I fumetti Disney di gennaio 2021
Bentornati su Lo Spazio Disney!
Il primo mese del 2021 ha portato, a livello socio-politico internazionale, una serie di situazioni che più che amarezza e triggering vari non hanno generato.
Anche a ‘sto giro è quindi quantomai necessario rifugiarsi nella lettura dei nostri amati fumetti Disney per trovare un po’ di sollievo… ma, come leggerete, nemmeno qui siamo esenti dai triggering 😛
L’edicola di gennaio
Se il mese scorso ho riunito sotto una sola voce le uscite da edicola e fumetteria… questo mese mi trovo costretto ad agire nello stesso modo. Anzi, peggio ancora: a gennaio non solo non è stato pubblicato nulla di esclusivo per il mercato delle fumetterie, ma nemmeno di anche solo “assimilabile” (come è stato con Topolino Extra e Topolino Gold a dicembre).
I periodici di cui vado a parlare sono tutti da edicola “pura”, quindi (fermo restando che, come sapete bene, sono titoli che Panini distribuisce comunque anche nei negozi specializzati).
Partiamo con il sempreverde: I Grandi Classici Disney! Dico subito che il 61 è un ottimo numero, il migliore da diversi mesi a questa parte, o perlomeno al pari con quello di dicembre che già mostrava segni di ripresa rispetto alle uscite autunnali. Tra l’altro possedevo solo un paio di storie e questo mi fa sempre piacere perché significa che la maggior parte dell’albo era per me inedito.
La storia di apertura è una simpatica schermaglia “di strategia” tra Zio Paperone e i Bassotti: L’usanza dei Kuang si gioca infatti su un piano della temibile banda di ladri per sottrarre legalmente, secondo le leggi di un lontano paese, gli averi dello Zione. Abramo Barosso e Osvaldo Pavese scrivono un’avventura molto semplice che si beve velocemente, ma è una lettura molto piacevole pur senza essere imperdibile, anche grazie ai sempre eleganti disegni di Romano Scarpa inchiostrato da Giorgio Cavazzano.
Spicca poi Pippo nel microcosmo, una delle ultime storie di Luciano Bottaro: la conoscevo già e ne abbiamo parlato, io e Davide Del Gusto, durante la seconda puntata di Lo Spazio Disney LIVE, ma la sua presenza qui è importante perché rappresenta la sua prima ristampa dopo l’esordio su Topolino nel 2004. È una trama divertente, folle, al completo servizio delle deformazioni grafiche con cui l’autore voleva riempire le tavole: consigliatissima.
Interessante la presenza di una storia da Minni del 1994 della serie Dal diario di Paperina: il soggetto “urbano” di Nino Russo parte in maniera soft, ha uno sviluppo particolare, a gag (in cui siamo più abituati a vedere Paperino) e si conclude in una maniera che dire bizzarra è dire poco. Si bea però dei disegni di Cavazzano e quindi è bene che sia stata inserita qui.
Continuano anche i cicli di Newton e di Agente 00-Zero, con le loro solite brevi carine e nulla più.
La Sezione Superstar ha un’impostazione filologica che di base apprezzo (l’evoluzione grafica del commissario Basettoni), ma la espone con una selezione non proprio ficcante.
Eccezion fatta, ovviamente, per Topolino e il mistero di Macchia Nera di Floyd Gottfredson: certo, è in versione rimontata, ma è pur sempre un capolavoro senza se e senza ma che vale da sola (insieme a quella di Bottaro, toh) il prezzo dell’albo, se non l’avete mai letta o non la possedete in nessun’altra edizione. Invero, rispetto ad altre strip, ha conosciuto diverse ristampe anche in anni recenti, però non fa mai male ritrovarla. Ne abbiamo parlato, io e Fisbio, nella prima puntata di Lo Spazio Disney LIVE.
Le altre due storie proposte, purtroppo, non sono neanche lontanamente all’altezza: Maga Magò e il principe charmant ripropone infatti il flirt tra l’antagonista de La spada nella roccia e Macchia Nera (che in realtà lo “subisce” senza ricambiarlo), un filone che sarebbe meglio per tutti dimenticare, mentre Eta Beta e il drago a due teste è un giallo di Roberto Renzi dalla soluzione fin troppo prevedibile e minato dal tratto “estroso” di Pier Lorenzo De Vita.
Un finale di numero in tono minore, senza dubbio, ma che non rovina l’impressione generalmente positiva che mi ha lasciato nel complesso, per cui lo promuovo e lo consiglio.
Oltre a ciò, cenno obbligatorio va fatto al quarto e ultimo volumetto della sotto-collana Writers Edition, dedicato a Alessandro Sisti, e al Topolibro dedicato alla musica lirica.
Entrambi sono in uscita proprio in questi giorni e quindi posso dire ben poco al riguardo, non avendoli ancora potuti vedere e toccare con mano, ma si tratta in ogni caso di due prodotti che promettono bene.
Non ho avuto parole del tutto positive per le Writers Edition precedenti, e infatti non credo di comprare nemmeno quest’ultima nonostante sia dedicata a uno degli sceneggiatori migliori degli ultimi vent’anni, anche se a volte forse un po’ sottovalutato rispetto ad altri nomi ben più celebrati. Ben venga quindi quest’albo a porre rimedio: il sommario tra l’altro sembra essere veramente buono, con storie che spaziano in maniera equilibrata tra gli anni Ottanta, Novanta, Zero e Dieci coprendo così tutto lo spettro di attività dell’autore (cosa che non si poteva dire per le precedenti Writers e anche per le Flash sui disegnatori).
Non sono un gran fan nemmeno dei Topolibri, ma questo appare particolarmente interessante per la selezione di storie presenti: oltre a un’ottima storia di Francesco Artibani e Paolo Mottura con la macchina del tempo, dedicata a Giuseppe Verdi e a L’Aida (Topolino e il codice armonico), figurano infatti le cinque parodie di alcune celebri opere liriche scritte da Guido Martina, che si fregiano dei disegni di Pier Lorenzo De Vita, Romano Scarpa e Giovan Battista Carpi. Un’ottima idea quella di riunirle tutte insieme: sull’acquisto effettivo ci sto ragionando su, e infatti per ora ho preso il “Topo” di ieri senza questo accompagnamento, ma sulla carta sembrerebbe essere un prodotto validissimo e sicuramente il miglior Topolibro per impostazione, per quanto mi riguarda. Lo trovate come allegato opzionale al Topolino di questa settimana, e prossimamente dovrebbe essere distribuito anche autonomamente in fumetteria.
Sul resto, c’è ben poco da dire: oltre ai mensili che proseguono come sempre la loro vita editoriale, senza nulla di particolare da rilevare, troviamo un discreto numero di vattelapesca di dubbio interesse.
Paperino in team – Divertimento nella storia, 100% coraggio, Invernissimo e Papermonete non sono altro che miscellanee tematiche (con temi a volte pure labili, come i primi due titoli citati), classiche letture da treno senza nessun segno distintivo, ma che con pochi euro offrono amene storie disneyane per passare una mezz’oretta spensierata. Una formula che, come abbiamo appreso dal direttore Alex Bertani nella live di dicembre su The Fisbio Show, funziona molto.
Riporto infine come nota informativa che è in uscita questa settimana il terzo volume con le storie inedite ambientate nell’universo narrativo di DuckTales.
Il “Topo” di gennaio
Questo mese Topolino ha subito nel complesso un calo qualitativo improvviso: a confronto con il trend ben più felice che sussisteva da inizio estate, la differenza colpisce subito. Molte storielle insapori, troppe avventurette recuperate dal famigerato magazzino, un sacco di roba dimenticabile e qualcosa di perfino dannoso.
Sotto questo punto di vista il premio come “peggior tonfo” lo merita Topolino, le origini – Il segreto del museo (n. 3399), di Giorgio Fontana e Ottavio Panaro.
Ho già avuto modo di parlare negativamente del progetto in occasione della storia pubblicata a settembre, ma in questo caso siamo andati drammaticamente oltre per due motivi: si è deciso di proporre il primo incontro tra il giovane Mickey e Zapotec&Marlin, e in sovrappiù anche con Indiana Pipps, il tutto nella stessa storia e con esiti qualitativamente scarsi.
Onestamente non ho ancora capito come sia da intendere questa serie: un universo “ultimate”? Un what if parallelo? Un divertissement che immagina come sarebbero le avventure di un Topolino adolescente ai giorni nostri? O qualcosa di più strutturato, con la pretesa di fare una specie di Anno Uno che possa diventare d’ora in avanti il nuovo riferimento per le origini del protagonista e dei suoi legami amicali?
Nei primi casi il proposito non va ad intaccare o a cancellare le storie in cui i personaggi hanno davvero esordito, ma crea sicuramente confusione nel lettore ignaro; nell’ultimo il dolo è chiaramente peggiore e condannabile senza attenuanti.
Il problema, in entrambe le visioni, è che si tratta di una trama scialbetta e priva di qualunque peso o afflato avventuroso. Si dirà: eh certo, Bramo, sono racconti urbani che si pongono l’obiettivo di mostrare i primi passi di un ragazzino all’interno della società e alla scoperta di sé stesso, in modo che i più giovani si possano immedesimare. Mica si può mostrare questo Topolino, così inteso, impegnato in viaggi avventurosi per il globo. Lo accetto, ma allora si dovrebbe evitare di inserire comprimari di lusso che con quel tipo di toni ci vanno invece a nozze e ne sono inscindibili.
Perché al di là di tutto è facile capire che lo scopo, in casi come questo, è giocare con il pubblico meno scafato e fargli fare “ooooh!” mostrandogli il primo incontro con alcuni personaggi ricorrenti, e probabilmente quindi non vedremo più i due scienziati o l’archeologo dell’avventura in questa serie, avendo esaurito la loro funzione narrativa. Ma resta il fatto che, per divertirsi a mostrare un ipotetico e alternativo primo incontro, lo si è ridotto a qualcosa di impalpabile e vacuo, senza un minimo di quello spessore che invece Zapotec, Marlin e Indiana meriterebbero, in ossequio alla miriade di storie in cui sono apparsi.
E i disegni di Panaro purtroppo non aiutano: a me non è mai dispiaciuto come disegnatore, e trovo che con i paperi non se la cavi neanche malaccio. Ma con il cast topolinese, e ancora peggio con questa loro versione giovanile, il tratto diventa semplicistico e appiattisce i personaggi.
Non è l’unica nota stonata di questo mese.
Tra le altre opere contro cui punto il dito troviamo purtroppo una selva di storie da mani nei capelli.
Young Donald Duck – Un giorno da ricordare (n. 3398) di Alessandro Ferrari e Francesco D’Ippolito riporta sul libretto la serie internazionale sulle avventure del giovane Paperino. Sul concept valgono le stesse considerazioni appena fatte per l’analoga idea con Topolino, sulla trama c’è da piangere per la risibilità dello spunto iniziale e la noia dettata dalla ripetizione del concetto di base, peraltro con un abuso di flashback inutili. Le matite di D’Ippolito si coniugano in uno stile con cui non “clicco” molto, ma alcune soluzioni interessanti ci sono.
Storia Papera – Il rinascimento (n. 3398) di Augusto Macchetto e Valerio Held mi ha annoiato fino a farmi quasi addormentare. Questo ciclo macchettiano non mi ha mai preso più di tanto, ma qualche trovata simpatica ogni tanto c’era. Qua il nulla assoluto. Leggermente meglio è andata con Il barocco (n. 3401), che aveva un po’ di brio in più e i disegni di Emilio Urbano più accattivanti, ma si tratta sempre di una lettura poco interessante per me.
Pluto e l’equivoco felino (n. 3399) di Monica Manzoni e Luka Bonardi è una breve, e come tale potrebbe essere fondamentalmente innocua. Così non è, invece, perché una buona breve dovrebbe avere un ritmo narrativo di un certo tipo e una gestione delle gag ben calibrata. Invece abbiamo un gatto dispettoso che infastidisce Pluto, un Pippo che non funziona per niente e un finale disarmante, che per di più sembra far presagire un proseguimento del ciclo. Non è tutta colpa della sceneggiatrice, comunque: i disegni di Bonardi non sono assolutamente adeguati, appaiono ingessati e bidimensionali, ogni scena con un minimo di movimento viene così limitata dal tratto e il gatto stesso risulta essere un’informe palla di pelo.
Su Paperi, mestieri e guai – L’ultima consegna (n. 3399) e Disastri in cantiere (n. 3400) – di Gabriele Panini e Maurizio Amendola si potrebbe invece stendere direttamente un velo pietoso. L’intero ciclo non intrattiene, non diverte, non funziona… e purtroppo questi episodi non fanno eccezione, tra trame che più banali e prevedibili non si può e i disegni di un Amendola ormai improponibile. Mi spiace, perché fino a qualche anno fa l’artista teneva ancora botta piuttosto bene, ma ormai il suo stile non ha più la freschezza né il benché minimo appeal, purtroppo nemmeno per queste brevi dimenticabili che rimangono invece nella memoria a causa di certe vignette. Certe pose di Paperino e Paperoga attestano purtroppo che c’è qualcosa che non va.
Giudizio indeciso per Paperino, Billy e il blunevoso svolazzatore (n. 3400) di Davide Aicardi e Giampaolo Soldati: lo sceneggiatore esordisce su Topolino con questa storia, dotata di uno spunto non certo entusiasmante che però viene sviluppato in maniera imprevedibile mettendo in scena una sarabanda di gag da cortometraggio animato con Donald Duck. Il ritmo però risulta un po’ sfalsato, anche a causa del risicato numero di tavole a disposizione, il finale sgonfia tutta la vicenda e i disegni del pur bravo Soldati non sembrano essere la miglior scelta per certi passaggi dinamici.
Infine La macchia invisibile (n. 3400) di Matteo Venerus e Francesco D’Ippolito è un gigantesco “vorrei ma non posso/riesco”. Sono lampanti le influenze narrative a cui guarda l’autore, vale a dire la narrativa inglese di fine Ottocento con le sue brumose ambientazioni londinesi e le sue trame tra il mystery e il fantastico: ispirazione principale è da L’uomo invisibile di di H. G. Wells, ma viene citato anche Sherlock Holmes, per dire.
Sono tutte atmosfere a cui sono sempre stato particolarmente sensibile e recettivo, ma Venerus purtroppo non riesce a inserirle in maniera accattivante nella sua storia: i personaggi appaiono insipidi, ripetitivi e poco divertenti, mentre lo sviluppo narrativo – pur spalmato su due tempi – non riesce a tenere desta l’attenzione né a soddisfare il lettore… o perlomeno me ^^’’ Lo stesso Macchia Nera, scelto come protagonista negativo, è una mossa azzeccata ma non viene valorizzato appieno nelle proprie caratteristiche. Lo stesso vale per gli altri personaggi e per i dialoghi, poco scorrevoli. I disegni di D’Ippolito rendono evidente che si tratta di una storia di magazzino, che lì giaceva da diversi anni: si intravede già il bello stile dell’artista ma il tratto è ancora grezzo, molti personaggi non sono rappresentati al meglio e l’inchiostrazione appesantisce il tutto. Bel lavoro però sui costumi e sugli sfondi (in particolare nella tavola d’apertura e in una riuscita splash page).
Per fortuna c’è anche del buono.In primis grazie a Vito Stabile e Marco Rota che con Zio Paperone e la gazzella del nord (n. 3399) realizzano una storia barksiana fino al midollo. Lo sceneggiatore guarda direttamente ad alcuni classici dell’Uomo dei Paperi (in particolare è facile trovare riferimenti a Zio Paperone e la cassa di rafano e Zio Paperone a nord dello Yukon) ricalcandone la struttura e i presupposti iniziali, ma riesce a non realizzarne una copia pedissequa (o un remake, come andava di moda qualche anno fa). Quello che invece fa è portare sulle pagine di Topolino quella “barksiness” che latita drammaticamente, soprattutto nel modo di intendere il personaggio di Paperone e le avventure in cui calarlo. Stabile sembra incaricarsi – pensando anche alle altre sue storie uscite negli scorsi mesi – di riscoprire quell’approccio allo Zione e alla narrativa in cui calarlo, con risultati finora interessanti. Così è anche in questo caso, dove forse le influenze barksiane diventano fin troppo precise rispetto alle storie di ispirazione (ma in fondo non era così anche per Romano Scarpa nei confronti di Floyd Gottfredson?), portando però comunque a un risultato positivo, anche a livello programmatico per il settimanale. L’autore dimostra infatti che questo approccio non è superato o vetusto ma ancora perfettamente adatto – perché, d’altronde, senza tempo – per la letteratura a fumetti disneyana contemporanea.
I disegni di Rota non possono che contribuire al senso di “tempo che fu”, particolarmente adatti nel coniugarsi con questo tipo di trame fortemente classiche. Il tratto torna a farsi un po’ incerto, come fu nell’Identità perduta, ma personalmente non ravviso il calo drammatico che altri appassionati sostengono. Il problema potrebbe essere nelle chine (forse del figlio Stefano, se ho ben dedotto dai credits), ma in ogni caso, a parte qualche passaggio, nel complesso l’artista milanese è ancora in grado di offrire un lavoro professionale e piacevole.
Saluto con gioia il ritorno di Topolino Giramondo con Topolino nella terra dei meriteri (n. 3401), di Giuseppe Zironi: un’altra storia solida, appassionante, dove il protagonista recupera e mostra tutte le sue doti migliori senza risultare stucchevole, anzi, intrigando il lettore che si sente perfettamente calato nei luoghi esotici visitati da Mickey, in questo caso un parco naturale africano. Ma è anche la forza di comprimari come il Peter di questa avventura ad impreziosire la sceneggiatura: un personaggio caratterizzato in toni di grigio, particolarmente realistico per i suoi comportamenti e reazioni. Infine i disegni dello Zironi si riconfermano eleganti e raffinati: la mano si sbizzarrisce nel rappresentare ottimamente gli affascinanti scenari, come la splendida splash page di pagina 22, mentre il suo tratto nervoso e sottile delinea un Topolino simpaticissimo.
Non è male Topolino e i misteri di Mister Macguffin (n. 3398), di Marco Nucci e Giampaolo Soldati. Ma non è neanche niente di che, a dire il vero. Ritenevo che, abbandonate le ambizioni del ciclo di Mister Vertigo, Nucci potesse imbastire una “semplice storia” con Mickey con tutti i crismi, mentre invece quello che abbiamo è un simpatico racconto sulla piccola-grande mania del protagonista e sul suo rapporto con Minni, che lo sfiderà ad una scommessa (non certo inedita, ricordo almeno un paio di altre avventure con questo spunto).
In alcuni passaggi comunque l’avventura è divertente e godibile, la “sindrome da astinenza” che prova Topolino senza inseguire misteri ovunque è resa bene (anche grazie alle espressioni di Soldati), ma stringi-stringi aggiunge poco al personaggio e presenta un finale poco sorprendente.
Ad ogni modo più che sufficiente e in grado di intrattenere piacevolmente.
Lo slot della saga del mese lo occupa L’inizio e la fine (nn. 3398-3399-3400-3401) di Marco Gervasio, nuova lunga avventura della serie Le strabilianti imprese di Fantomius, ladro gentiluomo.
La storia non è ancora terminata, per cui questo commento è giocoforza solo parziale e troverà miglior compimento nel post di fine febbraio.
Per ora posso dire che prologo e primi tre episodi mi hanno intrigato: non mi piace affatto il ricorso ai viaggi nel tempo all’interno delle storie di Fantomius, la trovo una tendenza un po’ eccessiva nel voler collegare più del “lecito” il ladro gentiluomo con Paperinik che per di più va a complicare senza motivo la timeline stessa del vendicatore mascherato, ma limitandomi a questa storia devo dire che la trama di per sé, per quanto visto finora, regge e ha diverse idee intriganti, che mi hanno coinvolto. Mi piace come si muove Lord Quackett, mi piace come è stato reso il team-up con Paperino (al di là del motivo per cui è stato inserito), mi piacciono i dialoghi e mi piace anche l’idea del diverso 1930 in cui torna il protagonista, perché l’autore rende bene la situazione alternativa e drammatica in cui versa Paperopoli in questo nuovo scenario, e senza nemmeno mettere ancora attivamente in campo il villain, solo evocato tramite manifesti e resoconti.Quello che mi piace meno è il disegno: in alcune vignette i personaggi sembrano ingessati, privi di vita, senza dinamicità e certi passaggi fanno quasi pensare a un lavoro veloce per rispettare i tempi di consegna. In altre sequenze, soprattutto nei primi piani sul protagonista, il tratto di Gervasio riesce invece a farsi più attento. Lodo la scelta del vestiario che, tra gli abiti da XXI secolo che Lady Senape si trova a indossare e la felpa con cappuccio che veste Fantomius, riesce a offrire varietà sotto questo aspetto.
Altra saga – anch’essa incompleta – è Qui Quo Qua in: viaggio nel micromondo (nn. 3400-3401) di Sergio Cabella e Giampaolo Soldati (again!)
Sono partito prevenuto perché, da fighetta quale sono 😛 , gli insetti mi fanno schifo e anche i racconti sulla miniaturizzazione non hanno mai esercitato fascino sul sottoscritto. Ma anche cercando di approcciarmi in maniera neutra alla storia, devo dire che non mi ha preso minimamente. Un po’ per l’inizio ultra-veloce che getta subito i personaggi nell’avventura, un po’ per un’impostazione che sembra ridursi ai nipotini che incontrano diversi tipi di insetti e per il resto sembrano girare a vuoto. Non proprio la mia tazza di tè, insomma.
Quel che avevo da dire, l’ho detto.
Vi do appuntamento alla prossima settimana con un post estemporaneo, un po’ sulla falsariga di quello su Silvia Ziche, e successivamente all’annuncio della prossima live 😉
Ciao!
Bonus track
Non manca anche stavolta lo sezione extra 😉
Ma in questo caso “esco” da Lo Spazio Bianco e rilancio invece la video-recensione di Topolino #3399 su The Fisbio Show, ad opera dell’amico Fabio.
Come avrete capito dal mio commento si è trattato del “numero della discordia” e il buon Fisbio non si è tirato indietro nel momento di dover stroncare l’ultimo episodio di Topolino, le origini.
Fidatevi, vale la pena di vederlo 😀
Ciao!
Ho finito di leggere i Grandi Classici e sono proprio soddisfatta di questo numero. Non avevo mai letto Il mistero di Macchia Nera e non ha affatto deluso le aspettative, anzi. Memorabili a mio avviso le scene in cui Topolino ruba a “fin di bene” per risolvere il caso o viene torturato da Macchia Nera. Sono dell’opinione che l’originale in bianco e nero avrebbe valorizzato i disegni magistrali e le atmosfere notturne, ma queste ristampe rappresentano in ogni caso eccellentemente il livello di questa testata (la ricolorazione della storia è presa da Gli anni d’oro?). Ho letto poco di Gottfredson e nulla di De Maris, fortunatamente in questi mesi ho l’occasione di rimediare.
La storia di Bottaro riporta alla mente gli astrusi “capricci” grafici già notati nella saga di Rebo e altrove, con una trama buona e gli immancabili mostriciattoli di Nocciola? il ciclo di Paperbond non brilla particolarmente, però come riempitiva svolge il suo ruolo (è previsto un ciclo di ristampe per Paperbond come per Newton?). La storia delle GM è carina, con un ritorno delle gemelle Ely Emy Evy create da Barks e poco utilizzate (curioso come il ritorno sul Topo delle GM con Newton si sovrapponga con questa ristampa). La storia di Nino Russo è simpatica e vede Paperina in una chiave diversa rispetto a quella solita (qua le accadono cose che capitano solitamente appunto a Paperino). Simpatica la “vendetta” del pappagallo Sigfrido.
La sezione Superstar, se non fosse per la storia di De Vita, l’avrei intitolata a Macchia Nera. Infatti le due storie che lo vedono protagonista rappresentano due modi agli antipodi di ritrarre Macchia. Sulla sua prima comparsa, che coincide con quella del commissario, mi sono già espressa più che positivamente e il mio giudizio è inferiore ma positivo anche per quella con Maga Magò. Mi spiego. È difficile paragonare le due storie perché vedono due Macchia Nera completamente diversi: il criminale pericoloso e spaventoso da una parte e il criminale più comico dall’altra. Personalmente gradisco molto Murry e ho già avuto occasione di leggere altre storie del duo Ogle/Murry con Macchia Nera. Non conoscevo questo filone di Magò e Macchia Nera, molto comico e anche parecchio strano, mi chiedo se ci siano state altre storie sulla coppia (che non mi fa proprio impazzire, ma si fa leggere grazie alla buona caratterizzazione dei due). Insomma, sono avvezza al Macchia Nera di Murry e lo reputo quasi un altro personaggio separato da quello di Gottfredson, Martina e altri autori. Confesso di non aver capito la battuta di Topolino dove afferma che “Maga Magò bazzica con ali di pipistrello”…non conosco molto Magò quindi non capisco il riferimento…
La storia di Eta Beta che chiude il numero non mi esalta particolarmente e mi ha un po’ delusa perché me la ricordavo migliore quando la lessi diverse volte anni fa. I disegni di De Vita padre non mi piacciono con i topi, invece li trovo carini sui paperi di solito.
Complessivamente un numero più che promosso?
Più tardi o domani recensirò anche il Topo di gennaio.
Ciao!?
Eccomi dunque con i miei pareri sul Topolino di gennaio.
Partendo dalle storie che proprio non mi sono piaciute, cito “Topolino – Le origini” e “Young Donald Duck”. La prima, se come ciclo complessivamente era già di mediocre qualità, ha veramente toccato il fondo: non ho mai letto la prima storia con Indiana Pipps, ma posseggo da anni “L’enigma di Mu” e vedere questa storia cancellata da Topolino le origini mi fa venire i brividi. Almeno fosse stata una storia appassionante, questa di gennaio. Invece il vizio di YDD è quello di inserire troppi riferimenti alla vita del 2020: non mi dispiace vedere in una storia un computer o umo smartphone, ma questo uso massiccio di forzate citazioni pseudo-giovanili non è meglio di Topolino le origini ai miei occhi.
Le riempitive del mese non ne vedono qualcuna spiccare particolarmente, come era successo a dicembre, ma svolgono la loro funzione. Un po’ in calo “Storia Papera”.
“La macchia invisibile” non mi è dispiaciuta, anzi, di sicuro è meglio dell’ultima saga di Venerus, gli “Italici paperi”. Ho notato che però La macchia invisibile non è stata pubblicizzata, un po’ come era successo con Star Top 3, eventi che balzano all’occhio nell’epoca delle anticipazioni.
Gradisco assai il ciclo di Stabile e Rota: molto barksiano e tradizionale, segna il ritorno di un genere di storie di cui il settimanale imho soffriva la mancanza. Nemmeno io sento questo calo di Rota, anzi, trovo il suo tratto sempre morbido e piacevole.
“I misteri di MacGuffin” è un giallo carino, ma nella media. A mio parere Nucci dovrebbe concentrarsi su meno storie alla volta, perché secondo me è un artista dal potenziale indubbio, ma fatica a spiccare con tante storie ma solo poche degne di nota.
“Topolino Giramondo” è un ciclo che continua a piacermi e Zironi è entrato nel mio olimpo di artisti moderni. Questa storia è solo seconda a “Il ritorno del bluesman” in quanto a bellezza. Ti coinvolge e ti commuove. Promossa!
Per quello che abbiamo letto finora, “L’inizio e la fine” è una storia bellissima. Buone atmosfere, ottimale resa dell’idea di regime totalitario e il ritorno di Lady Senape (Catwoman più che mai nel capitolo “Distopia”). Leggendo il titolo della saga ho temuto che questa fosse davvero la fine del ciclo di Fantomius, ma fortunatamente così non è (almeno per ora…). Copernico forse un po’ piatto nella puntata “Distopia”, ma per il resto i personaggi sono molto ben fatti. Ho letto che qualcuno si è lamentato che nel primo capitolo Dolly si pentisce così facilmente di aver detto che Senape si meritava di sparire. Beh, io ho inteso la cosa come una finta da parte di Dolly, che vuole dimostrarsi solidale nelle iniziative del compagno senza però pentirsi davvero. I disegni sono molto belli e questo ritorno inaspettato di Cuordipietra mi fa riflettere.
“Viaggio nel micromondo” non spicca di certo per le caratterizzazioni dei personaggi, ma i disegni sono belli e anche l’idea di base.
Nel commento di ieri ho dimenticato di recensire “Paperone e l’usanza dei Kuang”. È una storia molto bella e che consiglio, ricorda molto le storie anni 60 che non sono capolavori come “Paperino e le lenticchie di Babilonia” ma sono comunque molto piacevoli e spesso “bistrattate”.
Ciao!?
Bentornata Korinna!
GCD: noto con piacere che concordi con me sul fatto che si tratti di un ottimo numero 🙂 e confermi che la pubblicazione del “Mistero di Macchia Nera” non fa mai male in ogni caso, perché c’è sempre qualcuno che non ha avuto modo di leggerla finora, a prescindere da quante ristampe possano esserci state in precedenza.
Come dicevo, la Sezione Superstar è in effetti un po’ “ambigua” questo mese, e anche la tua “lettura” su Macchia Nera avrebbe senso come tema, viste le prime due storie inserite.
Io non impazzisco per il Macchia di Murry, ma anch’io lo vedo quasi come un altro personaggio rispetto a quello di Gottfredson. Della love-story con Maga Magò meno ne sai e meglio stai 😛 Il riferimento alle ali di pipistrello penso sia da addurre a un generico uso di animali “paurosi” da parte delle streghe.
Infine, penso che con l’agente 00-Zero Cannatella&Boschi stiano facendo come per Newton un recupero fisso e sistematico delle storie.
Hai centrato in pieno il mio pensiero su “L’usanza dei Kuang” 😉
“Topo”: direi che siamo pressapoco sulla stessa lunghezza d’onda 😉 Speriamo in un febbraio in ripresa, come qualità complessiva.
Su “La Macchia invisibile” continuo a mantenere alcune riserve per quanto riguarda l’effettiva riuscita del racconto, come scrivevo nel post, ma sicuramente la preferisco a “Gli Italici Paperi” (disegni a parte), concordo.
Il motivo per cui non è stata pubblicizzata (e pubblicata in un unico numero), è presto detto: non è una storia nata sotto la gestione Bertani ma una giacenza di magazzino e quindi, a prescindere dall’effettivo valore della storia, evidentemente il direttore non ha molto da dire su un progetto che non ha seguito direttamente. Per “Star Top 3” la casistica era ancora diversa, invece, visto che pur senza nominarla esplicitamente qualche vago cenno veniva fatto negli editoriali: il fatto lì è un altro, probabilmente dovuto a qualche problema di diritti rispetto all’opera originale di cui il lavoro di Bruno Enna era parodia, che ha permesso di pubblicare la “terza stagione” della serie solo in sordina.
Su Fantomius finora sono positivo quasi quanto te (disegni a parte), forse inaspettatamente per quanto mi riguarda, ma la trama mi sta prendendo: vedremo come va a finire 😉
Non sapevo che “La macchia invisibile” fosse una storia vecchia. Inveve avevo sentito delle problematiche con Star Top 3.
“L’usanza dei Kuang” è proprio rappresentativa di quel genere di storie poco ricordate ma spesso belle. Noto inoltre che molte di questa tipologia sono proprio dei Barosso.
L’altro giorno, quando leggevo i Grandi Classici, mi sono detta: “adesso vado a leggere l’editoriale delle storie Superstar su Macchia Nera” ahaha mi ero proprio confusa sul tema…
Siccome io sono testarda e curiosa, continuo a pensare che Maga Magò e Macchia Nera meritano la mia attenzione?perciò se hai informazioni sulla coppia sputa il rospo!
Ciao!
Mah, in realtà non c’è molto da dire. Era un filone di storielle in cui si mostrava che Maga Magò aveva un debole per Macchia Nera, non ricambiata (se non per tornaconto del malvivente, come nella storia dei GCD di questo mese, che tra l’altro dovrebbe essere la prima di questo ciclo).
Da lì ci sono state una manciata di altre brevi americane con i due personaggi nella seconda metà degli anni Sessanta, mentre nel decennio successivo la “palla” è passata agli autori brasiliani che hanno sviluppato il concept per una quarantina di storie.
Il motivo del mio “scarso entusiasmo” (per usare un eufemismo 😛 ) sta nel fatto che l’idea di unire un personaggio dei comics con uno dell’animazione non era il massimo, ma soprattutto utilizzare Macchia Nera in queste schermaglie contribuiva a svilire il carisma del personaggio che, come dicevi tu, diventa altro da sé.
Ah ok, certo è un filone strano e vedere Macchia Nera in questi panni aumenta senz’altro l’effetto di divisione da quello di Gottfredson.
Grazie per le info?
Buona giornata!