Il “Topo” di gennaio 2022
Bentornati su Lo Spazio Disney!
Inizio d’anno non proprio al 100%, per quanto mi riguarda ^^’’
Ma anche guardando a quanto proposto da Topolino nel primo mese del 2022, ho avuto meno soddisfazioni di quanto mi sarei aspettato.
Andiamo a vedere nel dettaglio.
Gennaio 2022: le storie da Topolino
La saga di punta di gennaio è sicuramente Cronache degli antichi regni di Alex Bertani, Alessandro Sisti e Francesco D’Ippolito (nn. 3449-3450-3451-3452), e i motivi sono chiari già sulla carta: coinvolgimento diretto di Alex Bertani in soggetto e sceneggiatura, lunghezza considerevole spalmata su quattro numeri, trama pseudo-fantasy che mischia cast di Paperopoli e cast di Topolinia.
Eppure la storia non ha mantenuto le attese, almeno per quanto mi riguarda. Semplicemente, la trama non si presenta in maniera accattivante, ma piuttosto dispersiva e poco ispirata.
Personalmente, in realtà, i primi due capitoli non mi erano dispiaciuti: non mi sembrava niente di che ma una buona lettura di genere sì. Purtroppo col procedere della narrazione non si è fatto quel salto in più, e quello che ho percepito a fine avventura è stata una generale piattezza narrativa, nel senso che mi è parso procedere tutto col pilota automatico in maniera fin troppo lineare e francamente prevedibile. Lo spunto di base poteva essere foriero di sviluppi intriganti, pur partendo da un concept abusato, ma non è stato portato avanti in modo da convincermi e coinvolgermi. Peraltro, anche a livello di sceneggiatura, non risulta mai molto chiara la minaccia che attenta ai regni di Paperone e Topolino, alludendo con vaghezza a una tempesta che non rende mai esplicita l’entità dei danni che comporta. Non si riesce a restituire nemmeno la geografia di questo setting fantastico, a dispetto della mappa visualizzata nel primo episodio.
D’Ippolito ai disegni fa tornare il sorriso, ma solo fugacemente: rispetto a Ducktopia qui la sua matita mi è sembrata meno ispirata, con tavole più confusionarie e soluzioni compositive meno azzeccate. Gli sfondi non colpiscono come nel fantasy di Artibani/Troisi e nemmeno le varie macchine e architetture, che dovrebbero essere centrali in una storia dai contorni steampunk (come appellata giustamente dallo stesso direttore). Nota di merito in tal senso solo per le “pecorone volanti” dell’ultimo episodio, che ricordano un po’ l’approccio fantastico che l’artista aveva impresso nelle creature di Ducktopia.
L’inserimento “problematico” di Reginella nel cast è un caso a parte: non voglio farla troppo lunga, di certo sarebbe meglio far riposare questo personaggio definitivamente e non andare a disturbarlo nemmeno per storie “alternative”, però c’è pure da dire che viene usato con le dovute cautele, in maniera funzionale alla trama e senza quindi fare danni di sorta. Certo, forse utilizzare una semplicissima Paperina – grande assente della saga – avrebbe costituito un’opzione altrettanto logica e valida. Ma tant’è.Il viaggio del Pippon-Tiki di Sergio Cabella e Ivan Bigarella (nn. 3450-3451-3452) è l’altra storia su cui la redazione puntava per questo mese… ma anche in questo caso non mi sono trovato ad esserne granché entusiasta.
Non si è ricreata infatti la magia che aveva caratterizzata Sir Topleton, l’altra storia di mare scritta da Cabella: pur essendoci diversi punti in comune – oltre all’ambientazione e al viaggio come assoluto protagonista, anche il cast, l’ispirazione a un fatto storico realmente accaduto e il concetto di sfida dell’uomo verso la natura e i propri limiti – stavolta la ciambella non riesce con il buco. La narrazione ristagna infatti in più punti, coerentemente con il mare in bonaccia che i protagonisti incontrano ad un certo punto della traversata organizzata per permettere a Thor Pipperdahl di dimostrare una propria tesi. Parlando schiettamente: il problema non è che “non succede niente” per tre puntate – nuovo approccio alla narrazione a fumetti Disney che ho provato a sintetizzare in questo approfondimento – ma come questo “nulla” viene apparecchiato. Altre storie che seguono questo andamento, come lo stesso Topleton ma anche L’ultima avventura di Reginella e La solitudine del quadrifoglio, per citare altri esempi, riescono comunque a mantenere un buon ritmo del racconto pur concentrandosi più su sentimenti e riflessioni che sull’azione. In questo caso invece non sono riuscito a farmi avvincere dai vari siparietti che compongono la storia e mi sono trovato in più occasioni a distrarmi e a sospendere la lettura. È un peccato, anche perché riconosco che alcuni dialoghi sono invece assai pregnanti e profondi, e “serviti” all’interno di scene che ben si prestavano ad ospitarli. Ma sono pochi, felici momenti all’interno di un impianto generale che invece ho trovato abbastanza soporifero, senza che riuscissi ad appassionarmi all’impresa.
Forse il problema sta nella caratterizzazione di queste controparti di Pippo, Topolino, Orazio e Gancio, forse nella presenza di “animaletti -spalla” che non aggiungono nulla, forse nell’assenza della tensione che mi aspettavo di riscontrare in un viaggio del genere, che invece si riduce al mare mosso e a controlli di routine sulla stabilità dell’imbarcazione. Peccato, anche perché di contro sulle tavole non ho assolutamente nulla di negativo da dire! Inizio a pensare che le parole di sperticato elogio che il buon Fisbio ha dedicato negli scorsi mesi a Ivan Bigarella non fossero poi così esagerate, perché in quest’occasione il ragazzo ha consegnato davvero un lavoro coi fiocchi: i personaggi appaiono morbidi e piacevoli, ma è soprattutto negli sfondi che l’artista si supera. Vignette suggestive, inquadrature ardite e originali, una regia mai banale e sempre pronta a cogliere la scena da una diversa angolazione. Se ogni tanto volti e figure erano meno curati, questo non è mai capitato per le ambientazioni, sempre ricche e vitali. Una vera gioia per gli occhi grazie a una linea pulita e guizzante.
Brigitta, Amelia e l’alleanza disastrosa di Silvia Ziche (nn. 3451-3452) è quel classico team-up che fa tremare il lettore di lungo corso, che ha ancora ben stampati nella mente certi improbabili abbinamenti di personaggi secondari in epoca Muci, dagli esiti sempre agghiaccianti.
Ma in questo caso si trattava di Silvia Ziche e, pur non essendo più l’autrice di un tempo, tendo sempre ad aspettarmi qualcosa di buono dalle sue storie; in particolare le sue ultime prove sul “Topo” sono sempre state più che sufficienti, e anche in questo caso esco soddisfatto dalla lettura.
Occorre chiaramente entrare nell’ottica narrativa di Ziche per apprezzare appieno la storia, però: un’eccessiva pretesa di logicità narrativa potrebbe infatti far facilmente scricchiolare i presupposti iniziali su cui viene costruita l’intera trama, e sicuramente qualche leggerezza di troppo si riscontra se ci si sofferma sopra due secondi. Ma non siamo di fronte a una storia con la quale operare questo approccio, e se ci si lascia invece andare all’umorismo e all’ottica dell’artista si può godere di una divertentissima e riuscita pantomima che vede al centro proprio le due papere del titolo. È fenomenale la scioltezza che Ziche applica quando lavora da autrice unica, e si vede in particolare nella scena in cui Brigitta ragiona a voce alta su pro e contro di questa partnership con Amelia, mentre la fattucchiera sullo sfondo impiega il tempo nelle maniere più assurde e variegate. L’umorismo visivo, ancor più di quello verbale, costituisce quindi il pregio principale di quest’opera (si pensi anche a Brigitta in monopattino elettrico sul Vesuvio), come sempre valorizzato dal tratto nervoso e sottile della disegnatrice, che fa della sintesi e delle espressioni esagerate il suo efficace marchio di fabbrica.
La conclusione in realtà mi ha lasciato leggermente disorientato, ma nel dubbio inserisco anche questo risultato tra i pregi della storia, perché effettivamente significa che non mi aspettavo una tale risoluzione… circolare.
Paperino, Bum Bum e il fratello manipolatore di Corrado Mastantuono (n. 3452) prosegue la particolare vena creativa dell’autore, coerentemente a quanto sto vedendo nell’ultimo anno e mezzo su Topolino. Mastantuono, zitto zitto, sta infatti portando avanti un tipo di storie molto particolari sia nell’ambito di Papersera News sia con la sua creatura Bum Bum Ghigno, trame fresche e divertenti che nascondono però al loro interno visioni più approfondite dei personaggi che vi agiscono all’interno e con risvolti che spiazzano il lettore. Così accade anche stavolta, rimettendo in pista il fratello Tod così diverso dal protagonista: alto, bello, di successo… e dotato di una parlantina tale da riuscire a convincere chiunque a firmare contratti, spesso e volentieri truffaldini.
Lo spunto di base, con il librone che raccoglie i vari trucchi per ingannare le persone, ricorda molto da vicino il Playbook di Barney Stinson, tratto dalla sit-com How I met your mother, e anche la risoluzione finale che apprendiamo nelle ultime due tavole avviene con modalità simili a quelle che sancivano l’addio del personaggio a quel prezioso tomo, utile per circuire ragazze allo scopo di portarsele a letto, tanto da farmi pensare che l’autore avesse ben presente questo riferimento e abbia voluto adattarlo per la storia. Il risultato è senza dubbio molto buono, perché ci regala soprattutto uno sviluppo molto sfumato a livello di scrittura e per quanto riguarda Tod, sul quale non riusciamo ad avere uno sguardo definitivo nemmeno alla fine della storia, sballottati come siamo tra i vari capovolgimenti di prospettiva. Avere questa indeterminatezza e quel tipo di finale in un fumetto Disney non è scontato e bisogna indubbiamente saperlo fare… Mastantuono ha ormai decenni di esperienza e quindi lo sa fare eccome, regalando un’altra perla inaspettata che nobilita l’intero numero sul quale è apparsa.
Le Tops Stories – Il X Klum di Giorgio Pezzin e Davide Cesarello (n. 3453) è una delle punte qualitative del mese, c’è poco da fare. Torna Sir Top De Tops dopo la grande rentrée dello scorso agosto e lo fa con un’avventura meno “di rottura” rispetto alla precedente, ma assolutamente in linea con l’alta qualità della serie classica pubblicata tra il 1999 e il 2002. Il protagonista è alle prese con un celebre mistero archeologico, le vibes sono alla Indiana Jones, c’è l’avventura narrata in modo solido e avvincente, coniugata anche nel giusto modo per sorprendere con un piccolo dettaglio verso metà, c’è la curiosità assoluta che spinge il baronetto e c’è il finale indeterminato, che non fornisce spiegazioni definitive all’enigma iniziale. Unico neo è lo spiegone relativo al piano dell’organizzazione criminale che incrocia la strada di De Tops, sbattuto in faccia al lettore in maniera un po’ troppo didascalica e forzata, ma non danneggia l’economia complessiva della storia.
Cesarello fa anche stavolta un buon lavoro, anche se mi è parso un gradino sotto l’ottima prova de La fonte della giovinezza (ma, allo stesso tempo e fortunatamente, diverse spanne sopra alle tavole di raccordo de L’ultimo diario e alle sue prove con Paperinik). Le espressioni del protagonista sono spesso troppo esagerate e alcuni passaggi hanno una messa in scena non molto convincente, ma la regia generale è adeguata e riscontro una buonissima mano nel raffigurare ambientazioni e soprattutto mezzi di trasporto: penso all’idrovolante ma soprattutto all’imponente dirigibile degli avversari, affascinante nella resa estetica esteriore quanto nei dettagli degli interni. Insomma, non c’è nulla di eccezionale o fuori dalla norma ma un onesto lavoro con qualche guizzo di eccellenza qua e là che rende giustizia al lavoro di Pezzin.
Pianeta Paperone – Come ai vecchi tempi di Vito Stabile e Marco-Stefano Rota (n. 3453) riporta sulle pagine del “Topo” la serie dedicata alle caratteristiche dello Zione dopo diversi mesi di assenza. Dico subito che delle quattro finora pubblicate è quella che mi è piaciuta meno, ma ciononostante resta una storia molto buona, in cui come sempre accade con lo sceneggiatore risalta la figura di un Paperone azzeccato e molto umano, pur senza scadere in eccessi di “zuccherosità” che non sarebbero adeguati. Pianeta Paperone è in effetti lo spazio più idoneo dove mostrarci il personaggio come “uno di noi”, a dispetto del suo ingente patrimonio: una persona che ha i suoi vizi, le sue manie, i suoi punti di riferimento, cose risibili per cui è disposto però a mettersi in gioco come un bambino o come un vecchio pazzo. Questo si vedeva nell’episodio della panchina e in particolare in quello della limousine, mentre in questo caso si riconduce il tutto a qualcosa di più normale, come il sentimento dell’amicizia declinato secondo il punto di vista di un miliardario, che deve capire chi gli sta attorno per convenienza, per timore o per sincero affetto. L’input che fa da base a questa riflessione è sensato, lo sviluppo interessante, la lettura scorre bene e il finale, pur abbastanza palese fin dall’inizio, è sensato e ben giocato, ma resta una tematica che forse ho sentito meno e questo ha portato a farmi mettere questa storia in coda alle altre del progetto.
Complici anche i disegni: Rota, aiutato anche stavolta dal figlio Stefano, mi è parso qua alla sua prova meno riuscita da quando è tornato a collaborare con Topolino. L’inchiostrazione in particolare non aiuta e “soffoca” matite già di per sé incerte, alcune espressioni di Paperone sono fuori contesto o realizzate maluccio, i volti dei personaggi secondari sono molto basic. Poi ci sono invece pagine dove il disegnatore sembra ritrovare lo sprint, in particolare i primi piani sulla faccia del protagonista, ma anche le vignette mute che reggono degnamente quello che voleva trasmettere la relativa pagina di sceneggiatura. Un lavoro di alti e bassi, insomma, dove immagino che l’età, la collaborazione a quattro mani con il figlio e l’inchiostrazione abbiano giocato la loro parte.
Topolino – Le origini: Un eroe un po’ per caso di Danilo Deninotti e Ottavio Panaro (n. 3450) è il penultimo capitolo di questa sofferta serie sulla presunta/alternativa giovinezza di Mickey Mouse. So che l’avevo già scritto nel post del mese scorso, evidentemente errando 😛 , ma stavolta dovrebbe essere davvero così. Si tratta a tutti gli effetti della seconda parte della storia precedente, che era rimasta in sospeso con Pippo ostaggio di Pietro Gambadilegno. Non c’è molto da aggiungere a quanto ho detto in passato riguardo questo progetto, per quanto attiene ai presupposti. Posso però ancora lamentare uno scarso coinvolgimento da parte della sceneggiatura, a prescindere dal filone in cui si immette. Topolino va avanti e indietro dal commissariato alla redazione in cui lavora, venendo sgridato sia da una parte che dall’altra, mentre è in pena per l’amico rapito. Viene ammonito di lasciar lavorare i professionisti ma ovviamente fa di testa sua e fa un tentativo per salvare Pippo che lo mette a confronto con il suo avversario, in una delle zuffe più loffie che io ricordi, anche per via dei disegni poco plastici di Panaro. Insomma, non ho trovato guizzi, né tensione, tutto sa drammaticamente di già visto e quel poco di buono che sembrava aver portato la rinnovata attenzione bertaniana nella seconda metà della serie sembra essere già svanita.
Zio Paperone e la minaccia alla Calisota Valley di Fausto Vitaliano e Graziano Barbaro (n. 3451) mi ha lasciato sinceramente costernato, nel suo sembrare uscita direttamente dalla produzione media di Topolino di cinque-sei anni fa.
Vitaliano mette infatti in scena molto del suo classico campionario, che un tempo era frequente vedere sulle pagine del settimanale disneyano: Dinamite Bla (tra l’altro inserito in modo assolutamente gratuito ai fini della trama), la satira verso certi eccessi tecnologici, i nomi sfotti-nerd, un certo cinismo di fondo. Elementi che in passato, e in alcune determinate storie, potevo anche apprezzare, ma che al giorno d’oggi suonano fuori tempo massimo e si amalgamano anche poco con l’attuale contesto topoliniano.
A parte ciò, comunque, ho riscontrato anche una trama dai risvolti piuttosto balzani: il piano dell’hacker non appare spiegato in modo chiaro nelle sue forme, e in particolare il modo in cui viene smascherato presenta alcuni problemi logici: per esempio, occorreva davvero “bucare” il profilo social del criminale per sapere dove abita?
Tutto questo, insieme a stereotipi a go-go (anche relativamente a Paperone e Rockerduck), fa sì che la storia mi abbia alquanto deluso, salvata solo parzialmente dai disegni di un Barbaro meno in forma di quel che ricordassi ma che consegna comunque un comparto estetico accettabile.
Filo, Bigitta e la superveloce Ducklink di Pier Giuseppe Giunta e Francesco Guerrini (n. 3453) a sorpresa mi è piaciuta, e non poco! Non ricordo nulla di particolare da parte dello sceneggiatore, in passato, e l’accoppiata dei due protagonisti non mi ha dato spesso soddisfazioni in questi anni, ma stavolta, pur partendo da un plot assolutamente lineare (fin troppo lineare), la sceneggiatura sa impennarsi grazie a una svolta giocata benissimo. Gli affari di Filo e Brigitta conoscono sempre un andamento sinusoidale, con una partenza in crescita che a un certo punto incontra un ostacola che porta al tracollo, e così è anche in questo caso. Ma la differenza sta nel modo in cui avviene e soprattutto nel ruolo che all’interno della trama ha Zio Paperone: quando l’avarastro rispolvera un vecchio e sgangherato velivolo per raggiungere i Bassotti che hanno trafugato dati preziosi, in volo su un dirigibile scassato e altrettanto improbabile, la storia conosce momenti davvero felici e genuinamente divertenti, in un adorabile mix di umorismo verbale, gag visive e buonissima caratterizzazione dei personaggi in scena. La storia ne guadagna davvero tanto e intrattiene come non mai, complici i disegni del buon Guerrini: l’artista ci omaggia infatti della sua impagabile matita, dal tratto sottile e ricco di dettagli. Ottimo il suo Paperone, gradevolissimi e corpulenti i suoi Bassotti, variegata la fauna animalesca con cui raffigura i comprimari di turno, in questo caso i membri del Club dei Miliardari che compaiono come scimmie, volpi, cavalli… inoltre regia e inquadrature si fanno dinamiche, quasi forsennate, e sono la formula ideale per mettere in immagini il ritmo della sceneggiatura di Giunta. Molto soddisfatto da tutto l’insieme, insomma!
E sempre restando su quest’ultimo numero del mese rendo onore al merito anche alle altre due storie sulla carta “minori”, perché mi hanno invece divertito e intrattenuto molto bene.
Il nuovo episodio di Miao, cronache feline dal titolo Questione di gusti segna la seconda incursione di Pietro B. Zemelo ai testi di questa serie che sta proseguendo ormai da diverso tempo, passando per le mani di Giorgio Salati e Enrico Faccini, il quale disegna anche quest’ultima breve. Zemelo dimostra di divertirsi lui per primo in questo format, mettendo in scena una carrellata di gag brillantemente collegate tra loro e incentrate sul difficile palato di Malachia. Ispirazione diretta dai ritmi dei cartoon classici e gusto per il paradosso sono gli ingredienti che rendono spumeggiante questa storiellina.
Gambadilegno e la rapina ippica di Francesco Vacca e Graziano Barbaro partiva proprio coi peggiori presupposti e invece si è dimostrata una scanzonata commedia degli equivoci, dinamica e spassosa, nella quale il protagonista deve fare i salti mortali per rimettere a posto situazioni che si ostinano a ingarbugliarsi in maniera paradossale, tra Manetta, Rock Sassi, Sgrinfia, Trudy, automobili che spariscono continuamente e un cavallo difficile da nascondere. L’approccio è quello giusto, non posso definirlo fresco perché poggia le sue basi su un umorismo piuttosto standard, ma è la dimostrazione che se si sa usarlo funziona, porta a bei risultati e trova posto nel Topolino dell’era Bertani.
Anche in questo caso Barbaro è poco convincente, con un tratto grezzo che a volte si fa confuso e poco leggibile, ma si è visto di peggio e tutto sommato regge bene la parte visual delle gag presenti in sceneggiatura.
Spero di aver sviscerato in maniera sufficientemente chiara e completa le mie impressioni.
Come sempre, se volete dire la vostra potete usare i commenti del blog, dei social o per i più timidi 😛 i DM della pagina Instagram.
Sul blog ci si rilegge fra pochi giorni per il post dedicato alle varie pubblicazioni disneyane che hanno popolato gli scaffali di edicole e fumetterie nel corso di gennaio.
A presto!
Bonus track
Ieri sera sono stato ospite del canale YouTube The Fisbio Show dell’amico Fabio per una live molto speciale, insieme ad altre vecchie conoscenze: Francesco de La soffitta di camera mia, l’Uomochesapevatroppo dell’omonimo canale Twitch, Pacuvio direttamente dal Papersera e Magro Disney.
Insieme abbiamo parlato delle rispettive Top 5 e Flop 5 relative alle storie di Topolino del 2021.
Per chi si fosse perso la diretta, può recuperarla qui di seguito:
Ciao!
Dunque…non commento le storie dell’ultimo numero come le Tops Stories perché non le ho ancora lette.
Invece spendo volentieri qualche parola per le altre storie del mese.
La storia della Ziche mi è piaciuta molto, divertente e movimentata. Quando ho visto la macchina del tempo ho pensato a una trovata surreale, troppo anche per la Ziche. Invece sul finale mi sono ricreduta: ho trovato geniale e coraggiosa la scelta di quel loop temporale finale. Nel complesso una buona storia.
La storia di Bum Bum è l’ennesimo gioiellino di Mastantuono. L’autore ci offre un’ottima storia, con un finale carico di significato e anche divertente. Anche i vari metodi di Tod per raggirare il prossimo sono divertenti, specie raccontate da Paperino e Archimede con le loro espressioni mezze incredule.
Le Cronache degli Antichi Regni le ho trovate disorientanti. Complice forse la suddivisione in tante puntate, o forse per la mia poca passione per il fantasy. Ho preferito anch’io Ducktopia, l’ho trovata con un ritmo più serrato. Mi è piaciuta l’idea iniziale di suddividere i segni zodiacali per Terra, Acqua, Fuoco e Aria e associarli a regni con rispettive caratteristiche, ma mi ha lasciato un dubbio nello sviluppo il fatto che Paperi e Topi fossero pronti a dichiararsi guerra dopo qualche tempesta e l’arrivo di uno straniero (peraltro, Guilbert non era assimilabile a nessuno dei due popoli, perché pensare che fosse una spia?). Ho trovato invece azzeccato l’inserimento di Reginella, chi meglio di lei può rappresentare il popolo dell’acqua?
Poi c’è il Pippon-Tiki. Parto col dire che l’idea mi intrigava, e non l’ho trovata sviluppata male, ma nella trama c’è qualcosa che manca. Credo che manchi l’azione, un po’ di suspense, e anche momenti in cui la ciurma pensa seriamente: torniamo a casa, questa è una follia. Dubito che nessuno su quella zattera non l’abbia mai pensato. Nel complesso, complici le ottime tavole di Bigarella, la storia è promossa, ma non a pieni voti, ecco.
Infine non mi esprimo su le Origini di Topolino, ma forse era meglio cercare un altro titolo (mi ricorda troppo “Un supereroe per caso”).
Ciao!
Bentornata, Korinna! 🙂
Grazie per aver voluto lasciare le tue impressioni su alcune delle storie di gennaio: su molte cose vedo che siamo sulla stessa lunghezza d’onda 😉
Sul titolo, ammetto di averci pensato anch’io all’assonanza con il primo numero di Frittole 😛
Ciao!