
#64 – “Prison Pit” di Johnny Ryan
Ok, quello di oggi è un fumetto per cui devi essere preparato. O devi essere libero da preconcetti, aperto a tutto, pronto a lasciarti andare.
Prison Pit è un fumetto cult per il panorama indipendente statunitense. Creato nel 2009 e andato avanti per dieci anni, è un fumetto sicuramente particolare e spiazzante.
È un succedersi praticamente ininterrotto di scontri cruenti, sanguinari, violenti, grandgruignoleschi tra esseri mostruosi e il protagonista; creature assemblate con pezzi tra loro apparentemente incompatibili, creature che muoiono e risorgano cambiate, evolute, ancora più letali di prima; minacce impietose, fessure dall’aspetto di vagine da profanare con protuberanze falliche in un mondo quasi esclusivamente maschile in cui il testosterone la fa da padrone. Un mondo-prigione dove vige la legge del più forte, del più orribile, del più spietato, dal quale è quasi impossibile fuggire.
Il nostro protagonista passa l’intero volume coperto di sangue, picchiato, spiaccicato, affettato, eppure capace di rialzarsi ogni volta e di farsi giustizia, divorando e profanando le sue vittime. Morale, sentimenti, prospettive: non esiste altro se non la sopraffazione altrui. Nemmeno la salvezza ha valore, solo la distruzione.
Prison Pit prende e ti trascina scontro dopo scontro lungo 764 rapidissime pagine, con un segno grezzo e immediato che non nasconde niente, che vuole essere scarno e diretto, con la sua ripetitiva e ipnotica sequenza di scontri violentissimi e ferocissimi, con dialoghi sbroccati, offensivi e unpolitically correct. Un fumetto non per tutti, ma da provare.
Ne ha scritto per noi Lorenzo Di Giuseppe: