
Il tema non è la tesi
Ho parlato tante volte dell’importanza che ha per me l’inserimento di un tema quando scrivo una storia. Su questo blog ne ho scritto qui e qui.
Alle volte però ho l’impressione che si faccia confusione tra mettere un tema in una storia e scrivere a tesi.
Un conto è fare un passo indietro, chiedersi che cosa si vuole raccontare con una determinata storia, individuare il proprio tema e far procedere la narrazione secondo la propria interpretazione di quel determinato tema.
Un altro conto è scrivere a tesi, ossia avere una determinata opinione/visione del mondo prima di scrivere la storia, e usare il mezzo narrativo come scusa per indottrinare il pubblico secondo le proprie convinzioni.
Per questo alcuni, facendo secondo me un po’ di confusione, non gradiscono riflessioni sui temi delle storie (proprie o altrui), come se fosse sinonimo di scrittura a tavolino.
Ma il tema, appunto, non è la tesi.
Non significa avere già la risposta prima di iniziare a scrivere. Significa anzi – dopo aver già avuto un’idea buona per una storia, si spera – porsi una domanda e cercare la risposta mentre si scrive la storia, per poi arrivare alla fine con una delle possibili risposte alla domanda.
Per esempio, quando scrissi SOSPESO (Tunué Editore, disegni di Armin Barducci), l’idea di partenza era: Un ragazzino bullizzato scopre di avere il potere di fermare il tempo. E quella era l’idea.
Ma qual era il tema? Cosa volevo raccontare? Rimuginandoci sopra, capii che la domanda che volevo pormi era: Se avessimo dei superpoteri diventeremmo davvero dei supereroi? (O dei supercattivi?) Applicare questa domanda a un ragazzino di tredici anni sarebbe stato ancora più efficace, visto che a quell’età non si ha ancora chiarissimo il limite tra il bene e il male.
Prima di scrivere la storia non avevo ancora una risposta a questa domanda. Semplicemente, me l’ero posta iniziando a scrivere. La risposta arrivò man mano che progettavo la struttura della storia. E non è una risposta definitiva: è la mia risposta a questo quesito. Una fra le tante.
Mettere un tema in una storia significa scegliere una barca e una direzione e mettersi in viaggio col lettore, e cercare di capire insieme a lui quale sarà l’approdo, significa imparare qualcosa di se stessi, mettendosi a nudo davanti al mondo.
È insomma un processo onesto, a differenza della scrittura a tesi.
Molto giusto, molto serio.Buon lavoro.
Grazie!
Il tema non è la tesi. Puro Vangelo direbbe il Tizzone di inferno SBEllico. Ci penso da quando il mio caro amico ed ex allievo Alan Emme – noto sceneggiatore di fumetti di Northampton – mi raccontò di quella leggenda urbana di Northampton secondo cui uno studente risolse ad un esame di maturità il tema dal titolo “Cosa è il coraggio per te ? ” scrivendo a lettere cubitali sottolineate QUESTO !!! sulla pagina bianca. Alan Emme è stato espulso da un liceo e ritiene che il preside abbia fatto terra bruciata intorno alla sua persona diciassettenne per impedirgli di trovare un lavoro, ma non credo che si tratti di un episodio autobiografico. Ho cercato per mesi di scrivere un soggetto che partisse da quell’episodio per cavarne uno one shot formato tascabile b/n disegnato in stile Dan Maramotti e che esplorasse la storia di un piccolo dio di un pantheon pagano che rifiuta un rito di passaggio che lo porterebbe a prendere il posto di papà re degli dei e per punizione è trasformato in un alano condannato a essere sospeso sopra i giganti bulli di ghiaccio, ma non sono ancora riuscito a capire quale sia la tesi alla quale appunto tendo: 1) è possibile allontanarsi dal percorso che altri hanno tracciato per noi ? 2) coraggio è dire sì quando significa dire no al punto uno o dire no e ritrovarsi a quattro zampe sospeso sopra il nemico ?
Mm. Ciao ciao
Crepascolo, il tuo quesito è di difficile soluzione. Non resta che andare fino in fondo alla storia e scoprirlo.