Quei pantaloncini rossi
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Quei pantaloncini rossi

Il Topolino che i lettori italiani sono abituati a vedere da anni sull’omonima testata è vestito di tutto punto: ha un paio di pantaloni lunghi e una polo, sopra la quale a volte può indossare anche una giacca, mentre fortunatamente ha abbandonato quasi del tutto il papillon. Di tanto in tanto, sulla testa sfoggia un cappello simil-Fedora.

Mickey_pantaloncini_1Il look di questo Topolino è piuttosto anonimo, inutile nascondersi dietro un dito. Tali normalissimi abiti da un lato potrebbero in effetti avvicinarlo a un contesto di realtà (al netto forse dei colori….), ma hanno la controindicazione di non renderlo particolarmente iconico e al contempo di averlo imborghesito anche nell’aspetto.
Lo scarso appeal grafico di questo vestiario potrebbe anche aver avuto la sua buona parte di colpa nell’identificazione del personaggio come l’antipatico perfettino conformista che è stato tacciato di essere da almeno un paio di generazioni di lettori, che gli hanno presto preferito Paperino.

È però cosa nota a chiunque che, prima di questa rivoluzione nell’outfit, Mickey Mouse vestiva in maniera decisamente più essenziale. Ed è noto perché, a parte l’ambito fumettistico, in tutto le altre sue “emanazioni” il topo dalle grandi orecchie ha continuato e continua ad apparire nel suo look primigenio, con pochissimi aggiornamenti estetici che non vanno peraltro a modificare ciò che lo rende davvero riconoscibile: i pantaloncini rossi, l’unico abito – oltre alle scarpe gialle – che indossa su qualunque articolo di merchandising e in qualunque prodotto animato in cui recita, a prescindere dal periodo storico in cui viene realizzato.

Perché questa differenza di trattamento? E come è sopravvissuta e sopravvive questa visione del personaggio? Provo a illustrare brevemente la storia delle braghette rosse, traendo alcune conclusioni di tipo discorsivo e – come sempre – personale.

Dall’animazione al fumetto

Mickey_pantaloncini_2Negli anni Trenta del secolo scorso da questo punto di vista non c’erano differenze tra animazione, merch (le prime cose che già iniziavano a circolare) e fumetti, pubblicati nel formato di striscia giornaliera sui quotidiani statunitensi: in tutte queste situazioni Topolino appariva in pantaloncini corti e grandi scarpe, così come aveva esordito nei tre cortometraggi cinematografici del 1928 in cui Walt Disney e Ub Iwerks l’avevano ideato e iniziato a sviluppare (Plane Crazy, The Gallopin’ Gaucho e Steamboat Willie).
Il motivo era duplice: da un lato l’immediatezza che l’estetica del personaggio doveva avere presso gli spettatori e dall’altro la facilità/economicità nell’animarlo. Del resto anche gli altri animali antropomorfi dei cartoni animati coevi avevano tenute minimal, basti pensare al suo predecessore Oswald (il coniglio fortunato), che indossava una semplice salopette dotata di una singola bretella.
Al di là di queste pragmatiche ragioni, la scelta ben si confaceva anche allo spirito dei cortometraggi animati: prodotti di una decina di minuti al massimo in cui dominava lo slapstick, le gag fisiche e la comicità senza freni, situazioni in cui un abbigliamento particolarmente “pratico” non stonava affatto e comunicava anzi l’idea di spontaneità e fanciullezza.

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Quando i due artisti trasportarono la loro creatura nelle vignette di un fumetto – nella storia conosciuta a posteriori come Topolino e l’isola misteriosa o Topolino emulo di Lindbergh – era naturale non creare difformità nell’aspetto del personaggio, nato da appena un paio d’anni, e questo a prescindere dal fatto che la trama della strip assumesse, grazie alla sua struttura a continuazione, contorni un po’ più avventurosi e articolati di quanto il personaggio vivesse contemporaneamente sul grande schermo.

Mickey_pantaloncini_3Così fu anche quando, poco dopo, Disney assegnò il compito di curare queste strisce a un altro artista degli Studios, quel Floyd Gottfredson che tanta importanza avrebbe avuto sul fumetto disneyano di sempre, e a una breve serie di sceneggiatori che l’avrebbero affiancato nel corso dei decenni successivi.
L’epopea a fumetti di Mickey Mouse – dopo una manciata di avventure di medio respiro legate maggiormente a uno scenario bucolico e campagnolo – avrebbe conosciuto il gusto per la grande avventura, pur sempre in ambito umoristico, coerentemente con altri fumetti distribuiti in quella modalità: come si sa, Topolino avrebbe presto affrontato pirati, scienziati pazzi, fuorilegge del far west, presunti fantasmi, il “cattivo per tutte le stagioni” Pietro Gambadilegno, oltre a partecipare alla Seconda Guerra Mondiale e a reinventarsi come detective (professionista o meno). Non c’era avventura troppo ardita per il personaggio… ma a prescindere dalla posta in gioco, dallo scenario in cui si muoveva e dagli avversari che doveva affrontare, l’abbigliamento rimaneva il medesimo. E questo senza perdere un grammo di credibilità.

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Qualcuno potrebbe osservare che questo risultato era diretta conseguenza del suo essere un animale parlante, un personaggio principalmente rivolto al pubblico più giovane, una star dei cartoon, e quindi una figura dalla quale nessuno era portato a pretendere un vestiario più credibile.
Ma a mio avviso non si tratta solo di questo: i pantaloncini non stonavano perché nella loro semplicità erano fortemente simbolici.
Nati come esigenza tecnica e adatti a un personaggio che inizialmente aveva tutti i caratteri del ragazzino di strada, del monello campagnolo che si ficca nei guai facendo dispetti o ficcando il naso in faccende che non avrebbero dovuto riguardarlo, hanno ben presto assunto i contorni dell’emblema, contribuendo a connotare Topolino in una certa maniera indipendentemente da che tipo di storie interpretasse e in che medium.

Topolino si rifà il guardaroba

Già alla fine degli anni Trenta, in alcuni cortometraggi Topolino iniziava però a vestire in maniera diversa, più curata, per esigenze di trama. Penso a The Whalers, dove era abbigliato da capitano di una baleniera, o The Pointer, nel quale le braghette venivano parzialmente coperte dal giubbotto da cacciatore utilizzato per un’escursione nel bosco insieme a Pluto, in quell’occasione rivisitato come cane da punta, senza contare la storia in costume The Brave Little Taylor, giustificata però da esigenze “attoriali”.

Mickey_pantaloncini_9L’aspetto di Topolino cercava quindi di adeguarsi ai tempi che cambiavano, anche per sopperire al calo di popolarità che stava subendo in quel periodo a favore di altre stelle degli Studios come Pippo e soprattutto l’irresistibile Paperino.
L’animatore Fred Moore lavorò sul volto, eliminando gli occhi “a spicchio di torta” per disegnarli con le iridi e modellando le orecchie in modo più prospettico e meno piatto, tutti elementi studiati per rilanciare il personaggio nello spezzone de L’apprendista Stregone all’interno del lungometraggio del 1940 Fantasia.
Ma anche l’abbigliamento doveva subire un aggiornamento, e così nei primi anni Quaranta il Topo avrebbe indossato sempre più spesso, nei suoi cortometraggi, abiti completi, giustificati dalla narrazione oppure semplicemente per “svecchiarlo”.
Alcuni esempi sono The Little Whirlwind, Mickey’s Birthday Party, Mickey and the Seal e The Simple Things, ultimo cortometraggio della serie dedicata a Topolino.
Moore stesso, sempre all’inizio di quel decennio, aveva realizzato un model sheet – che sarebbe servito come riferimento grafico per gli altri artisti – nel quale il personaggio era vestito di tutto punto, con giacca e pantaloni lunghi.

Mickey_pantaloncini_23Anche Gottfredson, sul versante fumetti, si dovette quindi adeguare e lo fece all’interno della storia Topolino e le meraviglie del domani, sfruttando un espediente narrativo per rendere il passaggio meno brusco: nel corso della vicenda il protagonista visitava infatti la Topolinia del futuro e, per omologarsi agli usi dello scenario, indossò pantaloni lunghi, camicia bianca e a un certo punto anche un papillon, portandosi dietro tali nuove abitudini anche al ritorno nel suo presente e ufficializzando quindi il restyling nel look in tutte le strip successive e nelle storie che sarebbero poi state realizzate appositamente per i comic book.

Back to basics

Personalmente ritengo che fosse un passaggio quasi obbligato, ma al contempo ininfluente per quanto riguardava l’obiettivo di refresh che ne stava alla base. Tant’è vero che le fortune del personaggio sul grande schermo non migliorarono: la serie durò fino al 1953, ma al suo interno sempre più spesso il protagonista indiscusso era Pluto invece del titolare, che non riacquistò più la fama degli esordi.

Mickey_pantaloncini_11L’essenza delle strisce a fumetti non fu invece particolarmente segnata dal cambiamento grafico; semmai era il tenore delle sceneggiature a variare negli anni Quaranta rispetto al passato, grazie all’intervento ai testi di Bill Walsh, che portò la sua vena surreale nelle vicende di Mickey Mouse; senza contare la fine delle storie a continuazione nel 1955, che su richiesta dell’editore diventarono autoconclusive.

Le avventure di maggior respiro si spostarono quindi definitivamente sui comic book statunitensi e sugli albi da edicola del resto del mondo, Italia in testa, dove Topolino avrebbe vissuto una miriade di avventure dei generi più disparati, sempre indossando giacca, polo e pantaloni lunghi.

Mickey_pantaloncini_12Il merchandising però non seguì l’iter conosciuto dall’animazione e dai fumetti: il Mickey che compariva e continua a comparire su tazze, piatti, magliette, lenzuola, palloncini e quant’altro è irrimediabilmente quello delle origini, caratterizzato tra le altre cose dai suoi pantaloncini rossi.
Il grande pubblico lo conosceva e lo amava così, un po’ per la fascinazione dei cosiddetti “anni d’oro” e per il mercato della nostalgia (specialmente negli ultimi tre decenni), un po’ per l’immediatezza che comunica la figura in quei panni, simpatica a colpo d’occhio. Un’immagine perfetta per caratterizzare prodotti da comprare, un ottimo testimonial di sé stesso in una maniera che non funzionerebbe altrettanto bene con il vestiario attuale.

I pantaloncini rossi appaiono quindi come un simbolo di libertà, simpatia e giovinezza.
Se ne devono essere accorti anche ai vertici aziendali del reparto creativo, perché quando negli anni Novanta fu il momento di tornare a investire sul personaggio in nuovi prodotti di animazione si decise di restituire quel look alla loro star di punta.
Mickey_pantaloncini_14Appariva con i suoi calzoncini nel brillante cortometraggio cinematografico del 1995 – animato direttamente dagli Studios principali di Burbank – Runaway Brain, nella serie televisiva Mickey Mouse Works a partire dal 1999 e qualche anno dopo nei cartoni animati prescolari Mickey Mouse Clubhouse (La casa di Topolino, 2006).
Nel contenitore House of Mouse (2001-2002), invece, vestiva un abito nero con una camicia bianca, una sorta di divisa del “Topoclub” che gestiva e che forniva il pretesto narrativo per raccogliere molti corti del passato e dei Mouse Works. Era quindi una scelta giustificata dal mero contesto (nel quale peraltro anche gli altri standard characters vestivano in quel modo,) come se fosse un “maestro di cerimonia” nelle frame-story che facevano da collante ai cartoon che venivano riproposti.
Nel 2013 i Walt Disney Animation Studios tornarono a realizzare in prima persona un prodotto con Topolino, Get a Horse!, e anche in questo caso il personaggio appariva in braghette; non solo negli spezzoni realizzati con stile vintage in omaggio alle origini di Mickey, ma anche nella cornice contemporanea realizzata in CGI.

Mickey_pantaloncini_15BInfine, dal 2013 al 2019, una nuova serie animata chiamata semplicemente Mickey Mouse ha rinverdito i fasti del personaggio – ma anche dei suoi amici – grazie alla geniale conduzione di Paul Rudish, che coniugò l’approccio grafico e narrativo alla Cartoon Network con i personaggi Disney, senza per questo snaturarli: si è partiti infatti dall’assunto che, in fondo, quel ritmo folle e slapstick costituiva un semplice aggiornamento delle dinamiche già presenti in nuce nei primissimi cortometraggi disneyani, pur con tutti i distinguo del caso legati alla diversa epoca.
Il prodotto ha avuto un buon riscontro, godendo addirittura di una “seconda vita” a partire da novembre 2020 con The Wonderful World of Mickey Mouse, pensata per il canale streaming Disney+ e proseguimento sulla stessa falsariga della serie precedente, senza particolari cambiamenti.
Manco a dirlo, anche in questa versione Topolino appare con i suoi amatissimi pantaloni corti.

E nei fumetti?

Mickey_pantaloncini_16A partire dal 1998/1999, nelle storie Disney a fumetti realizzate dall’editore danese Egmont Topolino iniziò a comparire con i soli calzoncini.
Byron Erikson, allora alla guida della casa editrice nordeuropea, caldeggiò molto questo revival – probabilmente per porsi sulla scia di Mickey Mouse Works che, come visto, in quegli stessi anni avrebbe rilanciato il personaggio proprio così – e impostò questa linea grafica (che prevedeva anche il recupero di alcuni antagonisti e comprimari delle strisce gottredsoniane) insieme a uno dei suoi disegnatori di punta, Cèsar Ferioli.
Una scelta che a molti apparve fuori tempo, considerando che animazione e fumetto si muovono su binari differenti e con esigenze diverse, ma c’è da dire che questa impostazione non era assoluta, dal momento che contemporaneamente furono disegnate diverse storie in cui Topolino vestiva con pantaloni lunghi e maglietta.
Questo “ritorno alle origini” durò comunque con una certa frequenza fino al 2016, per poi regredire gradualmente e tornare in questi ultimi anni a prediligere il personaggio completamente vestito, per quanto anche ai giorni nostri alcuni artisti che lavorano in Egmont scelgono (e quindi evidentemente hanno la possibilità di farlo) di ritrarre il personaggio alla vecchia maniera.

Una mossa che aveva probabilmente l’intento di rilanciare l’immagine del personaggio, anche se a mio avviso per questo sarebbe occorso lavorare in prima battuta sulle sceneggiature. Si trattava probabilmente della volontà di titillare l’animo e l’occhio dei lettori con una rappresentazione che riportasse inconsciamente la memoria alle storiche avventure in cui appariva così, oltre che strizzare l’occhio alla nuova produzione animata d’oltreoceano.

Un’immagine così radicata nella mente di chi ha amato il personaggio anni addietro da essere privilegiata anche da fumettisti extra-disneyani nel momento in cui sono stati chiamati a realizzare storie con Topolino. Sto ovviamente pensato alla collana di graphic novel d’autore pubblicate in Francia da Glènat, dove alcuni tra i migliori autori francesi hanno potuto dilettarsi con i personaggi Disney e, nella quasi totalità dei casi, hanno messo in scena il buon Mickey abbigliato come alle origini della sua carriera.

Mickey_pantaloncini_17In Italia una scelta sistematica del genere non è mai stata avviata, ma gli omaggi, le citazioni e le battute sulle braghette si sono sprecati.
Romano Scarpa, grande fan delle strisce di Gottfredson, lo aveva ritratto come appariva in quell’epopea all’interno di una fotografia, nella storia Topolino e la Dimensione Delta del 1959.
Nel 1983 Sergio Asteriti ha messo in scena il personaggio ritratto nella maniera classica in Topolino e il circo aereo, mentre Giorgio Pezzin e Giampiero Ubezio hanno fatto incontrare il Topo del passato con quello del presente in Topolino e l’incredibile avventura del 1988.

Giorgio Cavazzano si è cimentato nel rappresentare Mickey con l’iconico vestiario Anni Trenta (così come Pippo, Paperino, Minni, Orazio, Clarabella e Gambadilegno) in diverse occasioni. Ricordo in particolare: Paperino e l’insolito remake del 1987, Topolino presenta “La strada” del 1991 (su testi di Massimo Marconi) e Topolino e il surreale viaggio nel Destino del 2010 (su testi di Roberto Gagnor).

Mickey_pantaloncini_18Altro autore per nulla insensibile al fascino dei pantaloncini rossi dai bottoni gialli è Casty.
Il fumettista friulano ha fatto rivivere quel particolare Topolino in Tutto questo accadrà ieri del 2015, Tutto questo accadde domani del 2018 (entrambe in coppia con Massimo Bonfatti) e nella breve storia speciale Che avventure, Topolino!, realizzata sempre nel 2018 per l’album di figurine dedicato al personaggio in occasione del suo novantesimo compleanno.
In tutte queste avventure un viaggio nel tempo o qualche garbuglio tecnologico permettono all’incarnazione passata e a quella presente di Mickey di incontrarsi e vivere una sorta di team-up, come avvenuto ne L’incredibile avventura ma in modo più ambizioso e alzando ulteriormente la posta.
Sempre nell’ambito del novantennale del personaggio, Francesco Artibani e Lorenzo Pastrovicchio composero Topolino e l’avventura su misura; in questo caso gli autori scelsero di impostare il racconto come se fosse una storia d’epoca, lavorando quindi non solo sull’approccio grafico ma anche sul ritmo narrativo e sul tipo di situazioni affrontate.

Mickey_pantaloncini_20Per chiudere questa carrellata non poteva mancare Tito Faraci, che per quanto non abbia mai scritto una vera e propria storia con Topolino in stile vintage, ha comunque citato i pantaloncini rossi in diverse occasioni.
In primis nella fondamentale Topolino e il fiume del tempo del 1998, firmata insieme ad Artibani e disegnata da Corrado Mastantuono, nella quale il protagonista ripercorreva i passi della sua prima avventura “ufficiale”, cioè quella a bordo dello Steamboat Willie. E, a onor del vero, a un certo punto i riferimenti grafici abbastanza espliciti a quella storica tenuta non mancavano…
Nel 2008 fu la volta di Topolino in: l’ultimo caso, dove il riferimento fu invece alla prima indagine ufficiale del detective dilettante del mondo Disney, Topolino poliziotto e Pippo suo aiutante di Gottfredson.
In questa sorta di sequel Goofy fa una battuta esplicita sull’improbabilità di quel capo di vestiario (“imbarazzante”, per citarlo alla lettera 😛 ) e attraverso alcuni flashback rivediamo inoltre il personaggio raffigurato come allora. I disegni sono di Cavazzano, che tornò quindi in questa ulteriore occasione a “giocare” con le influenze grafiche degli anni Trenta.
Nel 2021, infine, con la storia Topolino e l’oscura finale lo sceneggiatore lombardo indica al disegnatore Libero Ermetti di mostrare che Topolino, come pigiama, usa proprio… due braghette rosse con bottoni gialli! Citazione forse gratuita, ma che fa parte di quelle strizzatine d’occhio che fanno piacere e confermano – come se ce ne fosse bisogno! – che si tratta di un elemento così portante nella mitologia del personaggio da poterci impostare inside jokes che i più possono cogliere.

Conclusioni

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Belle varianti: Lorenzo Pastrovicchio

C’è un elemento che accomuna tutte queste storie italiane, e anche le eventuali altre che ho colpevolmente dimenticato: il loro carattere di eccezionalità.
Nella maggior parte dei casi la “concessione” di vedere Topolino in quegli abiti è dovuta alla celebrazione dell’anniversario della sua creazione, che giustifica il ripescaggio della mise classica, oppure a situazioni particolari come parodie di un certo rilievo o progetti di grande impatto mediatico.
E, tirando le somme, direi che è giusto così.

La sfera dell’animazione e la sfera fumettistica sono due realtà distinte e i ragionamenti che valgono per l’una non necessariamente sono validi anche per l’altra.
Nella fattispecie, il Topolino con i “vestiti lunghi” ha avuto un numero di apparizioni piuttosto basso nei cartoon, tale da permettere di ignorarle senza problemi, mentre nel mondo dei fumetti abbiamo centinaia di migliaia di avventure nelle quali il personaggio agisce con gli abiti post-braghette.
L’idea egmontiana di ripristinare l’antico look per le storie contemporanee strideva per l’evidente contrasto rispetto alla produzione fumettistica di almeno sei decenni, che partiva dai comic book statunitensi per arrivare alla tradizione italiana, che si è poi imposta in tutto il mondo.
Questa mossa non aveva nessuna logica narrativa e per questo suonava fuori tempo massimo.

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Belle varianti: Davide Cesarello

Ciò non toglie nulla alla riflessione che fungeva da attacco di questo pezzo: gli attuali abiti standard di Topolino sono decisamente anonimi e solo per abitudine non ci sembrano anacronistici o poco immersi nella realtà quotidiana a cui i fumetti Disney guardano.
Sono cristallizzati nel tempo senza avere dalla loro il pregio dell’essere iconici o visivamente efficaci.
La soluzione però non dovrebbe essere quella di guardare indietro, ma piuttosto avanti: avere il coraggio di variare il guardaroba di Topolino, dando libertà agli artisti di mostrare il personaggio con altri outfit. Ancora meglio, spronandoli ad alternare la combo polo+giacca con altre soluzioni, ovviamente sempre in linea con le scelte che potrebbe fare una persona di quell’età percepita (30-40 anni).

Potrebbe risultare difficile o addirittura controproducente per figure come Paperino, Pippo e Zio Paperone, il cui vestiario è entrato nell’immaginario collettivo, ma non credo lo sarebbe per Mickey, che invece guadagnerebbe da questa varietà a cui si ricorre con il contagocce e solo in determinate situazioni (per esempio le vacanze).

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Belle varianti: Claudio Sciarrone

I calzoncini rossi lasciamoli quindi all’animazione e al merchandising, oltre che alle rare occasioni fumettistiche che contribuiscono, con il loro carattere di eccezionalità, a valorizzarne il mito e l’importanza che hanno avuto nel primo decennio di avventure tra le vignette.
Ma sarebbe bello fare tesoro della lezione estetica e comunicativa che possiamo trarre da quei semplici bermuda, che dopo più di novant’anni ci fanno capire quanto una scelta azzeccata, per quanto semplice, possa fare scuola e contribuire in modo sostanziale al successo di un personaggio di fantasia.

PS: se qualcuno si chiedesse da dove nasce l’idea per questo pezzo estemporaneo, be’… ammetto che con il caldo delle scorse settimane ho invidiato la possibilità del vecchio Mickey di andare in giro così leggero senza problema alcuno 😛

Bonus track

In maniera del tutto imprevista, e contrariamente a quanto scrissi nel post di inizio mese, ho partecipato a una live anche in questo agosto!
Il “fattaccio” 😛 è avvenuto martedì sera, quando sono stato ospite del canale Twitch dell’Uomochesapevatroppo, che i più attenti ricorderanno come mio invitato alla sesta puntata de Lo Spazio Disney LIVE. Focus della serata è stato sfogliare e commentare il nuovo numero di Anteprima, in quest’occasione non solo per quanto riguarda la parte Disney ma proprio il catalogo nel suo complesso.
Per chi se la fosse persa e volesse recuperarla, lascio di seguito la registrazione editata per YouTube, specificando che la sezione disneyana va dal minuto 38:30 al minuto 1:44:55.

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