Il “Topo” di settembre 2023
Bentornati su Lo Spazio Disney!
Settembre è ormai alle spalle, con tutto il suo carico di “back to” alla vita normale, passata la sbornia di ferie e vacanze estive.
Personalmente è stato un mese piuttosto faticoso, soprattutto nella sua seconda parte, a rimarcare il fatto che non si scherza più e che il periodo più “slow” è definitivamente tramontato, almeno fino a quello natalizio.
Così non è parso però per Topolino: il nostro settimanale preferito ha vissuto settembre con lo stesso piglio rilassato e disimpegnato che abbiamo potuto osservare nei mesi di luglio e agosto.
Anche in queste ultime settimane ho infatti notato che tra le pagine del “Topo” abbondavano storie singole e autoconclusive in luogo di avventure articolate e in più parti. Non che ci sia nulla di male, beninteso, non fosse che… per la maggior parte si è trattato di storielle piuttosto povere e poco coinvolgenti.
Nel suo più recente editoriale Alex Bertani promette un autunno carico di cose fighe e progetti ambiziosi: io resto sintonizzato e valuterò il concretizzarsi di questi annunci (immagino che l’imminente Lucca Comics dovrebbe essere la prima cartina di tornasole in tal senso), ma intanto mi concentro sul menù offerto nel nono mese del 2023.
Settembre 2023: le storie da Topolino
Operazione Zeus – Nel profondo, di Marco Gervasio e Emmanuele Baccinelli (n. 3537), conclude l’unica saga proposta nell’estate di quest’anno, legata al relativo concorso a premi.
Al di là del contest e dei nei narrativi che individuavo nello scorso post, il finale riesce nell’impresa di tenere tutto insieme in maniera coerente, offrendo ai lettori perlomeno un’avventura dai toni avvincenti e nutrita da un folto cast, che riesce così a differenziarsi da altre simili.
Recuperare il pirata Orango non risulta infatti una mossa gratuita e puramente amarcord, come purtroppo avvenuto in passato con questo villain, perché viene inserita in una trama che giustifica la sua presenza. Anche la caratterizzazione che gli dà Gervasio è centrata, nonostante qualche scivolone (l’allergia ai gatti…) che ne minano un po’ l’austerità, ma nel complesso il personaggio ne esce in maniera degna. Stesso discorso per Musone e il capitano Setter, che appaiono abbastanza fedeli alle loro origini delle strisce gottfredsoniane e vengono utilizzati in maniera adatta al loro ruolo. Certo, Setter ha un peso specifico marginale, ma in fondo era così anche nelle sue apparizioni storiche dove rimaneva dietro le quinte dopo aver affidato la missione di turno a Topolino. Sono stato felice di rivedere in azione queste figure e spero che l’occasione serva come trampolino di lancio per un loro progressivo reinserimento in nuove storie.
Certo, a rifletterci i mascheramenti, i misteri e i rebus appaiono un po’ forzati all’interno della narrazione, lo riconosco, ma tutto sommato riesco a passarci sopra.
Mi risulta un po’ più difficile riconoscere un inserimento naturale dei paperi all’interno di quella che altrimenti sarebbe un’avventura semplicemente topesca. Il secondo episodio è quasi un corpo estraneo all’interno della vicenda, e giusto Paperinik ha un minimo di spazio nel combattimento finale (ma niente che non avrebbero potuto risolvere Topolino, Pippo, Musone e gli altri… si sarebbe anche evitata la spiegazione fin troppo sintetica e stiracchiata di come il vendicatore mascherato riesca a trovare la base di Orango).
Comprendo la volontà di mescolare sempre più i due universi, e la approvo, ma se per giuste esigenze di scrittura non c’è modo di dare spazio a entrambi credo che si possa farne a meno.
Ribadisco comunque che la storia costituisce una lettura godibile, e in quest’ottica sicuramente contribuiscono molto i disegni di Bacci: non solo la pulizia del suo tratto, che delinea in maniera chiara e morbida ogni personaggio, e non solo il piacevole equilibrio tra vintage e contemporaneo mantenuto nel design dei personaggi storici qui ripresi, ma è proprio la recitazione e la messa in scena che l’artista imbastisce nelle vignette a dare il valore aggiunto al lavoro di un ragazzo che dimostra storia dopo storia di essere un nome ormai di primo piano tra i disegnatori in forza a Topolino.
Interessante come sempre, inoltre, la struttura delle tavole: a efficaci splash page si alternano griglie più consuete ma con vignette di forme diverse e bordi che seguono direzioni inconsuete. Tali scelte dettano bene il ritmo di lettura favorendo il risultato finale.
Per una saga che termina, eccone una che inizia: Gli Evaporati 2, epp. 1-2-3, di Bruno Enna e Davide Cesarello (nn. 3538-3539-3540), segna l’inizio della seconda stagione di un progetto che lo scorso marzo ha destabilizzato ogni presunto fondamento del fumetto Disney, dimostrando un’altra volta che con questi personaggi si può raccontare di tutto, se si usano i dovuti modi e se c’è dietro un autore con la A maiuscola. Bruno Enna rientra senz’altro nella categoria e anche stavolta sembra essere molto in parte. Purtroppo tanti elementi su cui poteva giocare nella season 1 non sono più sfruttabili, ma al mistero sulla natura della nebbia si sostituisce in maniera convincente il fattore più prettamente sci-fi e un interessante rielaborazione dei rapporti fra i personaggi. L’alleanza tra Topolino e Gambadilegno ne è l’esempio più immediato, ma anche la versione fredda e senza scrupoli di Macchia Nera ha il suo perché.
Fino ad ora non mi convince del tutto l’identità dell’avversario di Enigm che ha interesse a mantenere attivo l’attuale status quo post-apocalittico, ma confido che con gli ultimi due episodi tutto trovi maggiore sostanza.
Per ora direi che siamo un gradino sotto la prima tranche, ma senza alcun dubbio sempre nettamente al di sopra della pressoché totalità di contenuti visti sul settimanale negli ultimi mesi.
Prosegue senza alcuna inflessione il lavoro di Davide Cesarello e Irene Fornari ai disegni e ai colori. I Topolino, Minni, Gambadilegno e Macchia Nera di Cesarello sono fantastici, fortemente evocativi e dotati di diversi dettagli interessanti, mutuati già dalla prima stagione: gli abiti e le acconciature in primis, ma anche la maturità che riesce a infondere nei loro sguardi è notevole. Il tratto vagamente “deformed” che utilizza per altri personaggi come Pippo o Sgrinfia si presta bene alle sensazioni che la trama trasmette e i colori di Fornari rendono bene i toni delle varie situazioni e ambienti, dal giallognolo malato della realtà annebbiata ai colori più accesi della Dimensione Quantistica, fino alle tonalità più scure della prigione in cui è relegato Enigm.
Mancano ancora due tasselli per concludere questa Gli Evaporati 2 e l’intera saga, quindi non mi sbilancio ulteriormente e rimando le considerazioni finali al post del mese prossimo 😉
Newton Pitagorico e il questionabile Que, di Andrea Malgeri (n. 3537), segna l’esordio dell’autore alla scrittura, dopo una decina abbondante di storie che lo vedevano ai soli disegni.
Un debutto ambizioso, dal momento che la trovata alla base è di sapore addirittura… metanarrativo!
Malgeri riprende infatti una vignetta di Tony Strobl divenuta famosa perché, per errore, il disegnatore raffigurò quattro nipotini invece dei canonici tre in un’avventura delle Giovani Marmotte.
Ironicamente gli appassionati hanno battezzato il fantomatico quarto fratello come Que, e partendo da questo spunto l’autore ha pensato di inserire questo episodio all’interno della narrazione, rendendo Que una GM simile ai nipotini finita a suo tempo in una fotografia. Ma questa spiegazione non convince Newton, che tira in ballo dimensioni parallele e conseguenti disastri assortiti.
Malgeri dimostra di aver compreso benissimo il personaggio, sulla scia di quanto brillantemente impostato da Marco Nucci, e presenta una storia folle e movimentata quanto basta per divertire in maniera leggera e con quel tocco nerd che non guasta mai. Inoltre c’è un passaggio dalle venature quasi inquietanti che funziona benissimo e offre un quid ulteriore alla storia.
Anche per quanto riguarda i disegni ho trovato il tutto spumeggiante, con quello che è forse il lavoro migliore dell’artista fino ad ora: in particolare quando le tavole si riempiono di Que multidimensionali l’estro della matita di Malgeri tocca l’apice, insieme alle espressioni di Qui, Quo, Qua che ben dipingono lo sconcerto dell’aver a che fare con Newton e con le astruse conseguenze delle sue azioni.
Topolino e la signora del lago, di Francesco Artibani e Giampaolo Soldati (n. 3540), dovrebbe essere l’ultima storia del ciclo dedicato alla Basilicata, una miniserie caratterizzata da alti e bassi nonostante la guida sicura di Artibani. In quest’occasione siamo dalle parti meno convincenti, dove si rimette in gioco il nonno di Rock Sassi e una strana leggenda leonardesca, invero poco approfondita e gestita in maniera un po’ troppo oscura. Si capisce la volontà di lasciare ai lettori la valutazione sulla vera natura della signora del titolo, ma si pecca in assenza di veri e propri elementi che introducano una situazione così grossa. Se si tratta di una leggenda locale, inoltre, la totale mancanza di redazionali a sostegno non aiuta di certo a contestualizzarla in maniera più precisa, lasciando tutto in un limbo indefinito.
Soldati ai disegni porta lo stile asciutto che gli è proprio e che ben conosciamo, ma che non valorizza le ambientazioni in maniera interessante, impoverendo ulteriormente una trama incerta.
Il “ricomincio” dell’Imbianchino Mascherato, di Corrado Mastantuono (n. 3538), rappresenta un’operazione sorprendente, giacché dell’identità supereroica di Bum Bum Ghigno non c’era più stata traccia da un decennio abbondante. Invero non l’ho mai trovata una delle idee migliori di Mastantuono, le peculiarità di questo magnifico personaggio mal si prestavano alla necessità di renderlo anche bislacco eroe in costume e pertanto non ne sentivo l’assenza.
Questa reintroduzione, necessaria per il pubblico più giovane, non riesce a farmi cambiare granché idea rispetto a quanto ho detto poc’anzi: la trama è a tratti banale e a tratti infantile, e sfrutta un meccanismo narrativo ormai piuttosto consunto, che non viene reinventato in maniera particolarmente fresca. I lati positivi si rintracciano per assurdo in un certo piglio “realistico” dato dai rapimenti e dalle esplosioni alle aziende di pittura colorata, che ricorda metodi affaristici ben poco puliti che purtroppo nella realtà non sono infrequenti.
Sul versante artistico il Masta nazionale ci delizia come sempre con il suo tratto pulito e ricercato, offrendo anche talune soluzioni grafiche piuttosto interessanti (le sei vignette strette che fotografano in continuità i vari momenti della caduta dell’Imbianchino Mascherato, a pag. 138), anche se in alcune vignette lo stile si semplifica con risultati meno interessanti.
Pippo, Posidippo e la questione cantina, di Giorgio Fontana e Lucio Leoni (n. 3538), rimette in gioco il cugino “precisino” di Pippo, per la seconda volta in mano a Giorgio Fontana che l’ha ripreso dal suo creatore Roberto Moscato.
Mentre nella precedente Il puzzle più difficile del mondo, Posidippo aveva più il ruolo da comparsa che da comprimario, in questo caso lo sceneggiatore lo utilizza come co-protagonista a tutti gli effetti, e riconferma di saper usare il personaggio in maniera riuscita e divertente, creando simpatici siparietti con Pippo che sanno intrattenere con gusto.
Ho già avuto modo di dire che trovo la creazione di Posidippo un’intuizione preziosa e geniale e sono contento se riuscirà ad affermarsi sempre più e sempre meglio nel cast topolinese: l’accoppiata a contrasto con il cugino è per ora la dimensione ideale in cui esprimersi e permette anche allo stesso Pippo di rilucere.
Ottima pure la riconferma di Leoni ai disegni, che finora si è occupato nella quasi totalità dei casi di questa nuova figura pippide: anche stavolta il tratto fluido e composto valorizza la storia, in particolare negli sguardi dei personaggi.
I misteri di Paperopoli – Pico, Paperino e la pagina nascosta, di Carlo Panaro e Massimo Fecchi (n. 3540), mi permette di ribadire come questo ciclo risulti posticcio e poco riuscito, un pretesto per raccogliere sotto di sé storie generiche tanto come tema quanto come valore.
Panaro imbastisce una trama inutilmente lunga, di scarso interesse dal momento che non riesce mai a coinvolgere veramente il lettore, e che si dimentica ancor prima di averla terminata.
Ahimè, anche Fecchi non dà qui il suo meglio, con vignette che ho trovato spente e ben poco ispirate, e con alcuni volti di Paperino e Pico davvero poco curati, per quanto mi riguarda.
Paperino in: dollari di famiglia, di Danilo Deninotti e Federico Maria Cugliari (n. 3537), è una breve ricca di potenziale e davvero simpatica! Deninotti tira fuori dal cilindro una piccola perla che, pur non essendo memorabile né originale, riesce a discostarsi dalla banalità di certi cliché e offre una vicenda urbana formata da un loop a circuito chiuso in cui la carta vincente sono le caratterizzazioni di Paperino (sornione come non mai) e di un buon Paperone. I disegni di Cugliari possono sulle prime far alzare qualche sopracciglio, ma a ben vedere si prestano bene al tenore di questa vicenda grazie a un’estetica meno convenzionale.
Di Paperoga ne basta uno, di Francesco Vacca e Lucio Leoni (n. 3539), è un’altra short-story che ha il suo perché: Vacca conosce il mestiere e riesce a infonderlo anche in questa breve, per quanto sia essenzialmente una “prova minore”. Lo sceneggiatore ci ha abituato a ben altro, stavolta opta per un’idea folle, vagamente facciniana, nella quale una volta tanto è lo stesso Paperoga ad essere vittima… ma di un’inspiegata “magia” che gli si ritorce contro. Simpatica, ma nulla più.
Leoni torna dopo diverso tempo a disegnare i paperi ed è bello rivedere come quello stile sia rimasto pressoché inalterato rispetto a quello che si vedeva a fine anni Novanta nelle inedite dei mensili Paperino e Paperinik 🙂
Paperina e le risoluzioni risolutive, di Maya Åstrup e Cynthia Campanario Pineda (n. 3538) e Paperino, Zio Paperone e l’avventura zoologica, di Arild Midthun (n. 3540), sono le due danesi del mese, inserto estivo e “almanacchiano” che personalmente approvo.
La prima storia è adorabile, ci restituisce una Paperina vitale, per nulla antipatica, sinceramente innamorata di Paperino al punto da volersi impegnare nell’aiutarlo e nel sollevarlo da alcune incombenze quotidiane. La cura di Åstrup è anche quella di mostrarci che una giornata standard di Donald è tutt’altro che tranquilla e all’insegna della pigrizia, come troppo spesso l’abbiamo intesa in Italia, quasi a protrarre un meme ante litteram.
Scrittura fresca, veloce, divertente, credibile, contemporanea, con personaggi dotati di personalità e tridimensionalità: più Maya Åstrup per tutti!
Per quanto riguarda L’avventura zoologica… il buon Midthun ha fatto di meglio, tra quanto ho letto dell’ottimo autore: la trama appare invero un po’ troppo sconclusionata per i miei gusti, e l’eccessiva brevità in cui è costretta non aiuta a chiarire la stranezza di alcuni passaggi, che sulle prime non risultano nient’affatto chiari. A tratti troppo semplicistica, la storia non mi ha convinto se non per i fantastici disegni dello stesso Midthun, che con il suo tratto affilato ed elegante rende vignette, personaggi e ambientazioni una sinfonia artistica.
Nient’affatto male nemmeno la giovane Pineda nell’avventura di Paperina, che avevo già glorificato in occasione del suo primo passaggio sul settimanale l’anno scorso e che qui riconferma innegabili doti nel disegno disneyano, con un ottimo lavoro su espressioni e design dei paperi.
Zio Paperone e il solid cloud, di Fabio Michelini e Blasco Pisapia (n. 3539), è una storia strana: alla prima lettura non ne ho pensato affatto male, ritenendola un’onesta avventura paperonesca come tante ma che saltuariamente è anche bello ritrovare nella sua semplicità. Il tocco classico in effetti è atteso quando alla sceneggiatura si trova un veterano come Fabio Michelini.
Ad una seconda lettura, però, qualcosa ha funzionato meno e sono emerse alcune magagnette: niente di drammatico, ma semplicionerie che hanno intaccato un po’ la fruizione. Il motivo che spaventa Paperino e lo spinge a premere il bottone che annulla lo stipamento nel cloud virtuale degli oggetti dei paperopolesi è in realtà risibile e mal spiegato, oltre ad essere troppo repentino. Anche aver dato a Donald l’improvvisa passione della lettura che lo assorbe totalmente sembra un elemento gratuito e forzato, nemmeno così necessario ai fini della narrazione.
L’idea alla base, per quanto un po’ banale, resta comunque sufficientemente forte da poter essere intrigante e simpatica, ma viene intaccata dallo sviluppo impostato.
Anche il tratto filo-barksiano di Pisapia sembra aver subito qualche inaspettato contraccolpo: non ho mai nascosto di non digerire il tratto dell’artista sul cast topolinese, mentre per quanto concerne i paperi gli ho sempre riconosciuto un piglio “personalmente classico”, magari tecnicamente non ineccepibile ma non privo di un suo fascino.
Stavolta ci sono alcune vignette e taluni passaggi poco riusciti, nei quali i personaggi appaiono quasi trasfigurati, con becchi dalla foggia inconsueta e altre strane proporzioni.
Non lo ritengo un brutto lavoro in toto, beninteso, ma un gradino sotto a sue precedenti prove “papere”.
I pionieri del volo – Topolino e Orazio in: Il primo volo non si scorda mai, di Sergio Cabella e Fabrizio Petrossi (n. 3537), dovrebbe essere, a quanto pare, l’episodio pilota di una nuova serie aperiodica che indaghi i primi passi nelle tecniche dei veicoli aerei. Un soggetto potenzialmente interessante, che però in questa storia non trova pieno compimento risultando abbastanza noioso a causa di una narrazione poco coinvolgente che si fossilizza sulla presentazione di un velivolo da parte di Topolino e Orazio all’Esposizione Internazionale di Milano del 1906. Ritmi lenti, eccessivo soffermarsi su note tecniche e un tentativo poco riuscito di imbastire tensione tra i concorrenti e tra la stessa coppia di protagonisti donano scarso appeal all’avventura, complici anche i disegni di un Petrossi “basic” che, pur facendo trasparire le qualità del suo stile, è lontano anni luce dalle fantasmagorie che ha messo su carta nei lavori per Glénat.
Sogni d’oro, Zio Paperone, di Marco Bosco e Giampaolo Soldati (n. 3538), segna il nuovo tassello delle storie scientifiche in collaborazione con scienziati che fanno da consulenti alla redazione.
Purtroppo anche stavolta, come in altri casi analoghi, Bosco non riesce a incanalare nel modo migliore il tema “astrofisico” all’interno della trama, riducendo il tutto a un’ennesima scampagnata spaziale dello Zione alla ricerca di tanto oro. Mi ha perso già alle prime pagine e mi sono trovato a trascinarmi stancamente fino alla fine. I concetti reali espressi nella parte centrale sono suggestivi ed espressi in maniera chiara, ma vengono messi al servizio di una spunto risibile.
Su Soldati valgono le parole già spese sopra: solido professionista, ma caratterizzato come sempre da un tratto fin troppo convenzionale e che personalmente, ahimè, mi dice poco.
Paperozius e il vortice della sapienza, di Rudy Salvagnini e Federico Maria Cugliari (n. 3539), è forse la peggior prova di Salvagnini da quando è tornato in forza a Topolino. Mi spiace dirlo, ma la storia è un concentrato di cliché ormai consunti e spaventosamente privi di mordente. Si tratta di una breve in costume nella quale i personaggi sembrano recitare stancamente la parte di sé stessi senza crederci, lasciandomi seriamente perplesso. A poco servono dunque gli ispirati disegni di Cugliari, qui quasi trasfigurato rispetto al suo lavoro su Dollari di famiglia: una linea chiara tratteggia con morbidezza i personaggi e anche le ambientazioni appaiono ricche di dettagli e affascinanti. Peccato che siano al servizio di una storiella dimenticabilissima e che non strappa nemmeno una risata.
Per concludere sullo stesso triste tenore cito infine Manetta e Rock Sassi in: foresta d’asfalto, di Matteo Venerus e Giuseppe Zironi (n. 3539), avventura che vorrebbe riprendere l’afflato degli esordi di questa coppia di ispettori ma risultando assolutamente lontana da quei toni. La trama procede in maniera sconclusionata, e l’inserimento della guardia forestale che dovrebbe aiutare i protagonisti a catturare il ladro che imperversa per Topolinia non aiuta affatto a dare un senso e un compimento alla vicenda. Manetta e Sassi scimmiottano le versioni peggiori di sé stessi, figurando come due babbei completamente allo sbando… e certo, in particolare il primo non ha mai brillato per sagacia, ma nei momenti migliori della sua carriera veniva dotato di un’aura che giustificava e in qualche modo approfondiva in modo quasi poetico quell’indolenza e quell’inadeguatezza. Nel lavoro di Venerus tutto ciò viene meno e quello che rimane è “scemo e più scemo”.
Zironi con le sue matite dà un tocco di classe alla messa in scena, e salva un po’ la situazione immettendo qualche inflessione da hardboiled, ma anche per quanto lo riguarda questa storia non rientra tra le prove più riuscite: in qualche passaggio il suo caratteristico tratto sporco si fa poco chiaro, sia nei personaggi che nella rappresentazione di quanto accade, e questo contribuisce in parte al mancato godimento della narrazione.
Insomma, un mese che ha presentato diverse criticità e che induce a riflettere sull’attuale proposta disneyana. Magari ci sarà l’occasione di farlo più ampiamente in un articolo ad hoc.
Per ora, grazie come sempre a chi mi ha letto, e alla prossima!
BONUS TRACK
Negli ultimi mesi ha utilizzato questo spazio finale per spammare alcuni miei contributi usciti sulle pagine del Papersera.
Stavolta torno a “giocare in casa” a rilancio alcuni miei pezzi a tema disneyano usciti sulle colonne de Lo Spazio Bianco:
PK tra filler e sottotrame mal risolte: troppo vicini
Avventura e gag: Terror Island di Alexis Nesme
L’avventuroso Paperone bambino: “Il drago di Glasgow”
Per una lenticchia… Paperone vende tutto ciò che ha!