Una questione di Contesto – The Last God
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Una questione di Contesto – The Last God

Uno degli obiettivi di questo blog è quello di prendere in esame le molteplici possibilità di approccio alla narrazione a fumetti: le caratteristiche dell’ambiente fumetto, dei linguaggi che ingloba e trasforma, permettono di interpretare una storia con intenzioni, modalità e finalità differenti che portano a soluzioni spesso diametralmente opposte tra loro.

The Last God 4Se altrove (tipo QUI)abbiamo sottolineato ad esempio la necessità di una narrazione non didascalica, che favorisca la partecipazione del lettore mediante una efficace sintesi tra disegno e testo letterario, in altri casi si può rendere necessario un approccio totalmente diverso: descrittivo e contestualizzante.

L’obiettivo di un fumetto, di ogni fumetto, è sempre e solo uno: quello di essere venduto.
Sento già il rumore di milioni di bocche che si storcono (ottimismo esagerato vista l’effettiva portata di questo blog): “Ma come? E l’arte? E la suprema bellezza del creare? E…?”
…e nulla, anche lì, anche chi ha gli obiettivi più alti e nobili e disinteressati di questo mondo opera una scelta di tipo commerciale: determina il parco dei propri interlocutori (i lettori) e propone la sua opera di conseguenza.

L’autore, o gli autori, di un fumetto impostano la loro narrazione in base al tipo di pubblico che desiderano raggiungere.

Parlando di 4Hoods ad esempio abbiamo sottolineato come si puntasse a un pubblico giovane in cui la componente di immedesimazione con i protagonisti era fondamentale: si cerca una partecipazione attiva del lettore inserendo dei personaggi graficamente essenziali in un contesto descrittivo molto più dettagliato. Da questo contrasto nasce così un’esperienza prossima a quella della realtà virtuale, o a quella del videogioco, che a sua volta simula un’esperienza reale: un personaggio che vediamo pochissimo (se non quando ci specchiamo) all’interno di un mondo ricco di sfumature e dettagli.

In The Last God, Phillip Kennedy Johnson e Riccardo Federici – pur trattando il genere fantasy come 4Hoods – sono alla ricerca di un linguaggio che catturi un pubblico specifico. A differenza di quanto succede in 4Hoods, i due autori non sono alla ricerca di un lettore desideroso di sentirsi protagonista: non puntano al processo di immedesimazione quanto a quello della fascinazione. Il lettore che Kennedy e Federici hanno nel proprio mirino è quello abituato a divorare letteratura fantasy, che ama perdersi nelle complessità di mondi minuziosamente descritti e studiati e nei quali vengono compiute gesta di proporzioni epiche.
Non a caso ogni albo è corredato da compendi testuali, racconti, mappe e tutto quello che in genere fa felici gli appassionati del genere fantasy.

Il segno di Federici quindi, lontano dall’essere sintetico, si propone come tassello fondamentale di un world-building che deve mostrare quanto più possibile dei dettagli di un mondo nuovo e sconosciuto ai propri lettori.

The Last God 1-1

La cura del dettaglio, delle finiture dei vestiti e degli oggetti, le acconciature e i diversi lineamenti dei volti non sono qui un vezzo, o un virtuosismo fine a se stesso: c’è l’effettiva necessità di rendere realistico ciò che è lontanissimo dall’esperienza di chi legge. C’è da creare un mondo, la sua cultura, le tradizioni e le centinaia di sfaccettature e inserirlo in un contesto narrativo avvincente.

In questo tipo di narrazione lo iato, lo spazio bianco tra le vignette, che stimola l’atto creativo e immersivo del lettore, lavora in opposizione all’intenzione degli autori che invece hanno la necessità di governarlo il più possibile. Ovviamente l’esperienza della lettura di un fumetto sarà sempre e comunque determinata dalla Closure, il destino finale della storia è sempre nelle mani di chi, leggendo, deve “riempire i puntini” tra una vignetta e un’altra, ma sta a chi realizza l’opera indirizzare quest’atto verso i propri obiettivi.

A questo scopo, non a caso, Riccardo Federici spesso scompone la tavola e annulla fisicamente lo iato per dettagliare la propria narrazione tramite l’uso degli inserti: la spread page qui sopra è composta da una vignetta-contesto, grande quanto tutta la tavola, in cui sono incastonate altre vignette che analizzano singoli momenti del racconto offrendo informazioni supplementari. Così come il segno di Federici si esprime tramite la cura del dettaglio, la stessa narrazione viene circostanziata e specificata tramite un’operazione di costante raccordo tra il quadro generale (la vignetta-contesto) e il particolare (gli inserti).

Qui sotto vediamo un altro esempio in cui l’azione, presumibilmente di durata molto breve, viene rallentata, sminuzzata ed esaminata in 8 vignette inserite all’interno di una vignetta-contesto: in alto a sinistra abbiamo la situazione di partenza – Vekko che si lancia nel vuoto per salvare Eyvindr mentre Cyanthe è prigioniera del mostro – che viene poi mostrata al rallentatore nelle vignette successive. Il movimento verticale imposto all’occhio di chi legge è qui funzionale alla necessità di rendere il movimento dei personaggi mentre la vignetta-contesto continua a essere presente in sottofondo ricordandoci costantemente qual è la situazione in corso. C’è poco, o nessuno, spazio per l’immaginazione, è tutto sempre presente e costantemente mostrato.

The Last God 4-1

Un ultimo esempio di come la composizione offra un raccordo narrativo tra contesto e dettaglio è offerto da quest’ultima tavola in cui i protagonisti percorrono un corridoio per poi entrare in un enorme salone.

The Last God 4-2

Qui torna lo iato, a sinistra, e vediamo due tipi di inserti: le quattro vignette di destra funzionano più o meno alla stessa maniera degli inserti descritti sopra mentre le quattro a sinistra hanno una particolarità interessante. Queste quattro vignette, coerentemente con la storia e le azioni dei personaggi, compiono l’azione di entrare nella vignetta-contesto, assieme ai protagonisti varcano una soglia (evidenziata dalla linea rossa) passando da un contesto narrativo – lo spazio bianco –  a un altro. La composizione si accorda al racconto creando un discorso unitario.

In questo caso l’esperienza di lettura è quindi fortemente incentrata su una narrazione costantemente contestualizzata, descritta ed esposta con minuzia di particolari: tutto viene articolato in funzione della costruzione di un mondo di il lettore è chiamato a essere spettatore.

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