Bentornati su Lo Spazio Disney!
Lo avevo anticipato con il post di gennaio, e così è stato: con febbraio abbandono la formula del commento generale sulle pubblicazioni disneyane del mese per sostituirla con analisi mirate su singoli albi o volumi che mi troverò a leggere, tra i (pochi) acquisti fissi e quelli estemporanei che non saranno oggetto di recensioni per Lo Spazio Bianco.
Il nuovo corso non poteva che partire con I Grandi Classici Disney, testata che fin dagli esordi di questo blog ha avuto un ruolo predominante nei miei discorsi.
Anche se, certamente, in quest’ultimo periodo non se la sta passando proprio bene.

Pier Luigi Gaspa, l’esperto chiamato a sostituirlo, è un nome altrettanto illustre, ma evidentemente deve ancora prendere per bene le misure del compito che gli è stato affidato, procedendo “per tentativi ed errori”, come si suol dire.
Il primo segno tangibile di cambiamento che si può riscontrare è la progressiva eliminazione dai sommari delle brevi storielle americane, chicche di cui Boschi era prodigo e il cui valore oggettivo era forse di poco conto, ma che in virtù dell’elemento di curiosità che rappresentavano e della funzione di “decompressione” che rivestivano all’interno della composizione del numero, avevano un loro perché.
Da qualche mese a questa parte la selezione guarda invece alla sola produzione italiana, sforando a volte anche nel Nuovo Millennio, e offrendo menù che anche ad un primo sguardo appaiono meno “sazianti”.
Sono un po’ i sintomi che accusa anche il numero di febbraio, che segna – ahimè – un passo indietro rispetto al mese scorso, anche se per fortuna non si torna ai disastrosi livelli di dicembre.
Per quanto mi riguarda solo due sono le storie che rappresentano il piatto forte dell’albo: Zio Paperone e i tapirlonghi fiutatori e Paperino e lo spartito inedito.
La prima è una celebre avventura di Rodolfo Cimino e Giorgio Cavazzano, che segue inizialmente il plot tipico dei lavori del compianto sceneggiatore ma che sa discostarsene nello sviluppo: certo, c’è il viaggio in un lontano Paese di fantasia a caccia di una sorta di tesoro, c’è l’assurdo mezzo di locomozione di turno, ci sono strane creature dal buffo nome articolato, ma la ricerca conosce un esito differente dal solito, con una difficile prova che lo Zione deve superare in solitaria e che gli farà ripensare alle proprie priorità.
Ottimi i disegni di Cavazzano: il suo tratto anni Ottanta, che aveva progressivamente addolcito e normalizzato lo “stile techno” del decennio precedente, conosce qui alcuni guizzi notevoli e interessanti, soprattutto per quanto riguarda alcuni scorci delle ambientazioni in cui si trovano i Paperi, per i tratteggi con cui aggiunge atmosfera in un paio di scene notturne e per le espressioni sofferte che disegna sul volto di Paperone quando se la sta vedendo brutta. Simpaticissimo, infine, il design dei tapirlonghi.

I disegni, complici le chine di Cavazzano, sono dinamici e movimentati, rendendo le figure slanciate e dando quindi al ritmo narrativo la giusta velocità suggerita dalla trama.
Sono buone, anche se meno ispirate, Paperino e l’elfo Filippo di Attilio Mazzanti e Giulio Chierchini, Topolino e la canzone di Nerone di Carlo Panaro e Sergio Asteriti e Topolino e l’occhio parlante di Guido Martina e Massimo De Vita.
La prima riesce a divertire in alcuni passaggi, per quanto pesantemente debitrice dei comportamenti tra Paperino e Paperone del periodo, molto conflittuali e peraltro accentuati dal tratto netto e arcaico di Chierchini.
La seconda è una storia della macchina del tempo di Zapotec e Marlin, volta a scoprire un mistero dal sapore anacronistico: in realtà la soluzione è ben presto intuibile e questo depotenzia un po’ l’efficacia della sceneggiatura, che non brilla particolarmente, complice anche il tratto di Asteriti forse non molto adatto a questa vicenda.
La terza, infine, è un classico giallo di Martina, con un Mickey sapientino e non molto bendisposto nei confronti di Pippo: tutto sommato, una volta venuto a patti con queste caratteristiche ormai note, la trama non appare scontata e si fa leggere con un certo interesse anche dal lettore più scafato. I disegni del giovane De Vita junior, tra l’altro, gradevolmente ispirati dal segno di Floyd Gottfredson in questa fase della sua carriera, aiutano la storia a guadagnare punti.

Alti e bassi: poteva andare peggio, certo, ma quella che una volta potevamo chiamare #unicatestataseria ci ha abituato a ben altra selezione e mi spiace riscontare che i tempi siano cambiati.
Come anticipavo il mese scorso, l’intenzione rimane quella di arrivare a cifra tonda con i GCD, smettendo l’acquisto fisso con il #90 del prossimo giugno. Inizialmente la ragione era data da un taglio di spese e per problemi di spazio, ma appare ormai chiaro che anche la qualità di quanto proposto inizia a non essere più in linea con le mie aspettative.
Ciao!
Ho letto quasi tutto il numero dei GCD di questo mese e devo dire che mi è piaciuto.
La storia migliore tra quelle che ho letto è “Lo spartito inedito”, molto frizzante e dal ritmo serrato, oltre che divertentissima grazie a un’ottima gestione della commedia degli equivoci. Una delle storie del periodo d’oro di Scarpa, sia per sceneggiatura che per disegni.
Molto bella anche “I tapirlonghi fiutatori”, storia che aspettavo di leggere da un bel po’. Tanti temi tipici di Cimino con delle belle variazioni sul tema. Particolarmente divertente la scena in cui i Tapirlonghi decidono di sfamare Paperone per tutelare i loro sonni dai suoi lamenti xD
“La cucina al maschile” è una breve abbastanza insipida e oltretutto recente, non ho nulla contro le storie degli anni Novanta/Duemila, ma penso che non dovrebbero avere sede in questa testata.
“L’elfo Filippo” mi è piaciuta, si riconosce lo stile assurdo di Mazzanti (anche se non così assurdo come in altre vicende), stile che apprezzo a dire il vero. Sono abituata a leggere storie con dinamiche familiari così crude, anche se non sono le mie preferite (preferisco un rapporto zio-nipote più dolce e carico di frecciatine piuttosto che questo stile “martiniano”), e qua le ho trovate anche divertenti.
“L’ospite intemerato” è carina, un po’ strano trovare un Topolino che crede tanto all’innocenza di Gambadilegno arrivando a portarselo in casa. Per carità, ci sono stati casi in cui Topolino (come giusto che sia) ha creduto alla buona fede di ex-detenuti (come nel caso de “L’uomo di Altacraz”), ma in quel caso si trattava di un detenuto il cui pentimento era assai probabile, mentre Pietro ha già molte volte dimostrato di essere un truffaldino inguaribile. Buoni i disegni, ho sempre trovato carino lo stile di Bramante, nonostante i difetti di questa sceneggiatura.
Devo ancora leggere le altre storie.
In generale un buon numero, anche se spero che la testata si risollevi meglio.
Mi dispiace di sapere che a giugno scenderai dalla barca, se ti può far piacere posso tenerti informato io se usciranno numeri allettanti e belli.
Ciao!
Ciao Korinna, e grazie come sempre per aver voluto lasciare un commento.
Noto con piacere che hai apprezzato anche tu i tapirlonghi e “Lo spartito inedito”, mi fa piacere 🙂
E sicuramente mi farà piacere anche dei tuoi pareri sui numeri successivi al #90, in casi particolari potrei anche prenderlo pur senza seguirlo come acquisto fisso 😉 Sicuramente il 100 me lo prenderò, comunque 😛
A presto!