Il “Topo” di agosto 2022
Bentornati su Lo Spazio Disney!
Il mese estivo e vacanziero per eccellenza è ormai alle spalle da qualche giorno, e il periodo più rilassato ha portato anche a un leggero ritardo nella pubblicazione di questo post (complice in realtà anche il modo in cui sono caduti i giorni della settimana a cavallo tra agosto e settembre).
Ma l’importante è che prima o poi arrivi, ecco 😛 anche perché questo mese si festeggiano i due anni dalla nascita de Lo Spazio Disney! Correva il 14 settembre 2020, infatti, quando il blog aprì i battenti con il post di presentazione, grazie all’appoggio e alla benedizione del direttore de Lo Spazio Bianco, Ettore Gabrielli, e all’accoglienza positiva di tutti i colleghi redattori.
Da allora questo spazio ha proseguito la sua corsa in maniera soddisfacente, per il sottoscritto: ho cercato di trovare una quadra nell’impostazione dei pezzi sulle novità disneyane, adattandola nel tempo, ho costruito una stagione da 10 episodi di dirette streaming di approfondimento, ho intessuto collaborazioni, ho scritto vari articoli estemporanei, ho aperto una pagina Instagram dedicata, ho varato una nuova rubrica.
Senza troppe velleità o pretese, l’esperienza è stata positiva e spero lo sia anche per chi ha la bontà di passare da qui, magari solo di tanto in tanto.
La volontà è quella di diffondere sempre più e sempre meglio la cultura del fumetto disneyano, in modo critico e analitico limitatamente alle mie possibilità. In cima a tutto, comunque, l’obiettivo iniziale rimane ben saldo: quello di comunicare la spensieratezza che il mondo di Paperi e Topi sanno regalare, mondo nel quale tento di farvi da guida informata.
Ciò detto, passiamo ai contenuti!
L’editoriale del n. 3480
Prima di parlare delle storie, voglio soffermarmi brevemente sull’editoriale di Alex Bertani pubblicato sul primo numero del mese.
In esso, contrariamente alla norma, il direttore non parla delle storie contenute nell’albo o di quelle in arrivo nelle settimane successive, ma condivide una sua riflessione sul moltiplicarsi di realtà nel web italiano che commentano puntualmente le uscite del suo giornale.
Che Bertani fosse consapevole di tale “massa critica” era noto, anche solo dalle sue partecipazioni al The Fisbio Show Live, e del resto anche Valentina De Poli prima di lui era ben conscia di questa frangia di lettori appassionati ed esperti che riversavano su internet le proprie opinioni relative a Topolino.
Ma Alex Bertani sembra dirci di aver notato un incremento del fenomeno: là dove una volta c’era giusto il forum del Papersera e, da una decina d’anni, alcune pagine e gruppi Facebook, oggi ci sono nuovi canali che si affiancano a quelli “storici” e soprattutto nuove persone che si dedicano a commentare in un loro angolino della rete il “Topo” settimanale.
Del resto, questo stesso blog ne è la prova, modestamente parlando 😉
L’osservazione del direttore è molto schietta: annovera tra questi “commentatori seriali” sia individui più impulsivi – tanto nelle lodi, quanto nelle critiche – sia lettori più attenti ad argomentare le proprie idee, mostrando di saper discernere quindi il valore dei vari input ricevuti, pur leggendo e rispettando il pensiero di tutti.
La sua conclusione trova una connessione di causa-effetto tra il suo operato come direttore e questo proliferare di rinnovato interesse verso Topolino. Un ragionamento probabilmente corretto: l’impostazione del pocket con saghe a getto continuo, micro e macro eventi a cadenza come minimo mensile e tanti cicli narrativi concatenati possono aver sicuramente titillato l’attenzione di nuovo pubblico non solo nell’acquisto e nella lettura, ma anche nella volontà di dire la propria. In effetti, soprattutto nel settore video-recensioni e nelle pagine Instagram, ho notato diverse giovani new entry oltre ai vecchidemmè :P, segnale senza dubbio interessante e positivo perché dà nuova linfa a questa nicchia d’intrattenimento.
Un editoriale inusuale, quindi, che porta però a una riflessione interessante, vagamente auto-incensatoria ma che dall’altro lato dà anche credito e risalto a chi, come me, dedica parte del suo tempo libero a scrivere di fumetto Disney.
Agosto 2022: le storie da Topolino
Topolino e l’incubo dell’isola di corallo, di Marco Nucci e Casty (nn. 3478-3479-3480), trova la sua conclusione nel primo numero di agosto.
Avevo già parlato dei primi due terzi della storia nel post del mese scorso, ma alla luce del finale merita un ulteriore commento.
Stra-positivo! Temevo un’ultima parte che sgonfiasse in qualche modo il pathos costruito fino a quel punto, magari piazzandoci una trovata deludente come accadde – per quanto mi riguarda – con la precedente avventura “macchiaiola”. Così non è stato, anzi: certo, i punti magici dell’avventura rimango oscuri e sospesi, ma la cosa non mi è pesata minimamente, e non c’è nessun nuovo faccia a faccia tra Topolino e Macchia Nera, ma ormai abbiamo capito che non è più quello il ragionamento da applicare a queste storie.
Il colpo di scena, se così vogliamo chiamarlo, viene servito in maniera brillante: quando si è disvelato ai miei occhi mi sono detto che avrei dovuto arrivarci subito, ma la scrittura di Nucci ha saputo ingannarmi sapientemente per non farmici pensare. Macchia, per quanto sia apparso molto poco, è stato un perfetto mastermind e ha manipolato il protagonista (e il lettore) in maniera sottile e sopraffina.
Esco dalla lettura davvero soddisfatto, perché al di là dell’aver avuto un nuovo tassello del ciclo di Macchia by Nucci, ho avuto una gran bella storia che ho seguito con grande interesse.
Sulle matite di Casty e le chine di Michela Frare, invece, ho poco da aggiungere rispetto agli elogi già fatti il mese scorso: anche stavolta le tavole sono sontuose, sia nella costruzione che nella rappresentazione di ambientazioni e personaggi. Le ultime pagine, poi, sono fantastiche.
Questo è per me un ottimo esempio di fumetto Disney contemporaneo, e va dritto sin d’ora nella top 5 di fine anno.
Paperinik e la torre d’oro, di Alex Bertani, Marco Gervasio e Emmanuele Baccinelli (nn. 3479-3480-3481), prosegue il ciclo “vendicativo” che riporta le atmosfere del primo Paperinik martiniano sulle pagine del “Topo”. In questo caso i due autori riprendono e omaggiano esplicitamente una delle storie classiche di quel filone, Il castello delle tre torri, e ne imbastiscono una sorta di sequel indiretto: il vendicatore mascherato deve spostare provvisoriamente il suo rifugio nel castello di cui ottenne la proprietà in quella avventura, ma una svolta negli avvenimenti fa sì che tale affidamento venga annullato e aperto a nuovi possibili destinatari.
Il plot è buono, rimette in discussione gli eventi narrati a suo tempo in maniera non gratuita e pone a rischio i segreti del personaggio, che è un’idea sicuramente vista e rivista ma che, almeno su di me, ha sempre un forte ascendente per il piacere di vedere come Paperinik riuscirà a difendere ancora una volta la sua identità segreta dalle bieche mire di Zio Paperone, Rockerduck e in questo caso anche di Red Duckan.
A dire il vero lo sviluppo nella terza e ultima parte non mi ha entusiasmato, riducendosi di fatto di un congegno di Archimede che annulla i lavori di ristrutturazione del maniero e che quindi vede un intervento diretto minimo da parte del protagonista. Mi è sembrato un po’ “facile”, insomma, mentre la risoluzione finale – al netto di un meccanismo narrativo un po’ forzato – mi è piaciuta per come è stato resa.
Resta il fatto che ho trovato l’episodio finale un po’ deboluccio; nonostante ciò, i primi due si erano invece attestati come interessanti nel modo di proporre l’intreccio e le dinamiche in gioco, motivo per cui la storia è tutto sommato promossa nel suo complesso.
I tempi sono maturi per una prima “sintesi” su questo rilancio di Paperinik.
Da una parte devo ammettere che risulta azzeccata l’idea di accantonare la versione supereroica del personaggio, sulla quale continueranno a concentrarsi il mensile dedicato e PK sul Fuoriserie, in favore della riscoperta dell’anima originale, nata per vendicare la controparte paperinesca dalle angherie subite.
C’è però da dire che quasi sempre le avventure gervasiane ruotano attorno alla figura di Paperinik stesso, piuttosto che alla risoluzione dei problemi di Paperino. Beninteso, era un tema toccato anche da alcune storie di Guido Martina, ma non era la consuetudine.
Il ruolo del personaggio e i suoi segreti vengono insidiati, che sia dalle sfide tra Paperone e Rockerduck o dagli intrighi di Red Duckan, e così sempre più spesso Paperinik interviene… in virtù della sua stessa esistenza, e non per risolvere situazioni che nei panni del semplice Donald non potrebbe affrontare. Una piacevole eccezione in tal senso era data da Paperinik e la minaccia alla fattoria dell’anno scorso, nella quale il protagonista doveva sì contrastare i piani di Duckan, ma questi non erano volti a danneggiare direttamente la sua immagine, bensì mettevano a rischio la proprietà di Nonna Papera.
Situazioni del genere appaiono sempre più rare, forse anche perché nel contesto attuale non è facile impostare delle condizioni “martiniane” che portino Paperino a doversi vendicare di qualcosa, e il risultato è un mito che si autoalimenta perché sì, oppure un’unione certosina dei puntini che uniscono le nuove storie a quelle classiche e alla saga di Fantomius, in un universo coeso e ricco di rimandi tutti interni alle trame ideate da Gervasio. Affascinante, da un certo punto di vista, ma con un fastidioso effetto da “circuito chiuso”.
Ciò detto, va rilevato che le storie risultano comunque simpatiche, con belle interazioni tra i personaggi, buoni dialoghi e soprattutto generose spruzzate di atmosfere brumose e notturne; l’impianto complessivo per ora regge, ridando peraltro senso al personaggio sul settimanale.
Digressione generale a parte, è giusto lodare ancora una volta i disegni di Bacci: dello stile carpiano del giovane disegnatore ho già detto più volte, ma nelle ultime prove noto una piacevole personalizzazione dello stesso. Alcune pose di Rockerduck, certe espressioni di Zio Paperone e le inquadrature dal basso di Paperinik (con il becco quasi “piatto”) ricordano ancora piacevolmente lo stile di Giovan Battista Carpi, ma in altri casi come con i personaggi secondari, Duckan o gli operai che lavorano alla ristrutturazione si rileva un approccio che coniuga le ispirazioni classiche con un tratto in evoluzione, sintomo di uno sguardo vivace e attento che si guarda intorno.
Gli interni del castello sono curati e dettagliatissimi, restituendo l’atmosfera adatta, e la regia appare chiara a riuscita.
Le tavole sono costruite con una gabbia sempre in movimento e pronta ad adattarsi a nuove soluzioni: la penultima pagina del secondo episodio, con la vignetta che si suddivide in blocchi seguendo l’architettura delle torri, è emblematica in tal senso, ma non è certo l’unico esempio. C’è la tavola nella quale i contorni dei riquadri sono in realtà delle linee curve ad onde, la quadrupla che si apre a punta verso l’alto quando Paperinik e Archimede scendono nelle segrete e la splash page che visualizza nella parte inferiore i sotterranei percorsi dai due personaggi, mostrati contemporaneamente in maniera evocativa nella parte alta, stagliandosi simbolicamente dietro al maniero. E questo senza citare le evocative tavole di apertura di ciascuno dei tre tempi, decisamente d’effetto!
Le storie di Marco Gervasio si fondano molto sulle atmosfere, e il disegno di Baccinelli riesce con tutti questi accorgimenti e con altri ancora a ricreare quel feeling vagamente inquietante che Massimo De Vita riusciva a imprimere alle matite delle prime diabolike avventure, dando un plus non da poco alla resa finale insieme ai colori di Irene Fornari, particolarmente adatti soprattutto per trasmettere le tenebre degli interni.
I mercoledì di Pippo – L’incredibile segreto, di Rudy Salvagnini e Ottavio Panaro (n. 3481) è la grande delusione del mese.
Da fan della serie, della quale ho letto molti episodi, in diretta e da piccolo, nelle mie prime annate di Topolino, ero ben contento di trovare un revival del progetto, peraltro scritto dall’ideatore originale che negli ultimi mesi ha dimostrato con diverse storie medio-brevi di essere ancora piuttosto in forma e comunque con qualcosa di simpatico da dire.
Ebbene, così non è stato con questo Incredibile segreto, che ripropone la fortunata formula del ciclo ma spingendo eccessivamente sul pedale del non-sense, perdendo più volte di vista il baricentro della narrazione e mettendo in scena un racconto fin troppo bislacco, dallo spunto abusato e privo di situazioni veramente divertenti, che abbondavano invece nei Mercoledì di Pippo.
Il problema non sta tanto nel sovvertimento dei ruoli – Topolino non è qui l’assistente sfigato ma il protagonista del romanzo – quanto nel soggetto e nel modo in cui si è voluto svilupparlo, una sottospecie di Truman Show dai risvolti confusi e pallidamente metanarrativi, senza molta verve. A nulla serve ricordare che di base stiamo leggendo le fantasie di Pippo, perché lo spirito e il sapore di questa storia sono lontani anni luce da quelli originari, magari più semplici e ingenui ma proprio per questo riusciti.
Qui si passa da un thriller alla fantascienza fino ai supereroi, in un pot-pourri che lascia alle spalle solo qualche sparuta risata per un paio di gag e battute azzeccate, annegate però in un contesto generale piuttosto spento.
Non aiutano purtroppo i disegni di Ottavio Panaro, che presentano personaggi quasi deformed, in pose ben poco riuscite e con costruzioni di scena per nulla ispirate. Uno stile arcaico, pasticciato, con scarso appeal e che non mi è proprio piaciuto, fatto salvo per la resa di Minni.
Insomma, un grande peccato e forse un’occasione persa. Ci vengono già promessi altri Mercoledì, in un prossimo futuro, ma la speranza è che possano tornare vicino alla resa di un tempo relegando questa prova a un incidente di percorso.
Topolino e il pianeta ramingo, di Francesco Vacca e Marco Mazzarello (n. 3480), costituisce insieme a Paperino e l’amico scomparso degli stessi autori (n. 3481) un doppio prologo della grande saga estiva 2022.
Il bello è che la cosa si è scoperta… in tempo reale, leggendo le suddette storie: non c’è stato editoriale che anticipasse la cosa o collegasse le due storie al nuovo maxi-evento, e in questo modo la redazione è riuscita nell’intento di sorprendere assai piacevolmente i lettori, che una volta tanto si sono approcciati alla lettura di due storie apparentemente autoconclusive che nelle rispettive ultime tavole avrebbero rivelato la loro reale natura. Il giochetto riesce soprattutto con la seconda delle due storie, quella ambientata a Paperopoli: Il pianeta ramingo poteva infatti far suonare qualche campanello di allarme al pubblico più scafato, ma il fatto che la didascalia finale rimandasse direttamente a due settimane dopo con Minaccia dallo spazio non faceva presagire l’esistenza di una seconda introduzione alla nuova saga.
Operazione riuscitissima, quindi, che ricorda un po’ il “giochetto” dell’Affare Pigam di un paio d’anni fa.
Ma… come sono, questi due prologhi? Non male! Quello con Topolino in realtà è solo una intro allungata che spiega qual è il pericolo che si staglia all’orizzonte, ma Vacca è bravo nel creare le sensazioni che avvolgono Topolino di fronte alla nuova sfida e al rischio imminente per il pianeta, un peso scandito dalle ripetute telefonate che prova a fare a un misterioso amico che però non gli risponde. La seconda è meno azzeccata, una serie di gag inanellate una dietro l’altra che vedono Paperino cercare di conferire con un irreperibile Archimede. Tra clienti dell’inventore, innervositi dall’attesa, e le bizzarrie del nipotino Newton, la storia ha il pregio di essere piuttosto briosa, ma un po’ dispersiva, trovando il proprio senso solo nel finale, quando diventa chiara la sua funzione.
Ai disegni Mazzarello fa del suo meglio: i risultati della cura Freccero si vedono indubbiamente e alcune sparute pose del suo Donald appaiono quasi piacevoli (non il volto, però…), ma nel complesso purtroppo l’artista si conferma non essere nelle mie corde e nei miei gusti, e quando si tratta in particolare di Topolino e Pippo l’esito non è proprio di mio gradimento.
Ad ogni modo il tutto porta, come si diceva, a Minaccia dallo spazio, di Francesco Vacca e Casty (nn. 3482-3483-3484), alla quale mancano ancora due episodi per concludersi, motivo per cui potrò essere maggiormente esaustivo sull’evento nel post del prossimo mese, a storia completata.
Posso già dire però che l’operazione è decisamente entusiasmante: da un editoriale apprendiamo che la proposta iniziale di Vacca era limitata a un singolo racconto che Bertani gli ha proposto di ampliare, e va detto che la cosa si nota nella “ciccia” delle puntate. L’avanzamento di trama occupa di volta in volta, di fatto, la metà delle pagine e le restanti sono impiegate per raccontare i personaggi, le loro sensazioni e le prime conseguenze del pericolo che avanza verso la Terra, e solo nel terzo episodio inizia a esserci un po’ di sostanza in più.
Detto così suona forse più negativo di quanto vorrei, però: trovo in realtà che la struttura sia molto stuzzicante, ponendosi sulla falsariga delle storie degli ultimi due anni dedicate a esplorare l’animo dei vari membri del cast disneyano, ma facendolo in maniera ancora più interessante perché, invece che riservare tale trattamento a un singolo protagonista nel quale scavare alla ricerca delle sue caratteristiche, si amplia il concetto. Si prova per esempio a far emergere le difficoltà che Topolino ha nel gestire notizie riservate, quando deve decidere come comportarsi al riguardo nei confronti dei propri cari, oppure l’umanità di Paperino quando lo vediamo interagire coi nipotini e con Paperina, conscio del grande rischio che pende sulle loro teste. Zio Paperone, infine, viene rappresentato come il volitivo papero dalle mille risorse, consapevole delle proprie qualità e pronto a metterle in gioco con la forza di un vero eroe d’azione, derivativo dalla rappresentazione donrosiana e a sua volta da quella barksiana.
Altro pregio della storia e dei suoi “tempi dilatati” è quello del poter creare davvero la tensione e il senso di pericolo, come noto un tasto dolente della narrativa a fumetti disneyana che deve fare i conti con tante restrizioni che cercano invece di stemperare i toni troppo “forti”. Vacca sembra invece aver trovato la giusta formula per far percepire al lettore l’incombenza di un pericolo vero e assoluto, addirittura la fine della vita sulla Terra, restando tranquillamente nei paletti e componendo una storia di coraggio, sentimenti e corsa contro il tempo che avvince e che spinge a voler vedere come si risolverà.
Infine, la possibilità di riunire i personaggi di Topolinia e Paperopoli è un altro plus, perché oltre ad ampliare le possibilità di racconto alimenta quell’atmosfera da grande occasione.
A parte il suo lavoro con le Giovani Marmotte, Francesco Vacca si sta affermando come una punta del giornale, memoria storica delle grandi avventure e dei grandi personaggi del passato in grado di riprendere tutto ciò e svilupparlo in nuove direzioni con un piglio vincente, come intravisto in L’anomalia concentrica.
Bene, per quanto mi riguarda, anche l’allargamento dei soggetti coinvolti: le GM, Amelia, Cuordipietra Famedoro, Macchia Nera, addirittura le Streghe Vulcaniche… l’idea che a ogni episodio si aggiungano uno o più comprimari tra quelli che hanno popolato altre saghe negli ultimi mesi è vincente e si sposa perfettamente con la natura del progetto, che guarda decisamente alle “Crisi” della DC Comics o comunque a quei grandi crossover che uniscono i supereroi (sia in Marvel che in DC) in occasione di eventi che colpiscono tutto il loro universo narrativo.
Vedere questa cosa su Topolino, pur in piccolo, è elettrizzante per me!
Alle matite, con grande sorpresa, troviamo Casty, sempre accompagnato alle chine di Michela Frare.
Sorpresa perché, come detto sopra, in quest’avventura recitano anche i Paperi e l’artista non li aveva mai disegnati finora, a parte un paio di copertine per l’estero.
Partendo proprio da qui, posso dire che personalmente la “prova del fuoco” è stata superata: beninteso, ci sono ancora diverse imperfezioni e insicurezze su cui il disegnatore dovrà lavorare in futuro, tra becchi e pose, ma per essere il debutto con Paperino & co. il test ha dato esito positivo. Il tratto sembra acquisire peraltro sicurezza sui pennuti di settimane in settimana, maturando quindi all’interno della stessa storia.
Come già con i personaggi di Topolinia, specialmente agli esordi, è evidente l’ispirazione al tratto di Romano Scarpa, soprattutto nei volti e nell’espressività, con forse qualche vago cenno barksiano (notata anche voi la somiglianza della scena in cui Paperone bussa alla porta di Amelia con quella della Stella del Polo nella quale si presentava a Doretta Doremì? 😉 ), e il risultato complessivo è piuttosto buono. Siamo purtroppo lontani dall’estetica stratosferica delle storie di Macchia Nera, almeno un gradino più in basso, ma è anche vero che questa storia non richiedeva quel tipo di atmosfere; in ogni caso, pur soddisfatto del lavoro di Casty, non sarebbe forse stato il primo nome che mi sarebbe venuto in mente per una maxi-storia come questa. Soprattutto per gli sfondi, su cui l’artista applica una certa sintesi che in alcuni casi ho un po’ sofferto.
Le Giovani Marmotte e il bizzarro coacervo faunistico e Newton e il rigeneratore soporifero, di Francesco Vacca e Simona Capovilla (nn. 3482-3483-3484) sono due storie che potrei definire “ancillari”, nel senso che sono co-dipendenti da Minaccia dallo spazio.
Quella delle GM prende di fatto avvio nel primo episodio della saga, contiene precisi riferimenti all’avvicinamento del pianeta ramingo e dopo la sua conclusione presenta una vera e propria scena post-credits che la lega strettamente all’eventone e che viene ripresa nel secondo episodio dello stesso. È quello che nei comics americani viene definito tie-in, cioè storie parallele che arricchiscono quella principale e corale senza essere necessaria alla comprensione della macro-trama, ma un “di più” che solitamente si svolge sulle testate dedicate a un singolo eroe.
Apprezzo, approvo e mi ha divertito, anche perché al di là di questa funzione la trama riesce a mantenere una sua indipendenza, risultando un divertente capitolo aggiuntivo al ciclo delle Marmotte curato da Vacca negli scorsi mesi. La trama è sicuramente leggera e forse anche ingenua per certi versi, ma per me ha funzionato meglio di quelle precedenti che volevano essere più elaborate senza però convincermi quasi per nulla. Qui abbiamo un ottimo Newton perfettamente in parte e grande mattatore, in una delle sue interpretazioni più felici a mio avviso, e pure il resto delle Giovani Marmotte introdotte nel corso dell’anno riescono a spiccare.
Nota di merito per l’inclusione anche dei membri “storici”, che popolavano le storie inedite del mensile degli anni Novanta: peccato che Vacca si limiti a citarli di nome e di sfuggita, Alvin a parte, rendendo il riferimento decisamente gratuito e fuori fuoco. La speranza è che sia servito da introduzione per poterli riutilizzare davvero prossimamente.
La storia con protagonista il nipotino di Archimede è altrettanto legata a Minaccia dallo spazio, perché ci mostra cosa succede “in parallelo” a un passaggio visualizzato all’inizio della terza puntata della saga, quando Edi contatta Newton per suggerirgli di inventare un oggetto che possa aiutare suo zio ed Enigm a completare il loro lavoro, ottenendo finalmente la stima di Archimede.
Qui possiamo osservare le vicissitudini del genietto per portare a termine il progetto, con Qui, Quo, Qua animati dalla ferma intenzione di arginare i danni creati dalla mente vulcanica dell’amico.
Rispetto al Bizzarro coacervo faunistico, in questo caso il risultato finale è meno interessante: la storia ha un ritmo incalzante che si fa apprezzare per il brio che dà alla lettura, ma gira sostanzialmente attorno alla stessa idea per tutto il tempo, alzando semplicemente la posta di pagina in pagina. La caratterizzazione di Newton è coerente con l’impostazione nucciana di cui Vacca si è impossessato con sicurezza, rendendolo però quasi “autistico” nel suo incaponirsi in un’idea e portarla avanti senza ascoltare nessuno e senza rendersi conto dell’assurda escalation a cui va incontro; una visione anche interessante per questo personaggio e che è la chiave del divertimento che genera, ma va secondo me dosata in modo che non stia antipatico al lettore, rischio che stavolta si è sfiorato (se non proprio preso in pieno 😛 ).
Simona Capovilla fa un buon lavoro, il suo tratto si “sporca” un po’ sui comprimari, rispetto a quanto ricordassi nelle sue precedenti prove, ma in modo decisamente piacevole: l’inventiva della disegnatrice ha modo di spiccare in particolare nel ritrarre le tante creature evocate dal congegno di Newton, sia quando si tratta di animali veri (per i quali l’artista mostra una certa perizia e aderenza con la realtà) sia quando compaiono bestie decisamente inusuali e fantasiose, che lo stile di Capovilla rende simpatiche e cariche d’appeal. Le scene più concitate godono dell’estro della sua matita e il design dei vari personaggi risulta fedele a quanto visto in precedenza per mano di Mario Ferracina.
La disegnatrice se la cava bene anche nella seconda storia, soprattutto il suo Newton è visivamente molto accattivante e centrato, con quella zazzera ribelle.
Cornelius – L’esilio dei Van Coot, di Alex Bertani, Alessandro Sisti e Ivan Bigarella (n. 3483), è la storia che non ti aspetti, la deflagrazione vera e propria, il progetto lanciato quasi sottotono – cover a parte – ma che è già uno dei fumetti disneyani dell’anno, e mi spingo a dire non solo strettamente Disney ma perlomeno in tutto l’ambito umoristico.
Su stimolo dell’instancabile direttore, Sisti scrive le gesta del giovane Cornelius Coot, fondatore di Paperopoli, partendo dalle sue origini con i genitori emigrati nei neonati Stati Uniti d’America senza poter rientrare nella patria natia e visualizzandolo negli anni della formazione e della voglia di indipendenza, che lo avrebbero portato a diventare un trapper (no battute, please 😛 ).
La possibilità di maneggiare un personaggio quasi completamente vergine, narrativamente parlando, permette allo sceneggiatore una grande libertà creativa che usa per imbastire una trama articolata, storicamente accurata, avvincente per quanto accade – un episodio “famigliare” che mostra l’intraprendenza e il cervello del papero – e con un protagonista tutto da costruire, caratterizzato da una simpatia di fondo e da un animo molto forte e deciso. Insieme a due amici forma il terzetto che è un po’ un topos in racconti di questo tipo, e la lettura scorre in maniera scorrevole, abbacinati dal nuovo contesto, dal mistero attorno a cui si snoda la vicenda e dagli spettacolari disegni di un Ivan Bigarella mai così in forma.
Il disegnatore ha dimostrato nel corso dell’ultimo anno di essere un pezzo da 90 tra i nuovi ingressi, sia nelle belle copertine illustrate che nelle diverse storie che gli sono state assegnate (chi non ricorda le fantastiche tavole del Pippon-Tiki?), ma a mio avviso qui si è superato, con pagine davvero affascinanti, dal tratto elegante e raffinato a caratterizzare il character design dei personaggi – praticamente tutti nuovi – e le ambientazioni che costituiscono buona parte dell’atmosfera avvolgente dell’avventura. A questo si unisce una gabbia dalla costruzione frizzante, vignette dotate di una regia incalzante e dinamica e da una colorazione che valorizza il disegno.
I colori di Irene Fornari e Gaetano Gabriele D’Aprile, supervisionati dallo stesso Bigarella, contribuiscono infine in maniera incisiva sul risultato finale, con una palette fantastica e soluzioni cromatiche in grado di esaltare le scene più importanti. Un altro elemento che suggerisce quanto impegno artistico sia stato profuso in questa storia.
Non mi piace usare la parola “capolavoro”, ma qui ci andiamo dannatamente vicini: sicuramente una delle cose migliori realizzate da Sisti alla scrittura negli ultimi anni e la prova della maturità di Bigarella, una vera e propria perla che potremmo ascrivere senza problemi alla definizione di graphic novel, infatti penso che la vedremo senza problemi ristampata nelle uscite speciali di Topolino Extra fra un annetto.
Ma a parte questa previsione, la speranza è che non rimanga un caso isolato: come Fantomius, anche Cornelius è un personaggio ben cristallizzato nella mitologia paperopolese senza esserne mai stato realmente protagonista, ma che può avere diverse cose da dire ampliando ulteriormente i confini della letteratura disneyana.
Confido quindi di vedere presto o tardi un nuovo capitolo di Cornelius, cosa che in fondo il finale sembra facilitare, in una miniserie di avventure su questo stampo che portino magari fino alla fondazione di Paperopoli.
Insomma, se non si fosse capito, ne voglio ancora!
Mickey 2.0 – Nessuno è ciò che sembra / Black-out!, di Tito Faraci e Luca Usai (n. 3482), è un dittico che riprende la storia in tre parti Mickey 2.0 realizzata nel 2008 ma rimasta inedita fino a due anni fa, quando Alex Bertani decise di pubblicarla su Topolino.
Onestamente non mi è ben chiaro se questo seguito fu realizzato sempre quattordici anni fa o se il direttore l’abbia commissionato mesi fa a Faraci per poter dare un seguito e una chiusura a questo progetto né se, in tal caso (che mi sembra il più probabile per vari motivi), il finale pubblicato sia quello che lo sceneggiatore aveva in mente nel 2008 quando impostò l’universo narrativo della Topolinia del futuro oppure qualcosa di adattato per l’occasione.
Al di là di tutti questi dubbi, non posso che giudicare quanto portato ora sul settimanale e, al contrario della prima miniserie, questa volta esco piuttosto deluso. Mentre nel primo caso ricordo belle vibes, trovate divertenti, uso interessante dei personaggi e un intreccio piuttosto buono, stavolta tutto questo viene a mancare in cambio di una trama poco ispirata e piatta e nella quale l’unica cosa che raccolgo con piacere sono gli scambi al vetriolo tra Pippo e Gambadilegno, esempio di quell’umorismo verbale che, seppur leggermente appannato, Faraci mostra sempre di saper gestire con una certa classe.
Per il resto la storia traballa e la conclusione mi ha lasciato abbastanza con l’amaro in bocca: la soluzione scelta si muove un po’ sulla falsariga del plot twist utilizzato da Francesco Artibani e Licia Troisi in Ducktopia, ma messo in scena in maniera molto meno efficace, togliendo molto al valore del progetto nel suo complesso.
Peccato, insomma: preferirò ricordare Mickey 2.0 come una felice parentesi limitata alla prima saga, ignorando questo sbocco. Ai disegni, peraltro, il buon Usai non fa per niente rimpiangere la mano di Claudio Sciarrone (che illustrò i tre episodi visti nel 2020): complice la versatilità del suo tratto, che come sappiamo sa prestarsi anche a diversi progetti internazionali (le storie di DuckTales, ma non solo) che richiedono un approccio estetico spesso diverso da quanto vediamo sul Topolino nostrano, riesce ad adeguare il proprio stile avvicinandolo a quello del collega mantenendo una mimesi riuscita e quindi una continuità artistica che avrebbe reso l’intero progetto coeso sotto il punto di vista visivo.
Ma tant’è, è andata come è andata.
Paperino e il surf catastrofico, di Sune Troelstrup e Cynthia Campanario Pineda (n. 3480), è la terza storia del ciclo “Finestra sul mondo”, impostata per presentare alcuni esempi di produzione disneyana estera. Si tratta di una bella avventura, caratterizzata da uno spirito veloce e divertito, che mostra come se fosse un cortometraggio animato varie disavventure delle quali è vittima il protagonista, ansioso di cimentarsi in diverse discipline legate al surf. Veloce e leggera, si fa leggere gradevolmente, ma voglio focalizzarmi sui disegni di Pineda: l’artista ci viene presentata come un acquisto degli ultimi anni in casa Egmont. In effetti il nome mi suona del tutto nuovo, e questo rende per me meritoria e interessante la volontà di “lanciarla” in questo contesto, per poi magari approfondirla in futuro sulle pagine di Almanacco Topolino.
Lo stile mi ricorda un po’ quello di Wanda Gattino e, al netto di qualche incertezza in alcune scene, mi pare che sia un’artista interessante e potenzialmente da tenere d’occhio.
Dopo un paio di numeri di pausa l’appuntamento riprende con Zio Paperone e la caccia al tesoro gastronomica, di Jaakko Seppala e Paco Rodriquez (n. 3483), per me sicuramente la miglior storia pubblicata finora all’interno di questa cornice. La trama non brilla, in realtà, né come costruzione complessiva né come risoluzione finale, ma il corpo centrale ci mostra lo Zione e il nipotame in giro per l’Europa, alla ricerca di un piatto particolarmente prelibato che Paperone assaggiò diversi anni or sono e che ora vuole ritrovare per rilanciarlo nei propri ristoranti. Come dicevo, niente di particolarmente entusiasmante come plot, ma il pretesto funziona per vedere i paperi in viaggio nel vecchio continente, permettendo quindi di osservare l’estro del disegnatore, una matita piuttosto raffinata che regala delle ottime versioni dei cinque protagonisti, illustrati con piglio classico ed elegante che è davvero un piacere osservare; la vignetta con Paperino che sputa “fuoco” dopo aver mangiato un peperoncino piccantissimo, per esempio, è a dir poco magnifica!
Ma anche gli sfondi colpiscono l’occhio, con una certa cura per monumenti e panorami europei che dona realismo al contesto della storia. Nota a margine infine per la spread page con la cartina dell’Europa e i piatti che caratterizzano le diverse nazioni attraversate dal tour gastronomico dei paperi, molto simpatica e d’effetto.
Sempre per “Finestra sul mondo” troviamo anche Paperino, Qui, Quo, Qua e il tesoro del nord, di Terje Nordberg e Arild Midthun (n. 3484), che prosegue con il piglio maggiormente articolato e avventuroso rispetto alle prime storie straniere selezionate per questa iniziativa estiva.
Siamo però un gradino sotto rispetto alla precedente: posso chiudere un occhio sull’apparente gratuità della caccia al tesoro nata un po’ per caso – biglietto da visita di tante storie nordeuropee, dovuto anche al numero di pagine a disposizione – ma che a metà storia Paperino si persuada a caso che la signora che incontrano sia una strega mi ha straniato e “fatto uscire” dalla lettura: ha praticamente rotto la mia sospensione dell’incredulità perché mi pareva un elemento avulso dal tipo di storia imbastita, anche se in parte coerente con il contesto in cui l’azione si muove.
È solo un dettaglio, in realtà, ma mi ha guastato la lettura, che pure si salva nella caratterizzazione “internazionale” di Paperino che noi italiani siamo poco abituati a vedere ma che è bello ritrovare di tanto in tanto e nei disegni di Midthun, che stiamo pian piano imparando a scoprire anche nel nostro Paese grazie al suo inserimento in varie testate e – mi piace ricordarlo – grazie anche all’impegno di Francesco Gerbaldo, che in questo artista credeva molto e spingeva affinché venisse pubblicato da noi.
Zio Paperone e la vacanza di convenienza, di Giulio D’Antona e Ottavio Panaro (n. 3480), rappresenta quella quota di avventure leggere – anzi, leggerissime (cit. 😛 ) – adatte alla stagione, e non a caso ambientate in situazioni prettamente estive e vacanziere.
Ho sempre trovato giusto che Topolino salvaguardasse la tematicità stagionale nelle storie proposte, fin da bambino, ma ovviamente c’è modo e modo. In questo caso la trama, oltre che poco interessante, viene raccontata in maniera impacciata e non mi ha coinvolto minimamente. I disegni di Panaro, peraltro, anche in questo caso appesantiscono la lettura e non mi hanno quindi aiutato a seguire e godermi la vicenda, che già in partenza trovavo insipida.
Con lo stesso scopo, ma dagli esiti decisamente più felici, è Paperino in vacanza con Gino, di Marco Bosco e Federico Franzò (n. 3481), nella quale si sfrutta il tema del toy voyager, la moda di portare in vacanza un proprio peluche scattandogli foto da condividere online. Anche un collega di Zio Paperone ha questa passione, così lo Zione affida a Paperino e Paperina, in procinto di partire, il pupazzo del magnate perché possano fotografarlo mentre sono in montagna, al fine di ingraziarselo.
Dapprima irritato, Paperino si prende bene e come spesso accade in questi casi decide di strafare, con la cattiva sorte che decide di metterci il carico da novanta.
Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una storiella senza nessuna pretesa al di fuori del puro intrattenimento leggero, ma rispetto alla precedente il meccanismo è fresco ed effettivamente divertente: lo spunto è già forte e viene sviluppato da Bosco con una sceneggiatura veloce e sincopata che fornisce il giusto ritmo, ben supportato dai disegni di un Franzò che ho trovato in forma e con echi alla Carlo Limido nel tratto.
Paperino e i pirati di Tangheria, di Carlo Panaro e Marco Palazzi (n. 3484), costituisce la terza avventura del rilancio del ciclo paperingio, avviato negli scorsi mesi per accompagnare la ripubblicazione della serie di Carlo Chendi e Luciano Bottaro. Come molti di voi ricorderanno, non ebbi parole positive per le prime due storie di questa operazione, e mi trovo oggi a dover commentare anche questa ulteriore prova con una critica sostanzialmente negativa.
I legami con la pesante eredità sono ormai completamente sfilacciati, le suggestive e oniriche imprese del paladino Paperino in una dimensione fantastica e imprevedibile sono un lontano ricordo perché vengono “sporcate” con elementi di tutt’altro genere (e generi) prendendo strade che ben poco hanno da spartire con i personaggi di Papero Magno e soci.
Stavolta infatti si va dalle parti della vicenda piratesca, con una commistione particolarmente balzana nella cronologia storica e con un ambiente totalmente avulso dalla natura dei personaggi.
Ho allora fatto un test: ho provato a fruire di questa avventura come se non c’entrasse niente con il lavoro di Chendi e Bottaro (non è così difficile, visto che ai fatti non c’entra niente…), come se fosse una storia indipendente e giudicandola di per sé. Purtroppo anche così il giudizio non migliora, complici una trama piatta, idee poco coinvolgenti e fin troppo convenzionali, personaggi stereotipati nei dialoghi e nei pensieri e uno sviluppo decisamente prevedibile e noioso nella sua conclusione.
Per quanto riguarda i comprimari voglio concentrarmi sulla piratessa che si allea con Paperino: al netto di tutto, ignorando l’insieme, poteva essere un bell’ingresso nel cast, se non fosse caratterizzata in maniera vetusta: apparentemente figura femminile forte, in realtà viene scritta con tutti i vizi di un tempo su questo tipo di personaggi, una visione ormai antica che stride molto alle orecchie del lettore di oggi. E la parabola che conosce nel corso della sceneggiatura non fa che peggiorare le cose, appiattendola ulteriormente, conformandola, rendendola una ragazzina sciocchina e irritante.
Palazzi ai disegni fa il suo, come nelle due storie paperingie precedenti: il suo tratto è rilassante e a me non dispiace, non riesco a dirne male, ma in alcune vignette risulta un po’ “tirato via”, le soluzioni grafiche non sono mai entusiasmanti e anche quando la gabbia si apre rispetto alla consueta cadenza non ci sono trovate degne di nota. Come forse ho già detto in occasione degli altri episodi, sono tavole più vecchie di quelle di Bottaro realizzate quarant’anni fa.
Questa miniserie non funziona proprio, per me: non ha una direzione, non ha un’identità, non mi comunica nulla e si appoggia su stilemi ormai superati e soporiferi. Mi spiace essere così netto, soprattutto considerando la caratura dello sceneggiatore, ma questo mondo pseudo-cavalleresco non possiede la forza e il piglio capaci di attrarmi.
Infine accenno anche a Paperogate di Creta e l’invasione vacanziera, di Roberto Gagnor e Luca Usai (n. 3482), una storiella che temevo mi avrebbe infastidito ma che invece ha saputo essere innocua, e a tratti perfino azzeccata. Riesce a fare il suo lavoro di storia leggera e scacciapensieri, diverte con alcune trovate che, contrariamente ad altre occasioni, appaiono meglio inserite nel contesto creato, e a mio avviso porta a casa il risultato che Gagnor si prefissava: un ameno divertissement, a volte forse un po’ troppo scioccherello, a volte esagerando con certe citazioni che appaiono del tutto gratuite, ma nel complesso qualche risatina me l’ha strappata e pertanto non mi è dispiaciuto trovarla in un numero nel quale era “schiacciata” da saghe di vario tipo. I disegni morbidi e semplici di Usai hanno senz’altro contribuito al raggiungimento di queste sensazioni.
Bene, credo di aver detto tutto.
L’appuntamento è ora fra un paio di giorni con il post che riguarda le pubblicazioni di agosto.
Ciao!
Essendo un “lettore di lungo corso”, apprezzo i rimandi al passato e storie ad ampio respiro, anche a puntate.
Mi chiedo a volte cosa ne possano pensare i lettori delle nuove generazioni, se le apprezzano e se invece preferiscano storie più “moderne”, tipo quelle di Area-15 o dei giovani Paperino e Topolino.
Tu ne sai qualcosa, in merito?
Ciao RenaCoMics, e grazie per essere passato da queste parti!
La tua è una considerazione piuttosto acuta, su cui diverse volte mi interrogo anch’io, da lettore di lungo corso par tuo 😉
Purtroppo non ho conoscenze tra i lettori delle nuove generazioni che possano fare da “campione”, quindi non posso portare prove oggettive in un senso o nell’altro.
La mia idea è che, per motivi diversi, possano però essere entrambe formule attrattive per i più giovani: le avventure di “Area 15” e il filone in cui sono i ragazzi ad essere protagonisti (la band di QQQ, “Foglie rosse” ecc, senza per forza andare ai vari Young Pinco Pallino :P) possono permettere loro di immedesimarsi nelle avventure di loro coetanei, che condividono passioni e interessi simili, mentre progetti più articolati come “Minaccia dallo spazio” hanno sì tanti riferimenti e citazioni “da nerd” ma sono un contorno a un tipo di narrazione fortemente contemporaneo, che guarda convintamente ai comics americani e ancor di più alla serialità televisiva. Un modo di raccontare che risulta quindi familiare ai ragazzini rispetto a quello che fruiscono su altri media, stuzzicandoli con trame coinvolgenti non meno di un’ultima uscita su Netflix, per fare un esempio (e ovviamente sempre mutatis mutandis rispetto alle caratteristiche intrinsecamente disneyane che le storie devono comunque sempre mantenere).
Una parte dei più giovani potrà poi magari essere solleticata dalle strizzatine d’occhio e approfondirà per saperne di più, per il resto credo che sia qualcosa a uso e consumo dei lettori più scafati. L’importante è che oltre a queste ci sia una sceneggiatura accattivante per quello che racconta e per i ritmi con cui lo fa, e questi sì che sono elementi che possono attrarre anche i ragazzini, né più né meno delle storie di loro coetanei in becco e piume o con orecchie a padella in testa e felpona addosso 🙂
Ciao!
Innanzitutto buon compleanno a Lo spazio Disney! È un blog molto interessante e vario, offre diverse rubriche (come la recente sulla gabbia delle tavole) e punti di vista interessanti. 100 di questi giorni, anzi molti di più, perché è un progetto che merita continuità 🙂
Passando alle storie di agosto, ho trovato alcune avventure valide e meritevoli.
“L’incubo dell’isola di Corallo” rientra anche nella mia top 10 dell’anno. È una storia coinvolgente, un noir a tutti gli effetti, che si dipana nella giusta lunghezza senza allungare il brodo o affrettare i passaggi. Nucci sta trovando la sua strada anche nella scrittura delle storie gialle, che inizialmente secondo me erano il suo punto debole, dove tendeva a “cadere” di più. Mi piace molto questa caratterizzazione di Macchia Nera, che non deve essere per forza una macchietta né un criminale violento (come nelle sue – seppur ottime – prime avventure), ma può e DEVE anche essere un manipolatore e uno stratega, proprio in quanto genio del crimine. Qua nello specifico mette nel sacco sia Topolino che il lettore rivelando le sue intenzioni solo alla fine. Molto bella anche la grinta di Topolino e la sua inesauribile forza di volontà, come anche il rapporto “invertito” con i secondini del carcere. Si conferma assolutamente l’ispirazione cinematografica per questa storia, altro aspetto che considero un pregio.
Ottima prova di Casty ai disegni.
Per vari motivi non ho ancora letto la storia dei Mercoledì di Pippo, quindi per ora mi astengo.
“Paperinik e la torre d’oro” mi è piaciuta abbastanza. La trama è interessante e nuova nel “riproposto” come hai detto tu con altre parole. In alcuni punti mi è sembrata incerta la caratterizzazione di Paperinik, con il vendicatore poco sicuro di sé e imprevidente; anche la soluzione finale è stata “facile” e viene da chiedersi perché i 3 miliardari non abbiano indagato di più sui misteri del maniero. Comunque una buona avventura, che si inserisce nel quadro generale del ciclo del Diabolico Vendicatore “restaurato” nella versione originale martiniana con alcune modifiche, come hai fatto giustamente notare tu nelle tue osservazioni che quoto.
I disegni di Baccinelli sono bellissimi e caratteristici, riportano allo stile carpiano e ciò non può che farmi piacere, visto che adoro il tratto di Carpi.
Se Baccinelli ha trovato in Carpi il suo “esempio”, Casty si rifà in modo evidente a Scarpa per disegnare i suoi paperi nella storia “Minaccia dallo spazio”. Vedo le sue incertezze soprattutto in Archimede e Newton, mentre mi piace il suo tratto sulle streghe, su Paperino e su Paperone.
Apprezzo la coralità della storia, ma forse alcuni personaggi sono un po’ soffocati e talvolta inutili, come l’intervento di Newton che spero possa ricevere più spazio nei prossimi episodi ancora da leggere. Anche Cuordipietra può sembrare superfluo, ma mi piace molto vedere il contrasto tra il comportamento di Paperone e quello di Famedoro (anche Paperone non agisce solo per filantropia, ma rimane grintoso e all’avanguardia distinguendosi dal vile Cuordipietra). Ho molto gradito l’intervento delle streghe introdotte in “Le 7 streghe vulcaniche”, le ho trovate interessanti e ricche di spunti ai tempi e continuo a pensarlo ancora adesso; simpatico anche il teatrino tra lo scettico Pippo e le nuove streghe. Anche le atmosfere sono cariche di emozioni diverse, come coraggio, amore, paura, preoccupazione, angoscia e gioia dei piccoli momenti. Forse alcuni episodi si dilungano un po’, ma questa storia è interessante e merita spazio.
Concordo in toto con te sulle due storie collaterali, in particolare quella delle GM mi è piaciuta molto anche nel suo inserirsi nella macro-continuity solo a metà storia.
“L’esilio dei Van Coot” è la perla di agosto. Una storia magistrale sotto vari punti di vista. Bigarella ai disegni realizza un lavoro incantevole, mi piace molto l’evoluzione del suo tratto molto poetico e dettagliato, specie in ricostruzioni storiche come questa o l’avventura del Pippon-Tiki. Sisti ai testi è spettacolare. La letteratura su Cornelius Coot è molto risicata, abbiamo solo qualche flashback, soprattutto in storie di Don Rosa (come “Sua maestà de’ Paperoni”). Le avventure del giovane Cornelius sembrano promettenti e curiose, grazie anche ai suoi due amici che vedono qua il loro esordio. I temi trattati sono maturi e coinvolgenti, come le dinamiche familiari, il contesto storico, il colonialismo olandese, le false accuse, il “passare ai ferri” l’equipaggio, risparmiando Jeroen e la moglie Els solo per la presenza di quest’ultima. Un’ottima storia che prelude a una serie interessante, che può diventare la novella Saga di Paperone o Fantomius, atta a costruire una mitologia sul personaggio e approfondire le dinamiche della fondazione di Paperopoli.
“Mickey 2.0” mi vede un po’ in difficoltà. Non ho ben presente nei dettagli la precedente stagione, ma ne conservo un buon ricordo in generale e dal punto di vista della trama. Anche questa seconda parte è iniziata bene, ma il finale mi ha lasciato un po’ l’amaro in bocca; sarebbe curioso sapere di più sulla genesi di questa storia. Buoni i disegni.
Il ciclo “La finestra sul mondo” si risolleva dopo una partenza abbastanza sottotono. Le storie presentate questo mese sono buone, specialmente quella a tema culinario, che è curiosa e soprattutto ha il pregio di portare in viaggio il lettore per ristoranti e luoghi in tutta Europa. In generale, adoro le opere ambientate in Europa, sia nei libri che nei fumetti o nei film, perché mi danno una sensazione di “sentirmi a casa”.
Apprezzo il tuo pensiero per Gerbaldo🌺
“Paperino in vacanza con Gino” ha il pregio di uno svolgimento che si toglie dalla media delle riempitive estive.
Non ho ancora letto “Paperino e i pirati di Tangheria”, quindi aspetto a dare un giudizio.
La storia di Paperogate di Creta ha rispolverato un ciclo che non vedevo da anni. La storia presenta caratteristiche similari alla Paperiliade, ma questa di Paperogate non ha la pretesa di essere una parodia, e quindi si può concedere anacronismi et similia a scopo umoristico.
In generale un buon mese, che riconferma il trend positivo del settimanale.
Ciao!!
Benritrovata Korinna e grazie come sempre per il tuo interessante “controcanto” 🙂
Vedo che questo mese siamo decisamente sulla stessa lunghezza d’onda per quanto riguarda i giudizi sulle storie principali del “Topo”, e mi fa piacere. Credo che tra “Minaccia dallo spazio” e “L’esilio dei Van Coot” questo agosto abbia sparato i botti e ottenuto davvero ottimi risultati, e sono contento di vedere che anche per te queste due avventure in particolare sono convincenti.
Grazie anche per gli auguri al blog e per le belle parole al mio lavoro: spero di riuscire sempre a fare un buon servizio a chi ha voglia di leggere i miei sproloqui, offrendo spunti di riflessione, condividendo considerazioni personali e conoscenze costruite in ventisei anni di letture disneyane cercando di rimanere sempre discorsivo e fluente nello stile 🙂
A presto!
Grazie mille per gli apprezzamenti al mio commento mensile, mi fa molto piacere confrontarmi 😉
A proposito, provo anche a rispondere al quesito posto da RenaComics. Sono una lettrice giovane, anche se non proprio nella fascia dei ragazzini in senso stretto. È una domanda interessante e che ogni tanto mi pongo anch’io, e provo a rispondere per me e per qualche mia coetanea che legge Topolino.
La serialità e i rimandi a storie più o meno recenti non sono discriminanti importanti per me. Non leggo comics americani o supereroistici, e guardo poche serie tv (preferisco i film “vecchi”, a dirla tutta), quindi sono abituata a continuity e rimandi solo nell’ambito del fumetto Disney e delle poche serie che guardo. Mi piace pensare che esista una continuity disneyana come l’hanno pensata autori come il PkTeam o Don Rosa, ovvero rispettivamente una continuity interna a una serie ben precisa o un’altra che guarda al raccoglimento certosino di indizi sul passato di Paperone e dei paperi in generale per costruire una timeline più o meno stabile che venga tenuta come riferimento per le storie successive. Credo che l’attuale direzione di Topolino si rifaccia in parte al pensiero di Don Rosa al riguardo: esempi lampanti ne sono il ciclo del Diabolico Vendicatore (dove le storie hanno continui rimandi tra loro e con altre serie collaterali, come Fantomius o Paperbridge) e operazioni di continuity interna al numero del libretto come succede ora con la saga “Minaccia dallo spazio” o com’era successo a Natale con “La casa dei mille corvi” che fungeva da spin-off della serie di Macchia Nera contemporanea.
Tuttavia personalmente sono abbastanza elastica in tema di “incongruenze” interne sui personaggi: negli anni ’50, ’60 e ’70 diversi autori come Scarpa, Martina, Cimino e altri davano in contemporanea la loro visione del mondo dei Paperi, caratterizzando ciascuno in modo diverso i personaggi. Io sono cresciuta sui fumetti dei miei genitori e di mia zia, per cui già dalle prime letture ho potuto incontrare visioni contrastanti tra loro; alcune si conciliavano meglio (come quelle di Scarpa e Cimino), altre meno (come la “crudele” visione martiniana). Insomma, per me era normale prendere in mano un fumetto e leggere una storia di Paperone filantropo, girare pagina e vederne un’altra in cui Paperone affamava i nipoti o li mandava incontro a morte certa; nonostante io sia giovane, ho sempre letto storie che spaziavano in un arco temporale tra gli anni ’50 e gli anni Duemila.
Tirando le somme, mi fa piacere notare l’introduzione di una continuity parziale o completa, ma non è per me requisito indispensabile. I personaggi Disney possono essere allo stesso tempo dotati di un background uniforme e omogeneo oppure essere modificati a piacimento dagli autori, sono nati così e secondo me è giusto provare a percorrere tutte le strade per sperimentare.
Allo stesso modo gradisco anche la variabilità dell’impianto delle storie, da quelle a respiro più “antico” a quelle più moderne. La sperimentazione è fonte di originalità, e un Topolino libretto che presenta trame di stampo antico vicino a quelle più moderne, o che vede vicini i tratti di Rota e Sciarrone, è senz’altro un prodotto vario.
La qualità delle storie per me è determinata da molti fattori, ma non dall’impianto antico o moderno della trama. Una storia scritta bene rimarrà sempre scritta bene, secondo me.
Spero di aver risposto in modo esauriente ai vostri quesiti 🙂
Cara Korinna, grazie davvero per questo tuo prezioso contributo “di prima mano”.
Personalmente l’ho trovato decisamente interessante, con una visione che mi trovo a condividere in pieno e che reputo decisamente matura come chiave interpretativa del fumetto disneyano in senso ampio 😀
Sono contenta che il mio commento sia stato utile e interessante 🙂
Esaminare i vari aspetti delle nostre letture preferite è per me occasione di confronto e analisi che mi fa sempre piacere avere.
Ciao!