaggio fumettistico che, a differenza di quelle coniate fino a oggi, include, o almeno così mi sembra, la totalità delle forme che un fumetto può assumere.

Sequenza, finalizzata a una narrazione, di immagini disegnate giustapposte, figurative o astratte, accompagnate o meno dall'elemento grafico della nuvoletta; oppure singola immagine disegnata, necessariamente accompagnata da un testo (racchiuso o no all'interno di una nuvoletta) che si riferisca a un'entità parlante.

Ovviamente il dibattito è aperto e ben vengano eventuali contributi.

Essendo ogni vignetta vuota un'immagine, il fatto che le tre vignette siano poste in sequenza vuol dire che ci si potrebbe trovare alla presenza di un fumetto (dipende dal contesto, perché tre quadrati in sequenza possono assolvere anche a una mera funzione decorativa, per esempio su una parete).
4 Commenti

4 Comments

  1. Luca Brunori

    13 Febbraio 2019 a 09:51

    Pur essendo cosciente di andare contro corrente trovo difficile considerare fumetti opere che contengono testo e immagini (più di una per ogni tavola) NON sequenziali, vignette cioè che prese da sole non raccontano una storia, sono come le diapositive delle vacanze. Un esempio antico è La storia d’Italia a fumetti, uno recente La mia cosa preferita sono i mostri.

  2. Daniele Barbieri

    13 Febbraio 2019 a 19:00

    Confesso di essere diffidente nei confronti delle definizioni in generale, quando cercano di cogliere l’anima di un fenomeno complesso come un medium. La mia sensazione è che si vada piuttosto per somiglianze di famiglia e stratificazione storica.
    Per esempio, capisco bene la perplessità di Luca Brunori (commento precedente). Anch’io tendo a non considerare fumetto le vignette satiriche isolate, ma quando le fa Altan le sento molto vicine al fumetto, e quando le faceva Pazienza le sentivo fumetti a tutti gli effetti – persino se erano senza parole. Eppure, la differenza tra questi tre casi è molto difficile da cogliere con una definizione.
    Le definizioni sono un po’ un letto di Procuste, e ci invitano a stirare e tagliare i nostri oggetti per farceli restare dentro a tutti i costi. Purtroppo un fenomeno che si evolve storicamente come il fumetto resiste strenuamente a queste costrizioni.

  3. Massimo

    13 Febbraio 2019 a 21:34

    La definizione che hai dato è molto interessante e la condivido.

    Massimo Bonura

  4. Michele Mordente

    16 Febbraio 2019 a 07:23

    Il tipo di testo produce l’effetto temporale. Mi spiego meglio: la didascalia o i testi didascalici nel disegno lasciano l’immagine nella sua fissità di farfalla trafitta dallo spillone. Il testo parlante, che sia dentro una nuvoletta o meno, dà invece movimento temporale all’immagine. Nelle vignette di Altan il botta (1) e risposta (2) tra due personaggi colloca la vignetta in due momenti temporali distinti, immediatamente seguenti l’uno con l’altro ma creando una sequenza di immagini distinte in un unico disegno. Lo stesso vale per le vignette con testo “a cascata” di Paz, spezzato in più nuvolette collegate tra loro, il parlato crea la scansione temporale, la “sequenzialità” in un unico disegno. Breccia riproduceva la stessa immagine, identica, fotocopiata?, con testi diversi in un’unica tavola, per dare un senso drammatico… la vignetta di satira condensa un unico disegno con più nuvolette di testo, altri intenti, altri risultati, ma mi pare che renda i prodotti analoghi.

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