
Il “Topo” di marzo 2025
Bentornati su Lo Spazio Disney!
Il terzo mese del 2025 mi è scivolato tra le dita, insieme alla stagione invernale; settimane un po’ di stasi, per quanto mi ha riguardato, una sorta di attesa di un qualcosa che alla fine non si è avverata… pazienza. Ad altri livelli, la situazione internazionale è invece sempre in perenne movimento, ma mai in maniera positiva.
Insomma, un incipit primaverile non proprio entusiasmante, a mio avviso, rischiarato solo all’inizio dalla bella diretta streaming in ricordo di Francesco Gerbaldo, la cui memoria mi rasserena sempre, anche se per ovvi motivi in maniera malinconica.
In ogni caso, tra gli elementi positivi di questo marzo ci sono state anche diverse storie di Topolino: venite con me a vederle nel dettaglio 😉
Marzo 2025: le storie da Topolino
Le maschere – Atto terzo, di Andrea Malgeri (n. 3615), porta brillantemente a conclusione la storia impostata da Malgeri, su cui avevo già speso belle parole lo scorso mese per i primi due episodi.
C’è poco da aggiungere a quanto detto allora, perché l’ultima parte riconferma quanto di buono l’autore è riuscito a fare con questo intreccio: l’atto finale evolve coerentemente la trama in maniera lineare e non forzata, con un ottimo uso dei personaggi e archi narrativi solidi e compiuti.
Anche per quanto riguarda il disegno ribadisco le lodi per uno stile piacevolmente sobrio riguardo ai personaggi e dettagliato per oggetti e sfondi, in una gabbia sempre in movimento che apre spesso a vignette ampie e a quadruple d’effetto, in grado di restituire al lettore una Venezia magica e incantevole.
Area 15 – Newstreet Park, di Marco Nucci e Mattia Surroz (n. 3615), apre il terzetto di storie che celebrano i cinque anni di Area 15, festeggiamenti che hanno incluso anche una manciata di simpatiche one-page realizzate da Roberto Gagnor e Claudio Sciarrone, che per primi si erano occupati della serie.
Newstreet Park racchiude un po’ la quintessenza di quello che il progetto è stato e continua a rappresentare: centralità e proattività dei ragazzi, iniziative per la cittadinanza, l’impegno per fare qualcosa di buono e utile, la valorizzazione dei propri interessi in maniera non passiva.
Il cast funziona in maniera ormai rodata e la trama scorre assai bene, con la giusta dose di umorismo e feels ben dosati tra loro.
Nucci si riconferma perfettamente a suo agio in questo impianto narrativo e Surroz, dal canto suo, dimostra ancora una volta la perfetta sintonia con lo sceneggiatore, accompagnando i testi con disegni morbidi e carezzevoli davvero riusciti.
Idealmente la storia vorrebbe essere un incontro tra Area 15 e I misteri di Paperopoli, ma nei fatti c’è ben poco della seconda e per quanto mi riguarda va benissimo così!
Papersera News presenta: Area 15 – Sfida all’ultimo scoop, di Corrado Mastantuono (n. 3616), fonde invece in maniera più marcata il ciclo sul club dei ragazzi di Duckburg con un’altra serie bertaniana, cioè il revival del Papersera a cura di Corrado Mastantuono.
L’idea su cui l’autore gioca tutto è lo scontro generazionale tra i reporter Paperino e Paperoga e i ragazzini, giovani giornalisti in erba per la rivista della scuola.
È un buon approccio, simpatico e calzante viste le premesse, ma inevitabilmente sembra molto più una storia di Papersera News presenta che di Area 15: per cui, se dovessi valutarla nell’ambito delle celebrazioni per la ricorrenza, non potrei dire che la storia sia riuscita, mentre come avventura a sé stante mi ha intrattenuto e ha fatto il suo dovere.
Certo, il tema “adulti vs ragazzi” è sempre insidioso, ma il Masta riesce a non cadere (troppo) nei luoghi comuni del caso e ci regala anche un Paperino meschino e dispettoso come non si vedeva da tempo, il che non è male.
Ottimo anche Paperone nelle vesti di direttore/gran burattinaio, che nelle ultime vignette esprime anche un bel concetto proprio sul rapporto tra età e competenze differenti.
Plausi infine al disegno, sintetico e aggraziato come sempre.
Area 15 – In punta di Pennino, di Francesco Pelosi e Simona Capovilla (n. 3617), regge perfettamente il confronto con la Newstreet Park del “veterano” Nucci, il che non è poco per un esordiente come Pelosi.
Confesso che temevo di risultare di parte nel valutare la sua prima storia lunga, vista la conoscenza pregressa con la persona, ma il timore è stato spazzato via dalla bontà intrinseca del suo lavoro, che ha addirittura superato le aspettative.
L’autore ha dimostrato di aver studiato molto bene il setting e lo spirito di Area 15, nonché di avere il polso del carattere dei personaggi: tale bagaglio si evince dal plot, che segue l’impostazione di varie storie del ciclo e fa un uso coerente del cast, ma Pelosi non appare ingabbiato in esso, riuscendo subito a introdurre alcuni tocchi personali.
L’inserimento di Pennino è quello più evidente: il nipote di Paperoga aveva già fatto capolino qua e là nella serie, ma senza appartenere ufficialmente al club né avendo mai ruoli di spicco. Lo sceneggiatore lo introduce con i giusti modi e tempi, lavorando anche su quello che caratterizzava il paperotto e arrivando ad affinarlo per giustificare il proprio ruolo in tale contesto.
Altro elemento inedito e azzeccato è la finestra sul passato di Paperoga, con la contestuale introduzione di Erica, vecchia amica del papero e attuale bibliotecaria di Paperopoli, mansione che veicola senza pedantismo anche un tema culturale molto importante.
In tutto questo Capovilla risplende: dopo le ultime prove che mi avevano lasciato un po’ freddino, l’artista torna a sfoggiare il suo miglior tratto e a illustrare in maniera armoniosa la sceneggiatura. I personaggi appaiono dinamici, morbidi, piacevolissimi alla vista e graziati da una recitazione fresca e credibile. Molto buona la sua versione di Pennino, ma soprattutto il character design di Erica che veste con un gusto rock davvero galvanizzante (divertentissime e ben illustrate le magliette che parodizzano The Who e The Clash), uno stile casual e “grezzo” difficile da vedere nel fumetto Disney specialmente reso in maniera così spontanea, così com’è ottima l’acconciatura. Anche la versione dei flashback risulta adorabile, con un look da figlia dei fiori formidabile.
Circus – Spettri a Golden City, di Giovanni Di Gregorio e Ivan Bigarella (n. 3617), è uno spettacolo per gli occhi. Bigarella ha già dimostrato la qualità cristallina della sua mano, ma sembra che in Circus ci stia mettendo anima, fatica e sudore come non mai arrivando a risultati che fra 20 anni saranno visti secondo me come una pietra di paragone. Non risultare sconfitto dal confronto con Paolo Mottura, che ha impostato lo stile visivo della serie, non è per nulla semplice e l’artista ci è riuscito alla grande.
In questa Spettri a Golden City in maniera particolare, ancora migliore dell’avventura precedente: le atmosfere da ghost-town sono rese in maniera conturbante non solo dalle ambientazioni, dagli interni e dagli edifici (non semplicemente cadenti ma intrisi di tanti dettagli che li connotano come abbandonati e fuori dal tempo), ma pure dai pochi abitanti rimasti, anche loro rappresentati come reliquie di un passato remoto. Fateci caso, ogni dettaglio sul viso di queste persone è quasi scavato, le barbe sono lunghe e polverose, le rughe scavate, i vestiti consunti… tutto concorre a rendere quella precisa estetica decadente.
Topolino e Pippo poi sono raffigurati in maniera cesellata, con una tridimensionalità veramente notevole. Le tavole acquarellate, infine, sono quel tocco ulteriore che dimostra la qualità di questo disegnatore.
Per quanto riguarda la sceneggiatura, si tratta probabilmente del migliore dei tre episodi finora usciti: si tralasciano almeno parzialmente le note più infantili che andavano a smorzare l’atmosfera nelle prove precedenti e si respira finalmente un po’ di pathos consistente, con un intreccio interessante, articolato e ben gestito.
Per quanto riguarda la trama orizzontale, la rivelazione su Pippo funziona sia come concetto che nelle modalità in cui viene esposta.
Pianeta Paperone – Sogni nel cassetto, di Vito Stabile e Marco e Stefano Rota (n. 3616), si configura come uno dei migliori episodi dell’intera serie, al pari con le primissime storie del ciclo.
E non certo solo per l’apprezzata e puntuale citazione grafica della quadrupla d’apertura, con i due Rota che ripropongono con maniacale attenzione ai dettagli ogni angolo dell’analoga vignetta di Carl Barks in Zio Paperone e l’intruso invisibile, ma per un impianto che fa della genuinità la sua forza, un po’ la base dell’intero progetto.
Paperone non riesce a dormire, di giorno quindi è stanco e fa pasticci: deve risolvere questo problema apparentemente quotidiano, ma per farlo ingaggia una vera battaglia con sé stesso e con il microcosmo attorno a lui.
C’è tutto il Paperone di Barks in questa visione, e Stabile lo gestisce in maniera vincente!
What If…? Topolino e i suoi amici diventano The Avengers, di Steve Behling, Luca Barbieri e Alessandro Pastrovicchio (n. 3616), va al cuore di quello che la Marvel rappresenta oggi per il pubblico generalista: gli eroi uniti.
Behling e Barbieri scelgono di ricalcare la prima storia del supergruppo – come già accaduto in altri What If, da Thor ai Fantastici 4 – ma il risultato è meno convincente rispetto alle precedenti occasioni di cui sopra. La narrazione è troppo concitata nel dover comprimere tutto quello che vuole raccontare nello spazio a disposizione e questo va a discapito del risultato finale, che appare come buon materiale schiacciato in un contenitore troppo stretto.
Bella l’idea di avere Gastone nei panni di Loki, simpatico il rapporto descritto tra lui, Paperone-Odino e Paperino-Thor, azzeccati i ruoli assegnati ai singoli personaggi disneyani presenti… ma quando si arriva all’azione l’impianto comincia a scricchiolare.
Il meglio dell’operazione viene ancora una volta dal comparto grafico: Alessandro Pastrovicchio fa un lavoro egregio e regala ottime tavole, che omaggiano quelle originali spingendo sull’acceleratore del suo stile.
I Mercoledì di Pippo – La minacciosa minaccia dallo spazio esterno, di Rudy Salvagnini e Marco Mazzarello (n. 3616), continua a non essere al pari della qualità che questo ciclo aveva vent’anni fa, ma sai tratta forse della prova migliore di questo reprise anni ‘20.
Diverse gag azzeccate, l’ottimo bilanciamento nel descrivere il rapporto tra Pippo e Topolino nella visione romanzesca del primo e alcuni dialoghi piacevolmente folli sono gli ingredienti che rendono la lettura quantomeno piacevole; perfino Mazzarello in versione ibridata in questo caso ha il suo perché e non stona visivamente.
Tecnologia… avanzata, di Enrico Faccini (n. 3616), è una spassosissima breve intrisa di humour facciniano all’ennesima potenza.
Il suo Paperino candido e genuinamente convinto di poter aggiornare da solo il vecchio computer di casa è perfettamente in character, fedele al modello originario dei cortometraggi animati e delle ten-pages barksiane, ma fatto proprio dall’autore ligure che gli inietta un po’ di sana follia.
L’escalation di termini pseudo-informatici inventati per l’occasione e l’immaginario controcanto demotivante di Qui, Qui, Qua costituiscono dei contrappunti di una comicità fenomenale, fresca e spassosa che mi ha davvero rinfrancato.
Topolino in giallo – Mistero a quattro corde, di Marco Bosco e Carlo Limido (n. 3618), è la nuova incursione nel poliziesco dell’habitué Bosco, ormai riconosciuto giallista topolinesco per antonomasia degli ultimi anni, tanto che in coda alla storia c’è pure una breve intervista rivoltagli sul tema.
Mistero a quattro corde funziona sicuramente meglio della precedente storia del ciclo e riesce a coinvolgere il lettore nel caso, che vede un famoso violinista rapito poco prima di un’importante esibizione. La struttura è costruita a puntino e pur nella sua linearità porta a casa un buon risultato, anche grazie ai disegni di un sempre ottimo Limido; l’artista in questo caso gioca un po’ con la gabbia e presenta tavole costruite in maniera intelligente, con un numero cangiante di vignette per pagina e inquadrature notevoli.
Paperino e il vestito ballerino, di Giovanni Eccher e Ottavio Panaro (n. 3618), non si bea di un comparto grafico altrettanto d’effetto, anche se Panaro tutto sommato fa un discreto lavoro e mostra di guardare alle “lezioni” frecceriane.
Eccher dal canto suo scrive una storia molto standard nell’approccio, con un pretesto iniziale che forse nel 2025 mostra un po’ (un po’ tanto) la corda ma che viene sviluppato con grande consapevolezza della struttura delle storie Disney. Gag ben dosate, Paperino molto in parte, riscatto finale.
Insomma, una riempitiva dignitosissima: il termine è da intendersi in senso buono, giacché svolge il suo lavoro come si deve.
Newton Pitagorico e lo spauratore da brivido, di Augusto Macchetto e Mattia Surroz (n. 3618), mette in scena l’ennesima bizzarra invenzione del nipotino di Archimede. Macchetto guarda direttamente all’impostazione di Nucci, Vacca e Testi ma risulta chiaro che riesce a metterla in pratica con minor ispirazione e in maniera più ingessata. Quasi un more of the same di quanto visto in altre vicende di Newton, senza verve e che indugia un po’ troppo nel rapporto con lo zio. Buono Surroz ai disegni, per quanto qui sembri per qualche motivo più frenato rispetto ad altre sue recenti prove, che lasciavano maggiormente il segno.
Zio Paperone e la memoria ghiottona, di Roberto Gagnor e Giampaolo Soldati (n. 3617), poteva essere un disastro e invece mi sono trovato a gradirla come non mai.
È tornato il Gagnor che amo, quello divertente oltre che divertito e che riesce a costruire una storia prettamente comica, anche di una comicità sciocchina, ma senza che questo vada a discapito di una trama capace di reggere sulle sue gambe.
La “caccia al tesoro” culinaria in terra italiana, con Ciccio usato come una sorta di cane da tartufo, è molto simpatica e, pur sincopata, dotata di un ritmo ben gestito. Il tema “educational” non pesa e risulta ben amalgamato con l’intreccio, per una lettura… gustosa! (scusate…………………)
Orazio, Clarabella e la serata a tema, di Marco Bosco e Lucio Leoni (n. 3617), nella sua brevità e anche prevedibilità non mi ha comunque deluso; sarà che non si vedono spesso scorci di vita quotidiana della coppia formata dall’equino e dalla mucca, ma devo dire che il risvolto, per quanto potesse essere prevedibile, ha dalla sua un certo elemento di realtà che può portare a empatizzare con Orazio.
Ciò mi porta a perdonare, almeno in parte, lo spunto iniziale che (come per la storia di Eccher) sa di vecchio, anche per via dei brillanti disegni di Leoni che rendono tutto più dinamico e fresco.
Orazio e l’ingaggio di nequizia, di Pier Giuseppe Giunta e Valerio Held (n. 3615), per restare in territorio oraziesco, funziona invece molto meno. Questa visione da “eroe per caso” sembra adattarsi male al meccanico di Topolinia e, complici i disegni di un Held un po’ appannato, porta a una storia pasticciata e che non sono riuscito ad apprezzare.
Topeo scienziato viaggiatore – La biblioteca più grande della storia, di Sergio Cabella e Marco Palazzi (n. 3618), sembrerebbe esser già l’episodio finale di questo ciclo storico, stando all’editoriale del direttore. La cosa mi lascia perplesso perché le premesse sembravano aprire a una narrazione ben più lunga; non è dato sapere se trattasi di errata impressione mia o di un cambio in corsa, ad ogni modo mi spiace perché, se è pur vero che la prima storia non mi era granché piaciuta, questo secondo capitolo pareva aver imbroccato la strada giusta: niente di che, ma la sceneggiatura di Cabella sembrava più centrata stavolta, con un uso migliore di queste versioni alternative di Topolino e Pippo e una trama più solida, forse perché poggia – mutatis mutandis – sull’archetipo del protagonista indagatore.
Il neo rimane la caratterizzazione e l’uso pressoché nulli dei comprimari inediti, dei quali continuo a interrogarmi su ruolo e background.
Buoni i disegni di Palazzi, anche se pecca in qualche frangente in una raffigurazione meno puntuale e troppo sintetica di monumenti ed edifici.
Paperino, Jones e la gara dei burloni, di Knut Naerum e Arild Midthun (n. 3618), infine, segna la consueta quota Egmont del mese e lo fa con una breve a tema pesce d’aprile, argomento per il quale i due litigiosi vicini di casa sono certamente i migliori interpreti.
Spunto carino, sviluppo “da manuale” con la solita escalation di disastri e distruzione. Niente di nuovo, insomma, ma si ride “di pancia”, di un umorismo slapstick che ci sta tutto.
Bene, direi che per questo mese è tutto.
Alla prossima!