François Corteggiani in due storie
A soli 69 anni, lo scorso 21 settembre François Corteggiani ci ha lasciati proprio nel giorno del suo compleanno.
A molti lettori il nome potrebbe dire poco, ma questo sceneggiatore francese ha firmato diverse storie a fumetti Disney, collaborando direttamente con The Walt Disney Company Italia (per Topolino ma anche per altre testate quali Paperino, Minni & Company e GM – Giovani Marmotte) nel corso degli anni Novanta.
Le sue prime opere fumettistiche sono pubblicate in Francia da editori come Glénat e Hachette, mentre dagli anni Ottanta lavora su Le Journal de Mickey, iniziando anche ad approcciare i personaggi della Casa del Topo.
Nello stesso decennio scrive per la Germania la serie Peter O’Pencil (ideata dal nostro Tiziano Sclavi), disegnata da Giorgio Cavazzano: la circostanza segna l’incontro professionale con il grande disegnatore, con il quale nasce un’affiatata amicizia.
Del duo di autori val la pena ricordare anche Capitan Rogers, co-creata da Giorgio Pezzin e realizzata per Il Giornalino tra il 1981 e il 1989.
Per Topolino, su cui inizia a pubblicare dal 1992, ha realizzato un alto numero di avventure, tra le quali cito la miniserie Paperino agente segreto preistorico (con le matite di Silvia Ziche), Paperino e l’incredibile PaperHulk (disegni di Alberto Lavoradori) e alcuni esempi dell’ispirato sodalizio disneyano formato con Cavazzano come Paperino campione olimpico, Paperino e il tragico sbaglio, Paperino attore da Oscar e le due storie su cui voglio concentrarmi in questo pezzo, a cui sono particolarmente legato.
Il primo numero di Topolino che ricordo di aver avuto in mano (ho proprio memoria fotografica di una serata in famiglia in cui lo sfogliavo), acquistatomi appositamente dai miei genitori, è il #2042 del gennaio 1995, che si apriva con le ultime due puntate di Paperino in: Il mondo perduto.
È scontato che l’imprinting di quanto contenuto nei primissimi albi letti rimanga forte anche una volta cresciuto e con decine di migliaia di altre letture accumulate. E, nonostante per alcuni anni non ebbi l’opportunità di leggere le prime due parti, le vicende dei Paperi in quel territorio ostile nel quale il tempo si è fermato alla preistoria mi colpirono molto.
Ho riletto la storia in questi giorni nella sua interezza e ho potuto apprezzare la straordinaria comicità dell’autore, nelle spassose schermaglie che imbastì tra Paperino e il professor Challenger, l’eminente ma burbero studioso convinto che esista una regione del mondo nella quale i dinosauri non si sono estinti, pronto a inseguire il buon Donald di fronte alla leggerezza di talune sue affermazioni.
Sono piccole pennellate che però testimoniano la capacità di muovere i personaggi Disney in modo brillante, e di saperli interpretare rispettandoli.
Ne è un altro esempio Pico de Paperis, qui reso ottimamente in una versione svagata e sulle nuvole, con interessi culturali che lo rendono però un po’ avulso dal contesto in cui si trova.
Infine risalta anche la personalità di Zio Paperone, attratto dal guadagno ma mettendo sempre al primo posto l’avventura necessaria per ottenerlo, e sfoggiando un atteggiamento positivo anche di fronte alle situazioni più critiche.
La sceneggiatura complessiva scorre liscia e rapida, la lunghezza dell’intreccio non si avverte e pur attraverso un canovaccio piuttosto convenzionale la trama avvince il lettore bilanciando perfettamente azione e humour, come un’opera disneyana dovrebbe sempre saper fare.
Quattro anni dopo, durante il caldo agosto del 1999, comparve suddivisa in due tempi su altrettanti numeri di Topolino Zio Paperone e il terzo Nilo, per me un vero capolavoro che fin dalla prima lettura in diretta, a undici anni, mi riempì gli occhi e il cuore di meraviglia.
Le istanze messe in campo ne Il mondo perduto vengono qui elevate a potenza, con un’avventura alla Indiana Jones che mette Zio Paperone, Paperino, Qui, Quo, Qua e Pico de Paperis in viaggio verso l’Egitto sulle tracce del leggendario Nilo d’Oro… parola irresistibile per lo Zione!
L’azione la fa da padrona, con una spedizione irta di ostacoli e incorniciata da un’ambientazione esotica e accattivante. Era “il ritorno della grande avventura” (cit.), recuperando l’afflato delle migliori cacce al tesoro ideate da Carl Barks e riuscendo ad appassionare con una storia realmente avvincente e con tutte le carte in regola per diventare un classico.
Anche in quest’occasione Paperino è il mattatore della situazione, catalizzatore di guai e pasticci che non lo appiattiscono né lo rendono meno protagonista, ma che ce lo offrono invece simpaticissimo e genuino. La scena in cui si traveste da stregone Pap’no, la gag del cespuglio, le scenette iniziali nella biblioteca costituiscono materiale purissimo per la caratterizzazione del personaggio.
Insieme a un Paperone grintoso e volitivo e a un Pico che mantiene quell’attitudine vagamente “fuori sincrono” dovuta all’animo da studioso, il cast principale regge solidamente l’impianto narrativo, completato dall’entusiasmo e la competenza dei nipotini e dai Bassotti pronti a complicare la situazione e a mettere i bastoni fra le ruote dei protagonisti.
Tale perizia di scrittura e interpretazione è accompagnata mirabilmente dai disegni di Giorgio Cavazzano, che in quegli anni aveva ulteriormente affinato il suo tratto rispetto alla prima metà del decennio, arrivando sostanzialmente alla completa maturità del suo segno moderno, che si sarebbe così stabilizzato nel Nuovo Millennio.
Lo si può notare a colpo d’occhio osservando il design dei protagonisti, morbido e piacevolissimo, tondeggiante e dinamico.
Al contempo, negli sfondi la matita si fa dettagliata e capace di riempire le tavole trasportando il lettore direttamente nei luoghi del racconto.
Come non citare infine le tavole di apertura del primo e del secondo tempo: mantenute in bianco e nero, sono impostate per ricordare volutamente le illustrazioni dell’Ottocento, sintetizzando due passaggi simbolici della storia.
Tra le tante storie Disney firmate da François Corteggiani, Il mondo perduto e Il terzo Nilo sono senza ombra di dubbio le mie preferite in assoluto: certamente per questioni personali e di “imprinting”, ma anche cercando di osservarle e di analizzarle in maniera oggettiva ritengo che costituiscano il meglio dell’autore, grazie alla miscela di elementi che le rendono particolarmente complete come opere.
Mi sembrava quindi bello salutare Corteggiani parlando brevemente proprio di queste due opere.
Ieri ti ho letto e oggi ti ho pensato, Andrea: https://www.afnews.info/w22/2022/10/14/le-fonti-del-terzo-nilo-di-corteggiani-e-cavazzano-svelate/
Se ti servissero altre immagini, chiedi pure… 😉
Ciao Gianfranco!
Lieto di averti spronato a riproporre quel tuo pezzo del 2010, che guarda caso avevo riletto sul “vol. 1” di afnews proprio durante la stesura di questo mio articolo.
Ti ringrazio molto, inoltre, per la citazione sul sito, che naturalmente mi onora 😀
A presto!
Mi dispiace moltissimo per la scomparsa di François Corteggiani, ho letto alcune sue storie e mi piacevano 😢
Non ho mai avuto l’occasione di leggere le due storie di cui hai parlato in questo articolo, ma specialmente “Il terzo Nilo” sembra interessante.
Condivido anche il tuo discorso sull’imprinting delle prime storie, ad esempio io ricordo che uno dei primi Topolini che avevo letto conteneva l’ultima puntata di “Dove osano le papere”. Per anni e tutt’oggi non ho mai letto le precedenti puntate, ma quel singolo episodio era bastato per farmi amare la Ziche e le sue storie umoristiche.
Tornando a Corteggiani, tra le sue storie conservo un ottimo ricordo della serie “Paperino Agente segreto preistorico”, un ciclo che ho sempre trovato meravigliosamente umoristico, e di “Paperino attore da Oscar”, letta per la prima volta sui GCD di aprile e che da subito mi è piaciuta.
Ancora un ultimo saluto a questo Autore scomparso prematuramente😢
Grazie per il commento, Korinna!