Come accennato nell’ultimo post, vorrei provare a scovare i temi sotterranei contenuti in alcuni film. In questo modo cercherò di spiegare meglio cosa intendo quando dico che il tema è l’anima di una storia.
Pixar: Wall-E

L’esempio che faccio spesso quando parlo del tema di una storia è a proposito di Wall-E, bellissimo film di animazione della Pixar del 2008. Quello che dirò qui di seguito è comprensibile solo a chi ha visto il film, naturalmente. Perciò se non volete SPOILER vi consiglio di passare oltre.
Uno dei temi che scorrono potenti in Wall-E è quello della gravidanza.
Gravidanza?! In un film di robottini?! Ma che dice il Salati?
Naturalmente è tutto ciò che riguarda la gravidanza in senso lato: la gemmazione, l’attesa, la nascita di una nuova vita. Una nuova vita come speranza di rinascita della Terra.
Wall-E a un certo punto della storia offre a Eve forse l’unica cosa bella che sia riuscito a ricavare nel mondo che lo circonda: il germoglio di una pianticella. Non sa nemmeno lui davvero cosa farsene, ma il suo gesto è il simbolo di un amore che sta nascendo nei confronti della robottina bianca.
Eve mette questo germoglio nella pancia e va in standby, rimane in attesa. Sarà proprio quel germoglio, donato da Wall-E e covato da Eve, a riportare la speranza di una nuova vita sulla Terra. E questa nuova vita è il prodotto dell’amore tra Wall-E e Eve. Ecco quindi uno dei temi che hanno dato un’anima a questa storia: la gravidanza.
Pixar: Brave
Ora che potrei aver catturato un pochino la tua attenzione, parliamo di un altro film Disney/Pixar: Brave.

Quando scrissi la mia interpretazione sul mio blog personale, qualche nerd da forum dall’alto di comprovate competenze e anni di esperienza in campo di narrazione e intrattenimento [sarcasm mode: off] ebbe da ridire sulla mia ipotesi. Il fatto che la stessa mi venisse invece avvalorata da stimati colleghi e da successive iniziative della stessa Disney mi conferma la mia impressione a lungo ponderata: mai dare retta ai nerd da forum.
Qual è il tema tanto spinoso di Brave?
L’omosessualità.
Attenzione: non ho detto che Merida è omosessuale. Ho detto che il tema del film è l’omosessualità. Sono cose ben diverse.
In un microcosmo ben definito come quello delle principesse Disney, una principessa che decide di non sposarsi con un uomo è un’anomalia evidente e un chiaro segnale di cambiamento. Un piccolo terremoto.
Se fosse stato un classico film Disney, dopo aver scartato i principi che non le aggradavano Merida avrebbe scelto magari un garzone, un vecchio amico con cui giocava da bambina. La persona giusta per lei sarebbe stata pur sempre un maschio. Sarebbe stato un tipico finale Disney.
E invece no. Il tema viene enunciato a chiare lettere proprio dalla madre di lei: ognuno dovrebbe seguire il proprio cuore ed essere libero di decidere chi amare.
E’ proprio la madre di Merida a ostacolare prima la volontà della figlia per poi finire per accetterla e farla addirittura propria. E’ una bella metafora prima dell’outing con se stessi, di scoprire e accettare la propria omosessualità, e poi del coming out e dell’accettazione della situazione da parte della famiglia. Qui gli amici Pixar si stanno rivolgendo ai genitori dei ragazzi più che ai ragazzi: accettate i vostri figli per ciò che si riveleranno e lasciate che amino chi vogliono. E’ un tema potentissimo per un film dedicato a tutte le famiglie del mondo e a ogni età. E nessuno mi toglierà dalla testa che parli di omosessualità.
Naturalmente non si sarebbe potuta creare per un film Disney addirittura un’eroina lesbica. Sarebbe stupido pensarlo. I tempi non sono ancora maturi, il film deve poter essere venduto in ogni angolo del globo (come immagino sappiate, la Disney è un’azienda di intrattenimento generalista), presentato a comunità con culture diverse e visto da persone di tutti i credo religiosi. Il mondo va cambiato un pezzo alla volta. Un personaggio dichiaratamente gay avrebbe creato polemica e ostracismo in alcuni settori del mondo (anche occidentale). Avrebbe generato contrapposizione, barricate, poca comprensione e non avrebbe raggiunto il punto. Ognuno sarebbe rimasto della propria idea, facendo magari perdere anche spettatori ai film Disney.
Mentre se esuliamo dall’aspetto più materiale della trama e ci concentriamo sull’anima, il tema, cioè che bisogna essere liberi di amare chi si vuole, ci rendiamo conto che è universale, forte, emotivo. Può toccare il cuore di chiunque nel mondo senza contrapporsi direttamente ai dogmi che gli regolano la vita. Toccare il cuore delle persone è la rivoluzione più efficace per cambiare il mondo.
Perciò sì, Brave parla di omosessualità.
Segnalo che dopo Brave ci fu la comparsa di una famiglia con “due mamme” nella serie Disney “Buona fortuna Charlie”, in seguito i dipendenti Pixar produssero un video contro l’omofobia, e più recentemente la Disney ha donato un milione di dollari alle famiglie delle vittime della strage della discoteca gay di Orlando. Chi vuol capire, capisca.
Ma se ci sono temi sotterranei nei film di animazione, a maggior ragione li troviamo nei film live action.
Zemeckis: Forrest Gump
Prendiamo per esempio Forrest Gump
Per molti, il tema principale di questo film è il mito del successo, del positivismo, dell’american dream.
Ma c’è un altro tema che io vedo in questo film e che in un certo senso lo accomuna ai Promessi Sposi: la Divina Provvidenza.
Se ci facciamo caso, Forrest Gump non fa niente per meritarsi il successo che ottiene in tutto quello che fa, se non limitarsi a essere una brava persona. Si comporta bene con tutti, è sempre positivo, vede sempre del buono in ognuno. In cambio, il Destino lo traghetta indenne attraverso le difficoltà e lo premia con tanto successo e un figlio. «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli», dice il Vangelo. Forrest è proprio il povero in spirito cui spetta il regno dei cieli.
Quando Forrest corre per tutta l’America addirittura viene preso per una sorta di nuovo Messia. E in questo contesto è in grado di fare dei “quasi miracoli”, trasmettendo un po’ della sua provvidenza ad altri “fedeli”, che tramite lui riescono a raggiungere il successo. Un ragazzo sta cercando un’idea per degli adesivi, e quando grida “Merda!” Forrest risponde “Capita”. Ecco che da quel momento il ragazzo farà un sacco di soldi vendendo gli adesivi “Shit Happens”. Idem un ragazzo che cerca un’idea per delle t-shirt: Forrest asciugandosi il viso con una maglietta lascia giù una sorta di “sindone” a forma di smile, creando una nuova moda che donerà soldi e successo al ragazzo che divulgherà questo logo. Il classico sogno americano, ma donato dalla Provvidenza tramite il Messia Forrest Gump.
Il concetto viene espresso ancora più esplicitamente da Forrest stesso davanti alla tomba di Jenny, quando dice:
Non lo so, se abbiamo ognuno il suo destino o se siamo tutti trasportati in giro per caso come da una brezza. Ma io… io credo… può darsi le due cose. Forse le due cose càpitano nello stesso momento.
Infine, se vi ricordate, all’inizio e alla fine del film vediamo una piuma trasportata dal vento (la brezza di cui parla sulla tomba). E’ la metafora della mano di Dio che porta sul suo palmo Forrest Gump, candido e leggero come la piuma.
Quando sono arrivato a questa conclusione, mi sono stupito: possibile che in un film americano sia così presente un concetto legato al Cattolicesimo come la Divina Provvidenza, prodotto in una cultura a maggioranza protestante (e in un mercato come quello hollywoodiano, dove i produttori sono in buona parte ebrei)?
L’idea di successo tipicamente americana e protestante – semplificando e banalizzando molto – è che se lavori e ti dai da fare allora sei buono. Se sei ricco è perché Dio ti ha voluto premiare per il lavoro che hai fatto. L’esatto contrario di Forrest, la cui unica vera occupazione è essere buono con i propri simili. Un ideale più tipicamente cattolico, che potremmo magari riscontrare in Italia, Spagna, Irlanda. Con la differenza che in America sono fissati con i soldi e il successo, perciò la particolarità di Forrest Gump è proprio questa: di essere cattolico e americano.
Poi sono andato a cercare la bio di Robert Zemeckis, regista del film, e ho scoperto che è cattolico (oltre che americano, chiaramente).
Ah, ecco. Tout se tient, ancora una volta.
Per quanto mi riguarda, poco importa se Forrest Gump ha un sottotesto religioso: è un capolavoro e l’interpretazione di Tom Hanks è eccelsa. E’ bellissimo e lo riguarderei un sacco di volte.
Zemeckis: Polar Express
Niente a che vedere invece con un altro film dello stesso regista e interpretato dallo stesso Tom Hanks: Polar Express.
Non voglio nemmeno sprecarci troppo tempo io nello scriverne e voi nel leggerne, ma il tema del film è senz’altro la fede in Dio. Il bambino protagonista non crede in Babbo Natale, e tutta la storia è incentrata sulla scoperta dell’effettiva esistenza del barbuto rossovestito. Una volta che il protagonista crederà effettivamente nella sua esistenza, vivrà un Natale felice. La metafora è palese e addirittura pedante.
Unica nota positiva: l’ottimo lavoro del sempre grande doppiatore (e attore) Francesco Pannofino, che doppia sia il controllore del treno che Babbo Natale (perché entrambi interpretati da Tom Hanks).
Mad Men
Per concludere questa carrellata di temi filmici, vorrei prendere in considerazione una serie tv: Mad Men.
La mia serie preferita dopo The Wire.
Anche in questo caso farò degli SPOILER quindi vi consiglio di leggere solo se avete almeno visto tutta la prima stagione.
Il tema è l’apparenza esteriore come condizione cruciale dell’America dal dopoguerra ad oggi.
E grazie tante – direte voi – ovvio che in una serie sul mondo della pubblicità il tema sia l’apparenza.
Quasi banale, direte voi.
Il fatto è che qui il tema viene affrontato da un punto di vista profondo, filosofico. E viene espresso tramite l’esplorazione – stagione dopo stagione – della personalità di Don Draper.
Don è indubbiamente figo. Geniale, stiloso, si fa sempre rispettare. Eppure non esiste. Ha rubato l’identità di un altro. Vive una vita non sua. Si vende come qualcosa che non è. In sostanza, fa del marketing di se stesso.
Fin qui tutto bene, se non fosse che Don è profondamente infelice. Tutta questa apparenza lo rende un essere umano vuoto. Questo vuoto interiore deve essere costantemente riempito: con il sesso, l’alcol, il fumo, la ricerca di una vita familiare conformista.
Ma tutto quello che fa non riuscirà a riempire il suo vuoto esistenziale. Egli è la metafora stessa degli Stati Uniti: una nazione che essendo nata senza identità se n’è cucita una addosso. Una nazione che ha la felicità nella costituzione – ottima mossa di marketing politico – e tra la popolazione un alto tasso di infelicità, di dipendenze. Ricchezza materiale e povertà interiore. Una comunità con un enorme vuoto filosofico ed esistenziale e che si imbelletta con abili mosse di marketing. Un vuoto che da decenni si espande anche nel nostro continente. Un buco nero culturale che risucchia ogni diversità e risputa il tutto rimasticato e appiattito, pronto per essere venduto in comode confezioni di plastica. Una malattia che contagia ormai tutto l’Occidente.
Mad Men è la storia contemporanea degli Stati Uniti e dell’Occidente in generale, e andrebbe studiato a scuola.
Questo tema in Mad Men viene enunciato fin dall’inizio. Non per niente la prima puntata si intitola “Smoke Gets in Your Eyes“: fumo negli occhi, che è il mestiere stesso di Don Draper. Così come il fumo è presente massicciamente nella prima scena e in tutta la serie. E così come è di fumo che si parla nella prima scena e le sigarette sono il prodotto più importante trattato nella prima stagione.
Mad Men, Don Draper, l’America, l’Occidente intero: un grande vuoto interiore e tanto fumo negli occhi.
E voi? Quali temi riuscite a scovare nei vostri fumetti/film/romanzi/musical/videogiochi preferiti?

Be’ per quello che vale, il primo shrek credo parli di razzismo, ma non contro, a favore…….l’orco e la principessa si innamorano, ma finché non viene fuori che anche lei è un’orchessa non c’è verso che possano esplicitare il loro amore
Eheh in effetti non hai tutti i torti, Simon. Un collega dopo aver visto Shrek mi disse: “Spielberg è peggio di Hitler”.
Hahahaha, divertente.
Ovviamente Blade Runner parla a favore dei terroristi e Essere John Malkovich parla di stupro.
Posto che definire una persona che neanche conosci “nerd da forum” è penoso, a quattro anni di distanza la tesi continua a non avere altre basi che “fa cose da maschio e non vuole sposarsi, quindi è gay”. Cosa che peraltro mi pare pure vagamente sessista.
(Per chiarire, che altrimenti mi aspetto cavilli: Brave mi pare palesemente un film sull’affermazione di sé anche quando si hanno idee diverse da quelle del contesto, come il non volersi sposare. Ciò è TOTALMENTE avulso dall’avere interesse sessuale per un sesso o per l’altro).
Eravate più di uno e accomunati dal fatto di provenire dai forum.
Quanto alla tua tesi, continua pure a crederci, a me non cambia niente. Per quanto mi riguarda, penso di avere le competenze per avere un’idea di quali sono i tipici canoni di una storia del genere e cosa comporta rompere tali canoni. I Pixar hanno sempre giocato bene sui luoghi comuni dei generi narrativi, e il fatto di essere andati a toccare proprio quel tasto lì, una vera e propria colonna nei film di principesse – il matrimonio finale – ha una valenza precisa. Ci sono mille chiavi per parlare di autodeterminazione, ma hanno scelto proprio quella. E lei non ha scelto un’altra persona con cui sposarsi, una vera rivoluzione in un film di principesse. Non avrebbe potuto sposare una donna, chiaramente. I tempi non sono ancora pronti.
Il sessismo ce lo vedi solo tu. Anzi, quello che hanno fatto con questo film è stato proprio decidere di rompere quel filo tradizionalista che voleva la principessa per forza sposata.
Comunque continua pure a credere quello che vuoi. Il fatto di aver avuto la conferma da altri stimati colleghi che hanno interpretato come me mi ha tolto qualsiasi dubbio.
Conoscere i canoni e i meccanismi che si utilizzano nella creazione di un prodotto d’intrattenimento aiuta a comprendere meglio queste dinamiche e l’effetto che hanno sul pubblico. Tutto sta nell’equazione tra ciò che si aspetta il pubblico e ciò che gli dai. Questo determina l’effetto sul pubblico di una scelta narrativa.
Non hai giustificazione alcuna per le frecciatine da scuole medie, dai, evita pure di provarci. Tantopiù che insisti inelegantemente a dividere il mondo in “stimati colleghi” e “persone di cui non conosci le competenze ma tanto sono nerd da forum e via”.
In ogni caso, sul tema hai ragionissima, è palesemente il “decidere chi amare”. Quello che ti contesto è il salto logico verso l’omosessualità. Non c’è appoggio alcuno per sostenere una cosa così specifica (se proprio si deve specificare, tuttalpiù il tema è l’asessualità). Se ci fosse un appoggio, dovrebbe essere la sessualità di Merida, che non è assolutamente specificata se non dall’essere un “maschiaccio”.
Io non vedo sessismo nel film, lol. Vedo sessismo nella tua tesi, perché non vedo altro elemento che non sia Merida “maschiaccio” per affermare che il film parli specificamente di omosessualità. A meno che non credi che “decidere chi amare” sia prerogativa degli omosessuali, cosa che è una contraddizione in termini talmente palese che mi sembra proprio impossibile ti salti in mente, quindi l’ho esclusa a priori.
Poi oh, se dall’alto della tua augusta e superiore conoscenza dei meccanismi narrativi riesci a giustificare una connessione esclusiva tra “decidere chi amare” e l’omosessualità, appoggiandola a elementi della trama, illuminami. Da ignoto nerd accomunato ad altre persone dal provenire dai forum (credevo di provenire da tutt’altra esperienza, ma ok), sarò pronto a ricevere l’evangelo. Però giustificamelo, dai, che “anche altri la pensano così” non funziona. O almeno, non accetto tesi senza che mi si spieghi perché sono vere.
Non sottolineo mai il mio mestiere per distinguermi dalle altre persone tranne che in un caso: quando qualcuno non del mestiere viene a pontificare in modo supponente (che tra l’altro è il difetto più comune tra i nerd). Allorché smetto di essere “elegante”.
Le motivazioni della mia analisi, che non ritengo una Verità assoluta, le ho già espresse nel post e non ho voglia di ripetermi. I canoni dei film di principesse sono quelli, sono stati rotti per un motivo, hanno un effetto di un certo tipo sul pubblico, altro non ho da dire se non che per l’appunto fare il mio mestiere non è che ti pone umanamente al di sopra della plebe ma semplicemente ti dà una sensibilità specifica nel capire come il pubblico generalista può percepire una determinata scelta narrativa.
Non è che “anche altri la pensano così”, ma “stimati colleghi più esperti di me” la pensano così, e siccome IO riconosco e apprezzo chi ne sa più di me del mestiere, concludo che sono ulteriormente convinto della mia analisi.
Uhm, non pontifico, non più di te quantomeno. Ed è supponente ritenere che scrivere storie dia una sensibilità, semmai è la sensibilità che aiuta a scrivere belle storie. La sensibilità si coltiva e allena anche leggendole, le belle storie, e talvolta, rarissimamente, anche senza farlo. Ancora, è supponente ritenere che una persona che non conosci, e di cui non conosci le esperienze (pardon, “viene dai forum”), non abbia sensibilità narrativa.
Le motivazioni che dai sono tutte ottime e condivisibili, ma per dire che il tema è “decidere chi amare”, non l’omosessualità.
Prendo dunque atto che non mi sai/vuoi (scegli tu) giustificare un salto logico che non vedo e che non so accettare per dogma, e la chiudo qui. Discutere con chi non porta argomenti per ciò che afferma è abbastanza vacuo.
Ti assicuro che scrivere storie allena la sensibilità su quel determinato mestiere come accade in ogni professione. Un architetto che fa questo mestiere da decenni sa dare un’occhiata fuggevole a un progetto e capire in pochi secondi cos’è e se è un buon progetto. Se lo faccio io ci metto dieci minuti solo a capire se è un ponte o un centro commerciale. Fidati: fare un mestiere per anni sviluppa la sensibilità nel campo. E’ mero allenamento e non c’è nessun particolare merito in questo, solo pratica.
Mai negato che la sensibilità si alleni, ho negato che la si OTTENGA scrivendo, o in altre parole che chi scrive abbia l’esclusiva.
Ti sorprenderà, ma anch’io ho un mestiere. E no, non è il nerd dei forum. Non è che tu debba venirmi a insegnare cosa succeda lavorando, ecco.
Per quanto riguarda l’omosessualità, bisogna secondo me tenere presente i canoni tipici di questi film di principesse. Se si fosse trattato semplicemente di dire “non voglio sposare uno dei principi che mi propinate”, avrebbe sposato un garzone. Se si fosse trattato di “Non mi voglio sposare e basta” si sarebbe fidanzata con uno senza sposarsi. Ma il tema – enunciato molto chiaramente – è: “Ognuno deve essere libero di amare chi vuole”. E’ un tema molto specifico e porta quasi automaticamente a toccare il tema dell’omosessualità. Perché ripeto – sempre tenendo conto che esiste un modo decodificato di costruire queste storie – se il tema fosse stato la semplice autodeterminazione avrebbe scelto lei chi amare: un altro maschio che non era tra quelli proposti.
Ma una non può semplicemente non voler stare con nessuno? O anche non voler stare con nessuno in un certo momento?
E soprattutto, seguendo il tuo ragionamento, non avrebbe dovuto scegliere una ragazza?
Io trovo semplicemente che, per far identificare chi guarda, non abbiano voluto scegliere. Ricco, povero, ricca, povera, semplicemente nessuno, qualcuno tra qualche anno. Qualunque scelta avrebbe rotto il “decidere chi amare”, l’autore avrebbe deciso per lo spettatore. Lo si è, giustamente, evitato.
“Ma una non può semplicemente non voler stare con nessuno?”
Quello che ho pensato anch’io.
(Salve, sono appena arrivato.)
Ammetto che quel “decidere chi amare” attira parecchio l’attenzione. Dopo che l’hai notato, non riesci più a non pensarci.
Ma se quello è veramente il tema, allora (parere personale) è perlomeno esposto male.
Per tutto il film assistiamo al contrasto madre/figlia:
– La madre vuole che Merida sia una principessa cortese ed educata, lei va a cavallo e tira con l’arco;
– Vuole che Merida scelga uno dei tre pretendenti, lei gareggia per vincere la sua stessa mano;
– La madre danneggia (quasi inavvertitamente) l’arco di Merida (credo sia lo stesso donatole dal padre), Merida deturpa consapevolmente un arazzo rappresentante l’unità familiare.
Eccetera eccetera. Poi la madre diventa un orso (…ok, qui ammetto che seguire la simbologia del film diventa, almeno per me, un po’ difficoltoso), Merida se la porta nella foresta, dove inizia a sciogliersi un po’, ad avere un assaggio della vita “selvaggia” della figlia – che non è poi così male.
Merida impara un minimo di senso della responsabilità rendendosi conto che la madre sta per diventare un orso in tutto e per tutto a causa di un suo capriccio.
Verso la fine, Merida salva la situazione con un notevole sfoggio di diplomazia che ha evidentemente appreso dalla madre (pur detestandola a parole).
Specularmente, è la madre nella sua forma di orso ad aver ragione (in maniera molto fisica e brutale) dell’avversario, mentre Merida (la presunta “guerriera” del film) è quasi ininfluente nello scontro finale (le sue frecce non hanno effetto, se non ricordo male).
L’arazzo ricucito non serve a niente dal punto di vista “magico” come sperava Merida, ma suppongo simboleggi la ritrovata unità familiare (l’incantesimo si spezza quando Merida abbraccia la madre e le chiede scusa – quando smette di cercare scorciatoie e ammette di aver sbagliato e di voler bene alla madre).
A me sembra insomma che il film verta (anche banalmente, se vogliamo) più sul rapporto madre/figlia, su come siano all’inizio in opposizione per poi avvicinarsi e imparare qualcosa l’una dall’altra.
Altrimenti, non mi spiego in che modo trasformare la madre in un orso abbia a che fare con l’orientamento sessuale di Merida. Può piuttosto avere a che fare con *tutte* le sue libertà – seguire i suoi interessi, non doversi comportare come una ragazza “a modo”, fare le sue scelte con i suoi tempi. E anche, certo, di decidere chi amare.
Chi acquisisce la consapevolezza della necessità di queste libertà? La madre. E come? Cambiando a sua volta, esperendo il mondo della figlia (attraverso l’espediente un po’ ingombrante della trasformazione in orso).
Questo fa sì che le due donne siano quasi coprotagoniste, e per me il peso della narrazione si sposta sul rapporto tra le due, più che sul solo arco di Merida.
E quindi: l’angolo omosessuale può essere uno dei tanti possibili, ma non l’unico. A me sembra piuttosto la classica storia della figlia troppo ribelle e della madre troppo intransigente, e di come arrivino a comprendersi.
Quella frase mi sembra in verità una sorta di “Easter Egg” per favorire una interpretazione (a film quasi concluso) dell’arco di Merida in chiave omosessuale. Interpretazione che non mi pare venga sottolineata in nessun altro punto.
Il suo problema non mi sembra “decidere chi amare”, per quasi tutto il film, bensì “mia madre deve capire che non voglio fare tutto quello che dice lei”.
Ridurre tutto soltanto all’orientamento sessuale (per una frase, che a questo punto ritengo stoni con tutto il resto) mi sembra, questo sì, vagamente sessista.
Dici:
– “Se si fosse trattato semplicemente di dire “non voglio sposare uno dei principi che mi propinate”, avrebbe sposato un garzone.”
– “Se si fosse trattato di “Non mi voglio sposare e basta” si sarebbe fidanzata con uno senza sposarsi.”
Perché deve per forza sposarsi o fidanzarsi? Una donna è completa solo con un uomo/altra donna al fianco? Magari al momento sta bene così. In nessun momento Merida sembra mostrare interesse sentimentale per qualcuno, maschio o femmina. Il legame emotivo più forte che ha, guarda un po’, è sempre con la madre.
Mi spiace, ma (e chiudo, e grazie per la pazienza) trovo che se davvero il film spinge l’angolo dell’omosessualità, allora lo fa male, come fosse una pezza attaccata all’ultimo momento – e sabotando nel frattempo il tema principale.
Ed è un peccato.
Va bene, voi continuate pure a interpretare un film Disney come se fosse la realtà e non come se fosse un film con un determinato stile e determinati canoni decodificati dal pubblico generalista mondiale da decenni di cinema Disney, e con un determinato impatto su detto pubblico generalista, continuate pure a pensare che la vostra singola esperienza di maschio bianco occidentale con una istruzione di livello X sia un punto di vista che vale per tutto il pubblico generalista mondiale, io invece continuo a fare il mio mestiere. Continuate pure a non leggere nel film le metafore e i sottotesti.
Ripeto: non stiamo parlando di messaggi razionali, ma di sottotesti emotivi che servono a toccare la percezione delle persone verso determinati argomenti, magari cambiarla di un millimetro alla volta. Non stiamo parlando del messaggio satanico al contrario nei dischi heavy metal, stiamo parlando di una narrazione che tramite determinati meccanismi innesca una consapevolezza emotiva a proposito di un tema. Voi continuate pure a fermarvi alle piccolezze materiali, io intanto mi concentro su come il pubblico percepisce a livello emotivo una determinata narrazione.
Il tema della famiglia: certamente Michele, è sicuramente un altro tema fondamentale. Non ho mai detto che quello dell’omosessualità sia l’unico tema, anzi, dirò di più: ancora più centrale è il tema dell’omosessualità relativamente all’accettazione in famiglia e l’impatto che il coming out può avere su una famiglia tradizionale. Stiamo parlando sempre di emozioni, ragazzi, EMOZIONI. La chiave di volta di ogni narrazione. Se non sapete leggere quelle non sapete analizzare una narrazione.
Non fermatevi alle piccole cose pratiche, alle cosucce che succedono. Le cose che succedono hanno dei significati, ci sono più livelli di lettura per ogni scena, ogni cosa è una metafora. Quanto stupidi sarebbero i film se le scene significassero solo quello che significano a livello superficiale? Se non ci fossero metafore? Concentratevi sulle emozioni dei personaggi, le relazioni, le metafore, ciò che queste scatenano nello spettatore.
Quanto a “E soprattutto, seguendo il tuo ragionamento, non avrebbe dovuto scegliere una ragazza?” Lorenzo se avessi davvero seguito il mio ragionamento avresti letto anche:
“Naturalmente non si sarebbe potuta creare per un film Disney addirittura un’eroina lesbica. Sarebbe stupido pensarlo. I tempi non sono ancora maturi, il film deve poter essere venduto in ogni angolo del globo (come immagino sappiate, la Disney è un’azienda di intrattenimento generalista), presentato a comunità con culture diverse e visto da persone di tutti i credo religiosi. Il mondo va cambiato un pezzo alla volta. Un personaggio dichiaratamente gay avrebbe creato polemica e ostracismo in alcuni settori del mondo (anche occidentale). Avrebbe generato contrapposizione, barricate, poca comprensione e non avrebbe raggiunto il punto. Ognuno sarebbe rimasto della propria idea, facendo magari perdere anche spettatori ai film Disney.”
Merida NON E’ un’eroina lesbica. Quello che ho detto, e spero di non doverlo più ribadire altrimenti dovrei cominciare a considerare realistico l’allarme a proposito dell’analfabetismo funzionale, è che uno dei temi della storia è l’omosessualità. E’ un tema. E’ una cosa che corre nel sottotesto. Che viene veicolata tramite le emozioni, non tramite matrimoni gay e bandiere arcobaleno. Non è un film sull’omosessualità. Non è Philadelphia. Ma l’omosessualità è uno dei temi di questo film. Sono cose ben diverse e spero che stavolta sia chiaro altrimenti non ho altre parole per spiegarlo.
“E’ un tema potentissimo per un film dedicato a tutte le famiglie del mondo e a ogni età. E nessuno mi toglierà dalla testa che parli di omosessualità.”
Se sono analfabeta (e come tu ti permetta, dicendomi pure di essere io l’arrogante, resta un grande mistero), è nel non capire quel concetto di “nessuno mi toglierà dalla testa”.
In ogni caso, mai ti ho detto che consideri Merida un’eroina lesbica, se non per il fatto che sarebbe l’unica giustificazione razionale al tuo considerare, e lo hai scritto nel virgolettato qui sopra, l’omosessualità un tema del film. Tuttalpiù l’omosessualità rientra nel discorso che il film fa riguardo il “decidere chi amare”, ma non c’è alcun fondamento interno al film per dire che il film si occupi specificamente di quella peculiare sfaccettatura del “decidere chi amare”.
Ma di nuovo, prendo atto che la tua sensibilità ti permetta di dire quale sia il tema pur senza alcun appoggio che non sia la tua sensibilità stessa, e bene così. Non c’è davvero altro da dire, è un discorso che non va da nessuna parte e non può andarci. Non posso davvero stare a discutere di cose considerate vere per dogma a qualcuno a cui nessuno le toglierà mai dalla testa.
Ti ho detto che non sono disposto ad accettare per dogma questa cosa, prendila così com’è. Continua pure a considerarla verissima, ma renditi almeno conto che per convincere chi non è convinto serva qualcosa di più solido, fondato e provabile di “la mia sensibilità dice che”.
Ok. Un paio di esempi?
Capisco le metafore, il sottotesto, le emozioni, eccetera.
Se l’aspetto di cui discutiamo è qualcosa che gli autori del film volevano il pubblico generalista percepisse (anche a livello “subliminale”), avranno fatto delle scelte narrative/estetiche in quel senso.
Qualcosa, suppongo, di oggettivo e riproducibile, visto che non possono controllare le reazioni di ogni singolo spettatore (ognuno con le sue differenze di età, sesso, cultura, ecc.), ma possono controllare il contenuto del film (e la comunicazione che ci gira attorno).
Io evidentemente queste sfumature non le percepisco (e sì che mi sento pure io abbastanza “pubblico generalista”), tu sì. Me ne vorresti indicare almeno qualcuna? Esclusa la frase “incriminata”?
Grazie.
Rispondo al mio stesso commento, come i matti.
Ferma tutto, forse ci sono arrivato – anche se non sono sicuro di avere tutti i pezzi.
(Ammetto di aver letto un post dell’Atlantic che mi ha messo sulla buona strada.)
È possibile che alla Pixar abbiano usato un pregiudizio a loro vantaggio.
Ragazza in gamba, va a cavallo, tira con l’arco, eccetera: ne abbiamo viste ancora, di Principesse Disney che sanno combattere (es. Mulan) e comunque non sono quasi mai state le classiche “damsels in distress”.
Cosa avevano quelle che Merida non ha? Eravamo sicuri della loro eterosessualità.
Di Merida, invece, non conosciamo l’orientamento sessuale – non lo conosciamo come non lo conosce sua madre (che, dal suo punto di vista, ha ben motivo di sospettarne), e credo che questo sia il punto chiave.
Dicevo dell’orso. Mi è sempre sembrata una scelta strana. C’erano un milione di modi per far finire Merida e Elinor in giro per la foresta perché interagissero, senza che Elinor cambiasse forma.
C’è una scena molto bella proprio al centro del film. Merida segue Elinor che si sta allontanando per conto suo, questa si gira e le ringhia contro, tramutata in un animale, irriconoscibile e irraggiungibile.
In quel momento Merida non ha di fronte a un familiare, ma a una creatura che non la riconosce, e che può farle del male.
Di film sui rapporti tra genitori e figli ce ne sono tanti. Altra scelta strana da parte della Pixar quella di battere un sentiero così abusato.
In realtà, forse anche questo è servito al trucco: Elinor sopporta tutta la maleducazione adolescenziale di Merida – quello che fa – , ma la vera crisi arriva quando non riesce ad accettare quello che è.
Ci sono pochi contrasti tra genitori e figli ad avere il potere di separarli in maniera così drammatica come quelli relativi all’orientamento sessuale di questi ultimi.
Ci sono genitori che buttano i figli fuori di casa, o che non vogliono più parlarci, o che li iscrivono presso orrende istituzioni che dovrebbero “curarli” della loro omosessualità.
Un altro elemento che mi sembrava in più è quello dei fuochi fatui, che nel film stanno a rappresentare il destino. Merida ritiene di dover seguire il proprio destino, eccetera.
È possibile che non si tratti del destino nel senso in cui lo si intende solitamente nei film (“sei il prescelto”, eccetera), ma che stia a simboleggiare il fatto che nasciamo fatti in un certo modo (preferenze sessuali incluse) e che non c’è modo né senso di alterare questo stato di cose.
Merida deve seguire il suo destino perché è quello che va bene per lei, perché è nata per quello e non ci può fare niente – né deve.
Qual’è la backstory del villain? Voleva il potere, ha ucciso i suoi stessi fratelli. Quando l’incomunicabilità supera una certa soglia, si diventa come bestie, non si riconoscono i propri stessi familiari, e le famiglie vengono distrutte.
Torno al punto iniziale: la Pixar presenta un’eroina tosta, in gamba, poco interessata alle solite attività femminili, che non vuole sposarsi: nella testa (di alcune? Tante? Tutte?) persone tra il pubblico, soprattutto genitori, si forma l’idea: “Sarà mica gay?”.
Qui credo la Pixar abbia fatto il suo gioco di prestigio: ha instillato un dubbio nella testa degli spettatori per usarlo contro gli spettatori stessi.
Ho provato a ragionare dal punto di vista di un genitore: quasi tutti si dicono progressisti a parole, ma considerare la possibilità che tuo figlio/a possa essere gay è qualcosa che può spaventare – può anche non importare a te, ma là fuori c’è un mondo che potrebbe non perdonarglielo.
Elinor è spaventata dal fatto che sua figlia non voglia essere una principessa (metaforicamente, non voglia essere “a norma” dal punto di vista sessuale – “Non si interessa ai ragazzi! Vuoi mica che sia lesbica?”).
Il contrasto con la figlia aumenta, finché Elinor è letteralmente incapace di relazionarsi con Merida, non riesce neppure più a riconoscerla. Tra l’altro, per qualcosa di cui non ha colpa, e che è semplicemente il suo destino (ossia, la sua identità sessuale).
Dal punto di vista di Merida, si realizza una delle paure che attanagliano spesso i ragazzi gay: che i loro genitori gli si rivoltino contro (anche ferocemente), che non possano accettare la loro natura. Madre e figlia diventano l’una per l’altra creature estranee e pericolose.
Allora sì, la frase sul “decidere chi amare” diventa il culmine di una progressione che ha percorso sotterraneamente tutto il film.
E quando Elinor torna a essere umana (ossia, riprende a comunicare con la figlia), lo fa perché capisce che non ha importanza quale sia l’orientamento sessuale di Merida (che non veniamo a sapere, e va bene così), perché la amerà in ogni caso, e non cercherà mai di cambiarla.
Instillato un pregiudizio, spiegato perché quel pregiudizio non ha senso.
Perdona (di nuovo) la lunghezza.
Se è la stessa spiegazione che daresti tu o simile, allora suppongo di condividere il tuo punto di vista.
Michele, mi scuso se rispondo solo ora ma per qualche motivo non mi arrivano le notifiche dei commenti.
Dunque, hai spiegato la faccenda meglio di come avrei potuto spiegarla io, anche perché sono passati anni da quando avevo visto (e analizzato) il film e certi particolari non li ricordavo.
La prima frase chiave – perfetta – che hai usato è:
È possibile che alla Pixar abbiano usato un pregiudizio a loro vantaggio.
La seconda frase chiave è:
Cosa avevano quelle che Merida non ha? Eravamo sicuri della loro eterosessualità.
La terza frase chiave è:
Qui credo la Pixar abbia fatto il suo gioco di prestigio: ha instillato un dubbio nella testa degli spettatori per usarlo contro gli spettatori stessi.
Davvero Michele, complimenti. Non avrei potuto dirlo meglio.
Ciao Giorgio, non serve che ti scusi – anzi, grazie a te la risposta: iniziavo a sospettare di aver scritto una serie di sciocchezze tali da non meritare neppure un commento.
Confesso che ho faticato un po’ a capire il tuo punto di vista, ma hai dato tutti gli “indizi” giusti, e dopo è bastato pensarci cercando di lasciar da parte i preconcetti.
In effetti, l’aspetto per me più piacevole di questo scambio è aver cambiato idea su una questione che davo per scontata.
Per cui, grazie a te e alla tua determinazione nel difendere la tua posizione.
Ciao Michele, figurati.
Mi fa piacere che tu abbia cambiato idea, non succede spesso.
Non ricordavo tutto il film per filo e per segno pertanto su alcuni aspetti sono stato un po’ vago, mentre tu hai completato il mio ragionamento in maniera puntuale. Spesso quello che scrivo sul blog è frutto di intuizioni legate al mio mestiere e avrebbe bisogno di approfondimento (non essendo il mio mestiere quello del blogger!).
Alcune persone non riescono a entrare nell’ottica giusta per due motivi:
– Magari sono appassionati di un’opera ma la loro opinione è in contrasto con una delle tesi. Così, se io ho pregiudizi sui gay ma sono appassionato Pixar non posso ammettere che un film Pixar abbia tra i temi l’omosessualità, allora mi auto-induco una serie di spiegazioni razionali per convincermi che in realtà non sia così.
– “Merida non si sposa con una donna quindi non è gay quindi il film non parla di omosessualità”. Se fosse tutto così plateale e lineare, se non esistessero le metafore e le allegorie, se nella narrazione esistesse la sola equazione 2 + 2 = 4, noialtri potremmo tranquillamente andare a zappare la terra e le storie le scriverebbero magari gli ingegneri. Ma la narrazione è un’altra cosa, è far sorgere delle domande nelle persone facendo risuonare delle corde emotive, non è sbattergli in faccia la questione come un volantino delle BR.
Suggerisco il terzo: il tema di un film è una cosa assai diversa dal far sorgere domande, e anche dallo sbattere in faccia. “Freeheld” è un bellissimo film che parla di diritti e omosessualità, “Brave” è un film che parla della libertà di scegliere. Entrambi “sbattono in faccia” tutt’altro: la storia di persone.
E le persone non entrano nella TUA ottica, non in quella giusta, perché dimostrare che è giusta è una cosa che ancora non hai fatto.
E non sparare di nuovo la questione dell’architetto che fa il mestiere da decenni, perché se all’architetto viene contestata qualcosa, non può permettersi di rispondere “eh ma la sensibilità architettonica”.
(e, per inciso, neanche sono un appassionato Pixar, né ritengo Brave un film eccezionale)
Lorenzo Barberis ha scritto un bel post sul suo blog espandendo la mia intuizione su Forrest Gump. Vi consiglio di dargli una letta:
http://barberist.blogspot.it/2016/11/forrest-gump-voltaire-zemeckis-manzoni.html