Bentornati su Lo Spazio Disney!
Ottobre è alle spalle e soprattutto lo è Lucca Comics 2023, a cui come forse saprete quest’anno ho partecipato per ben quattro giorni insieme alla mia compagna.
Non è questo il post(o) per parlarne, eventualmente scriverò un pezzo apposito a mo’ di reportage; basti dire che è stata una gran bella esperienza, soprattutto dopo diversi anni di stop con la sola eccezione (monogiornata, però) del 2022.
Ci voleva, anche per distrarsi dalle sconfortanti notizie sul panorama mediorientale, tra guerra, terrorismo e instabilità internazionale (che hanno lambito anche lo stesso festival). Non si può mai stare sereni, a questo mondo, ogni mese ce n’è una… è d’uopo allora staccare un po’, avendo la fortuna di potercelo permettere, e pensare al nostro settimanale preferito.
Ottobre 2023: le storie da Topolino

A dirla tutta, l’ultima puntata ha avuto una risoluzione low-profile che non mi aspettavo e che mi ha lasciato un pochino perplesso, alla luce di quanto visto sino a quel momento: Topolino sostanzialmente ha un ruolo marginale ed è Enigm ad avere il colpo di genio… che però si riduce a un trucchetto furbo che provoca una grande esplosione e rimette tutto a posto. Di contro, comunque, il Mickey che recita nelle prime tavole dall’episodio è fantastico per atteggiamento e figura, apparentemente serafico e decisamente sicuro di sé. Cesarello ci mette del suo rappresentandolo con uno stile che ricorda da vicino quello del Massimo De Vita di fine anni Ottanta, un’ispirazione azzeccata col tono della vicenda.
Fantastiche infine, tanto narrativamente quanto esteticamente, le ultime pagine introspettive.
Esco quindi entusiasta dalla lettura e con l’impressione che difficilmente vedremo tanto presto qualcosa di così ambizioso.

K – Diari del Klondike, di Luca Barbieri e Francesco D’Ippolito (n. 3453),aveva tutti gli elementi per farmi partire prevenuto: l’ambientazione del Klondike, per cui una volta avevo una vera passione ma che a furia di esplorarla negli ultimi anni me l’hanno usurata e mandata a noia (come ha intuito chi ha letto il mio approfondimento sul recente uso di Zio Paperone), e Barbieri alla sceneggiatura, con cui mi sono scottato leggendo la sua storia di WoM uscita ad agosto.
In realtà è stata una piacevole sorpresa: l’autore si riscatta scrivendo una storia senza troppe pretese ma che ha il pregio di intrattenere e di omaggiare in maniera riuscita la narrativa “di frontiera”, con una robusta dose di avventura. Il giovane Paperone in scena è anche scritto in maniera decente, pur con qualche concessione di troppo all’aura nostalgica/romantica ormai abusata e a tratti con una personalità un po’ appiattita.

Quello che proprio non mi è piaciuto è la retcon del primo incontro con il futuro Nonno Bassotto, assolutamente non necessaria e che fa intravedere sempre di più un pattern per quanto riguarda la storia del personaggio: non arrivo a pensare ci sia la volontà di riscrivere la biografia dello Zione, ma che ci sia il bisogno di slegarsi da essa senza farsi problemi nel creare “multiversi” di primi incontri ed esordi di situazioni particolari sì, non ritenendo necessaria la fedeltà a un presunto canone. Il che mi andrebbe pure bene, se queste scelte fossero utili alla trama di turno. Sinceramente non mi è parso questo il caso, dove l’identità del capo bandito non cambiava nulla.
Fenomenali i disegni di D’Ippolito: magistrali gli sfondi, tratteggiati con grazia evocativa particolarmente efficace per trasmettere la poesia degli scenari illibati a nord dello Yukon. Anche gli interni, come il Bolla d’Oro, risultano convincenti e in grado di calare il lettore nel contesto. Conservo qualche dubbio sui volti degli avventori, fin troppo addolciti rispetto a quelli che mi aspetterei da rudi uomini di frontiera, ma capisco le esigenze a cui fare fronte di questi tempi. Bello dinamico Paperone, benché non condivida la scelta di lasciargli gli occhiali, che non ha risparmiato nemmeno le vignette-flashback che ricreano quelle barksiane della Stella del Polo (con un suggestivo effetto puntinato). Approvo invece gli inserti personali nel vestiario, cioè i dettagli della casacca “tattica” e gli stivali.
Degna di nota la gabbia: mi piace la totale libertà lasciata al disegnatore in tal senso e il modo in cui se l’è giocata, ma in alcuni passaggi non mi è apparsa immediatamente comprensibile la consequenzialità delle vignette, anche per via degli incroci e sovrapposizioni tra le stesse, segno forse di un’eccessiva esuberanza che in certi casi è andata a discapito della leggibilità.
Al netto di ciò, lavoro sontuoso.


Rispetto alle ultime incursioni del personaggio, stavolta il formato torna ad essere quello primigenio della storia autoconclusiva in luogo delle saghe a puntate, ma – forse disabituato da questo spazio – Gervasio non mette a segno un risultato molto riuscito. Il punto di partenza, con un Fantomius scoraggiato e poco incline all’azione e con un Pinko convinto che sia effettivamente Lord Quackett a nascondersi dietro la maschera del suo avversario, era anche interessante… ma viene velocemente annacquato nella descrizione di un ennesimo colpo del bandito, con uno svolgimento poco chiaro e una risoluzione lasciata a metà, rimandata probabilmente alla prossima sortita del personaggio che avverrà chissà quando. Nemmeno la presenza di Paperone riesce a offrire qualche singulto di interesse, visto che si limita a stare sullo sfondo e a sbraitare contro la polizia inetta.
Anche sul fronte dei disegni Gervasio non brilla, in particolare proprio con Paperone, che appare sgraziato e delineato con poca cura. Meglio i protagonisti, almeno nei volti, mentre per il fisico ravviso un’eccessiva sintesi che li rende delle figure appiattite.
Topolino e la disavventura a scatti, di Marco Nucci e AA.VV. (n. 3451), è una curiosa breve nata per celebrare dodici giovani disegnatori che hanno iniziato a collaborare con Topolino negli ultimi dieci anni (da quando cioè Panini è licenziataria dei diritti dei fumetti Disney in Italia). Ciascuno di loro si occupa di una singola tavola all’interno di una trama costruita a livelli di videogame, piuttosto briosa ancorché sconclusionata. Esperimento carino, utile soprattutto per vedere lo stato qualitativo attuale di questa nuova leva di artisti disneyani.

Stavolta ce lo mostra fallibile e umano, preda di un inarrestabile venditore che riesce a vendergli la qualunque grazie alle sue dimostrazioni e alla sua parlantina; riuscirà a cavarsela ricordando un episodio del suo passato che gli offre lo spunto ideale per sfangarla.
Questo meccanismo dell’aneddoto utile a risolvere il problema di turno inizia a mostrare un po’ la corda, a onor del vero, ma per una figura con così tanta vita alle spalle conserva pur sempre il suo senso.
Ho apprezzato molto la citazione evidente allo Spazzola Appiccicatutto dell’episodio Molto rumore per nulla delle DuckTales anni Ottanta e la capacità di rendere comunque questo nuovo personaggio una figura indipendente dalle caratteristiche buffescamente sopra le righe di Spazzola.
La storia è scorrevole e simpatica, benché non la annoveri tra le migliori della serie. Rota mantiene invece lo stile e la qualità delle avventure precedenti, con un gustoso sapore vintage e qualche imperfezione qua e là. Rilevo con sorpresa che il Deposito viene raffigurato con la cupola all’italiana invece che squadrato secondo lezione americana/nordeuropea alla quale Rota si è sempre allineato… e un po’ mi spiace!

Clock cleaners è un vero e proprio capolavoro di comicità, pantomima e intrattenimento e per ovvi motivi Lucidatori provetti non riesce ad avvicinarcisi. Il lavoro, come negli altri episodi, rimane molto gradevole ma è forse una delle storie più deboli di questo stuzzicante progetto. L’idea di sostituire la torre dell’orologio con un gigantesco mecha ha il suo perché ma viene svolta in maniera blanda e poco coinvolgente, almeno per me.
Artisticamente però anche quest’avventura si difende alla grande: De Lorenzi sfoggia un tratto decisamente cartoon che ben si addice all’andamento della trama, con una sintesi efficace e figlia di diverse ispirazioni. Peccato per la colorazione – o per la resa della carta – che rende la cromia complessiva un po’ pallida, non aiutando la chiarezza di taluni passaggi.

Ottimo anche l’uso di Pietro, che in concept di questo tipo può risaltare al di fuori della contrapposizione con Topolino: Zironi sembra conoscerne le potenzialità e riesce a ridargli una dignità che troppo spesso non si ravvisa.


Non sempre operazioni del genere hanno avuto esiti felici, ma in questo caso Valentini riesce a creare situazioni genuinamente divertenti incrociando nel viaggio in macchina sulla 313 personaggi come Gastone, Paperoga e Brigitta. Certo, qualcuno potrebbe osservare che tali figure vengono ridotte senza appello ai loro principali stereotipi, ma questa scelta è funzionale alla trama facendo somigliare la storia a uno sketch comico che (forse inaspettatamente) funziona bene e diverte. Buona parte del merito va ai disegni di Butticcè, che pur alle sue prime prove dimostra già un tratto piacevolissimo, completo e dinamico che supporta bene la sceneggiatura.

In essa ho trovato la capacità di imbastire qualcosa di effettivamente conturbante e inquietante, che pur rimanendo all’interno dei rassicuranti paletti Disney ha modo di stuzzicare il lettore dandogli in pasto un’avventura onirica da incubo, giocando col tempo, con una strana maledizione e con personaggi sinistri.
Mi ha fatto piacere in tal senso il ritorno del Dottor Piuma, così come trovo efficace la “spalla” rappresentata dal Professor Catrame; molto buone sono anche le reazioni di Minni e della zia, credibili nel loro sgomento e nella loro impotenza per risolvere la situazione.

Un’ottima prova dello sceneggiatore, supportata da un buonissimo lavoro del maestro Cavazzano, che nelle vignette d’atmosfera riesce a lavorare di fino col tratteggio per offrire le giuste vibes alla narrazione. Le scene con la nebbia sono veramente magistrali. Peccato che in altri momenti ci sia qualche scivolone di troppo, soprattutto nel raffigurare taluni personaggi – Hatequack in primis. Sono vignette in cui quasi non si riconosce la mano del disegnatore, ed è un peccato perché rendono il lato artistico un po’ discontinuo all’interno della stessa storia. Per fortuna le tavole di pregio sono maggiori di quelle con qualche difetto, motivo per cui ci si può dire complessivamente soddisfatti anche sotto questo aspetto.


L’idea di riproporla sul settimanale ha il suo perché, benché forse avrebbe avuto più senso nella settimana del compleanno di Mickey… ad ogni modo si tratta di una serie di brevi episodi semi-collegati tra loro ma senza effettiva continuità logica, secondo le regole dei sogni insomma, che vedono affiancati il Topolino contemporaneo con quello anni Trenta. Lo spunto è la scusa per omaggiare i 90 anni di personaggio e lo spirito avventuroso che per Casty rimane la caratteristica preminente di Topolino.
Credo di aver detto tutto.
Grazie come sempre a chi mi ha letto, e alla prossima!
Sempre interessante il tuo resoconto. Attenzione però, alcuni numeri del Topo presentano cifre invertite. 😉