#55 – Superman: Alieno americano
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#55 – Superman: Alieno americano

Almeno un fumetto al giorno: questo l’impegno che mi sono preso per il 2020… Non recensioni, ma impressioni di lettura, sensazioni, ispirazioni suscitate da letture che avevo lasciato indietro.

Max Landis è figlio di uno dei più importanti registi di genere di sempre, quel John Landis capace di spaziare da capisaldi dell’horror come Un lupo mannaro americano a Londra e Ai confini della realtà a quelli della commedia come Animal House, The Blues Broters, Il principe cerca moglie. Come tutti i figli d’arte si porta dietro un po’ di preconcetti e di dubbi. Come sceneggiatore per il cinema ha lavorato su film che l’hanno fatto notare presto già dal primo film, quel Chronicle, che ha lanciato come regista quel Josh Trank coinvolto in uno dei più clamorosi disastri cinematografici legati alla Marvel con Fantastic 4.

Landis pare sia stato da sempre affascinato da Superman, e nel 2015, prima di ripensare la mitologia del personaggio in chiave negativa con Bright (regia di David Ayer), ha scritto questa miniserie a egli dedicata. Affiancato da una squadra di talentuosi disegnatori, uno per ogni episodio, lo sceneggiatore ripercorre la genesi di Superman, dalla scoperta dei poteri troppo grandi per un bambino del Kansas, alla ricerca delle proprie origini e di un proprio posto nel mondo. È la storia di Clark Kent prima che di Superman, di una persona dai poteri enormi ma non ancora pienamente sotto controllo che cerca di fare del bene e di vivere una vita allo stesso tempo. Il tutto spostato di diversi anni per renderlo un adolescente nel nostro mondo contemporaneo.

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C’è tutto quello che un appassionato o un conoscitore superficiale del personaggio si aspetterebbe, anche se più che alla costruzione di una mitologia imponente e megalomane come nell’indispensabile All Star Superman il punto di vista è più umano, più fallibile e meno alieno. Non un capolavoro, come invece mi viene da pensare dell’opera di Morrison/Quitely, ma un racconto solido, divertente, scorrevole, ben scritto e ben dialogato, che intrattiene e avvicina il lettore ai dubbi e ai timori di un uomo capace di volare fino alla Luna.

Per Lo Spazio Bianco ne ha scritto Simone Rastelli:

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