Il mio fumetto quotidiano #37: "Daryl Zed #1"

Il mio fumetto quotidiano #37: “Daryl Zed #1”

Almeno un fumetto al giorno: questo l’impegno che mi sono preso per il 2020… Non recensioni, ma impressioni di lettura, sensazioni, ispirazioni suscitate da letture che avevo lasciato indietro.

Mentre ho cercato di recensire al meglio il Dylan Dog Color Fest attualmente in edicola (recensione in breve: andatevelo a leggere!), e dopo le 400 pagine del Robocop di Frank Miller di ieri, ho pensato di rilassarmi con un fumetto più corto e del quale avessimo già scritto sul sito, e sono rimasto nell’ambito Dylan Dog. Sì, perché per chi venisse da Alfa Centauri, l’idea alla base di Daryl Zed è stuzzicante quanto semplice: far “vivere” su carta il personaggio apparso nel numero 69 della serie regolare di Dylan Dog: “Caccia alle streghe“.

Quello fu un albo memorabile, amarissimo e disilluso, un atto politico vero e proprio in risposta alle interrogazioni parlamentari di cui fu oggetto anche Dylan Dog, anche se per lo più indirettamente come “apripista” di una serie di pubblicazioni a fumetti di genere horror che all’epoca uscivano in edicola. Ma Sclavi, attento e sensibile alla società nel quale pubblicava la sua opera, se ne uscì con questo albo schierato contro il bigottismo, la censura, l’ipocrisia. Un numero epocale.

Ovviamente, il Daryl Zed che esce in edicola riprende il personaggio dei fumetti che appare tra le pagine dell’albo, riprendendo anche il tono scanzonato e un po’ spaccone che si intuiva dalle poche scene viste in “Caccia alle streghe” ribaltandone completamente la prospettiva: da personaggio dei fumetti ispirato a Dyd a ispiratore del fumetto stesso di Dylan Dog. Oddio, mi sono fatto venire il mal di testa da solo.

Comunque, venendo all’albo, in queste 34 paginette ovviamene assistiamo a una introduzione del personaggio. Niente che mi abbia fatto gridare al miracolo, con strizzatine d’occhio, le solite trite e ritrite battutine sui fumetti per fare i post-moderni, e dialoghi didascalici e con poca diversificazione tra i personaggi. Molto più divertente quando si passa all’azione, relegata all’inizio e alla fine. Insomma, un’operazione ben pensata, ma che forse manca un poco di sale. Magari leggerò i prossimi.

Ah, dimenticavo: fighi i disegni di Nicola Mari, che anche per far spazio ai bei colori vintage di Sergio Algozziono, si presenta con tavole più pulite e meno cupe di quanto visto in precedenza, uno stile che pur se diverso risulta sempre molto efficace e fascinoso. Forse attualmente IL motivo che potrebbe spingermi a continuare.

Su Lo Spazio Bianco ne ha scritto Giuseppe Lamola: