Millennium bug
Bentornati su Lo Spazio Disney!
Parto spiegando subito il titolo, da una parte per contestualizzarlo e dall’altra per chiarirne il significato ai più giovani.
Alle porte del 2000 si temeva che i sistemi informatici mondiali, dai computer domestici a quelli di aziende ed enti pubblici, avrebbero subito ripercussioni e problemi a causa del cambio di data: diventando di fatto 00 nella abbreviazione a due cifre dell’anno, la paura era che i software restituissero come datazione il 1900 invece che il 2000, con conseguenti disagi connessi.
In realtà i timori si rivelarono infondati o comunque eccessivi, dal momento che governi e aziende si attivarono per tempo – tramite i propri ingegneri e tecnici informatici – allo scopo di prevenire il problema, e non ci furono contraccolpi particolari se non in alcuni casi minori.
Il termine coniato per l’occasione – Millennium Bug – entrò però prepotentemente nell’immaginario di tutti in quei mesi convulsi, anche di chi, come me, in quell’epoca era poco più che un bambino, come qualcosa che avrebbe fatto da spartiacque in un momento altamente simbolico.
Ma tutto questo dove ci porta?
A una mia testimonianza personale, che gira attorno a due miei particolari incontri con le pubblicazioni Disney avvenuti proprio nell’anno 2000.
Da qui lo spunto di usare come metafora il Baco del Millennio, ancorché in un’accezione positiva rispetto a quella originaria.
Tra l’altro, pur andando a illustrare esperienze individuali, non nego che queste possano trovare sponda in altri miei coetanei, magari solo in parte, per cui potrebbe essere un post anche generazionale; a questo punto, con un sofisticato (…) gioco di parole potrei quindi parlare di Millennial Bug 😛
Ma lasciando da parte queste fanfaluche e tornando a noi, ai più attenti non sarà sfuggito che su queste pagine e nelle live (quando ancora le facevo ^^’’) si è spesso parlato degli anni Novanta – decennio a cui per forza di cose sono legati tanti miei ricordi di prime letture disneyane – come fucina di testate che hanno tracciato una linea ben precisa nell’impostazione rivolta al pubblico più esigente, in particolare nella seconda metà di quella decade. Il Modello©, qualcuno lo ha chiamato.
Parallelamente, con la nascita di un progetto rivoluzionario come PKNA – Paperinik New Adventures, il panorama di quel periodo si arricchiva inoltre di spinte innovative sotto molteplici aspetti (narrativi, formali, estetici) di particolare richiamo per nuovi fruitori o per vecchi lettori che stavano iniziando a manifestare stanchezza verso la narrazione disneyana standard.
È tutto verissimo, ma è altrettanto vero che tale messe di novità a me è arrivata con qualche anno di ritardo. Nel 2000, appunto.
In precedenza il mio vivere in un piccolo centro urbano, dove le pubblicazioni più ricercate non arrivavano, e l’attenzione da parte dei miei genitori nel calmierare gli acquisti a fumetti extra-Topolino, aveva fatto sì che di quelle collane io potevo bearmi solo attraverso le pubblicità sul settimanale stesso e poco altro.
Cos’è cambiato nel 2000?
Per quanto mi riguarda, la chiave di volta è stata quella di incocciare in un paio di albi particolari, trovati fortunosamente in edicola, ed aver avuto la spinta e la possibilità di acquistarli, divorarli e amarli, al punto da cambiare la mia concezione del fumetto Disney e il mio rapporto con lo stesso.
Non è un caso che questo post esca adesso, perché tutto cominciò proprio nel giugno di 22 anni fa: in quel mese fu per me di capitale importanza l’incontro con Paperdinastia, volume brossurato di grande formato che raccoglieva i dodici capitoli della $aga di Paperon de’ Paperoni di Don Rosa, insieme ad altre storie delle stesso autore in qualche modo collegate alla biografia dello Zione (i cosiddetti capitoli bis). Fu il mio primo incontro con il fumettista del Kentucky e fu una vera folgorazione, che contribuì ad accendere follemente il mio interesse verso Carl Barks, del quale avevo già letto qualcosa, apprezzando, ma di cui sapevo poco.
Per fortuna erano gli anni dei Topocataloghi (e se non sapete cosa sono, val la pena leggere il bell’articolo di Amedeo Badini sul Papersera), e nell’estate dell’anno dopo ne arrivò uno con diverse chicche a tema, come il volume Carl Barks – L’uomo dei paperi e la ristampa anastatica dei primi numeri del mensile Zio Paperone. Quello successivo mi avrebbe permesso di ottenere anche la versione cartonata dei primi due volumi della miniserie Tesori, della quale nel frattempo avevo recuperato in edicola il terzo e quarto… Insomma, tutto il necessario per iniziare a documentarsi su uno degli autori più geniali di sempre.
Questo per quanto concerne l’ambito dei cultori.
Passando a PK, invece, che negli anni seguenti sarebbe diventato molto importante per me nella sfera dell’intrattenimento, il primo incontro avvenne ad agosto con lo Speciale estivo, Super. Lo adorai, leggendolo e rileggendolo fino allo sfinimento, rimanendo colpito dai dialoghi di quelle storie brevi, affascinato da quell’universo narrativo di cui intuivo una grandezza che era tutta da scoprire e meravigliato dai colori accesi e moderni, senza contare lo spasso infinito nel leggere il fotoromanzo di Bertoni.
Quando pochi mesi dopo vidi che il mensile ricominciava con un numero numero 1, lo colsi come il segno che aspettavo per salire in barca in pianta stabile, pur con molti buchi di conoscenza: come noto PK2 era in tutto e per tutto un seguito di PKNA e come tale aveva diversi legami con un passato a me ignoto, ma tutto sommato l’entry-point non fu così ostico come temevo.
Inoltre tutto ciò è stato propedeutico a farmi recuperare in libreria, nella primavera del 2001, I viaggiatori del tempo, venticinquesima uscita dei Super Miti Mondadori che ristampava i tre numeri zero e due tra le migliori storie della prima serie del pikappero: Carpe Diem di Francesco Artibani e Alessandro Barbucci e Frammenti d’autunno di Bruno Enna e Claudio Sciarrone, ottimo modo per farmi innamorare di questo universo narrativo.
Insomma, tutto ricominciò con un’estate indian… ehm, con l’estate del 2000, con quelle due specifiche uscite – Paperdinastia e Super – che mi coinvolsero al punto di cementare definitivamente il mio amore per il fumetto disneyano.
Negli anni successivi, grazie a edicole meglio fornite e poi alla possibilità di visitare fumetterie e fiere di settore, ho avuto modo di recuperare molti numeri di Zio Paperone e tutti quelli de I Maestri Disney, sia arretrati che in tempo reale con le nuove uscite.
Parallelamente, tanti altri volumi hanno contribuito alla mia formazione di lettore e appassionato, come Il ‘900 visto da Topolino, I magnifici 10, Top1949 e Top1959, Fantastico Walt, Topolino 70 anni di carta, i The best of con alcune memorabili storie italiane di Paperino, Topolino e Pippo… E tanti altri albi veramente preziosi, spesso semplici brossurati ma che al loro interno contenevano oro, sia per la composizione dei sommari che per gli approfondimenti critici.
A tal proposito è d’uopo da parte mia segnalare il recente ottimo articolo dedicato ai cosiddetti “vattelapesca”, pubblicato sul sito del Papersera e scritto da Amedeo Badini: eccolo qui!
Fino ad arrivare al 2008 con La Grande Dinastia dei Paperi, di cui ho ampiamente parlato in questo post.
Non ho più smesso di frequentare nemmeno Pikappa: sono rimasto in sella per tutta la seconda e la terza serie, seguendo anche la ristampa di PKNA a cadenza mensile che venne mandata alle stampe sotto il cappello di Reloaded, per poi collezionare l’ottima versione de Il Mito e farmi coinvolgere dal grande ritorno del progetto nel 2014.
Questi aneddoti costituiscono infine un’altra scusa per ricordare e ringraziare Luca Boschi, grande mattatore di tutte le iniziative per collezionisti e che è stato sicuramente una guida essenziale, insieme ad Alberto Becattini e Lidia Cannatella, per il mio viaggio documentato in questo variegato mondo di vignette.
Continua a essere impossibile soppesare con precisione quanto fondamentale sia stata la figura di Boschi per la diffusione della cultura disneyana – fumettistica e animata – in Italia, ma so per certo di non essere l’unico a dovergli molto.
Il pezzo che avete letto non contiene particolari riflessioni o argomentazioni “universali” sul fumetti Disney, ne sono consapevole: è una delle poche volte in cui uso il blog un po’ come un diario, e spero che me ne scusino i miei lettori se li ho annoiati con qualcosa di meno divulgativo e più privato.
Come sempre, se anche voi avete incontrato questi volumi sul vostro cammino di appassionati o se volete condividere con me quali sono stati i vostri albi “di svolta”, i commenti qui sotto o su Instagram sono a vostra disposizione 😉
Il volume “PK – I viaggiatori del tempo” per me fu importante per approcciarmi alla “nuova versione ” di Paperinik, come ho scritto nell’articolo per [url=https://www.papersera.net/wp/2020/03/19/super-miti-mondadori-25/]Papersera.net[/url] . Un altra raccolta uscita proprio nel 2000 che mi fece riaccendere l’interesse per il fumetto disneyano, che negli anni precedenti era andato scemando, fu “Topolino Noir”, uscito nella collana “Stile Libero” dell’Einaudi, contenente quelle che probabilmente sono le migliori storie in assoluto di Tito Faraci.
“I viaggiatori del tempo” fu senza dubbio un ottimo modo per “sdoganare” PK verso un pubblico ancora più ampio, ma soprattutto diverso: quello delle librerie. In tal senso l’operazione fu azzeccata nel suo inserire i tre numeri zero nonostante “Evroniani” e “Xadhoom!” non c’entrassero nulla col titolo della raccolta, perché forniva un necessario contesto al lettore novizio, che collezionava i Super Miti o che incappava casualmente in questo volume. D’altro canto – PK One a parte, che era però pensato per un pubblico di appassionati – fu questa la prima ristampa della primissima storia di PKNA.
Grazie per aver condiviso il tuo articolo paperseriano e per avermi permesso di approfondire ulteriormente questo prodotto.
Per quanto riguarda “Topolino Noir”, fu certamente un altro tassello importante: uno dei primi, se non il primo, volume a riportare in copertina il nome di un autore, raccogliendo sotto lo stesso cappello di genere una serie di storie scritte da un singolo sceneggiatore che mostrava chiaramente un percorso autoriale e personale molto netto, chiaro e uniforme. L’uscita per Einaudi poi contribuiva a quell’aria di sdoganamento del fumetto Disney presso il pubblico delle librerie, ancora di più che con le edizioni Mondadori in un certo senso.
Ciao e grazie per essere passato!