El Fisgo’n (pseudonimo del disegnatore messicano Rafael Brajas Duràn) ci guida, nel tempo ed attraverso il pianeta, in un vorticoso tour sui disastri dell’estremismo neoliberista. Apertamente schierato e profondamente moralista, il volume colpisce basso e senza pietà le illusioni di fine della storia.
Una breve e necessaria premessa sul titolo del volume: Storia della globalizzazione a fumetti è il titolo della traduzione italiana , laddove il titolo originale recita Hacia un despiporre global de excelencia y calidad (più o meno: Verso un caos globale di intelligenza e qualità). L’opera, in effetti, risulta tradotta dall’inglese, dove peraltro si intitolava How to succed at Globalization. A primer for the Roadside Vendor (Come sopravvivere alla globalizzazione. Un manuale di base per venditori ai margini della strada).
Ora, i titoli sono importanti, poiché creano aspettative e sono intesi esprimere, in maniera magari allusiva, il senso dell’opera. Nel caso di questo volume, il titolo italiano risulta completamente fuorviante e fuori luogo. Storia è un termine assai impegnativo e, non a caso, l’autore lo aveva evitato.
Come si constata dalla lettura, che fin da ora consigliamo, questo volume non vuole proporre una ricostruzione storica della globalizzazione, bensì intende mostrarne gli effetti perversi su quegli individui, stati, popolazioni, che si trovano a subirla sulla propria pelle, imposta dall’esterno come una nuova religione, a dispetto e disprezzo delle conseguenze sulle proprie esistenze.
Con questo approccio, che è una vera e propria scelta di campo etica, prima ancora che culturale e politica, El Fisgo’n segue, nel tempo ed attraverso il pianeta, il dispiegarsi del modello economico ultraliberista e della mitologia che lo precede ed accompagna nelle sue conquiste. Tessuto connettivo di questa storia è la vicenda di Charro Machorro, il più grande fallito sulla faccia della Terra. Incontriamo il protagonista, reduce da una serie lunghissima di disavventure lavorative e fallimenti di attività (ai margini della strada), mentre vaga nel deserto di Sonora, allorché si imbatte in un’ambigua Clinica Carrera, gestita dalla dottoressa Cassandra Carrera, terribilmente somigliante a una baba yaga uscita da una fiaba. Ascoltati i problemi di Machorro, la dottoressa lo sottopone ad una terapia, che affianca massaggi, aperitivi, cibi raffinati ed un racconto della globalizzazione.
Naturalmente, un libro di satira non è un saggio accademico: l’obiettivo non è fornire una comprensione analitica, quanto esporre alcuni paradossi plateali ed i diffusi disastri che l’ideologia liberista ha provocato nel mondo. Al centro degli attacchi di El Fisgo’n, ci sono i massimi propugnatori di quell’ideologia: gli Stati coloniali, i capitalisti predatori, gli Stati Uniti e il Fondo Monetario Internazionale, il cui ruolo, nello scorrere delle pagine, diventa preponderante [1]. Violenza, usurpazione, accrescimento delle disuguaglianze fra ricchi e poveri, l’ipocrisia di chi da questo sistema ricava ricchezze e potere sono i protagonisti indiscussi. Le politiche economiche del FMI portano crisi e povertà, ma sempre proponendosi come virtuosi salvatori. Gli Stati Uniti ed i suoi alleati invadono i centri nevralgici della produzione petrolifera, ma sempre proponendosi come portatori di pace e democrazia.
Con estrema cautela, El Fisgon affronta anche l’11 settembre e la reazione statunitense, ma il suo sguardo si sofferma sulla scia di dolore e sangue che ne è seguita: perché l’uccisione di tremila esseri umani a New York, da parte di un’organizzazione privata è terrorismo, mentre l’uccisione di 12000 (secondo alcuni osservatori almeno il doppio) esseri umani, da parte dell’esercito (e dell’aviazione e della marina, ecc.) statunitense è una missione di pace?
Al di là della catena ininterrotta di grottesco ed orrore che El Fisgon ci mostra snodarsi attraverso i secoli, quello che emerge come messaggio centrale è che sono gli uomini che plasmano il mondo.. Nello specifico, sono gli uomini che impongono al mondo il modello, l’ideologia neoliberista; il modello non è una divinità che si rivela, né una legge di natura che si manifesta, e con la quale si è costretti a convivere. L’uomo sceglie, e di queste sue scelte è responsabile. Non ogni uomo, naturalmente, contribuisce allo stesso modo a queste scelte; la responsabilità è proporzionale al ruolo svolto. It’s the economy, stupid era uno slogan elettorale (paradossalmente clintoniano), ma, dal punto di vista morale, è semplicemente il paravento di una resa ad alcuni specifici attori economici e culturali. I responsabili delle politiche economiche hanno nomi e cognomi e su di loro grava la condanna morale di El Fisgon per i mali che hanno provocato. I volti di Reagan, Thatcher, Bush I e II, del Primo Ministro spagnolo Asnar, di quello messicano Fox, del presidente argentino Meném, del generale cileno Pinochet e di tanti altri affollano la galleria di mostri; accanto a loro, Hitler, Pol Pot e la desolazione, mortale e senza speranza di emendamento, delle dittature di stampo sovietico. Accanto a questi, i visi degli sconfitti e dei vinti: i poveri del mondo, derubati anche della dignità, poiché, secondo i volgari corollari dell’ideologia neoliberista, responsabili della propria povertà.
Al termine della lettura, quello che rimane è un senso di impotenza: non c’é modo di rimediare ai disastri degli umani, poiché gli umani sono mossi e nutriti dalla propria avidità. Il fondamentale evento culturale degli anni 80 del secolo scorso è stato il successo da parte delle classi dirigenti neoliberiste nel promuovere ricchezza e potere come valori etici. Sono riusciti ad imporre una visione del mondo che metteva ai margini della vita la maggioranza della popolazione del mondo (per tacer del resto) nutrendo l’illusione che altri ne avrebbero sofferto le conseguenze. A questo punto, qualsiasi truffa, qualsiasi malaffare veniva riabilitato, purché consentisse di arricchirsi: in quel momento, è venuta meno la possibilità di invertire il cammino dell’uomo verso un futuro sempre peggiore.
Tuttavia, El Fisgon, apre alla speranza: se gli uomini (con nomi e cognomi) sono responsabili del male, nelle loro mani è anche la capacità e possibilità di trarsi fuori dal baratro. L’ultimo capitolo propone (ribadiamo: sempre nel linguaggio della satira e non dell’analisi) alcuni strumenti che potrebbero essere utilizzati per iniziare il cammino verso il risanamento del mondo.
Nella misura in cui ogni autore satirico è un moralista, quella proposta è prima di tutto una questione morale; a ciascuno il compito di scegliere da che parte stare.
Note
[1] Il fondamentale paradosso secondo il quale il FMI impone politiche economiche procicliche che gli Stati Uniti si guardano bene dall’applicare, in quanto foriere di recessione e destabilizzazione sociale è brillantemente esposto in La Globalizzazione ed i suoi oppositori, J. Stiglitz, Einaudi, 2002.
Riferimenti
– Una analisi della globalizzazione, nella quale vengono proposti, seppur criticamente, le sue potenzialità positive, può ritrovarsi in: Globalizzazione, crescita economica e povertà – Rapporto della Banca Modiale, P. Collier, D. Dollar, Il Mulino, 2002.
– Una visione sostanzialmente positiva dell’approccio statunitense ai problemi del mondo può trovarsi in Democrazia senza libertà, F. Zakaria, Rizzoli, 2003.