
Il mio fumetto quotidiano #6: “Iron Kobra”
Almeno un fumetto al giorno: questo l’impegno che mi sono preso per il 2020… Non recensioni, ma impressioni di lettura, sensazioni, ispirazioni.
Di Iron Kobra ho letto da subito pareri molto positivi, e d’altra parte con in campo due Autori (mi si perdoni la maiuscola, ma quando ce vo’ ce vo’) come Officina Infernale – con i suoi pirotecnici disegni-non-disegni, i suoi collage estremi, la sua schizofrenia grafica – e AkaB – colto, irriverente, iconoclasta, punk, esplosivo, artista vero – non poteva che essere una lettura da leccarsi i gomiti.
Eppure rimandai. Rimandai. Rimandai. E chissà quanto avrei ancora rimandato senza questo giochino del “fumetto quotidiano”. Che è un giochino, io per primo non lo prendo seriamente, ma lo prendo con serietà. Ok, è complicato, ma quando ti metti in mente certe cose non lo fai con pieno raziocinio.
O forse la tuta Iron Kobra mi ha infettato in parte, trascinandomi nel suo mondo dove reale/irreale sono solo parole, tra mostri lovercraftiani, alieni (alieni?), supereroi (supereroi??), spie, illusioni sopra illusioni sopra illusioni ancora più grandi e più subdole.
Post-pop, post-punk, post-fumetto, post-tutto, Iron Kobra è un’esperienza visivamente vertiginosa condita da testi che passano senza chiederti il permesso dal linguaggio del cinema action alla filosofia, gettandoti sulla coscienza mattoni pesantissimi ricoperti di una patina rutilante e sagace o confusi in mezzo a frasi smozzicate e fintamente criptiche, che ti si insinuano sotto pelle come un virus, o un parassita.
Officina Infernale compie un’opera impressionante per stile e coraggio, quasi un affronto al fumetto, al disegno “bello”, al disegno e basta. Va oltre, e sembra pure fregarsene tanto sembra fresco e riposato nel farlo. Satura le pagine di idee, trafugate, masticate e vomitate. La cosa divertente è che ha fatto quelle, senza testi né dialoghi, e poi le ha passate ad AkaB per completarle. Un’idea talmente folle, eppure a posteriori insindacabilmente perfetta.
Poi c’è AkaB. Rileggere oggi un suo fumetto, oggi che AkaB non c’è più, è ancora più straniante. Come leggere la mezza intervisa con Alessandro Baggi in coda al fumetto. Pensare “ecco, avrei voluto domandargli questo e quest’altro” e sapere di non poterlo fare…
Accidenti a te AkaB, lanciare certe bombe e poi scomparire. Però un po’ ti ci immagino ora, tra quelle tavole lisergiche, fatte di ritagli, sovrapposizioni, effetti ottici. Mi sembra un mondo un po’ a misura tua.
Siamo qui per morire ingannarci e scomparire.
Federico Beghin ne ha scritto su Lo Spazio Bianco riuscendo a spiegare per bene entrambe le anime dell’opera e costringendomi a cercare il significato della parola “asindeto”:
Iron Kobra di Akab e Officina Infernale: sfida al linguaggio