Bepi Vigna: “Com’è  il rapporto tra Nathan Never e la critica sul fumetto?”

Bepi Vigna: “Com’è il rapporto tra Nathan Never e la critica sul fumetto?”

Seconda parte della nostra conversazione con Bepi Vigna, creatore con Michele Medda e Antonio Serra di Nathan Never, per una riflessione sul fumetto popolare in Italia in rapporto alla critica.

Seconda parte della nostra conversazione con Bepi Vigna, uno dei veterani di casa Bonelli e uno dei creatori di Nathan Never, che  – dopo aver parlato del nuovo albo speciale “Destinazione Luna” e dell’immaginario fantascientifico  – si conclude con una riflessione sul fumetto popolare in Italia.

Nella prima parte di questa conversazione abbiamo ricordato il successo trentennale di un fumetto come Nathan Never. Un successo testimoniato dalla fedeltà dei lettori e riconosciuto anche dalla critica, o no?
In Italia, secondo me la critica del fumetto non si è evoluta come in altri paesi. Ci sono recenti saggi sulla storia del medium in Italia in cui Nathan Never non viene neanche citato, oppure citato in modo marginale… Eppure, dopo Dylan Dog, Nathan Never è stato l’ultimo grande successo popolare del fumetto italiano, in termini di vendite e per la capacità produttiva di germinare spin-off editoriali durevoli (Legs Weaver, Asteroide Argo, Universo Alfa, etc.).
Abbiamo creato un universo estremamente articolato, ma anche assolutamente coerente e sia io, sia Michele Medda, Antonio Serra e gli altri scrittori e disegnatori della serie, abbiamo lavorato in questi trent’anni per offrire sempre storie seriali di qualità. Tutt’oggi, se paragonati ai numeri ritenuti di successo di certe graphic novel in libreria, quelli di Nathan Never in edicola sono decisamente più grandi. Eppure, tutto questo non viene mai ricordato.Nathan NeverPerché secondo te: pensi che ancora esistano distinzioni tra “fumetto popolare” e “fumetto d’autore” ?
Non so, ma personalmente è una divisione che non ho mai accettato, dal punto di vista della qualità. I fumetti Bonelli editore hanno abbattuto da tempo questi “steccati”, pensiamo a Ken Parker. Ma basta ricordare che già trent’anni fa, storie brevi dei nostri personaggi erano pubblicate su una rivista cosiddetta “d’autore” come “Comic Art”. La vera distinzione si può fare tra racconti seriali e non seriali. I primi, ovviamente, prevedono formule, generi e formati, ma non discrimini qualitativi. Forse proprio il fumetto seriale potrebbe essere considerato la via italiana al grande racconto popolare, quello che secondo Antonio Gramsci (che scriveva negli anni Trenta) nel nostro paese non si era sviluppato come invece era accaduto in altri paesi.

Eppure, ancora qualcuno pratica la distinzione in tal senso…
Sono divisioni di comodo. Certo la qualità di un prodotto seriale con cadenza settimanale, quindicinale o mensile, dovrebbe essere valutata con parametri differenti da quella di una serie di cui esce un albo l’anno o di una graphic novel. Ma anche, nell’ambito dei “romanzi grafici”, vogliamo negare che accanto a storie molto belle, ve ne siano molte narrativamente deboli, con esiti espressivi mediocri?
Al contrario, nel fumetto popolare si ha la necessità/obbligo di fare scelte espressive che raccontino meglio la storia per arrivare a tutti. Questa qualità fumettistica, nelle serie più curate, si nota chiaramente. Ovviamente, ripeto, ci sono tante graphic novel di qualità, ma anche tante storie effimere che non resisteranno al passare del tempo perché sono legate solo a fenomeni di moda e costume. Viviamo in una società dell’apparire, per cui spesso anche il prodotto letterario, cinematografico, fumettistico, è più legato al clamore mediatico che suscita, piuttosto che a reali contenuti.

Bepi Vigna

Intervista realizzata al telefono il 18 novembre 2020, ringraziamo Bepi Vigna per la sua disponibilità.

Destinazione Luna, a tu per tu con Bepi Vigna

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