Intervistiamo l’autrice del romanzo originale e l’autore che ha trasformato l’opera in fumetto.
Posso chiederle una breve presentazione per il sito?
Sono nata e vivo a Torino, sono giunta alla scelta di scrivere libri gialli dopo l’esperienza di cronista di “nera”. L’ambientazione dei miei romanzi è collocata nella Torino degli anni Trenta, di cui illustro caratteristiche e costumi. Ho dato vita alla figura del Commissario Martini a cui affido il compito di risolvere intricate storie poliziesche di pura fantasia, al solo scopo di offrire ai lettori qualche ora di semplice svago.
Torino anni ’30, un’ambientazione che già evoca un fascino particolare, qualcosa vicino eppure remoto. Quali aspetti della città, e di quel periodo preciso, l’hanno affascinata in particolar modo?
Il fascino degli anni Trenta è rappresentato dal diverso modo di vivere, meno convulso e più favorevole all’intimismo. La città era molto diversa da oggi, più piccola e raccolta, la gente delle borgate si conosceva e si rispetteva.
Il personaggio di Andrea Martini come e dove nasce? Di quante storie è protagonista?
Nasce in un ambito cittadino, come investigatore “gentiluomo”, da opporre alla figura del poliziotto duro e ordinario. A tutt’oggi sono sedici le sue inchieste.
La scelta di trasportarlo dal romanzo al fumetto è stata una sua idea, o glielo hanno proposto? Cosa pensa che possa dare al personaggio questa nuova dimensione?
L’idea di farne un personaggio da fumetto è stata di Marco D’Aponte e io ho accolto la proposta con grande entusiasmo. Sono convinta che il Commissario Martini diventato visibile, possa conquistare la simpatia dei miei lettori e renderlo loro anche più vicino.
Soddisfatta del risultato? Ha “conosciuto”, per così dire, aspetti diversi del suo romanzo, o del suo protagonista?
Secondo me il risultato è eccellente. Mi riferisco essenzialmente alla bravura di D’Aponte che, spero, potrà far conquistare al Commissario anche la simpatia dei cultori del fumetto. Per quanto attiene al rapporto con il romanzo, l’aspetto interessante dell’iniziativa è il dar vita ad un’esperienza in cui letteratura e disegno hanno entrambi il loro spazio.
Legge abitualmente fumetti?
é un genere artistico che apprezzo molto, quindi ne prendo visione frequentemente.
Prevede altre incursioni dei suoi romanzi in vignette?
D’Aponte asserisce che intende continuare e io ne sono contenta.
Una breve presentazione per il sito.
Torinese, diplomato all’Accademia Albertina, illustratore e autore di fumetti dagli anni Ottanta. Per necessità e situazione del mercato ho realizzato più illustrazioni che fumetti. Tra gli ultimi ci sono stati i “paginoni” per La Stampa di Torino su testi di Guido Cernetti, “Catilina” per la rivista d’arte Iride ed alcune storie brevi per la rivista francese Ars Numero’. Ora il Commissario Martini. Insegno tecniche del fumetto e dell’illustrazione alla Accademia di belle Arti di Cuneo.
Come è stato intervenire su un romanzo per adattarlo ad un media tanto diverso?
La scelta è stata quella di mantenere lo schema del romanzo progettato dalla Baltaro. Si poteva stravolgerlo, iniziare dal fondo, reinventarlo, ma il romanzo funziona già bene come traccia per la sceneggiatura, che ci porta, passando per due delitti fino alla scoperta dell’assassino. Non c’era bisogno di complicare le cose.
Un problema delle trasposizioni è la ricerca di un equilibrio tra il testo stampato, spesso ridondante nelle didascalie, e la parte più strettamente fumettistica. Come hai cercato di superarlo?
Infatti le descrizioni d’ambiente ho cercato di saltarle. Ho salvato in didascalia certe parti del testo necessarie allo svolgimento della trama, cose che si devono sapere, come alcuni stati d’animo che l’autrice descrive e che servono a precisare il carattere dei personaggi. Certo in confronto ad altri fumetti le parole sono tante ma credo che siano una piacevole lettura.
Il volume esce nella collana Carattere 16, caratterizzata da un lettering più grande per favorirne la lettura. Questo ha comportato delle scelte di sinteticità per quanto riguarda i testi?
No, solo in qualche caso. La conseguenza diretta è stata la dimensione del libro, più grande rispetto all’idea originale e un minor numero di vignette per pagina. Il rischio è che la pagina risulti troppo densa tra parole e immagini, satura di segni per cui dovro’ semplificare nel ripasso a china. Ho anche escluso a priori schemi di impaginato troppo mossi e “fantasiosi” che avrebbero complicato la lettura, questa è una storia che si svolge “piana” di cui si deve seguire la cronologia degli avvenimenti ed è giusto che si serva di un impaginato abbastanza classico.
Cosa ti ha colpito in particolare del racconto originale?
L’atmosfera invernale in una Torino che non esiste quasi più, innevata e tranquilla come non la vediamo da un bel pezzo. Poi i personaggi, quasi tutti dell’ambiente artistico e non ultimo lo stile alla Agatha Christie della Baltaro.
Il tuo lavoro è stato a stretto contatto con Gianna Baltaro, o hai avuto piena libertà nel ripensare la sua “creatura”?
Per la sceneggiatura e i volti dei vari personaggi sono stato libero di interpretare anche se lei ha seguito con interesse e curiosità il mio lavoro. Più difficile è stato trovare il tipo giusto per il Commissario, il cui aspetto è condizionato dal fatto di essere un “bell’uomo”. Sembra inevitabile cadere negli stereotipi del fumetto e rischiare il confronto con l’ispettore Ginko. Inizialmente Martini aveva un volto più duro, irregolare, giudicato dall’autrice troppo americano. Qualche concessione l’ho dovuta fare. Gianna aveva un’idea del suo Commissario abbastanza precisa.
E per l’aspetto grafico, quale scelte hai operato per ricreare ambientazione e personaggi?
Sono ricorso alla documentazione fotografica dell’epoca, abbastanza ricca perché Torino in quegli anni era interessata da grossi lavori urbanistici voluti e documentati dal fascismo. Per tutte le altre situazioni per cui non c’era materiale ho tentato di rendere più che altro l’atmosfera. Per i personaggi sono tutti inventati, anche se ho cercato di rappresentare dei “tipi tipici”, poiché nel fumetto, come spesso nella vita, l’abito fa il monaco.
Prossimi impegni?
Fra tanti progetti mi attirano sempre più le altre indagini di Martini, tante storie che comincio vivermi nella mente e che vorrei poter “attaccare”, ma solo dopo finito “Una certa sera d’inverno” che è un lavoro decisamente lungo e impegnativo.
Una certa sera d’inverno
di Gianna Baltaro e Marco D’aponte
17×24 – C. 140 pp b/n 14,00euro
(già disponibile)
Biografie:
Gianna Baltaro è nata nel 1926 a Torino, dove risiede. Ha svolto attività giornalistica per parecchi anni, collaborando con tutte le principali testate torinesi: “La Gazzetta del Popolo”, “L’Unità”, “La Stampa”, “a Stampa Sera”, e con la RAI. Ha inoltre tenuto corrispondenze per “Il Giorno” e “L’Occhio” di Milano, e con “L’Ora” di Palermo. Negli Anni Novanta ha cominciato a scrivere libri polizieschi, dando vita alla figura del commissario Andrea Martini, protagonista di sedici romanzi. “Pensione Tersicore”, il suo secondo romanzo, è stato segnalato dalla giuria del Premio Alberto Tedeschi, indetto annualmente dal “Giallo Mondadori”.
Marco D’Aponte è anch’egli torinese, svolge l’attività di illustratore in campo pubblicitario ed editoriale, pittore e insegnate. Ha ideato e realizzato varie mostre sul fumetto, tra cui la mostra Picchi, piccozze e balloons per il Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” di Torino, e collaborato a libri e riviste di settore, come Orient Express e Tiramolla, per La Stampa di Torino e altre riviste. Insegna tecniche del fumetto e dell’illustrazione alla Accademia di belle Arti di Cuneo.
Riferimenti:
Edizioni Angolo Manzoni: www.angolo-manzoni.it