Per sempre Galep!
Una foto dell’ultima mia visita nello studio di Galep. L’immagine in controluce assomiglia ad una tipica vignetta di un fumetto.
Nella mia fase di aspirante fumettaro ho avuto l’occasione di conoscere vari artisti italiani che erano delle vere proprie autorità del fumetto: Magnus, Giancarlo Berardi, Ivo Milazzo, Santo D’amico, Aurelio Galleppini, Jacovitti. Con quest’ultimo, il mio idolo in assoluto, collaborai per quasi cinque anni. Furono esperienze uniche soprattutto per un sedicenne innamorato dei fumetti. Circa sei anni fa ho scritto una serie di articoli su questi incontri per la rivista online Comx Dome ideata da Francesco Moriconi. La rivista era disponibile solo per iPad e non ebbe il successo sperato nonostante fosse ben realizzata. Quindi ripubblicai gli articoli sul mio blog Avventure di carta che da qualche giorno ha ripreso a funzionare grazie a Lo Spazio Bianco.
Pertanto ripubblico con piacere questi post, riveduti e corretti, nella speranza che possano essere un incoraggiamento a tutti quei ragazzi pieni di passione per il fumetto: incontrate i grandi Maestri, parlate con loro, e, se riuscite, osservate il loro modo di disegnare. Va bene anche nelle fiere ma se riuscite incontrateli nei loro studi. Ne vale veramente la pena.
Inizio con il maestro Aurelio Galleppini perché lo scorso 10 marzo ricorrevano i 25 anni dalla morte del grande Maestro.
Prologo
Nel 1991 mi iscrissi alla Scuola Internazionale di Comics. Avevo sedici anni e mi trasferii a Roma.
Avevo da poco iniziato la scuola e arrivò la fine ottobre che, per tutti gli amanti di comics, significava una cosa sola: Salone internazionale dei comics di Lucca (dal 1995 sarà ribattezzata Lucca Comics & Games). I miei mi avrebbero raggiunto in camper a Roma e saremmo andati tutti insieme alla più bella fiera del fumetto (almeno lo era a quei tempi) italiano.
Era il 30 ottobre, eravamo a Lucca e io contemplavo qualche mio acquisto quando mio padre mi rivolse più o meno queste parole: “Lo sai con chi hai appuntamento domani?” e io non risposi perché la domanda mi sembrò alquanto strana. “Con Galep!” esclamò mio padre sorridendo. Guardai mia madre per sapere se era vero e la sua espressione lo confermò.
Ero a Lucca, sfogliavo i fumetti appena comprati, avevo sedici anni e stavo per incontrare Galep: cosa desiderare di più dalla vita?
Chiavari 31 ottobre 1991
Quando mi trovai di fronte al mitico Galep, quella mattina di ottobre, ebbi la stessa espressione attonita, frastornata, di quando incontrai Jacovitti per la prima volta. Era davvero incredibile. Ero nello studio di Aurelio Galleppini, il creatore grafico di Tex. Mi colpì molto il suo studio perché aveva un elemento in comune con quello di Magnus o di Jacovitti: la semplicità.
Ed è questo l’aggettivo con cui potrei descrivere quell’uomo di settantaquattro anni, dal volto dolce e onesto (proprio come il suo Tex), su cui si disegnava un sorriso rassicurante: un grande maestro, geniale e allo stesso tempo umile.
Il suo studio sembrava un piccolo soggiorno adattato a bottega artistica: un vecchio divano e uno di quei tavoli tondi con le quattro sedie dove il maestro quel giorno posò un omaggio da noi donatogli. Lungo le pareti erano appesi alcuni manifesti e illustrazioni a colori di Tex. In prossimità della porta d’ingresso vi era un vecchio armadio e poco più in là una macchina fotocopiatrice. Accanto a quest’ultima un proiettore e poi, sempre appesi alle pareti, ancora altre illustrazioni, oltre a una serie di modelli in scala di armi, tutte da lui stesso minuziosamente ricostruite.
La dedica che leggete fu scritta da Galep sul retro di questa foto il 18 novembre del 1991. Una volta sviluppate tutte le foto (niente digitale e niente pc al tempo…) realizzammo un ingrandimento di questa in particolare e la inviammo al grande maestro che dimostrò la sua generosità per l’ennesima volta, dedicandomi queste bellissime parole.
E poi il pezzo forte del suo studio, naturalmente: la sua postazione da lavoro. Un tavolo da disegno con, sulla destra di chi vi lavorava, una sorta di leggìo di cui Galep si serviva per sorreggere foto o materiale documentaristico, e a sinistra un piccolo televisore con videoregistratore che l’artista usava sempre a scopo documentaristico per il suo lavoro su Tex. E poi tutta una serie di pennelli (Windsor & Newton) e inchiostri di china fondamentali per la resa finale delle sue tavole.
Con mio stupore vidi due illustrazioni di Tex in grande formato che coprivano gran parte della superficie del tavolo. Appena accolti nel suo studio, Galep si sedette davanti al suo tavolo e pronuncio più o meno queste parole: “Sapendo del vostro arrivo, mi sono permesso di fare questi due disegni per Nedeljko…”.
“MI SONO PERMESSO…!”. C’è bisogno di aggiungere altro?
Rendiamoci conto di una cosa: quest’uomo si era messo la sera prima (o forse si era alzato di buon’ora la mattina stessa) a realizzare due disegni per un suo fan, non uno, due, di grande formato, prima a matita e poi inchiostrati. E credetemi, mi viene da ridere quando oggi alle fiere ci sono autori molto famosi che fanno addirittura pagare i loro stessi fan per uno straccio di sketch.
Galep mentre autografa uno dei due disegni regalatimi; ambedue le opere furono incorniciate con un passepartout ricavato da alcuni albi di Tex (foto a destra). Non me ne sono mai separato e tutt’oggi adornano la mia casa.
Quella mattinata fu un caleidoscopio d’emozioni, una dietro l’altra. Galep fu di una disponibilità davvero disarmante; mi autografò i miei libri cartonati di Tex e notando che me ne mancava uno (Tex e gli indiani) mi domandò: “Ma questo non ce l’hai?” E senza darmi il tempo di rispondere s’era già chinato e mi aveva preso una copia del libro che sembrava appena uscita dalla tipografia. Mi autografò il suo bellissimo libro autobiografico L’arte dell’avventura (splendido volume in cui Galep narra la sua vita professionale; un libro da avere assolutamente) e iniziammo a parlare di fumetti (com’era ovvio). L’argomento andò sul Texone che in quel momento era uno degli eventi più attesi dell’estate, soprattuto per la vasta gamma di super star del fumetto che era stata chiamata a collaborare: Victor de la Fuente, Josè Ortiz e soprattutto il grande Magnus. L’anno prima era uscito il Texone di Galep, Il segno del serpente (Speciale n. 3), mentre di qualche mese prima era l’uscita di quello realizzato da Sergio Zaniboni (Speciale n. 4), Piombo rovente. Proprio sfogliando quello di Zaniboni, Galep lamentò una certa piattezza nel disegno, spiegandomi come per lui era fondamentale dare volume alle figure e soprattutto cercare di creare una certa profondità di campo. E a proposito di profondità, prese il Texone realizzato da Alberto Giolitti (Speciale n. 2) Terra senza legge e mi fece notare come l’artista romano eccedesse nei dettagli in ogni singola vignetta tanto che a volte risultava confusa: “Questo” disse parlando di Giolitti “è un disegnatore formidabile, bravissimo, però spesso quando osservo la sua tavola la trovo molto confusa!”.
Due delle cover più belle di Tex: Il Veliero Maledetto, e Il figlio di Mefisto in cui si può osservare il talento artistico di Galep, maestro d’atmosfera. A sinistra una tavola dal capolavoro scritto da Guido Nolitta (Sergio Bonelli) Il segno di Cruzado.
Non credo amasse particolarmente le nuove leve artistiche. Ad un tratto si alzò e prese un libro dalla sua libreria. Era un volume di Flash Gordon di Alex Raymond: “Questi si che erano disegnatori. Guarda che meraviglia…” esclamava Galep sfogliando le tavole raymondiane. E l’amore per il cartoonist americano si vedeva tutto nello stile di Galep. Ho sempre sostenuto che il maestro Galeppini non si è solo limitato a imitare lo stile di Raymond, come la maggior parte degli artisti del periodo del dopoguerra. Acquisendo la tecnica, Galep era riuscito a scomporla e a sintetizzarla meravigliosamente, rafforzandola con una personalità che avrebbe fatto scuola a diversi suoi colleghi; uno su tutti: il grande Gallieno Ferri.
Ma, soprattutto, Galep aveva un modo formidabile di disegnare i cavalli, le rocce, il mare in tempesta; lui il mare lo vedeva ogni giorno dalla sua Chiavari. Spesso lo riproduceva nelle belle tele che teneva esposte nel suo soggiorno e da esse si evinceva il suo straordinario talento d’osservatore e d’illustratore. E quello stesso talento illustrativo Galep lo mise spesso al servizio del suo eroe, Tex Willer; mi fece vedere una serie di manifesti e locandine sul famoso ranger da lui realizzate in occasione delle varie mostre tenutesi nel corso degli anni. Forse risulterà superfluo ormai dirvi che mi donò una copia per ogni locandina. Ma la straordinaria dote d’illustratore, Galep l’ha sempre sfoderata nella realizzazione delle mitiche copertine di Tex; tra le prime trecento si possono trovare autentici gioielli: la già citata l’Aquila e la folgore, ma anche La rivolta, Vigilantes, SuperTex, El Morisco, la splendida Il figlio di Mefisto, Il veliero maledetto, I due rivali, Il giudice Maddox, ecc…
Posso vantarmi di averle viste tutte, ma non sotto forma di albo stampato bensì tutti gli originali.
Galep guarda il mio book artistico.
“Vieni”, mi disse Galep, “Siediti qui e sfogliati tutti i disegni che ho fatto per le copertine. Delle tue preferite puoi farti le fotocopie!”. Che roba ragazzi; davanti ai miei occhi sfilavano tutte le cover del ranger più tosto della storia dei comics e vi posso garantire che il disegno originale non ha niente a che vedere con il risultato stampato: tutta un’altra storia. Ne scelsi una decina e le fotocopiai (ma fu veramente dura: le avrei fotocopiate tutte). Nel frattempo mio padre gli chiese se era disposto a vendere qualche sua tavola e lui rispose negativamente. “Guardi qui…” e aprì l’armadio vicino alla porta d’ingresso: completamente saturo delle sue tavole (o meglio strisce poiché quello era il formato da lui prediletto per disegnare), “Le ho tutte con me, non m’interessa darle via!” Però in compenso Galep mi fece scegliere alcune tavole tratte da Il segno di Cruzado (una delle mie storie preferite) che fotocopiai immediatamente.
In effetti è molto difficile trovare originali di Galep in vendita presso i vari mercanti d’arte; a tal proposito Sergio Bonelli mi diede un’ulteriore conferma durante una sua intervista concessami nel 2010: “Conservava tutti i suoi disegni tanto che è difficilissimo vederli in giro. Se ne trovi qualcuno in qualche fiera, vuol dire che l’hanno rubato direttamente a me oppure in tipografia”.
Un uomo davvero eccezionale Galep. Parlando di Tex ci disse come in realtà lui detenesse i diritti sul volto dell’eroe western in quanto creatore grafico del personaggio. Ci raccontò anche che fu lui a suggerire a Gianluigi o Tea Bonelli (non ricordo esattamente) di chiamare il personaggio Tex Willer e non Tex Killer come originariamente era previsto. A tal proposito sempre Sergio Bonelli mi disse: “È un mistero. Ci sono cose che si sono perse nella memoria. È come il logo di Tex. Mia madre dice che è stata lei a idearlo. Mio padre dice che è stato lui, che chi dice che è stato quell’altro…”.
Personalmente, avendo conosciuto Galep, e soprattutto la sua creatività, credo assolutamente alla sua versione dei fatti. Del resto il contributo del grande maestro a Tex fu pari a quello di Gian Luigi Bonelli. Ma rimane una mia opinione personale.
Nonostante la sua età, Galep aveva un’aria gioviale: non ancora stanco, si sedette e armandosi di matita e pennello realizzò un disegno per la piccola collezione di mia madre: una serie di orologi di cartone pressato bianchi su cui ogni artista poteva realizzare il proprio disegno. Il Maestro realizzò un primo piano di Tex, Carson e Tiger Jack; nel realizzarlo, spesso lamentava le sue non buone condizioni fisiche; non riusciva a muovere correttamente il braccio destro e aveva problemi di vista che gli impedivano di far bene il proprio lavoro. E lui ne era perfettamente consapevole; e di questo potevamo renderci conto tutti guardando le ultime copertine di Tex, in cui si percepiva l’immane fatica provata da Galep nel realizzarle. Sul suo tavolo oltre ai disegni donatimi, c’era anche qualche tavola di quello che sarebbe stato il suo ultimo lavoro: Tex 400: “Per le storie speciali come questa, mi lasciano piena libertà creativa soprattutto nella composizione delle vignette…”. Una libertà creativa forse un po’ negatagli dal suo personaggio simbolo Tex Willer; basterebbe guardare la produzione di Galep prima del ranger texano, per rendersi conto della sua versatilità e genialità creativa, nel fumetto realistico e umoristico, nell’illustrazione, nella pittura e perfino nel disegno animato (d’obbligo, in questo caso, la lettura del suo volume L’arte dell’avventura).
Prima di congedarci, Galep ci portò in una stanza dove ci stupì per l’ennesima volta: aprì un enorme pannello tenuto fisso sul muro da un gancio e davanti ai nostri occhi si materializzò uno splendido plastico ferroviario da lui interamente ricostruito con incredibile dovizia di particolari.
Una cosa davvero incredibile: cos’era capace di realizzare questo piccolo, grande e geniale uomo.
Ci salutammo con la promessa di rivederci. In viaggio, nel camper, parlai poco. La mia mente era piena di tutte le emozioni provate in quella splendida mattinata.
Galep alla prese con il suo splendido plastico ferroviario. Galep aveva la passione del modellismo: riproduceva sempre da se le armi, le diligenze, servendosene per le storie di Tex Willer.
Chiavari 28 giugno 1992
La promessa di rivederci fu mantenuta. Eravamo a Lavagna (se non erro è questo il nome del comune) ospiti di Ivo Milazzo, quando sia a me che a mio padre venne voglia di rivedere Galep; approfittammo quindi del fatto che anche Ivo doveva incontrarlo, per avere momentaneamente in prestito da Galep una cover di Ken Parker (KP n. 49, Rosso sangue) che lo stesso Milazzo tempo addietro aveva omaggiato a Galleppini.
Ed eccoci quindi, nella seconda metà del pomeriggio, nuovamente nello studio di Galep. Ci accolse sempre con lo stesso umore e la stessa espressione con cui ci aveva lasciato. Ci fece accomodare nel soggiorno della sua abitazione dove erano esposti in bella vista i suoi quadri.
“L’altro giorno il mare era un po’ agitato, le onde erano belle, quindi ho preso la tavolozza con i colori e ho buttato giù quello…” indicandoci un bel dipinto in cui predominavano le onde della costa ligure. Passammo nel suo studio.
Una volta seduto al suo tavolo di lavoro, Galep ci consegnò la cover di Ken Parker da portare a Ivo. Prima di darcela elogiò con grande sincerità l’arte di Milazzo: “… Che dire? È un artista magnifico, bravissimo, che con pochi segni riesce a realizzare un’illustrazione così bella…” (riferendosi alla cover) “… anche i colori sono splendidi…”. In effetti Galep aveva ragione: quella cover vista dal vivo aveva davvero qualcosa di magico.
Galep intanto si lamentava delle sue condizioni fisiche che non gli permettevano di far bene il suo lavoro: “Dovrei avere il coraggio di fare come quello scrittore, Hamingway…” e prendendo una delle sue pistole modello da lui costruita se la puntò alla tempia tipo roulette russa. “PAM! Un colpo e via…”. Rimasi basito ma lui lo disse con tale ironia e tranquillità che sembrava quasi una cosa naturale. Il grande maestro era consapevole che i suoi ultimi disegni non erano all’altezza dei suoi capolavori degli anni ’60 e ’70 e per un artista, credetemi, non c’è niente di peggio.
Tex e gli indiani volume della Mondadori regalatomi e dedicatomi dal grande Galep. A destra: il bellissimo libro scritto dal maestro, L’arte dell’avventura. Un libro fondamentale per tutti coloro che vogliono cimentarsi professionalmente con il fumetto; per comprendere la passione, il sacrificio e il genio di un autentico maestro del fumetto.
Galep mi regalò il suo libro L’arte dell’avventura (lo avevo già ma regalato dal maestro era tutta un’altra storia) che impreziosì con una splendida dedica e poi decise d’illustrarmi il suo metodo di lavoro.
Prese la fotocopia di una sua tavola (Il segno di Cruzado) e la posò su un tavolo illuminato artigianale da lui realizzato: un pannello di vetro tenuto da due sostegni a mo’ di cavalletto. Prese una delle sue lampade che illuminavano il suo tavolo da lavoro e la posizionò sotto il vetro, creando così un perfetto tavolo luminoso. Quindi con la matita ricalcò un Tex a cavallo.
Una volta finito prese un pennarello e incomincio a inchiostrare: “Questi pennarelli sono magnifici per fare il tratto uniforme…E anche questi pennelli sintetici…” (quelli messi in commercio alla fine degli anni ’80 dalla Staedtler) “…sono fantastici, se solo gli avessimo avuti vent’anni fa…” e incominciò a dare le tipiche pennellate con una tale rapidità che non feci in tempo neanche ad accorgermene. Si lamentava sempre che non riusciva a roteare bene il braccio e quindi ripeteva il gesto della pistola alla tempia con mio padre che ribatteva di non pensare neanche a una cosa del genere.
Ma Galep, nonostante le sue condizioni di salute continuava a stupirmi ed emozionarmi. Lui stesso quando parlava lo faceva con la stessa giovialità di un bambino. Nel frattempo mio padre ci scattava qualche foto per immortalare questi momenti e lui all’improvviso si alzò, aprì un armadio e prese una macchina fotografica (una polaroid) e porgendomela mi disse: “Ora fammi tu una foto.” Una volta scattata e uscita lui la prese e me la autografò e poi mi disse di mettermi accanto a mio padre: “Adesso anch’io vi faccio una foto!”. E una volta fatta, pretese di tenerla per se e che la firmassimo entrambi come ricordo di questa bellissima giornata.
Ivo Milazzo passò a prenderci. Salutammo Galep che ci disse: “Quando volete venire a trovarmi….” Sempre con quel suo bel sorriso dolce e gentile.
Epilogo
Lecce 10 Marzo 2004
Di lì a poco sarei partito per il servizio di leva. La notizia della morte di Galep la apprendemmo da un telegiornale.
Alla tristezza si mischiava la gioia per aver avuto la fortuna di conoscere quest’uomo meraviglioso, artista creativo e geniale come pochi nel nostro panorama fumettistico.
Ma in me c’era anche il rimpianto di non essere ritornato una terza volta a passare nuovamente con lui un ennesimo, memorabile momento.
Ma il 1992 fu un anno fondamentale della mia vita: dopo circa quattro mesi dall’ultima visita ad Aurelio Galleppini, incontrai il mio idolo di sempre, Jacovitti e con lui diedi inizio una collaborazione lunga quasi cinque anni.
Ma Galep è uno di quegli artisti che porterò sempre nel cuore. I suoi due disegni da lui dedicatimi sono sempre in bella vista nella mia casa e mi hanno sempre seguito in oltre vent’anni.
Dopo la morte di Galep, Tex non fu più lo stesso. È come quando qualcosa si perde per sempre e non si può più recuperare. Senza nulla togliere allo staff odierno di artisti che realizzano le avventure del noto ranger, davvero tutti bravissimi e con un curatore e sceneggiatore come Mauro Boselli che sta esplorando nuovi orizzonti; ma forse Galep aveva una marcia in più rispetto a tutti (così come Gallieno Ferri la aveva per il suo Zagor). Tecnicamente forse ce ne sono di migliori ma nessuno è mai riuscito a rendere un paesaggio così selvaggio, o una galoppata a cavallo così vera; nessuno è più riuscito a dare quella bella ‘rocciosità’ al Canyon o quell’effetto tenebroso al mare in tempesta; nessuno è più riuscito a disegnare le ghost town con lo stesso senso di desolazione così com’era capace di farlo Aurelio Galleppini in arte Galep.
Oggi sono passati 25 anni dalla morte. Ma Galep è per sempre!
Foto realizzata con la polaroid di Galep.