Tra il 2002 e il 2004 Yves Swolfs e Giulio De Vita crearono il personaggio di James Healer, sensitivo bianco allevato fin dall’infanzia da uno sciamano pellerossa. Le doti sovrannaturali di Healer si rivelavano utili nel campo delle indagini poliziesche, sebbene non si potessero escludere sviluppi in altre direzioni. Previsioni di questo genere si mantengono però nel novero del possibile, dato che furono solo tre gli albi che videro James Healer protagonista. I tre episodi, già editi in Italia da Eura su Lanciostory, confluiscono in un volume pubblicato da GP Publishing secondo i canoni della loro linea editoriale attuale: opere di matrice franco-belga in formato bonellide, in bianco e nero e a prezzi contenuti.
All’interno del volumetto si trovano due blocchi narrativi: il primo, che si sviluppa lungo i primi due albi, è una torbida vicenda che agita la vita di una cittadina della provincia statunitense; il secondo, più breve e interamente contenuto nel terzo albo, è costruito sul meccanismo di fuga e inseguimento e incentrato su due figure di giovane età.
La scrittura di Swolfs si rivela complessa e l’autore conferma, come nelle sue opere più note (Durango, Le Prince de la Nuit), la tendenza a non edulcorare situazioni drammatiche e a tinte forti.
Ciò è particolarmente evidente nella prima parte del volume, dove lo stereotipo puritano della provincia americana cela una realtà delittuosa e sessualmente perversa, con situazioni orgiastiche e incestuose, ricatti, tradimenti e omicidi.
L’impianto generale della narrazione è decisamente articolato. I flashback, gli interrogatori, il gran numero di personaggi – persino eccessivo nella prima storia – e le percezioni del protagonista creano un intreccio tutt’altro che lineare, che, sommato ai temi scabrosi di cui sopra, rende James Healer una lettura evidentemente per adulti.
Un aspetto singolare, non necessariamente negativo, è il peso relativo del protagonista nelle vicende. I suoi poteri non lo rendono un deus ex machina, i nodi narrativi non si sciolgono col suo intervento, che lambisce in maniera poco invasiva gli eventi. In quest’ottica appare incongrua la conclusione del terzo albo, in cui Healer assume un ruolo che stona con l’immagine di protagonista a margine degli episodi costruita fino a quel momento.
I disegni di Giulio De Vita sono di grande precisione e di livello molto elevato. Il tratto sottile e i numerosissimi dettagli, che ricordano proprio la mano di Swolfs, creano tavole ricche e piuttosto penalizzate dall’edizione in questione. La dimensione ridotta e il bianco e nero, infatti, comprimono e tolgono tridimensionalità al disegno; sono due le situazioni che soffrono maggiormente: i paesaggi ampi, che divengono piatti e anonimi, e gli interni affollati, che appaiono sovraccarichi e confusi. Naturalmente, in considerazione del prezzo, questi difetti possono essere un compromesso facilmente accettabile.
Infine, a distanza di un decennio dalla nascita della serie, è possibile riflettere sulla tipologia di eroe rappresentata da James Healer e osservare che, purtroppo e non per demeriti propri, il personaggio non è invecchiato bene. Sono infatti numerose le produzioni televisive che negli ultimi anni si sono sviluppate su plot simili. Se, da un lato, serie come The Dead Zone, Medium, The Mentalist hanno declinato in varie forme il connubio criminologia-paranormale, dall’altro ne hanno inflazionato il nucleo di base, creando retroattivamente un effetto déjà vu su James Healer e togliendo ossigeno a eventuali riprese future del personaggio.
Abbiamo parlato di:
James Healer – Camden Rock
Yves Swolfs, Giulio De Vita
GP Publishing, Maggio 2012
144 pagine, brossurato, bicromia, € 4,50
ISBN – 978-88-6468-715-5
Mirko
29 Maggio 2012 a 18:53
Un piccolo appunto sulla chiosa finale va fatto: tutte queste serie tv che citi sono successive al fumetto o al massimo contemporanee(The Dead Zone), quindi non è colpa sua l’effetto Deja Vu quanto di una mancata contestualizzazione storica che può fare il lettore medio.
Nicola Medda
29 Maggio 2012 a 22:06
Esatto. Per questo nella chiosa sottolineo che il personaggio è invecchiato male non per demeriti propri e che l’ombra déjà vu, semmai, è retroattiva. In più, come si legge nella parte finale della recensione, la mia considerazione è da leggersi nell’ottica di un’eventuale riapertura della serie.
simone
30 Maggio 2012 a 10:35
“Dead Zone” prende spunto dal film omonimo di David Cronemberg del 1983 capostipite di tutti gli altri déjà vus tratto a sua volta da un romanzo bestseller di Stephen King…
Nicola Medda
30 Maggio 2012 a 12:15
Sì, anche se, per fortuna, né il libro di King né il film di Cronenberg hanno inaridito il campo, cosa che fanno spesso le serie tv, trascinandosi per stagioni e anni senza avere nulla di nuovo da dire.
ale
25 Marzo 2014 a 23:24
Peccato per il personaggio, a mio modo di vedere ben realizzato e come scrivi tu non invasivo, peccato x l’ambientazione un USA ricca di spazi meravigliosi ma anche di gente di ogni tipo e soprattutto peccato x gli splendidi disegni ed il tratto di Giulio De Vita (che ricorda indubbiamente il De Angelis dei primi Nathan Never)… insomma peccato che il tutto non venga riproposto e sia morto e finito li… delle volte mi chiedo chi e cosa decide la pubblicazione di idee davvero mature. graxie
la redazione
28 Marzo 2014 a 11:38
Grazie a te per il tuo commento.