sgargabonzi

Ospiti: Alessandro Gori aka lo Sgargabonzi

Il secondo ospite di questo blog che ci racconta il suo rapporto con i fumetti è Alessandro Gori, conosciuto anche come Lo Sgargabonzi, caustico satiro/blogger/saltimbanco o qualsiasi altra definizione gli si voglia appioppare.


busta sorpresa sgargabonziOgni venerdì di tutti gli anni ’80, quando mio babbo usciva di banca, andava a fare la spesa alla Coop e prima di rientrare a casa mi passava all’edicola di Piazza Saione. Da buon ragioniere, gli pareva misero comprarmi un giornalino a fumetti, quindi optava per una busta sorpresa, che non si sapeva cosa conteneva ma come minimo era piena di roba. Lo capivo, per lui era un po’ come comprare un pacchetto azionario alla cieca al prezzo di una singola Italcementi.
Le buste sorpresa erano un feticcio tipico di quel decennio. Sacchettoni colorati che promettevano mille caleidoscopici regali al loro interno. Lì trovavi le cose più disparate e tristi. Albi da colorare per ragazzi problematici, trasferelli che non appiccavano più, adesivi dei paninari, palloncini promozionali, album di figurine degli animali con un sacco di pacchetti di figurine ma, poiché fuori catalogo e quindi con figurine non richiedibili, destinati a rimanere incompleti. A Mantova in una busta sorpresa trovarono addirittura una siringa e ne parlarono al telegiornale.

Ricordo che, un venerdì dei tanti, da una di quelle buste saltò fuori qualcosa proprio che non mi aspettavo. Era un albo a fumetti che incuteva timore e ispirava rispetto per diversi motivi: le tante pagine, il bianco e nero e il formato piccolo e tozzo. Inoltre aveva la costa superiore imbrattata di inchiostro verde, che ai tempi era la procedura degli editori per segnare quei rientri da poter mettere successivamente in offerta, di solito in pacchi convenienza nelle località di mare. Quell’albo era un numero di Alan Ford di dieci anni prima. Lo sfogliai e ne rimasi sconvolto. Non sapevo ancora leggere, ma ero affascinato da quello che trovavo nelle vignette. Mi gommaflexchiedevo com’era che l’autore di quel fumetto poteva disegnarci di tutto, pure le cose più incredibili, invece aveva scelto di riempirle solo di torsoli di mela, sedie sfondate, mantelline scozzesi con le toppe e gente brutta e povera? Ero rapito e mesmerizzato, completamente. Imparai a leggere con l’urgenza di leggermi esattamente quelle pagine. Nel momento esatto in cui ci riuscii, scoprii che era la seconda parte di una storia tripla (la prima saga di Gommaflex), bestemmiai e venni mandato fuori dalla classe.
Il mio primo fumetto comprato con consapevolezza fu il numero 222 di Alan Ford, dal titolo A.V.E.alan-ford-ave, Assicurazione Vita Eterna. Una storia disegnata da Marco Nizzoli, d’un nero da far paura, tutt’oggi una delle cose più belle e scioccanti che io ricordi di aver letto. Solo che purtroppo, se la rileggo con gli occhi di adesso, è ancora più bella di quanto lo fosse trent’anni fa e mi annienta anche cose notevolissime che leggo oggi.

Da una pubblicità su Alan Ford scoprii poi le ristampe di Kriminal e in seguito di Satanik. Due fumetti cosiddetti “neri”. Mi era capitato di leggere Diabolik perché lo leggeva mio babbo, ma lo trovavo un fumetto noioso e triste, a partire dalla casa dei protagonisti, che pareva arredata a Mondo Convenienza e i dialoghi che mi parevano quelli di una coppia in crisi che però non se lo dice e recita la normalità. Insomma fra Douglas Sirk e François Ozon.

Invece Anthony Logan (Kriminal) e Marny Bannister (Sataniksatanik) uccidevano con estrema crudeltà e per il semplice piacere di farlo. Ma questo m’interessava fino a un certo punto, visto che lo facevo anch’io. Quello che conta è che erano capaci d’una violenza psicologica raffinata e impalpabile, poco prevedibile anche per lo stesso lettore. E le loro vittime, essendo il disegnatore lo stesso, erano i personaggi caricaturali che parevano in libera uscita da Alan Ford, vestiti per una volta da ricchi in questa gita senza ritorno. Questo mi mandava in cortocircuito il cervello. Del resto io da bambino ero affascinato da quello che non capivo e Braccio di Ferro lo lasciavo volentieri ai miei compagni di classe.

Presto però i fumetti tascabili mi fecero venire la voglia di qualcosa di più impegnativo. Fu allora che scoprii la Bonelli e non ne sarei mai più uscito. Da appassionato di horror, mi attrasse subito Nick Raidernick raider la tela del ragno. Del resto il sottotitolo parlava chiaro: “Squadra omicidi”. E io m’immaginavo tutta una ghenga di assassini seriali eccentrici e perversi. E invece no, il protagonista era un poliziotto con la faccia di Tex e nel primo numero che lessi, “La tela del ragno
“, il serial killer c’era ma faceva pure una figura di merda.

Quello stesso mese mi rifeci col mio primo Dylan Dog. Era il numero 33, dal titolo “Jekyll!dylan dog jekyll“. Anni dopo, per tutti gli esami alla Facoltà di Psicologia, avrei pronunciato Freud come “Fruà”, fingendo di saperlo francese e cadendo dalle nuvole quando me lo dicevano austriaco. Mi toglievano sempre cinque o sei voti, ma era un mio fiero tributo ad una battuta spettacolare di quel numero. Fu lì infatti che conobbi lo stile, la caratura e l’umanità di Sclavi, che era semplicemente meglio della vita e lui un autore dal quale non mi sarei (fortunatamente) mai emancipato e che darei via mia figlia Melody per poter conoscere.

In poche parole, Sclavi e la Bonelli sarebbero stata due mie ragioni di vita, forse addirittura le uniche (ma lo saprò fra qualche anno). Da quel momento in poi avrei letto solo Bonelli, esclusivamente Bonelli.

Perché della Bonelli mi piace tutto, anche quello che mi piace meno. Del resto dopo che ti sei viziato col Dylan Dog di Sclavi, lo Zagor di Nolitta, tutto Ken Parker, le serie di Medda, Ambrosini e Manfredi… come fai ad avvicinarti a buffonate tipo Frank Miller senza richiudere l’albo completamente deluso e annoiato?

Non puoi. Semplicemente non puoi.

 

 

Alessandro Gori dal 2005 cura il famigerato blog Lo Sgargabonzi (http://sgargabonzi.com), una pagina di umorismo nero pece. Nel 2013 Lo Sgargabonzi diventa anche una pagina Facebook (https://www.facebook.com/sgargabonzi) che oggi conta più di 20.000 lettori.  Nel 2013 scrive per Internazionale ed esordisce in libreria con “Le avventure di Gunther Brodolini”(Edizioni FuoriOnda, 2013). Inoltre negli ultimi tre anni ha portato in giro per l’Italia, in settanta diverse date, il suo spettacolo comico “Lo Sgargabonzi Live!”. Il 12 novembre 2014 è uscito il suo secondo libro, “Bolbo” (Edizioni FuoriOnda), scritto insieme a Gianluca Cincinelli, a cui ha fatto seguito “Il problema purtroppo del precariato” l’anno successivo. Scrive articoli di satira e fumetti sul mensile Linus e ha una rubrica fissa, Gorgo, sul portale di arte e design Pixarthinking. Recentemente definito da Internazionale “il miglior scrittore comico italiano” e poi al centro di un’invettiva di Daniele Luttazzi che non c’ha capito una sega.