Una rivoluzione tutta lettone
La lettone Kuš! è una piccola casa editrice indipendente gestita da David Shilter e Sanita Muižniece nata nel 2007, che dalla fredda Riga sta scrivendo alcune fra le pagine più importanti del fumetto underground attuale.
Le sue pubblicazioni principali sono la rivista quadrimestrale š! e la collana mini Kuš!.
š! è un antologico che in ogni numero propone un tema specifico, declinato dagli autori in maniera personale attraverso storie brevi o brevissime. I mini Kuš! (8 uscite annuali) sono invece libriccini di 24 pagine dedicati ciascuno a un singolo autore.
Tutta la produzione Kuš! si caratterizza inoltre per il piccolo formato tascabile A6 e per i testi in lingua inglese, scelta che dichiara la vocazione internazionale della linea editoriale.
Questa florida realtà sta aggiungendo, tassello dopo tassello, importanti fotografie, spaccati artistici e culturali, di ambienti fumettistici noti e meno noti, e dà la possibilità ai lettori di scoprire giovani talenti e produzioni fumettistiche laddove vi è invece una totale lacuna dei mercati editoriali più ampi.
La rivista antologica è un melting pot di stili e idee reinterpretative del fumetto, al quale partecipano autori tedeschi, lettoni, cinesi, italiani, cileni, israeliani, americani, francesi, angolani, portoghesi, coreani ecc…
Fra le collaborazioni più strette, sono da annoverare certamente quella con la berlinese Biografiktion e alcune antologie più geograficamente orientate, come ad esempio quella dedicata agli autori finlandesi oppure a quelli canadesi in Future 2.0, alla cui realizzazione hanno partecipato nomi più noti come Jesse Jacobs (che ha al suo attivo anche un mini Kuš!) e Michael Deforge, grazie anche al supporto di Koyama Press.
Fra le uscite di rilievo dell’antologico vanno certamente ricordati il #23, Redrawing stories from the past, nel quale la rivista abbandona il suo tipico formato di storie brevissime e lascia spazio a cinque racconti di più ampio respiro dedicati alle vittime del nazismo a opera di autori europei, mostrando punti di vista differenti ed inediti, storie marginali di vittime ed eroi ancor più dimenticati dalla Storia ufficiale; e il #9, che ha visto al suo interno una partecipazione esclusivamente femminile, e che è valso alla rivista il Prix de la Bande Dessinée Alternative al festival di Angoulême nel 2012.
Non da ultimo citiamo il meraviglioso Gaijin Mangaka, con introduzione di Paul Gravett, dedicato agli interpreti del manga nel mondo, a cui ha partecipato anche l’italiano Vincenzo Filosa. Gli apporti italiani non si esauriscono però qui, contiamo infatti Ratigher, con una storia per l’antologico dedicato agli sport, Anna Deflorian, Sarah Mazzetti e altri ancora.
Le nuove proposte: š! #26
Fra le uscite recentissime, vi è š! #26, dedicato al tema del dadaismo.
Gli autori della rivista cercano di reinterpretare l’idea di Dada e le sue conseguenze, si interrogano sulla sua vita attuale (se ve n’è una, o se vi è mai stata vita) e sul suo significato.
Il movimento Dada nacque attorno agli anni ’20 del secolo scorso, e si affermò come negazione dei canoni artistici consolidati e delle ideologie politiche. Era soprattutto la derisione, l’oltranzismo nel negare totalmente ogni pretesa di logica e chiarezza alla base delle opere, a muovere questi artisti. Vi era una ricerca assoluta di libertà creativa svincolata da qualunque principio fondamentale legato al passato.
In primo luogo ci si interroga (a ragione) sin dall’introduzione, se lo stesso fatto di concepire oggi Dada come un “ismo” non sia già di per sé una sconfitta di questo “movimento”.
In accordo coi dadaisti, in alcune storie è preponderante l’utilizzo di svariati materiali e tecniche di composizione: in particolare in Manifest di Maija Kurševa, vero e proprio breve manifesto dadaista, e in Fables and reflections di Jaakko Pallasvuo vi è un ricorso spropositato al collage, nel primo caso unito a tinte ad acquerello e tempera più lievi; e nel secondo ad un disegno caotico e a colori più scuri che creano un effetto lisergico, con il curioso inserimento di alcune tavole del Sandman di Neil Gaiman (il titolo dell’opera cita infatti quello di un arco narrativo della saga dello scrittore inglese).
In For a while di Saehan Park, si sottolinea invece l’ambiguità del fascino delle opere Dada e la loro contemporanea mancanza di base logica, e dunque la conseguente immediatezza dei concetti comunicati, causando una sorta di contemplazione catartica nell’osservatore.
Nella breve storia dell’ormai celebre Roman Muradov (che ha al suo attivo anche un mini kus!), il suo tratto morbido, con composizioni astratte, si unisce ad una narrazione attraverso collage di fogli di giornale, avanzando una critica alla determinatezza dei canoni estetici imposti per convenzione.
Molto interessanti risultano anche le interpretazioni grafiche di Marc Bell in Still kicking, con un segno “organico” sottile e preciso che ricorda quello di Jesse Jacobs, e An alert and knowlodgeable citizenry, una simpatica storia a sfondo pacifista di Vincent Fritz.
In End of Dada invece Sammy Stein dà un’interpretazione più tranchant e raffigura la morte di Dada, attraverso una vera e propria lapide: una fine a quanto pare irrimediabile. In Mleet da bee, A. Burkholder rappresenta invece in maniera efficace il processo decostruttivo di Dada, attraverso la reiterazione di una frase, inizialmente chiara, che viene man mano ripetuta, rimescolata e smontata sempre più, sino a diventare incomprensibile, il tutto accompagnato da un tratto comico ed elementare e da una progressiva storpiatura visiva dei protagonisti.
Fra le prove in assoluto più riuscite vi sono però The mechanical head di Brie Moreno, che opera una commistione fra segno geometrico, utilizzo di retini e scomposizione delle figure quasi a mosaico, in una sorta di riproposizione in chiave moderna del mito della caverna di Platone, attraverso la raffigurazione di un tunnel con un muro all’interno, con dei personaggi che vi stanno dietro e non hanno intenzione di attraversarlo, a simbolo dell’incrollabilità dei canoni ormai stratificati; e What is door, properly speaking? di Daniel Lima, che adotta una brillante composizione formale della tavola, mediante la dislocazione dei suoi elementi con un gusto quasi surrealista. Attraverso l’espediente del domandarsi quale sia l’utilità di una porta, la storia riflette sull’uso comune di identificare un oggetto con la sua funzione: un concetto già ben negato dal ready-made, di cui Duchamp fu luminoso esponente.
Infine, la storia che concettualmente risulta più interessante è quella di Martins Zutis che, con un segno scarno e una griglia fissa di quattro vignette quadrate, opera una riflessione metalinguistica. L’autore, menzionando le teorie di Charles Sanders Pierce su segno, interpretante e oggetto, suggerisce che figure disegnate apparentemente simili, che non significano ma rappresentano, recano con sé un significato che è chiaro solo all’autore stesso. L’effetto è ancora più straniante grazie all’espediente narrativo di Zutis di “spiegare” in tempo reale attraverso parole e segni, e poi solo attraverso parole (che spiegano se stesse) ciò che sta accadendo. Il tutto a dipingere la problematica ed affascinante, spesso effimera e non ben definita relazione fra opera, autore e fruitore.
Le nuove proposte: i mini Kuš!
Fra le ultime novità presentate vi sono anche due mini Kuš! ad opera di Michale Deforge (Meat Locker) e Ville Kallio (P-FE/FRAF).
DeForge descrive in maniera scanzonata, in un divertissement fra il comico e il realistico, la routine quotidiana, le aspirazioni e i pensieri di vari atleti: corridori, preparatori atletici e culturisti, con il suo ormai tipico tratto volto alla sintesi, dalle anatomie allungate e ammollate, giocando totalmente per sottrazione.
Kallio racconta invece una storia distopica e fantapolitica, che è però fondamentalmente una caricatura (nemmeno troppo eccessiva) della attuale realtà politica e sociale europea (e non solo).
Una sferzante critica alla tendenza del capitalismo di imporre se stesso come unico modello sociale, una riflessione sul sorgere dei fondamentalismi islamici e della ingabbiante realtà quotidiana di chi vive e lavora in questa società, qui denominata “New European Fascism”. Kallio racconta una storia di guerra ambientata in uno scenario postapocalittico che ha per protagonisti alcuni soldati dell’Unione (ormai dominante), mostrando tutta la chiusura e la paura del diverso di questo tipo di società, sullo sfondo di una preponderanza assoluta e morbosa dell’elemento tecnologico.
A tale fine Kallio adotta un linguaggio spezzettato, storpiato, un lessico 2.0 tipico del gergo del web, fatto di simboli e parole troncate, non solo a rendere più credibile l’ambientazione futuristica, ma anche a prospettare più negativamente una preoccupante deriva della lingua parlata.
Kallio adotta un tratto grottesco, con delle figure graficamente violentate e delineate quasi con svogliatezza, a caratterizzare l’odio e la repulsione dell’autore verso ciò che racconta. Il tutto è condito da un uso abbondante di retini, di colori psichedelici e un lettering digitale volutamente kitsch ed eccessivo, con utilizzo sporadico anche di obsoleti Word Art.
Kuš! continua a dimostrarsi come una delle migliori palestre del fumetto underground, e ciò è riprovato anche dalla partecipazione attiva e positiva di molti autori provenienti da tutto il mondo, con nomi noti e meno noti. Una realtà fiorente che riesce a stupire ad ogni sua uscita e a proporre sempre qualcosa di nuovo, denotando grande attenzione ed equilibrio nella ricerca di autori totalmente eterogenei fra loro e nell’appetibilità accattivante di temi e contenitore.
Abbiamo parlato di:
Baltic Comics Magazine š! #26
AA.VV.
Grafiskie statsi, ottobre 2016
162 pagine, brossurato, colori – 13,95 $
ISBN: 9789934518478
Mini Kuš! #43 – Meat Locker
Michael DeForge
Grafiskie statsi, settembre 2016
24 pagine, spillato, colori – 6,00 $
ISBN: 9789934518485
Mini Kuš! #44 – P-FE/FRAF
Ville Kallio
Grafiskie statsi, settembre 2016
24 pagine, spillato, colori – 6,00 $
ISBN: 9789934518447