Rocketeer vola ancora: tra presente e passato l’avventura di Dave Stevens riprende vita

Rocketeer vola ancora: tra presente e passato l’avventura di Dave Stevens riprende vita

Rocketeer di Dave Stevens è stata un'icona pop di successo; un avventuriero-scavezzacollo con casco futurista e zaino a razzo immerso in una mitologia anni Trenta attentamente ricostruita.

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Siamo negli anni Ottanta. Per essere più precisi, è il 1938.
Avete letto bene, non è un refuso. Secondo Harlan Ellison è piuttosto  qualcosa di speciale.

Tra tutti i tentativi di realizzare una serie a fumetti legata agli anni Trenta, solo Rocketeer è riuscita a catturare lo spirito di quei giorni

come scrive lui stesso in una commossa prefazione nel primo dei volumi da collezione  dedicati all’eroe  pulp retrò  di Dave Stevens, ideati da IDW e tradotti per l’Italia da Saldapress.

Vivace, brillante, venata di piacevole nostalgia. Si potrebbe riassumere in queste parole la grande avventura che portò Stevens, brillante e talentuoso illustratore, scoperto da Russ Manning  e finito poi a lavorare “dietro le quinte” del mercato,  a spiccare un’esplosivo volo come creatore di un’icona pop di successo, un avventuriero-scavezzacollo con casco futurista e zaino a razzo, che partì dai fumetti fino a volare verso Hollywood.

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Il successo improvviso di Rocketeer si deve infatti a un’emozionante immersione tra le atmosfere ideali di una mitologia anni Trenta   non solo ricreata, ma anche rinata a nuova vita, resa funzionale per i lettori contemporanei. Questo “riportare in vita” non è  un  eufemismo inerente solo a una mera ricerca estetica. È impossibile per qualcuno cresciuto negli anni Ottanta non essere entrato in contatto con le conseguenze dell’approccio visuale di Stevens.rocketeer 2 I mille lavori fatti come illustratore spaziano dai cartoni animati al videoclip e le committenze pescano un po’ da tutti i maggiori nomi dell’intrattenimento di quegli anni, da Lucas e Spielberg a Micheal Jackson.

Nel citare Spielberg e Lucas  ricordiamo che proprio negli anni che coincisero coi successi di Indiana Jones si assistette a un risveglio dell’interesse per tutto ciò che proveniva dagli anni Trenta, dall’estetica Art Dèco ripresa  nelle pubblicità di moda (motivi a scacchiera, a “V”, raggi solari, forme geometriche) agli scenari della narrativa pulp.
Per Stevens non era un semplice fatto di moda, le prefazioni di amici, colleghi ed estimatori che potrete leggere nei volumi  riassumono bene il particolare rapporto che l’artista, da ben prima che cinema e pubblicità se ne appropriassero, aveva con certe suggestioni. La sua arte è qualcosa di più che una macchina del tempo: non è un tour guidato al museo, ma un nesso in grado di unire presente e passato in qualcosa di  nuovo.

È importante sottolineare come queste radici creative siano  legate all’immediatezza del bagaglio culturale grafico di Stevens e nell’istinto visivo dell’illustratore. In quel periodo il fumetto per Stevens era solo una piacevole parentesi da impegni lavorativi più pressanti e Rocketeer nasce proprio così.

Non avevo alcuna idea della storia, era solo un’illustrazione promozionale,

racconta nei corposi contenuti extra presenti nei due volumi, un fiume creativo e stimolante di appunti e schizzi, (sembra quasi di essere dentro lo studio di Stevens e il grande formato delle pagine aumenta la sensazione).
L’avventura venne letteralmente improvvisata, sequenza per sequenza, nella maniera più pura: continuandola per divertimento.

Questo potrebbe essere il volo più importante della mia vita… o un volo diretto per l’inferno

commenta l’eroe stesso della storia, prima di premere i pulsanti del jet pack,  vestito con un casco che sembra uscito da uno show televisivo per ragazzi. E infatti una certa somiglianza con Commando Cody, eroe televisivo, rocketeer 3è dichiarata a mo’ di omaggio anche da Stevens stesso. Ma più che alla fantascienza low budget Stevens è più attratto dai meccanismi del cliffhanger da show a puntate.
Come scrive negli appunti sul personaggio:

È un personaggio che ti fa dire: vediamo come se la cava.

Cliff Secord è quindi il protagonista perfetto per immedesimarsi in questo tipo di storia: un “angelo con la faccia sporca” dallo sguardo sfrontato vagamente alla James Cagney, che sbarca il lunario con emozionanti spettacoli aerei da circo, una fidanzata bellissima da contendersi con bulli, riccastri, gangsters e perfino spie e agenti segreti…

Ma, sempre sull’onda della contaminazione di influenze diverse e improvvisazione, Dave Stevens comincia a tagliare e incollare nella storia personaggi di altre storie. Eroi pulp e cinematografici si alternano nel corso della vicenda (gli alleati di Doc Savage, l’Uomo Ombra, personaggi ed echi dal cinema di Todd Browning e degli Studi Universal) senza mai essere citati col vero nome per ovvi motivi, eppure in modo  fluido e naturale.

Ed è qui che si manifesta l’aspetto esclusivo, autoriale, del citazionismo solo apparentemente postmoderno di Stevens. È il gioco liberatorio del bambino che sceglie di avere a fianco delle proprie avventure sognate gli eroi che ama e che ha il piacere di includere nella propria famiglia, adottandoli nel proprio immaginario e in quello del lettore.
Infatti, se le citazioni non fossero pedantemente ricordate da noi recensori  saremmo portati a pensare, come lettori, che siano creati per la prima volta, per quelle pagine.

Un discorso a parte, in questo stesso ambito, merita il personaggio di Betty, la fidanzata di Cliff.
Lo sguardo allenato di un lettore contemporaneo riconoscerà facilmente le pose da pin-up e i lineamenti del viso di Bettie Page,rocketeer 5 leggendaria antesignana delle playmate e delle ragazze copertina. Al tempo in cui Stevens pubblicò questo lavoro la Page era da tempo dimenticata e passata all’anonimato.

Un processo di sincretizzazione della “donna ideale”, che comprendeva l’alfabeto dei più famosi archetipi delle eroine dei comics (dalla damsel in distress al bondage), il corpo della moglie di Stevens come modello e l’astuto recupero del genere bondage, permise a Stevens di resuscitare la potenza iconica di Bettie Page e di riportarla prepotentemente alla memoria della cultura pop. Seguendo il copione perfetto di una bella favola, l’ormai anziana Page apprezzò l’omaggio del cartoonist e tutto quel che le stava restituendo in termini di fama, ponendo le basi per una grande amicizia.

Dave Stevens è il mio miglior amico al mondo, questo è certo!

 La Betty di Stevens non è solo il perno della trama e il vero motore delle imprese di Cliff, che metterà a soqquadro il mondo per raggiungerla, ma anche l’elemento prominente delle tavole in cui appare. Intere sequenze sembrano ruotare attorno alla sua prorompente fisicità, le sue forme strabordano dalle vignette.  

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C’è  comunque una padronanza del mezzo che trascende la semplice piacevolezza del segno: le inquadrature delle vignette assecondano la regia, allargandosi o restringendosi in modo scorrevole e funzionale alla narrazione, senza incidere sulla leggibilità. Questo si vede anche considerando che una parte delle tavole di Rocketeer è stata portata a termine da disegnatori ospiti (Mike Kaluta, Arthur Adams…) su bozzetti di Stevens e uniformata al resto da lui stesso in fase d’inchiostrazione. 
Nel corposo apparato di contenuti speciali allegato ai volumi possiamo vedere come l’impostazione della tavola per Stevens fosse più divertente e gratificante dei dettagli e della piacevolezza del tratto. rocketeer 4Quella scuola grafica  che va da Milton Caniff alle romantiche donnine di John Romita viene esaltato dalle scelte di colorazione calde e malinconiche scelte da Laura Martin. 

Stevens riuscì a ottenere con le sue creazioni una parte importante nell’immaginario culturale americano che aveva contribuito ad esaltare. Prima ancora che gli eroi in costume divenissero campioni d’incassi, il suo Rocketeer volava verso gli studios Hollywoodiani,  verso la realizzazione di un film per la Disney.
Purtroppo in quel caso la mancanza di  risorse stanziate e talenti alla Tim Burton a supportare l’immaginario fumettistico produsse un risultato inferiore alle aspettative, ma forse era inevitabile. La personalità creativa di Stevens, i suoi eroi ed eroine e gli scenari che amò visitare in vita, dal vivo e attraverso sogni di carta, sono più veloci di qualsiasi ufficio di produzione cinematografico.

Forse stanno meglio nell’immaginazione e nei sogni, l’unico supporto in cui, in assenza di un talento così personale e inimitabile, possiamo vagheggiare le forme di altre avventure per Rocketeer, come i progetti mai realizzati di incontri con alieni e altre idee che il vulcanico, ma poco prolifico autore, non riuscì a darci, per colpa di una malattia che c’è l’ha portato via quando ancora avevamo fame di nuove storie. 
Forse il breve istante di una vignetta su cui far viaggiare lo sguardo, una pagina da girare nell’avida smania di sapere come va a finire è l’unica dimensione che preserverà per sempre l’immortalità di questo autore, una vita che non può vivere se non nell’istante congelato dell’arte sequenziale, nello stesso Olimpo delle creazioni di Russ Manning, Will Eisner, Milton Caniff, Frank Frazetta.

Abbiamo parlato di:
The Rocketeer vol. 1: Il primo volo
Dave Stevens
Traduzione di Stefano Menchetti
Saldapress, 2011
144 pagine, brossurato, colori – 24,50€
ISBN: 9788888435435 

The Rocketeer vol.2: L’avventura di Cliff a New York
Dave Stevens
Traduzione di Stefano Menchetti
Saldapress, 2011
128 pagine, brossurato, colori – 24,50€
ISBN: 9788888435442 

 

Saldapress, in accordo con la famiglia dell’autore, invita i lettori a rendere omaggio alla memoria di Dave Stevens, contribuendo a sostenere la ricerca sulla tricolucemia(HCL) con una donazione a suo nome alla Hairy Cell Leukemia Research Foundation (www.hairycellleukemia.org)

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