Sniff di Risuleo-Pronostico e il Naso di Gogol

Sniff di Risuleo-Pronostico e il Naso di Gogol

Sniff-Cover

Come molti, ho accolto con piacere la doppia vittoria al Premio Boscarato 2020 di “Sniff” di Fulvio Risuleo e Antonio Pronostico. Risuleo è risultato miglior sceneggiatore italiano, e Pronostico miglior disegnatore rivelazione (qui la sua rilettura de Lo Spazio Bianco). Una vittoria indubbiamente meritata, in quanto il fumetto in questione risulta innovativo sia sotto il profilo della scrittura, sia del disegno. Consiglio senz’altro di recuperare la lettura dell’opera prima di quest’analisi, che pur senza affrontare nei dettagli la trama inevitabilmente accenna ad elementi che è meglio gustare prima in proprio.

Una doppia vittoria meritata, dicevamo. La sceneggiatura parte infatti da un presupposto molto interessante, quello di una contrapposizione tra i due protagonisti umani e i loro nasi: i primi vogliono terminare una storia d’amore, i secondi no. Con un perfetto meccanismo, gradualmente e senza forzature le situazioni si evolveranno in una struttura a chiasmo.

Il disegno di Pronostico sviluppa in modo molto interessante questi presupposti, rivelandosi perfettamente indicato. Le scelte vanno nella direzione di un segno astrattizzante, in senso lato sulla scia degli esiti del cubismo di Picasso: non tanto in modo diretto (come avviene, ad esempio, in Martoz) ma tramite la ricezione, si direbbe, che di tale segno astratto è stata compiuta dalla grafica e dal design (e meno dal fumetto, o perlomeno in tempi diversi e successivi): non solo nel segno, ma anche nella colorazione, fredda e asettica, con un predominio dei toni del blu, che si sposa bene all’ambientazione innevata e al congelarsi della passione amorosa, in due tempi, che vediamo manifestarsi.

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Se la vicenda surreale diviene nel complesso più credibile tramite l’adozione di un segno astrattizzante che evita il contrasto diretto che sarebbe prodotto dal realismo più tradizionale, questo segno mi pare perfetto per l’ambientazione, una vacanza sulla neve in una location di pregio, che si sposa bene con quel tipo di grafica (spesso, forse più in passato, usata appunto nel design e nella pubblicità delle locazioni turistiche di eccellenza). Ma, su questo, ha scritto bene Cristiano Fighera e, in forma più sintetica, Ettore Gabrielli.

Qui mi piaceva sottolineare la forte corrispondenza di questa storia con uno dei grandi capolavori della letteratura europea, “Il naso” di Gogol (qui il testo completo), evidenziato già in quarta di copertina, proprio perché evidente (Fighera evidenzia anche rapporti con Calvino e Buzzati, esatti, su cui non ci soffermiamo qui). Nel racconto russo, composto nel 1832 e pubblicato nel 1836, il contrasto tra il Naso e il Protagonista ha valenza ovviamente singola. In questo caso, il burocrate protagonista trascura il suo naso, lo tratta in modo inopportuno finché questi decide di andarsene. Il barbiere lo ritrova, ma il naso rifiuta di tornare dal presunto padrone (cui nega autorità) iniziando a comportarsi in modo disdicevole con grande costernazione del suo proprietario. Alla fine, il naso torna all’unità del corpo, come se nulla fosse successo.

La storia ha una grande forza nella sua divertente escursione surreale, ma è facile leggere in controluce significati psicanalitici ante-litteram: il Naso rappresenta le istanze del Corpo (non a caso, è il senso che gli animali posseggono in modo nettamente più sviluppato dell’uomo, per antonomasia), e il Burocrate, incasellato nella grigia borghesia degli uffici russi, trascura quegli stimoli finché questi esplodono fuori dal suo controllo.

In “Sniff”, invece, è interessante notare come lo sviluppo è simmetrico: passando dall’Uno ai Due, il tema centrale è sì una pulsione istintiva, ma quella erotica (non a caso l’attrazione ha una via sovrana olfattiva, tramite i feromoni). All’inizio i Nasi fanno, ci pare, la funzione di una positiva spinta inconscia dei due protagonisti, riavvicinandoli: pensano di aver finito la loro storia, ma la loro biologia dice diversamente. E lo stesso vale sul finale, in modo ovviamente simmetrico: con una conclusione che rafforza l’idea che, tra il Cervello e il Naso, tra la persona/personaggio e le sue pulsioni istintuali, siano queste in realtà a comandare (mentre in Gogol, alla fine, erano ricondotte al controllo, dopo il colpo di testa della ribellione).

Come mi segnala Ettore Gabrielli, c’è anche una versione di Gianni Rodari, a misura di bambini, “Il naso che scappa“, nelle sue “Favole al telefono”.

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(sulla grande fortuna del Naso nell’illustrazione basta un’occhiata a Google Images)

A margine, questa rappresentazione del dissidio sfrutta molto bene la possibilità del dualismo testi / disegni tipica del fumetto: all’inizio, infatti, i testi e i disegni ci appaiono fuori sincrono: i fumetti parlano di una riconciliazione, i disegni mostrano una separazione (riuscire a rendere questo dissidio palese, contro la tendenza ovvia del lettore ad “amalgamare” il senso dei due piani, visivo e pseudo-uditivo, è ovviamente una prova di bravura di entrambi gli autori). Ovviamente, diviene presto evidente, come detto prima, che a parlare sono i Nasi, ad agire esteriormente (benché con l’interferenza dei nasi) sono gli Umani.

Un elemento particolarmente brillante (e, come ogni idea brillante, apparentemente ovvia, non appena messa in pratica) è nel lettering della storia: i dialoghi dei nasi provengono, infatti, dai nasi stessi, con quella che potremmo definire, con un prestito dalla retorica classica, una “figura etimologica” applicata al fumetto. Il “piccolo fumo” è infatti simbolicamente un fiato, un “flatus vocis” dei personaggi (e difatti anteguerra erano chiamati “fiatini”); qui lo diventa in senso proprio, fiato a volte dalle bocche (e quindi dai protagonisti) e a volte dai nasi (e quindi sono questi a parlare). La convenzione (LA convenzione, per antonomasia) del fumetto viene quindi riportata alla sua origine “geroglifica”, aumentando la carica straniante del fumetto e giustificando appieno il titolo etimologico.

Un’opera, insomma, che conferma come il linguaggio fumettistico abbia ancora molto da dire, esplorando appieno le sue possibilità espressive.