Luigi Siviero torna nuovamente ad analizzare l’opera di Grant Morrison che già aveva affrontato in Dopo il crepuscolo dei supereroi. Lo fa in un nuovo saggio, sempre edito da Eretica come il precedente, dal titolo Grant Morrison – La vita e le opere, di cui ospitiamo e presentiamo ai nostri lettori, su gentile concessione dell’autore, un estratto dal secondo capitolo.
Il libro ha anche ricevuto la menzione d’onore alla XVII edizione del Premio Metropoli di Torino nella categoria “saggio” con la seguente motivazione:
«Luigi Siviero, con questo pregevole saggio biografico, ci offre l’opportunità di approfondire la conoscenza del fumettista britannico Grant Morrison. Tre sono gli aspetti da evidenziare. Anzitutto la ricerca approfondita alla base della biografia, con un ricco corredo di riferimenti alle fonti documentali. Quindi la capacità di andare oltre gli aspetti meramente biografici, con una visione multidisciplinare e trasversale alla pluralità degli approcci artistici ed espressivi. Infine, il valore aggiunto che deriva dalla scelta di confrontarsi su un protagonista della cultura contemporanea.»
Dalla quarta di copertina del saggio:
Si potrebbe dire semplicemente che Grant Morrison è lo sceneggiatore delle storie più belle di Batman e Superman che siano mai state realizzate, ma alla luce di tutte le altre grandi opere che è stato capace di produrre – da The Invisibles a New X-Men, da Animal Man a JLA – si rischierebbe di fargli un torto. Grant Morrison. La vita e le opere è un viaggio nella mente, nei fumetti e nella vita di uno straordinario sceneggiatore che con la sua vena pop, surrealista e psichedelica ha aperto ai fumetti di supereroi le porte del nuovo millennio e del futuro.
La vita non ha trame, sottotrame ed epiloghi. È solo un mucchio di cose lasciate in sospeso e questioni irrisolte che non vengono mai spiegate. (Grant Morrison, Animal Man)
2 – La paura della bomba
Nel periodo dell’infanzia Grant Morrison visse in una famiglia di attivisti di sinistra le cui idee pacifiste e ambientaliste finirono con l’influenzare almeno in parte sia le sue scelte di vita sia i contenuti dei suoi fumetti.
La passione del padre Walter (1924-2004) per la causa pacifista nacque in seguito alle esperienze maturate durante la Seconda guerra mondiale. All’epoca soltanto sedicenne, Walter Morrison mentì sull’età per potersi arruolare e combattere contro i fascisti1:
Fu dopo il bombardamento di Blackburn Street che mi arruolai. Ero così disgustato, volevo distruggere i Tedeschi. Avevo le idee piuttosto chiare, ma su un sacco di cose ero ingenuo. Una cosa che pensavo di sapere era cosa fosse l’esercito, confrontato con quella che pensavo fosse la libertà, e cosa fosse il fascismo, di nuovo confrontato con quella che pensavo fosse la libertà. Siccome ero giovane, ero molto romantico. Vedevo le cose in bianco e nero, in grande contrasto.
Il ragazzo venne accettato nell’esercito nel 1941, ma si pentì ben presto della sua scelta perché fra i suoi commilitoni non trovò quella passione per la libertà e l’antifascismo che lo aveva spinto ad arruolarsi. Come spiegò il suo amico Stuart Christie in un articolo biografico su di lui:
Voleva combattere il fascismo, ma in meno di una settimana trovò ben poca differenza fra questo nemico e l’attitudine e le pratiche bulliste all’interno dell’esercito inglese. 2
Dopo sei mesi Walter Morrison fu arrestato per qualcosa che non aveva commesso e fu condannato a dodici giorni di punizione. Questa vicenda, unita alla cieca disciplina che prevedeva unicamente l’obbedienza agli ordini, gli aprì gli occhi.
L’episodio che più lo segnò avvenne in India nel 1942, quando l’esercito inglese fu chiamato a placare le proteste pacifiche della popolazione indiana guidata da Ghandi, che chiedeva l’indipendenza del Paese dalla Gran Bretagna e la fine del colonialismo. A Morrison, che chiese come i soldati avrebbero dovuto reagire nel caso in cui durante le manifestazioni di protesta donne e bambini avessero ignorato l’ordine di fermarsi, fu risposto di sparare senza esitazione. Disse che non avrebbe esitato a sparare, ma sui soldati che avessero puntato il fucile contro donne e bambini3. Fu punito per insubordinazione, e così successe altre volte, fortunatamente senza finire mai davanti alla corte marziale.
Quest’etica fu trasmessa da Walter Morrison al figlio Grant. Un giorno, quando un capogruppo dei boy scout fece visita a scuola per provare a reclutare i ragazzi, Grant Morrison affermò:
Mi rifiuto di fare parte di qualsiasi organizzazione paramilitare. 4
È possibile che derivi da questo retroterra culturale l’attitudine di Grant Morrison a non demonizzare a tutti i costi i singoli militari (quale era stato suo padre), pur considerando il problema delle guerre da un’ottica pacifista, e di distinguere fra il comportamento del singolo soldato e il sistema che ha portato quell’uomo a combattere. Sono interessanti da questo punto di vista The Invisibles (in due episodi disegnati da Steve Yeowell e Steve Parkhouse), Spawn 5 (con Greg Capullo alle matite) e Joe the Barbarian 6 (disegnato da Sean Gordon Murphy). Non è tanto la componente autobiografica che conta, marginale se non inesistente in tutte e tre le opere, quanto l’opinione del fumettista su chi ha combattuto in guerra.
In The Invisibles, vol. 1, #17 il gruppo degli Invisibili guidato da King Mob viene presentato con connotazioni positive, e contrapposto a un’organizzazione che persegue fini malvagi. In questo primo numero della serie l’intenzione dello sceneggiatore è mettere in scena due fazioni antitetiche che rappresentino il bene e il male in modo manicheo, e fare sì che il lettore simpatizzi per la prima delle due. Nel corso dell’albo King Mob ammazza senza pietà un soldato che appartiene all’organizzazione malvagia. Non viene detto nulla dell’uomo ucciso: è solo una comparsa che appare nel fumetto per un breve istante, e con la quale non si è portati a empatizzare perché è un soldato che milita nell’organizzazione che incarna il male. Il dodicesimo numero8 della serie contiene però un’analessi nella quale vengono narrati episodi significativi della vita del soldato ucciso nel primo numero, che smette quindi di essere un involucro vuoto sul quale era semplicemente appiccicata l’etichetta di “malvagio”. Quello che nell’episodio precedente era una comparsa per la cui morte non si era portati a provare né interesse né pietà si ritaglia un ruolo da protagonista. Ne viene fatto il ritratto di un uomo che ha amato e odiato, che ha subito ingiustizie e ha commesso torti, che è stato felice e ha sofferto, che è entrato nell’organizzazione “malvagia” perché doveva in qualche modo mantenere la sua famiglia, ma che era tormentato da quello che faceva. In questo modo il manicheismo rappresentato nel primo numero attraverso uno scontro fra personaggi etichettati acriticamente come buoni e cattivi si incrina, la divisione netta fra bene e male diventa falsa e fuorviante.
Con le dovute proporzioni i ricordi di Walter Morrison riecheggiano in un dialogo9 in cui Spawn, sotto la cui maschera si cela l’ex agente/militare della CIA Al Simmons (caratterizzato in maniera positiva dallo sceneggiatore scozzese), fronteggia un suo ex superiore:
SPAWN: Tu non ti ricordi di me, ma mi ricordo io di te, maggiore Vale. (…) Ti ricordi l’Ecuador? Morirono sei bravi ragazzi. Un intero villaggio pieno di gente innocente fu spazzato via, e tu e Jason Wynn copriste tutto.
VALE: Come fai a saperlo? Era un’operazione sotto copertura. Chi diavolo te lo ha detto? Rispondimi! Questo è un ordine!
SPAWN: Non ne posso più di prendere ordini da gente come te, Vale.
In Spawn e in Joe the Barbarian sono presenti altri due militari tratteggiati in modo positivo. In Spawn un reduce del Vietnam, diventato un alcolizzato perché si sentiva in colpa per avere provocato la morte dei suoi commilitoni, trova un’occasione di riscatto aiutando il supereroe a combattere contro un nemico che cerca di ucciderlo. In Joe the Barbarian invece il protagonista è un ragazzino malato di diabete il cui padre è un militare morto nella seconda Guerra in Iraq. Del genitore viene mostrato il lato amorevole e l’attaccamento al figlio in una lettera che il ragazzo legge tempo dopo la sua morte. Sebbene il fumetto non rifletta la situazione reale10 (visto che Walter Morrison combatté prima della nascita del figlio e sopravvisse alla guerra), possono essere ricondotti sul piano dell’esperienza biografica il fatto generico che il ragazzino abbia un padre soldato e la stima provata dal figlio per il genitore.
Walter Morrison divenne un attivista nel 1960, l’anno in cui nacque il figlio Grant. A quel tempo l’esercito americano aveva deciso di creare una base per i sottomarini nucleari Polaris nello Holy Loch11, rendendo la vicina Glasgow uno dei principali obiettivi di un ipotetico attacco missilistico nucleare preventivo dell’Unione Sovietica. Morrison entrò a fare parte del Comitato Scozzese dei 100, schierandosi in prima linea a gran parte delle manifestazioni di protesta che si svolsero dal giorno in cui fu annunciato che sarebbero arrivati i sottomarini.
Nella prefazione al libro di saggistica Supergods 12 Morrison dedicò alcune righe ai ricordi d’infanzia delle proteste del padre contro la fabbricazione di ordigni nucleari e il loro stoccaggio in Scozia:
…La bomba, sempre la bomba, un coinquilino in impermeabile fosco e imminente, pronta a esplodere in ogni momento, a uccidere tutti e tutto. (…) Le immagini che raffiguravano la bomba venivano da riviste samizdat (Termine con cui in Unione Sovietica venivano chiamate le riviste sovversive clandestine, nd.t.) antibelliche di stampo radicale che mio padre portava a casa dalla libreria militante di High Street. Di solito si trattava di manifesti pacifisti appassionati in cui c’erano illustrazioni raccapriccianti che mostravano come avrebbe potuto essere il mondo dopo un vivace scambio di missili termonucleari. 13
In più occasioni Grant fu coinvolto dal padre nelle attività di protesta. I due si recavano vicino alle installazioni nucleari dove facevano finta di giocare a calcio. Il padre lanciava di proposito il pallone al di là delle recinzioni in modo da avere una scusa per scavalcarle. Una volta entrato scattava fotografie che passava alle riviste di controcultura.
La paura della bomba caratterizzò gli anni dell’infanzia di Grant Morrison, che trovò conforto nella figura paterna e nei fumetti di supereroi. «Superman, come idea, era più forte della Bomba; avevamo inventato qualcosa che si contrapponesse a quel terrore»14 spiegò Morrison in un’intervista. Invece a proposito del padre affermò:
Mio padre era, per me, un genuino supereroe. Un grande uomo. Un soldato super-forte. Era davvero intelligente. Lo vedevo uscire per fare campagne di sensibilizzazione, opporsi alla polizia, entrare nelle basi a fare fotografie (…). Aveva una personalità immensa e aiutava davvero la gente. Mia madre direbbe che non aiutava la sua famiglia tanto quanto aiutava gli altri, ma sai come sono fatti questi attivisti. Cercava sempre di migliorare la vita di qualcuno, mentre forse trascurava casa sua. Era la sua kryptonite. Ma di questo me ne avvidi solo più tardi. 15
Dunque è possibile che sia nata in questo contesto l’idea di considerare i supereroi come figure da cui trarre ispirazione16, che sarebbe diventata la linea guida per tutta la sua carriera di fumettista.
Agli antipodi rispetto ad Alan Moore, che in Watchmen17 e in Marvelman/Miracleman18 ritrasse i supereroi come degli individui per nulla interessati a proteggere lo status quo e a combattere in modo disinteressato per il bene dell’umanità, Morrison ha sempre voluto proporre una visione dei supereroi – e di Superman in particolare – più classica. Fra tutti i fumetti scritti da Morrison, quello in cui le intenzioni dell’autore di ridare lustro, senso e vitalità ai supereroi – in diretta contrapposizione con le opere mooriane 19 – sono espresse nella maniera più efficace e cristallina è la miniserie All-Star Superman20 (disegnata da Frank Quitely), che è proprio una summa delle caratteristiche positive di quel Superman che nell’infanzia era visto da Morrison come più forte della terribile Bomba, ma anche simile a quel padre altruista e capace di grandi cose. Non a caso Morrison considera Superman:
Un po’ come Dio, un po’ come un papà, un po’ come una celebrità.21
Morrison iniziò a progettare All-Star Superman quando il padre era malato e ne portò avanti la realizzazione dopo la morte del genitore avvenuta nel 2004. Credo che l’influenza dei ricordi giovanili e della figura paterna su All-Star Superman nel suo complesso non vadano esagerati, tuttavia è innegabile che in una qualche piccola misura furono presenti, come rilevò lo stesso sceneggiatore in due interviste:
Ho scritto la migliore delle mie storie sul supereroe più grande del mondo, per farla disegnare al mio artista preferito, mentre mi affacciavo sulla baia da dove i sottomarini Trident22 ancora salpavano in tutto il loro grandioso e satanico splendore, con le pance nere piene di una potenza di fuoco sufficiente ad accecarmi e vaporizzarmi nella frazione di un battito, e perfino di liquefare le vecchie pietre dei muri di casa mia, di spaccare la Scozia in due e di trasformare il mondo in un freddo portacenere postnucleare. L’ho scritta a poche miglia di distanza dalla precedente base della marina militare americana dove i miei genitori avevano protestato, dove mio padre era stato arrestato, e dove i fumetti americani erano arrivati in Scozia assieme ai marinai e ai sottomarini. Era come sentirsi nell’epicentro, al centro di una rete di coincidenze e di mitologia personale…23
Un collegamento fra la morte del padre Walter e All-Star Superman fu fatto da Morrison in un’intervista rilasciata a diversi anni di distanza dalla pubblicazione del fumetto, in risposta a un intervistatore che gli aveva chiesto quanto fosse importante per lui lo studio di testi scientifici:
Leggo un sacco di materiale scientifico. Scienze, antropologia, occultismo… soltanto idee strane e di nicchia. Sono cose che aiutano la gente che fa supereroi. Quindi, sì, quel materiale rientra nei miei interessi. Ma per me la cosa più importante è l’esperienza. I libri sono d’aiuto perché magari forniscono metafore, ma per me ciò che più conta è la vita vera. Se mio padre muore mentre sto scrivendo qualcosa come All-Star Superman, all’improvviso ho una storia che non avrei potuto avere se mio padre non fosse morto. Qual è il patto faustiano qua? [ride]. Ma è soprattutto questo. È ciò che succede nella vita vera, i sentimenti che hai provato e che devi tirare fuori, e penso che i fumetti di supereroi in modo particolare siano adatti a parlare di grandi emozioni e sentimenti, e a personificare e concretizzare i simboli. 24
I discorsi e l’attivismo dei genitori, preoccupati che potesse scoppiare una guerra nucleare da un momento all’altro, ebbero una ricaduta emotiva su Grant, che negli anni dell’infanzia crebbe con la paura della bomba. Nel documentario Talking with Gods 25 Morrison raccontò che i fumetti di supereroi lo aiutarono ad avere la meglio su quello scenario di orrore e mancanza di speranza, grazie alla presenza di eroi positivi che erano in grado di avere la meglio su qualsiasi tipo di pericolo e minaccia. Questa concezione dei supereroi, considerati un simbolo di fiducia e positività, sarebbe diventato negli anni a venire un marchio di fabbrica dei fumetti dello sceneggiatore scozzese.
Un fumetto riconducibile al giovanile superamento della paura della bomba grazie alla lettura dei fumetti di supereroi è la miniserie Final Crisis: Superman Beyond 26, nella quale Superman si reca in un mondo la cui cultura è radicata attorno a una profezia apocalittica. Il supereroe porta speranza in questo mondo sostituendo quella profezia con il racconto di un bambino che riesce a fuggire dal suo pianeta morente a bordo di un razzo.
Nel 1997 Morrison fu fra i fumettisti che contribuirono alla miniserie antologica Weird War Tales27, che all’inizio di ogni albo conteneva una pagina con le biografie degli autori nelle quali veniva evidenziato se e come la guerra avesse avuto un impatto sulle loro vite. La biografia di Morrison (probabilmente scritta dallo stesso autore, visto quanto è particolare e personale) è incentrata sulle vicende del padre nella Seconda guerra mondiale e sugli insegnamenti pacifisti impartiti al figlio:
Il papà di Grant Morrison, Wattle, ha servito nei Volontari di Difesa Locale e con vari reggimenti, compresa la brigata di paracadutisti scelti Black Watch, dal 1940 al 1946. Tornato a casa, si è unito alla lotta contro la proliferazione nucleare e lo stato segreto britannico come attivista del Comitato dei 100 ed è stato, negli anni più recenti, una figura di spicco nelle battaglie della comunità locale contro gli immobiliaristi e i costruttori di strade. In completo contrasto, il figlio di Wattle, Grant, è stato cresciuto in accordo con i principi di non violenza degli anni Sessanta e ha, successivamente, trovato necessario imparare da autodidatta come si dà un cazzotto a qualcuno nel modo giusto. (…) Se la guerra venisse dichiarata domani, morirebbe martedì prossimo.
Morrison ha espresso nei suoi fumetti anche il lato oscuro delle vicende vissute sia da lui che dal padre negli anni Sessanta. In un’occasione Walter Morrison fu protagonista di un accadimento inquietante, come raccontò Stuart Christie:
Morrison stava montando la sua tenda sulla costa dello Holy Loch, vicino al molo di Ardnadam dove si faceva la manutenzione dei sottomarini Polaris e delle navi di supporto – era illegale campeggiare in quei terreni – quando fu chiamato da qualcuno in un’auto americana lungo la strada. Nella macchina c’erano tre uomini che lo chiamarono per nome. (…) Uno di loro indicò le acque scure dell’insenatura e disse a Walter che era coinvolto in affari pericolosi e che sarebbe stato facile per gente come lui scomparire e non venire mai più ritrovata.28
Grant Morrison rammentò in un’intervista29 che il padre ricevette una minaccia simile anche a casa in piena notte (oppure potrebbe trattarsi dello stesso episodio raccontato da Christie, che a molti anni di distanza potrebbe essere rimasto impresso ai due in modo diverso), e in seguito un amico del genitore legato al mondo dell’attivismo politico scomparve davvero nel nulla. Walter Morrison non ebbe mai problemi di questo tipo, tuttavia fu arrestato a causa delle sue attività di protesta.
Probabilmente da bambino il fumettista percepiva il pericolo che qualcuno potesse scoprire lui e suo padre quando si avvicinavano alle basi militari per scattare fotografie, e che dietro alle recinzioni ci fosse un mondo oscuro, minaccioso e sotterraneo. Una volta il figlio entrò di nascosto nella base missilistica nucleare Trident di Coulport, dove vide un bunker pieno di bare30, probabilmente predisposte per dare la sepoltura alle vittime di una futura ipotetica guerra.
Ho visto cose davvero strane quando ero un ragazzo. Roba in stile Il prigioniero, dove guardi giù per un lungo tunnel sul versante di una collina e ci sono questi piccoli uomini che conducono dei carrelli. E hanno cose come – ognuno ha una bara, bare di cartone, impilate addosso a un muro. L’idea era che in caso di guerra nucleare tutti gli impiegati civili avessero quattro minuti di tempo per raggiungere i rifugi. E da lì avrebbero affilato le matite e fatto ricominciare il mondo. Era folle anche solo l’idea che credessero che potesse succedere. Ma avevano davvero pile di bare, bare di cartone, che potevano essere tirate fuori, e sui registri elettorali avevano i nomi di tutti, così non avrebbero dovuto fare altro che aspettare che morissimo tutti. 31
Derivano da queste esperienze infantili le atmosfere e le situazioni di The Invisibles in cui ci sono missioni di spionaggio ed effrazioni, in cui si ha la sensazione che al di sotto di quella che viene percepita come la realtà si celi qualcosa di tenebroso e indecifrabile:
L’idea che ci sia un mondo sotterraneo e nascosto dove tutto procede in un modo che non vogliono raccontarci si è sempre fatta sentire nei miei lavori.32
E anche:
Penso che puoi vederne l’influenza in cose come The Invisibles, le effrazioni nelle basi, i tunnel sotterranei rappresentano il subconscio.33
Hellblazer di Morrison e David Lloyd è un’opera34 legata a doppio filo a questi ricordi ed esperienze infantili dello sceneggiatore.
Il fumetto è ambientato nel paesino di Thursdyke e nella vicina base militare di Fylingdales, situati nella brughiera dello Yorkshire del Nord, una regione del nord dell’Inghilterra che si affaccia sul Mare del Nord. Se il paese non esiste nella realtà, esiste invece la base militare, che si trova proprio in quell’area e che fu costruita per monitorare eventuali attacchi nucleari con le sue potenti apparecchiature radar (nel fumetto invece viene presa la licenza poetica di descriverla come base missilistica dotata di testate atomiche).
Sono ben ancorate alla realtà le opinioni degli abitanti di Thursdyke a proposito della base militare, divisi fra chi ne approva l’esistenza (perché la presenza dei militari, con i loro stipendi da spendere nei negozi e nei pub locali, genera un ritorno economico importante per la cittadina) e chi ne vorrebbe la chiusura (perché rende l’area un potenziale bersaglio dei missili sovietici, ma anche per perseguire un ideale di pacifismo tout court): è difficile non rivedere in questa contrapposizione fra favorevoli e contrari alla base le battaglie combattute da Walter Morrison negli anni Sessanta a Glasgow.
Nella prima didascalia della prima tavola del fumetto c’è un’unica parola, «Nord», usata per dare una prima vaga idea di dove si svolga l’azione e dove si trovi la base. Poi viene specificato immediatamente che quel «Nord» va circoscritto a «Fylingdales», però la sensazione iniziale di quel «Nord», che non viene cancellata da «Fylingdales» nella didascalia successiva, è che sia un richiamo ai ricordi e al retroterra culturale di Grant Morrison: a Glasgow e alla Scozia, il nord delle memorie dello scrittore.
È riconducibile alle esperienze infantili di Morrison la parte del fumetto ambientata nella base militare. Ai piedi di una collina situata nell’impianto dell’esercito c’è una porta che conduce a un lungo tunnel sotterraneo in fondo al quale lavora uno scienziato dedito all’occultismo. Questa sequenza del fumetto può essere vista come una rielaborazione di ciò a cui Morrison aveva assistito nell’infanzia e delle sensazioni che aveva provato da bambino.
Credo siano due i motivi che spinsero Morrison ad ambientare il fumetto proprio a Fylingdales: il primo è che la base militare si trova nei pressi di Ravenscar, cittadina realmente esistente dove John Constantine, protagonista della serie «Hellblazer», fu rinchiuso in manicomio35; il secondo motivo, più consistente, è la particolare forma delle apparecchiature radar della base, di assoluto interesse e impatto scenografico. Al tempo in cui fu realizzato il fumetto, il sistema radar di Fylingdales era costituito infatti da una serie di suggestive sfere giganti36, di cui tre, viste da una particolare posizione, formano una fila identica a quella raffigurata nella prima vignetta del fumetto.
Nel fumetto il tema delle tre sfere viene riproposto più volte. Tre sfere, mostrate dalla stessa prospettiva dell’impianto radar sono anche tre palle da biliardo in un pub di Thursdyke, tre palline legate da un filo nella camera da letto di un bambino e tre bulbi oculari che un assassino ha cavato a delle persone uccise. La ripetizione insistita rende questo elemento grafico una presenza che aleggia sul paese non solo dal punto di vista fisico, trasformando le sfere della base in un simbolo di malvagità e catastrofe incombenti, che si affacciano di continuo nelle vite degli abitanti della cittadina.
Le vicende di Walter Morrison nell’esercito sono raccontate in prima persona dall’uomo in Peter Grafton, “You, you and you! The people out of step with WWII”, Londra, 1981. Ho consultato una versione del libro messa in rete dall’autore. Il capitolo che riguarda Morrison si trova in Peter Grafton, “9 Conscripts & Volunteers: Men”, in “You, You & You! Restored: The Original Full Version”, youyouandyourestored.wordpress.com/2013/11/08/9-conscripts-volunteers-men, 8 novembre 2013 ↩
Stuart Christie, Morrison, Walter, 1924-2004, in libcom.org, libcom.org/history/morrison-walter-1924-2004, 19 settembre 2005. Vedi anche Stuart Christie, Walter Morrison, in The Guardian, www.theguardian.com/news/2004/mar/27/guardianobituaries1, 27 marzo 2004 ↩
L’episodio è raccontato in maniera leggermente (ma non sostanzialmente) diversa da Grant Morrison in un’intervista pubblicata in Patrick Meaney (i Grant Morrison), Grant Morrison Interview, in Id., Our Sentence is Up: Seeing Grant Morrison’s The Invisibles, Sequart Research & Literacy Organization, Edwardsville, 2010, p. 328 ↩
Peter Ross (i Grant Morrison), Interview: Grant Morrison, comic book writer, in The Scotsman, 24 luglio 2011 ↩
Grant Morrison (t), Greg Capullo (d), Spawn, # 16-18, Image Comics, 1993 ↩
Grant Morrison (t), Sean Gordon Murphy (d), Joe the Barbarian, # 1-8, DC Comics/Vertigo, 2010-2011 ↩
Grant Morrison (t), Steve Yeowell (d), Dead Beatles, in The Invisibles vol. 1 #1, DC Comics/Vertigo, 1994 ↩
Grant Morrison (t), Steve Parkhouse (d), Best Man Fall, in The Invisibles vol. 1 #12, DC Comics/Vertigo, 1995 ↩
Grant Morrison (t), Greg Capullo (d), Reflections (Part Three), in Spawn# 18, Image Comics, 1993 ↩
Come ebbe modo di spiegare lo stesso Morrison a un intervistatore che gli aveva chiesto se il fumetto è autobiografico: «Non così tanto, a parte il fatto che io sembravo un po’ come Joe – mi piaceva molto disegnare. Mio padre era un soldato nella Seconda guerra mondiale, ma non morì in guerra». Vedi Cyriaque Lamar (i Grant Morrison), Grant Morrison’s Philosophy Of Comics, in io9, io9.gizmodo.com/5517352/grant-morrisons-philosophy-of-comics, 14 aprile 2010 ↩
Brian Lavery, The British government and the American Polaris base in the Clyde, in Journal of Maritime Research, vol. 3, #1, 2001, p. 130-145. I sottomarini, dotati di sedici testate nucleari potentissime, pattugliavano costantemente i mari vicini all’Unione Sovietica in modo da essere sempre pronti al lancio dei missili nel caso fosse scoppiata improvvisamente una guerra. Gli Stati Uniti avevano deciso di costruire una base per i sottomarini in Europa per evitare che venissero persi molti giorni di navigazione per raggiungere i mari vicini all’Unione Sovietica ogni volta che un’imbarcazione andava in missione. Giova precisare che lo Holy Loch non è un lago ma un fiordo da cui si può raggiungere comodamente il mare aperto ↩
Grant Morrison, Supergods, Spiegel & Grau, New York, 2011 ↩
Non va scordato che all’epoca la tensione fra le due superpotenze era alle stelle e il timore di una guerra nucleare era provato da tutti, non solo dai membri della famiglia Morrison e non solo a Glasgow. Nell’agosto del 1961 fu costruito il muro di Berlino e nell’ottobre del 1962 ci fu la crisi di Cuba, in assoluto il momento in cui Stati Uniti e Unione Sovietica furono più vicini alla guerra nucleare ↩
Peter Ross (i Grant Morrison), op. cit. ↩
Ibidem ↩
Un collegamento fra aspetti biografici e contenuti dei fumetti è stato ipotizzato anche da Dan Sanchez, Grant Morrison Vs. the Super Soldiers. The Militarization of the Superhero, in Anti War, original.antiwar.com/dan_sanchez/2015/08/24/grant-morrison-vs-the-super-soldiers/, 25 agosto 2015 ↩
Alan Moore (t), Dave Gibbons (d), Watchmen # 1-12, DC Comics, New York, 1986-1987 ↩
Il titolo originale dei primi episodi pubblicati in Gran Bretagna su Warrior è Marvelman. Fu ribattezzato Miracleman quando la serie fu pubblicata negli Stati Uniti dalla Eclipse Comics. Alan Moore (t), Garry Leach, Alan Davis, John Ridgway (d), Marvelman, in Warrior #1-18 e 20-21, Quality Communications, Londra, 1982-1984; Alan Moore (t), Chuck Beckum, Rick Veitch, John Totleben (d), Miracleman #6-7, 9-16, Eclipse Comics, 1986-1989 ↩
Di questo aspetto dei fumetti supereroistici di Morrison mi sono occupato diffusamente in Luigi Siviero, Dopo il Crepuscolo dei Supereroi, Eretica Edizioni, Buccino (SA), 2018. Ritornerò sull’argomento nel paragrafo 20 ↩
Grant Morrison (t), Frank Quitely (d), All-Star Superman #1-12, DC Comics, 2005-2008 ↩
Sam Leith, Grant Morrison, The Invisibles and the comics that put novels in the shade, in The Guardian, https://www.theguardian.com/books/2010/dec/19/grant-morrison-the-invisibles-comics, 20 dicembre 2010 ↩
Trident è il nome del programma di sviluppo di armi nucleari iniziato dalla Gran Bretagna a partire dal 1980, n.d.a. ↩
Morrison, Supergods, op. cit., p. 408 ↩
Noel Murray (i Grant Morrison), Grant Morrison, in The A.V. Club, www.avclub.com/grant-morrison-1798220133, 19 maggio 2010 ↩
Patrick Meaney (regia), Grant Morrison: Talking With Gods, 2010 ↩
Grant Morrison (t), Doug Mahnke (d), Final Crisis: Superman Beyond #1-2, DC Comics, 2008-2009 ↩
Grant Morrison (t), Frank Quitely (d), New Toys, in Weird War Tales #3, DC Comics/Vertigo, 1997 ↩
Stuart Christie, Morrison, Walter, 1924-2004, cit. ↩
Patrick Meaney (i Grant Morrison), op. cit., p. 330 ↩
L’episodio è raccontato in Peter Ross (i Grant Morrison), op. cit. ↩
Patrick Meaney (i Grant Morrison), op. cit., p. 329 ↩
Peter Ross (i Grant Morrison), op. cit ↩
Patrick Meaney (i Grant Morrison), op. cit., p. 330 ↩
Grant Morrison (t), David Lloyd (d), Hellblazer #25-26, DC Comics, 1990 ↩
Probabilmente Morrison voleva creare un piccolo legame con la “mitologia” del personaggio (in quest’opera prese in mano un protagonista e delle situazioni creati in precedenza da Alan Moore e Jamie Delano). Per inciso nella vera Ravenscar non c’è un manicomio, che è un’invenzione degli autori del fumetto. ↩
Nella prima metà degli anni Novanta, pochi anni dopo l’uscita del fumetto, le sfere furono demolite e sostituite da un radar anonimo a forma di prisma triangolare. ↩