Il “Topo” di novembre 2021
Bentornati su Lo Spazio Disney!
Come si suol dire… scusate il ritardo 😛
Questo mese sono andato un po’ più lungo del solito con le mie analisi sulle storie di Topolino e sulle varie testate Disney uscite nel corso di novembre. Col risultato che sono già usciti i primi due “Topi” di dicembre e che avrete già tutti la testa alle imminenti Festività natalizie, altro che novembre ^^’’
Ma finché le forze mi sorreggono XD continuerò comunque a mantenere questo appuntamento fisso che scandisce la vita del blog, anche a costo di risultare ogni tanto un po’ meno puntuale e tempestivo; d’altro canto, se – e sottolineo se – quanto scrivo ricopre un certo interesse, ritengo che lo mantenga anche con un po’ di ritardo.
E ora, fuoco alle polveri!
Novembre 2021: le storie da Topolino
Non c’è niente da fare: se si deve pensare alla storia di maggior rilievo comparsa su Topolino durante il novembre appena concluso, questa per me è indubbiamente Paperin Pigafetta ai confini del mondo di Pietro B. Zemelo e Paolo Mottura (nn. 3441-3442-3443).
Ispirata a fatti storici reali, per la precisione alla prima circumnavigazione del globo ad opera di Ferdinando Magellano, si tratta di un’avventura nel vero senso della parola, dove ci sono tutti gli elementi del genere: una missione impossibile, insidie e imprevisti, personaggi dotati di carisma e coraggio, un setting affascinante come il misterioso oceano e l’unione vincente tra personalità forti in grado di contribuire reciprocamente al felice esito dell’impresa.
Zemelo, che raggiunge qui il suo apice – finora, ovviamente – come autore disneyano, condisce tutti questi elementi classici in una sceneggiatura interessantissima e coinvolgente, capace di catturare la fantasia del lettore e di soddisfarne il palato. Il suo Paperon Magellano è una figura istrionica, molto debitrice del Capitano Quackab che compariva nel Moby Dick di Francesco Artibani ma dotato di caratteristiche peculiari, come la malinconia di fondo e i dialoghi in cui spesso infila termini portoghesi. Anche Paperin Pigafetta è un personaggio scritto magnificamente, capace di compiere una vera e propria maturazione nell’arco delle quattro puntate dell’opera, acquistando una profondità non indifferente.
La storia, già solida in fase di scrittura, assurge a livelli ancora più alti grazie ai meravigliosi disegni di Paolo Mottura, che bissa le vette raggiunte un anno fa con un’altra storia ispirata a fatti reali (Sir Topleton di Sergio Cabella). I paperi sono morbidi, cesellati, raffinati, curati in ogni particolare, risultando adorabili e splendidi come non mai. Gli sfondi non sono da meno, con un’attenzione apprezzabile alla rappresentazione delle navi così come dell’oceano e degli scontri. La gabbia resta piuttosto regolare, ma quando si concede deroghe (nelle tavole a chiusura dei singoli episodi, per esempio) le tavole risaltano in maniera abbacinante, costringendo il lettore a rimanere diversi minuti ad ammirarle. Merito anche della colorazione, maggiormente curata rispetto allo standard, opera di Andrea Stracchi e Irene Fornari supervisionati per l’occasione dallo stesso Mottura: un incontro di talenti che ha impreziosito in maniera sensibile il lavoro finale e l’impatto visivo di questa magnifica storia.
Meno raffinata e più pop, ma comunque di particolare rilievo, è Grosso guaio a Paperopoli di Alex Bertani, Marco Gervasio e Giuseppe Facciotto (nn. 3440-3441-3442-3443).
Il direttore torna nelle vesti di co-soggettista e co-sceneggiatore dopo l’esordio in L’ultima avventura di Reginella dello scorso agosto, stavolta affiancando il sodale Marco Gervasio in una storia che è in qualche modo la summa della visione globale di Bertani nei confronti del “suo” Topolino.
Innanzitutto rappresenta un team-up, fattore decisamente inusuale nel fumetto Disney, perlomeno con un approccio così determinato e voluto. Come accade molto più frequentemente in altri universi fumettistici (i supereroi Marvel e DC, ma anche i protagonisti dei titoli Bonelli), si incontrano e agiscono insieme due eroi dotati di forte personalità e abituati ad essere al centro del palcoscenico: Topolino e Paperinik!
L’inedita coppia si trova infatti a indagare insieme su un caso di contrabbando e rapimento nella metropoli dei paperi, anche se inizialmente i due non lavorano molto bene assieme: non mancano gli screzi e le divergenze d’opinione su come meglio agire per sbrogliare la matassa.
È questa l’intuizione molto forte e valida che sorregge tutto l’impianto: far collaborare due avventurieri di questo calibro porta infatti a belle dinamiche di incontro-scontro e a un approfondimento delle loro differenze caratteriali: Mickey è un detective di stampo classico, abituato a lavorare a stretto contatto con la polizia, mentre Paperinik è un vendicatore che agisce al di sopra della legge, come tutti i vigilanti.
Questa sorta di collaborazione avviene comunque con molto naturalezza, com’è giusto che sia e perfettamente in linea con la direzione sincretista di Bertani. I personaggi si conoscono già e quello che avviene in una storia rimane nella memoria e nei racconti di chi l’ha vissuta: così all’interno di Grosso guaio a Paperopoli si trovano cenni a Minni prêt-à-porter, a Foglie rosse, a X-Music, a Area 15, a Calisota Summer Cup, a Musicalisota e alla saga di Paperinik by Gervasio, in un mix piacevole e senza forzature.
La sceneggiatura in senso stretto non è sempre impeccabile, a volte i dialoghi sono un po’ retorici per esempio, o alcune scene appaiono meno convincenti di altre. In particolare la risoluzione della vicenda con il confronto tra i due protagonisti e l’avversario si risolve in maniera decisamente troppo ingenua, buffonesca e infantile, complice anche l’insistente rassicurazione sulla pistola ad acqua di Paperinik. È un peccato perché proprio nel finale si va a rovinare la tensione e l’impianto costruito. Ma anche con questi difettucci la lunga avventura rimane piuttosto valida e ricca di belle atmosfere notturne e spunti interessanti, oltre che ben disegnata: Facciotto sta seguendo un percorso apprezzabile e gradevole che, pur senza picchi particolari, porta a tavole molto buone e a una regia molto personale.
Amelia e la numero uno del numero due di Marco Ponti, Roberto Gagnor e Donald Soffritti (nn. 3442-3443-3444) è un altro esempio di storia dalle grandi premesse che però non vengono mantenute fino in fondo. A me comunque è molto piaciuta, e la trovo una delle migliori prove di Gagnor da qualche anno a questa parte insieme a Area 15 – Il grande esperimento.
Amelia è un personaggio molto più difficile da usare di quanto non si possa pensare: decenni di utilizzo l’hanno appiattita all’ombra di sé stessa, incastrata nella stessa trita dinamica che ha svilito il fascino di questa fattucchiera, conferitole nelle avventure del suo creatore Carl Barks.
A tal proposito scrissi un pezzo per il sito del Papersera, che trovate a questo link nel caso ve lo foste persi o voleste rileggervelo per l’occasione.
Ecco, questa premessa era per dire che il tentativo di Gagnor e del regista Marco Ponti – combinazione, ho visto per la prima volta il suo Santa Maradona proprio pochi mesi fa, alla notizia della scomparsa di Libero De Rienzo – è lodevole e tutt’altro che semplice. Non si poteva correre il rischio di fare il compitino, perché il compitino su Amelia è già stato fatto da troppi anni.
I due autori hanno allora deciso di alzare il tiro, partendo da uno spunto iniziale del figlio di Ponti, e hanno messo in scena qualcosa di molto simile a uno scontro finale, definitivo. È stato coinvolto Rockerduck in maniera funzionale allo svolgimento, è stata potenziata e resa più pericolosa la strega e la si è fatta arrivare a un soffio dalla tanto agognata meta. C’è azione, c’è tensione, c’è un buon ritmo e c’è una narrazione non lineare che ho apprezzato tantissimo, perché dimostra come con poco si possa fare la differenza nel rendere una lettura più interessante della media: i primi due episodi fanno avanti e indietro negli avvenimenti, raccontandoli anche attraverso il diverso punto di vista di Paperone e Rockerduck, e questo a mio avviso funziona assai bene.
Ci sono anche elementi più fragili: l’idea che il buon John D. (ormai va di moda chiamarlo così, no? 😛 ) abbia una sua Numero Uno stride moltissimo con il personaggio, le sue caratteristiche e il tipo di fortuna che ha costruito. Il concetto della Numero Uno funziona e ha senso se rappresenta un unicum per Zio Paperone, diversamente perde il suo delicato equilibrio e rischia di diventare qualcosa di ridicolo. Anche nell’ultimo episodio non tutto funziona a puntino, invero, ma si tratta di difetti veniali alla luce di un insieme fresco e coinvolgente, che riesce a restituire dopo molto tempo un’Amelia veramente interessante da leggere. E da vedere: il lavoro che Donald Soffritti compie sul personaggio è magistrale, le dona un fascino irresistibile e sotto la sua matita la fattucchiera riacquista quell’avvenenza che la caratterizzava nell’interpretazione di Barks. Non è solo il vestito da sera che le fa indossare, che è semplicemente il dettaglio più appariscente, ma è anche l’attenzione alle ciglia, allo sguardo, ai capelli, alle pose… uno studio generale sulla sua figura che ha portato a ottimi risultati. Buoni anche gli altri protagonisti e gli sfondi, anche se in alcune vignette sembra che ci sia meno cura nei dettagli e l’inchiostrazione appare troppo pesante nei bordi dei personaggi. Ma a parte ciò, impatto visivo validissimo.
Torna anche Foglie Rosse, dopo due anni di assenza! Ma non con la seconda stagione, bensì con un Interludio di Claudio Sciarrone (n. 3441), che è proprio il titolo di questo episodio di passaggio, utile per fare da collante tra season 1 e la futura season 2.
Non è facile commentare questa avventura in due parti: la prima lettura non mi ha preso granché, anzi mi ha un po’ annoiato, in particolare nella parte iniziale e in certi passaggi dello svolgimento. La scrittura mi appariva farraginosa e non capivo bene la direzione della storia. Una seconda lettura mi ha permesso di trovare il nucleo di questa avventura: la forza di un’idea, molto semplice di per sé ma al contempo fortemente conturbante.
La musica ricopriva un ruolo di primo piano e un catalizzatore di “energia fantastica” già nella prima saga, ma in questo caso tutta la narrazione ruota attorno a questo concetto e alla possibilità che Tip&Tap e gli altri componenti della band hanno di traslarsi ovunque nel mondo grazie ai loro strumenti combinati alla tecnologia di Phil e dei suoi amici alieni.
Il problema di questo Interludio, allora, è che si prende forse troppe pagine per mettere sul piatto solo questo spunto, per quanto intrigante. Certo, si introduce anche una sottotrama “governativa” che ci fa intuire che l’esercito americano ha intercettato l’arrivo di esseri da un altro pianeta, ma per ora la cosa rimane ai margini.
Insomma, una buona idea molto ben illustrata: i disegni di Claudio sono infatti molto buoni, e nel rappresentare i tanti luoghi reali del nostro pianeta l’artista si sbizzarrisce nel ricrearli quanto più fedeli possibili, con il risultato di riempire le vignette di meraviglie. La gabbia libera e il tratto guizzante e dinamico fanno il resto.
Peccato che forse ci si perda un po’ troppo in questa singola idea, pur comprendendo l’importanza che ricopre all’interno del progetto nel suo complesso: i troppi dialoghi ammazzano un po’ il ritmo e non sempre riescono ad apparire brillanti e naturali come nel felice esordio del 2019.
Ad ogni modo, grande attesa per la seconda stagione!
Area 15 – Vent’anni dopo di Marco Nucci e Libero Ermetti (n. 3444) è forse uno degli episodi che mi sono più piaciuti del ciclo dedicato al club ricreativo di Qua e dei suoi amici. Il motivo è presto detto: parla ai nostalgici, a chi ama perdersi di tanto in tanto col pensiero nei ricordi di gioventù… e io rientro appieno in questo identikit! Un vecchiodemmé, come direbbe l’amico Fabio “Fisbio”, che saluto 😛
Ciò premesso, trovo che la trama imbastita da Nucci sia molto semplice, al limite del didascalico, ma venga nobilitata da una scrittura intelligente che affianca ad alcuni cliché certe trovate ben piazzate (l’incubo di Qua, la spontaneità con cui viene descritta la sua malinconia, l’uso di Gastone nell’economia della vicenda) portando in sostanza a una storia solo apparentemente furba, ma che in realtà nasconde un buon insegnamento e, se vogliamo, anche una certa dose di consolazione, senza essere pedante.
Ermetti se la cava molto bene, come al solito, e si riconferma a suo agio nelle atmosfere giovanili di Area 15 per cui aveva già illustrato un paio di episodi. Il suo segno è dinamicissimo e morbido, davvero piacevole da osservare e istantaneamente simpatico. La possibilità di supervisionare la colorazione, poi, e una certa cura nelle ombre, contribuiscono a rendere il comparo grafico ancora migliore.
Passando a storie meno “strombazzate”, cito senz’altro Pippo e il ricordo sfuggente di Roberto Moscato e Graziano Barbaro (n. 3442) perché mi ha davvero sorpreso. Mi aspettavo una riempitiva come tante con il buon Goofy ridotto a fare la parte del tontolone e invece lo sceneggiatore ne riscopre il lato alternativo e “sulle nuvole” che tanto mi piace in lui. La parentesi prettamente folle che gli viene dedicata a tre quarti, anche grazie ai ruvidi disegni di Barbaro, mostra un debito riconoscibile con i lavori di Luciano Bottaro e sono proprio contento di trovare a sorpresa influenze di questo tipo.
Indiana Pipps e la via dell’ambra di Matteo Venerus e Alessandro Perina (n. 3443) è stata invece una delusione, per me. Comprendo l’intento dello sceneggiatore di valorizzare la propria terra e di attingere a leggende ed elementi storici per una storia di Indiana, ma il risultato appare zoppicante in più punti, dalla scelta del “cattivo” a… tutto quello che riguarda questo personaggio, siano le sue motivazioni o i suoi poteri o come li abbia ottenuti. La trama inoltre non sembra avere una direzione precisa e in questo modo si rende la narrazione claudicante e dispersiva. Non mancano poi scene che mi hanno lasciato perplesso di per sé, come quella di Indiana e Topolino al buio o come lo stesso finale, piuttosto confuso e semplicistico. Il sentore di grande avventura tipico delle grandi storie con il cugino di Pippo si respira solo alla lontana, quindi, e anche Perina ai disegni pare più svogliato del solito (pur rianimandosi in alcune vedute italiche).
Anche per Young Donald Duck – Una fidanzata per Pippo di Alessandro Ferrari e Francesco D’Ippolito (n. 3444) non ho giudizi positivi. Degli episodi più recenti della serie avevo scritto bene, trovandoli comunque briosi e potenzialmente interessanti per i lettori teenager, e pensando che forse il progetto avesse rintracciato una sua dimensione… ma questo episodio riporta le lancette indietro, molto indietro. La trama è risibile, sciocca, povera, con trovate al limite del ridicolo e gag incollate tra loro senza troppi complimenti. Il Pippo qui presente è protagonista solo nel titolo, mentre sarebbe stato interessante approfondirlo in considerazione del fatto che non ha mai spiccato più di tanto. Il focus narrativo si risolve infine in una bolla di sapone facendo chiedere al lettore perché mai abbia dovuto investire dieci minuti del suo tempo per fruire qualcosa di così inconcludente che, al contrario delle ultime storie di YDD pubblicate, non strappa neanche una risata.
Ho apprezzato meno anche i disegni deformed di D’Ippolito: in alcune vignette la testa squadrata del giovane Paperino lo è fin troppo, diventando praticamente un rettangolo con occhi e becco.
Chiosa finale complessiva per la miniserie Calisota Social Media di Giorgio Simeoni e Alessandro Sisti, che compare in ogni numero di Topolino di novembre.
Non che le storie apparse nei due mesi precedenti fossero chissà che, anzi, ma il prolungarsi del progetto non fa che mettere in luce i limiti di un ciclo prettamente didattico sul corretto uso dei social, ma incapace a mio avviso di essere davvero funzionale allo scopo. Alcune trame possono essere migliori di altre, alcuni personaggi disneyani possono essere più adatti di altri a parlare di questi argomenti, ma in sostanza si tratta comunque di brevi piuttosto scialbe che cercano di portare all’eccesso talune situazioni di vita online senza necessariamente divertire/intrattenere; e nemmeno centrano il punto di cosa si vorrebbe trasmettere agli internauti più giovani, dal momento che quanto descritto è spesso troppo iperbolico per essere portato a condotte di stampo quotidiano.
Bene, credo di avere terminato.
Adesso abbiate solo un poco di pazienza ed entro un paio di giorni sarà online anche il post “gemello” con i miei sproloqui sulle uscite Disney di novembre, già in corso di scrittura.
Nel frattempo, se volete dire la vostra sulle storie di cui ho parlato, non avete che da usare i commenti 😉
A presto!
Bonus track
Ehi! Vi siete accorti che qualche settimana fa è uscita su Lo Spazio Bianco la mia recensione su TopoPrincipe di Giunti? No? Rimediate!
TopoPrincipe – libero, lezioso adattamento di un classico